10OTP!meme lavoretti

Jun 12, 2011 21:26

1) Richiesta da nefene .
Pairing: Sirius Black/Remus Lupin.
Lavoro: flashfic.
Note: Meglio prima che poi, meglio tardi che mai; Introspettivo, Missing Moments, What if...?; G-PG; Spoiler!Quinto libro, Slash.
Remus aveva un aspetto, come gli fece notare Sirius, come di qualcuno che avesse visto un fantasma. Ed effettivamente, di nient’altro che di un fantasma si trattava. Negli ultimi mesi aveva scritto a Sirius qualche lettera, a cui c’erano state risposte - anche se rare. Ma trovarselo di fronte, all’improvviso, era stato un pugno al cuore.
Un po’ come quando aveva letto che Sirius era riuscito a scappare, e si era sentito in colpa perché era felice. E come poi ogni fibra del suo corpo esultasse di fronte a Sirius, nonostante la vecchiaia prematura, e la pelle ingrigita, i capelli sfibrati. Urlava il suo corpo.
Quella situazione era diametralmente opposta. Ma il suo fisico reagiva quasi alla stessa maniera, se non per una fitta pulsante allo stomaco. In tanti anni si era abituato alla sua assenza, allo svegliarsi nel cuore della notte credendo di aver udito la sua risata … ma la sua presenza. Era impalpabile, fragile. E poteva smettere di essere in qualsiasi istante.
« Mica ti spiace se mi sono sdraiato, vero? ». Sirius si era stravaccato sul divano di Remus, le mani dietro la testa, un’espressione del viso distesa. Perché fosse lì, soprattutto come fosse lì, rimanevano misteri. Probabilmente era stato Dumbledore a farlo chiamare, a indirizzarlo verso casa dell’amico. E perché diavolo non avvisarlo? Perché avrebbe dovuto? si domandò. Al di fuori dei suoi diritti di unico amico rimasto a Sirius, era suo l’appartamento dove Sirius si stava riposando. Tacendo.
Poi, d’un tratto, alle tempie, alla testa, nelle mani, gli salì tutta la rabbia che aveva taciuto per - almeno per come li percepiva - secoli.
« Sì, Sirius, mi spiace ».
L’altro si voltò mezzo sbigottito verso Remus, poi sorridendo. « Non fare lo spiritoso, Remus, dài, abbiamo molto di cui parlare ».
« Sì, tu alzati dal mio divano, o almeno abbi la decenza e la compostezza di sederti da persona civile ».
« Cos’è successo? Gira nuova voce che abbia ucciso Harry oppure questa volta ho tradito qualcuno che neanche conosco? ».
« No, Sirius, la mia rabbia scaturisce da un avvenimento di quindici anni fa. Non so se ricordi … quando credevo che tu avessi tradito James e Lily e non hai cercato di discolparti, quando mi hai abbandonato a me stesso e a tutto quel disastro che ti eri lasciato alle spalle. Non so neanche perché te ne voglia parlare, dato che se non ti importava allora, non ti interesserà neanche adesso ».
Remus fece per allontanarsi, ma Sirius gli si piazzò davanti allungando le mani verso di lui, evitando di sfiorarlo accuratamente.
« No. No, Remus. Voglio parlarne ».
« Bene, parliamone ».
Silenzio.
Silenzio.
Remus strinse i pugni.
« Non sei stato l’unica vittima. Io sono stato male, molto male. Credevo di essere stato preso in giro, credevo che tutti quegli anni insieme, noi Marauders, noi - io e te - fossero solo illusioni, menzogne. Mi domandavo, a volte, se non facessero tutti parte di un grosso sogno finito per diventare un incubo ».
« Non c’è un solo giorno, Remus, in cui io non mi penta di non averti detto del Custode. Non c’è un solo giorno in cui io non mi dica che è a causa mia se ora James e Lily sono morti. Se te ne avessi parlato, se non avessi dubitato di te … tu, Remus, TU! Io ho dubitato di te. E già soltanto questo- ».
« Sirius, io non voglio farti stare peggio, sei stato dodici anni ad Azkaban … davvero, non importa ».
« Invece sì. È stata dura per tutti. La mia non è stata l’unica prigione, vero? ».
« No. No, Sirius ».
« Un giorno, potremo ricominciare da capo, ci lasceremo da parte tutto, riusciremo ad affrontare insieme il dolore della perdita di Lily e James - non so te, ma io ad Azkaban non sono stato in grado di relazionarmi a un bel nulla - e allora io so che solo guardandoci negli occhi capiremo tutte le difficoltà, i rimpianti e il male. Sarà come ai vecchi tempi, e anche meglio ».
Remus annuì. E stava di nuovo per lasciare la stanza, quando rifletté. Rifletté su come gli fosse mancato Sirius, in un modo nuovo, sapendo che poteva raggiungerlo in qualche modo, e che invece non lo stava raggiungendo.
Rifletté sul fatto che, dopo anni, lui era solo e abbandonato; dopo anni entrambi non avevano più di quanto avessero.
« Sirius, stavo pensando che potremmo cercare di costruire … qualcosa fin da ora ».
« Meglio prima che poi? Meglio tardi che mai? ».

2) Richiesta da nemofrommars .
Pairigin: James/Lily.
Lavoro: flashfic.
Note: Senza titolo; Missing moments, Fluff; PG-13; Spoiler!Saga, Accenni Slash, Linguaggio.
Note2: Ho capito che io mi diverto a scrivere fluff e a scriverle su questi due. XD
“Come sono stati ingenui e poco previdenti i fondatori di Hogwarts” pensava la ’dolce’ Lily Evans. Agli occhi degli abitanti del castello di Hogwarts, persino a quelli di Pix il Poltergeist, Lily era un’angelica diciassettenne, intelligente, altruista, con un forte senso del dovere e della giustizia. Ci si aspettava da una ragazza così che per lo meno non infrangesse nessun coprifuoco e nessuna regola della scuola, in particolare essendo lei stessa un Caposcuola. Ci si aspettava che di notte si rannicchiasse nel suo letto a baldacchino, sognasse di unicorni, arcobaleni, e di principi azzurri dai capelli biondi e folti e ordinati- “e soprattutto - rifletteva divertito James - ci si aspetta che la indossi la biancheria intima, e non che la lanci in giro per la camera”.
Proprio in quell’istante, molto concentrato, James si stava accingendo a sistemare le sue mani sotto la camicetta di Lily - trovava eccitante quella camicia in una maniera in cui nessun altro indumento gli era mai apparso, e trovava pure eccitante il modo perfetto in cui Lily riusciva ad evitare ogni mugolio, risolino, e lamenti vari mentre lui tentava invano di tenerla ferma sotto di lui (ché Lily non stava mai ferma).
« James! ». Bisbigliò urlando qualcuno - o se si preferisce urlò bisbigliando, che in sostanza è la stessa azione vista da punti di vista diversi, per esempio quelli di James e di Lily - « JAMES! ».
Era Sirius.
Le alternative erano due: Sirius aveva sviluppato un udito finissimo quanto quello dei cani trasformandosi di continuo in un animagus. Sirius si era messo a origliare.
« Cosa diavolo vuoi? ». Il fatto era: Lily. Sotto di lui. Mezza svestita, per non dire mezza nuda. Lily con i capelli rosso mogano sparsi sul cuscino e un sorrisetto ironico. Sospirò profondamente. Senza girare la testa, ripeté: « Pad, cosa cazzo vuoi? ».
« Date fastidio ».
“Come daremmo fastidio?”. A Lily Sirius stava anche simpatico, ma non quando si esibiva nelle sue performance da zitella acida in astinenza. Soprattutto quando lei era mezza nuda nel letto del suo fidanzato, a notte inoltrata, e con il turno di guardia di altri Capiscuola.
« Pad … cioè, sul serio ».
« Date fastidio - ribadì -. E domani abbiamo un mucchio di lezioni noiose. Potreste andare a fare qualsiasi cosa stiate facendo altrove, grazie? ».
Qualche settimana dopo avrebbero scoperto che, in realtà, Sirius voleva la stanza per sé e qualcun altro che faceva parte della camerata; ma per allora James dovette accontentarsi di protestare per un paio di minuti prima di rivestirsi in fretta e furia e praticamente catapultarsi fuori dal letto perché, al diavolo!, lui non poteva aspettare.
Lily se la rideva. Era irritata ma se la rideva. Gli camminava davanti ancheggiando e sventolandosi i capelli all’indietro. Tutto il giorno, tutti i giorni, Lily ondeggiava, aveva la camicia allacciata fin sotto alle clavicole, e le gonne più lunghe dell’intero castello. Quando meno avrebbe dovuto, naturalmente, mostrava le sue doti femminili.
« Lily ti odio! ».
« Fra poco non dirai più così » canticchiò continuando a ridere.
Il caldo di maggio si faceva sentire anche attraverso la pietra, mentre scendevano fino al piano terra, verso l’ingresso, con le loro bacchette lievemente illuminate, e il mantello dell’invisibilità tra le braccia di James. Ovunque si sarebbero sistemati, ne avrebbero avuto bisogno.
Una volta varcata l’entrata, Lily lo trascinò verso il faggio vicino al lago nero, dietro un paio di cespugli alti e grossi. « Sembra che li abbiano messi di proposito, vero? ».
Si inginocchiarono, intrecciando le mani. Il viso argentato dalla luna di Lily era a pochi millimetri da quello di James, potevano sentirsi i cuori battere a vicenda. Battevano forte, forse per la corsa, forse per l’adrenalina, forse per la vicinanza.
Lily aveva smesso di ridere e guardava James con quelle sue intense occhiate: scrutava, ammirava, rifletteva. Tutto in unico gesto.
James le accarezzò la guancia, perché anche se Lily non era triste, sembrava sempre preoccupata, e terrorizzata da qualcosa. Certe volte, durante Pozioni, la scorgeva completamente assorta, con le palpebre spalancate e la bacchetta immobile davanti a lei.
« James, ti amo ».
Si mise a giocherellare con una ciocca dei suoi capelli: « tu hai paura dei mangiamorte, hai paura per Severus e per me. Vuoi costruire qualcosa assieme a me e temi che qualunque cosa faremo, verrà cancellata ».
James le baciò la guancia. « Se abbiamo fiducia l’uno nell’altra, andrà tutto bene ».
James e Lily si avvinghiarono quanto più stretti poterono, avvolgendosi sotto il Mantello dell’Invisibilità, con quel misto di odori e sensazioni da adolescenti. Con un pizzico di paura per il futuro, paura di perdersi lungo il tragitto. Voglia di andare avanti, provare e riuscire.

3) Richiesta da nefene .
Paring: Teddy Lupin/James Sirius Potter
Lavoro: one-shot.
Note: Senza titolo; Commedia, Pre-Slash; Missing moments. (Questi tizi sono cretini XDD)
James stava ben attento a tenere le mani affondate nelle tasche dei jeans. E la testa leggermente inclinata verso il basso, lo sguardo verso l’alto, fisso.
Le vacanze estive!
Da circa quando aveva iniziato a frequentare Hogwarts gli erano risultate insopportabili. Non che fosse come il secchione che era Albus, a cui - nonostante lo negasse - mancava evidentemente l’affondare la testa nei libri e lo studiare ore e ore, ma proprio non riusciva a tollerare l’estate, ecco.
Con il clima era tutto okay, anche con la compagnia di cugini, affiliati, amici, amici di amici e conoscenti. D’altronde, se si salvava il mondo si intrecciavano un mucchio di rapporto. La Tana era il suo posto preferito, tipo per sempre e sempre. Era Ted Lupin che lo irritava.
Quando era un bambino la sua venerazione per Teddy era pari al suo odio attuale. Non c’erano motivazioni precise, ma se Teddy si era innamorato di una persona come Victoire, non doveva essere a posto. Aveva deciso così, e se James Sirius si metteva qualcosa in testa, non si muoveva da lì, almeno di non schiodarla con un sacco di buona volontà e un paio di sberle ben mirate.
Quindi. Notando un certo attrito - unidirezionale: perché benché Teddy si sentisse respinto, cercava di continuare a essere gentile ed educato - tra suo figlio e il suo figlioccio, Harry Potter quell’anno (ovvero la sedicesima estate di James S., a seguito della quale avrebbe compiuto diciassette anni) aveva fatto in modo di organizzare un mucchio di eventi Weasley-Potter-Granger-Delacour e chi più ne ha più ne metta (come del resto erano tutte le feste del clan Weasley) a cui erano obbligatorio partecipare.
Quel giorno era parte del grande piano di riappacificazione del Salvatore, che non si accorgeva di un bel niente, ma quando c’era da straziare i suoi poveri figli aveva gli occhi di lince-sbarra-falco.
Nella posa da “cane bastonato” o “gran figo” James si era sistemato ai bordi dello spiazzo di giardino della Tana dove le coppiette della famiglia danzavano allegramente. Naturalmente, i ballerini provetti per eccellenza erano Victoire e Teddy - dopo Hogwarts Lupin aveva ben pensato di crearsi una vita sociale, altrimenti Victoire non avrebbe mai smesso di lamentarsi, e di mostrare a tutti tutte le sue numerose doti carismatiche e affascinanti - assieme a Bill e Fleur.
I due, ignari degli sguardi di puro disprezzo di James, roteavano lungo il perimetro, stretti l’uno all’altro, la gonna svolazzante di Vic, i sorrisi smaglianti da copertina del Settimanale delle Streghe, “unicorni volanti e arcobaleni sotto i quali fare piroette” mormorò lugubre a se stesso.
Per sua sfortuna, però, proprio in quell’istante sua sorella Lily decise di passargli accanto e, perfida quanto e più di una megera, gli prese il bracciò e lo tirò in pista.
« Su, fratellone! Sorridi! Fa bene alla pelle ». Per sottolineare il concetto si esibì in un’espressione quantomeno degna di quelle di Ted e Victoire « sei più affascinante » lo incitò.
In realtà, era divertita dalle disgrazie altrui, si erano sistemati - per volere della più piccola - proprio di fronte Harry e Ginny, abbracciati e ridacchianti, quindi James per nessun motivo poteva divincolarsi o minacciarla.
« Comunque sai cosa si dice in giro? ».
« No ».
« Neanche un po’ curioso, Jamie? ».
« No ».
« Pare che Teddy e Victoire presto si sposeranno … non è fantastico? Un altro matrimonio, altre coccole, altri complimenti ».
In quell’esatto momento, accadde qualcosa. L’agile e soave Victoire perse l’equilibrio e si storse una caviglia. Proprio mentre James le aveva lanciato un’occhiata di fuoco. Nessuno fece caso al maggiore dei Potter, tutti intenti a notare quello strano movimento della gamba, e a portarsi la mano davanti alla bocca un nanosecondo prima che fosse chiaro dalla faccia e dai movimenti di Vic che si fosse rotta l’osso.
A tutti sfuggì James, tranne che a Lily e Teddy.

Lui non voleva far nulla di male, non era una persona cattiva, era un grifondoro! Non voleva procurare infortuni né far arrabbiare nessuno.
Si era rinchiuso nella camera che una volta era stata dei suoi zii Ron, Fred e George per proteggersi da eventuali sfuriate o scenate. Proprio non ne aveva voglia, lui neanche ci voleva andare a quella stupida festa!
Prima o poi qualcuno l’avrebbe trovato, e aveva una vaga idea di chi potesse essere. Poco vaga, in realtà.
Si diceva che era destino che dovesse riappacificarsi con Ted, ma non era assolutamente sicuro della disposizione dell’altro a parlare. Dopotutto aveva azzoppato - momentaneamente - la sua fidanzata, portata al San Mungo, scortata da nonna Molly, zio Bill e zia Fleur. Non avevano permesso a Teddy di accompagnarli, il che probabilmente era peggio. Li aveva visti dalla finestra, appena cinque minuti prima, smaterializzarsi sul retro della Tana, tutti corrucciati.
Contro qualcuno doveva pur battere la testa Ted, chi meglio del colpevole dell’’incidente’?
La porta, d’un tratto, si aprì.
« Oh, ci sei tu » mormorò l’oggetto dei suoi pensieri.
« Sì, ma se vuoi io me ne vado ».
« No, non ti preoccupare » varcò la soglia e gli si sedette al fianco, sospirando.
« Mi dispiace, Ted ».
« Non fa niente, James, sono tutti preoccupati, ma il peggio è passato ». Eh? Quindi non sa!
James quasi avrebbe voluto esultare, ma si trattenne, ovviamente.
« James, io … ho visto come guardavi Victoire. E penso d’aver capito ».
« Cosa? ».
Ma aveva appena detto … ! « Io e Vic presto ci sposeremo e ti vorrei chiedere di lasciar perdere. Sta con me, gradirei da parte tua serietà, ecco. Capisco che probabilmente stai soffrendo, che per tutti questi anni mi hai odiato per averti “rubato” la ragazza, ma lei ed io siamo felici, quindi se tu- ».
James vide le nocche delle mani contrarsi mentre stringeva i pugni.
Felici. Cosa ne puoi sapere tu di felicità? Hai venticinque anni e hai amato solo Vic.
In realtà, molto più a fondo, James percepiva perché detestare Ted, perché tenerlo alla larga.
La ragione stava risalendo a galla, lentamente, dal momento in cui aveva fatto del male alla ragazza del suo Teddy. Era anche spregevole, egoista, ma dall’alto della sua arrogante adolescenza era certo che Victoire non fosse giusta per lui.
Quindi, non fu scorretto posargli delicatamente un palmo sull’avambraccio, né avvicinargli le labbra all’orecchio tanto da sfiorarle, o usare quel tono di voce basso. Era per il loro bene: « Sei proprio sicuro di essere felice, Ted? Perché essere felici significa non desiderare nulla ».
Spudoratamente, a quel punto, ed evidentemente trionfante, muovendosi sinuosamente - anche meglio di quanto potesse Victoire - si alzò dal letto e uscì fuori.
Un passo alla volta, James.

4) Richiesta da nemofrommars .
Pairing: Ronnie Radke/Maxwell Green.
Lavoro: drabble (più o meno XD).
Note: Senza titolo; Fluff; G-PG; What if...?, Slash.
Note 2: dedicata a nemofrommars , un piccolo regalino per il suo compleanno. (E tra l'altro Annie ti becchi una botta di culo pazzesco perché questa sera sono di ottimo umore - mi sento in pace con l'universo - e quindi ti tocca una fic fluff Ronnie/Max - e io non ho MAI scritto fluff su questi due, MAI - sperando che, essendoci un po' di speranza dentro, ti dia ciò di cui hai bisogno. Tutto qua). Buon compleanno in ritardo. <3
È che le persone, all’improvviso, si svegliano e sono stanche.
Però non è di quelle stanchezze verso la vita. È più una stanchezza di sprecare tempo.
Qualcuno che ha trascorso circa due anni e mezzo in carcere ne dovrebbe sapere di tempo. E di tempo sprecato in particolare.
Ronald spalancò gli occhi, quella mattina, e decise che non valeva la pena di perdere Maxwell senza ragione.
La mattina dopo Ronald aprì gli occhi di nuovo e al suo fianco c’era Maxwell.
Forse anche Maxwell ne sapeva di tempo perduto, e di seconde opportunità.
Senza sopracciglia, gli era quasi scoppiato a ridere in faccia. Diversi rotoli di pancia gli erano scomparsi di dosso. Ed aveva lo stesso musetto triste di sempre.
Però qualcosa era cambiato.
Ronald aveva sistemato le braccia dietro il collo e si stava godendo lo spettacolo: Maxwell profondamente addormentato.
Non gli importava che avesse ripreso a drogarsi, ce l’avrebbero fatta finalmente.
Erano sopravvissuti al primo tentativo, al secondo sarebbero riusciti a vivere addirittura.
« Ngh … ». Mormorò Max, e Ronald lo avvolse con le braccia prima che potesse svegliarsi completamente.

5) Richiesta da faechan.
Paring: Frank/Gerard
Lavoro: drabble/flashfic
Note: Senza titolo; Slash.
Note2: Anche se in ritardo di un giorno, buon compleanno <3
Non ne era sicuro del tutto, ma Frank si era convinto che il pubblico non potesse captare tutti i rumori amplificati.
Perché altrimenti, si diceva, sarebbe impossibile per loro mantenersi calmi. No? Sì.
Così liquidava la discussione mentale, il più delle volte, in realtà quasi tutte, in attimi in cui si poneva quel tipo di domande aveva ben altro a cui pensare: nascondersi i suoi genitali con la chitarra, per esempio, mentre allo stesso tempo doveva concentrarsi su qualcos’altro - qualsiasi cosa - non fosse Gerard. E il suo stupido microfono. In quel putiferio si supponeva dovesse anche suonare.
Dovrebbero pagarmi il doppio.
Il pomo della discordia, del caos, della totale perdita della testa - almeno per quanto riguardava Frank - era Gerard, e “il suo stupido microfono”. Meglio: le sue corde vocali.
Anche se il tutto poteva essere, più semplicemente, attribuito a due soli difetti del cantante: la melo-drammaticità e l’assenza del senso del pudore.
Frank era sicuro che sul palco il ragazzo si mettesse a masturbarsi o qualcosa del genere. Aveva uno strano respiro, sempre, ansimante. Che Gerard lo facesse di proposito Frank non ne aveva la minima idea, quindi continuava a dare di matto sulla superficie nera del palco mobile. Ansimando anche lui, per altri motivi, e soprattutto non contro il microfono.
Un giorno di questi glielo chiedo cosa diavolo fa.
Gerard non chiedeva altro.

6) Richiesta da nefene .
Pairing: Scorpius/Rose
Lavoro: drabble.
Note: Senza titolo; Missing Moments, What if...?; G-PG; Frammenti.
Intrecciava le sue mani ai capelli di Rose.
Qualche volta lei si infastidiva, sbuffando; si voltava e si concentrava su un qualche libro a portata di mano, ripescato dalla borsa a tracolla.

Rose trovava sempre qualche motivo per essere nervosa, distante e distratta. Appena lo guardava, sembrava essere pronta ad abbandonarlo per sempre.

Non ce la faremo mai a stare insieme davvero. Mio padre non me lo permetterà … e figurarsi se Draco Malfoy lascerà che suo figlio sposi una messosangue!

Ma Scorpius trovava il modo di calmarla, anche nei giorni più cupi del suo umore.
Semplicemente con tutto l’amore.

9) Richiesta da nefene .
Pairing: Finn/Rachel
Lavoro: Icon1, Icon2
Note: ho scelto delle immagini che ho ritenuto le più significative per la coppia, e una canzone che, se pur non bellissima, penso rappresenti molto bene la coppia. (Ho fatto due icon perché non sapevo decidermi, quindi deciderai tu quale preferire XDD).



10) Richiesta da ladyaika .
Pairing: Enea/Cassandra.
Lavoro: fiction con prompt "nastro di seta".
Note: Senza titolo; Missing moments, What if...?; G-13; Frammenti.
L’aria era soffocante quel giorno. Il padre Anchise, seduto fuori dall’uscio della dimora, modellava un piccolo pezzo di legno; Enea passeggiava lungo le mura di Troia, salutando i rari passanti. Le strade erano quasi deserte, soltanto alcuni commercianti, al riparo sotto colonnati, esponevano le loro merci sperando che il sole calasse in fretta.
In giorni come quelli, quando c’era poco da fare, a Enea sarebbe piaciuto visitare il palazzo del re, discutere con Ettore, vedere Cassandra. Ma il castello senza Cassandra era noioso; e incontrarla nel tempio gli causava fitte al petto.
Per tanti anni avevano potuto ignorare tutti i segni del destino, tutto ciò che si era posto sul loro cammino per dividerli; ma il tempio era il simbolo stesso del momento in cui, la nuova donna Cassandra, aveva atteso che un uomo la scegliesse per sverginarla. Era arrivato Enea, allora, Enea che si scusava per il ritardo, quasi avessero un appuntamento. (Cassandra, con le sue parole di saggia, gli diceva: « il nostro era un appuntamento stabilito dal destino, non potevamo sottrarci ». Ed Enea poteva scommettere che non fosse vero, che nulla della forza potente e devastante delle profezie la riempisse, quando pronunciava quelle parole). Enea, l’uomo che perde gli attimi, l’uomo che avrebbe perso per ben tre volte l’amore, vedendolo sfuggire via, impotente, sfiorò la pelle candida di Cassandra e gli sembrò solo doloroso che fosse un essere umano a doverla toccare. Che non potesse essere un Dio a darle la femminilità.
Fuggì via.
Quel momento rimase impresso nella memoria di Enea, radicalmente. Ancora dopo sette anni sapeva rievocare l’esatta tonalità della tunica di Cassandra, un azzurro pallido; lo stesso azzurro di seta legato al polso di Enea. Un pezzo di seta azzurra chiuso da un nodo stretto, rimasto lì, e sbiadito, tanto a lungo quanto il tempo trascorso con Cassandra, meno la loro infanzia.
Perché avesse deciso di divenire sacerdotessa, Enea non lo comprendeva. Credeva che si sarebbero sposati, che sarebbero andati a vivere a palazzo, assieme a Ecuba, Priamo, Anchise, i fratelli e le sorelle. Cassandra, invece, divenne una sacerdotessa.
Tentò di tagliare il nastro, quando lo venne a sapere, ferito nell’orgoglio e solo pieno d’odio verso la donna che l’aveva ingannato. Non ci riuscì, neanche fosse parte di lui.
Nonostante l’umiliato fosse lui, Cassandra lo evitò per settimane quando sposò Creusa. E quando finalmente accettò di riceverlo, per poco non gli colpì la guancia con il palmo della mano.
« Rifiuti il mio matrimonio, e poi ti senti tradita se prendo moglie … ».
Cassandra gli voltò le spalle, con sdegno, e scomparve dietro le porte del tempio.
I loro incontri, poi, erano stati più passionali; Cassandra gli domandava più insistentemente cosa fosse quel laccio di seta azzurro, proprio non ricordava da quando lo indossasse, e credeva fosse un dono di Creusa, o un pegno del suo amore.
« Io amo Creusa ».
Le disse due settimane prima. Cassandra si rivestì e gli indicò l’entrata secondaria; Cassandra si rivestì e si nascose in qualche luogo a lui sconosciuto.
Si salutavano a stento, durante le cene di Priamo ed Ecuba.
Si salutavano a stento, e per quanto Cassandra era sempre stata lontana, era sempre meglio poterla stringere, che non poterle neanche avvicinarsi …
Il caldo era afoso, ed Enea pensò bene di andare a pregare di fronte il tempio.

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