Il photoshoot assassino

Jul 03, 2013 20:50

L'avevo promesso ed ecco qui la one-shot dedicata a quell'orrendo servizio fotografico di Aiba e Tacchon.
Ragazze, le NC17 non fanno veramente per me XD No, davvero! Mi imbarazzo a scriverle e a rileggerle per controllare se ci sono errori.. Ma si può? Sono pessima! XDDD
Per la prossima one-shot (che credo piacerà a jinnypazza82) ritorno al fluff forse più fangirl che fluff ;)

TITOLO: Il photoshoot assassino
GENERE: sentimentale, osè
FANDOM: Kanjani8, Arashi
PAIRING: AibaKura
RATING: NC-17
DICLAIMERS: nessuno mi appartiene, neanche l'nc-17

Il delirio era scoppiato nella saletta del ristorante. Le urla degli altri mi stavano trapanando il cervello. Jun era praticamente sdraiato su di me mentre Sho gli leccava il collo. Maru, ormai ubriaco da far schifo, girava tranquillamente in mutande mentre cercava di evitare Yoko che continuava a dargli pacche sul sedere. Mi girai alla mia destra e lo vidi, ancora sobrio, mentre si stava strafogando con il viso quasi nel piatto. Guardarlo mangiare mi tranquillizzò, era come essere a casa. Gli schiamazzi sparirono e per me c’era solo lui e il rumore della sua bocca che masticava con gusto.
Gli presi la mano appoggiata sul tavolo e lui si girò verso di me sorridendo, soddisfatto di avere la pancia piena. Mi accorsi che sul lato delle sue labbra c’era un residuo di salsa, mi avvicinai velocemente per poi soffermarmi in quel punto per qualche secondo. Dischiusi leggermente labbra e gli leccai via la salsa e scoprii che era leggermente piccante.
“Andiamo via.” gli sussurrai.
“Ma gli altri..” e vidi le sue guance arrossire lievemente.
“Guardati intorno, non se ne accorgeranno nemmeno..”
Tacchon si rese conto del macello che ci stava circondando solo in quel momento. Scoppiò in una fragorosa risata quando vide Subaru e Nino sfidarsi a janken per vincere un bacio di Shota.
“Sì hai ragione, andiamocene!” mi strinse la mano e si alzò.
Andammo via, nessuno ci richiamò all’ordine, non pagammo neanche la nostra parte del conto e ci allontanammo mano nella mano tra le stradine poco illuminate.

Tacchon buttò la giacca sul mio divano, si voltò e mi sorrise. Un sorriso che di innocente non aveva proprio niente e che presagiva un secondo fine.
“Vado a farmi una doccia.” mi infirmò mentre, gettando i vestiti a terra, si stava dirigendo verso il bagno già a torso nudo.
L’istinto, e qualche cos’altro, mi stava implorando di inseguirlo, ma decisi di dargli un po’ di tempo. Sistemai un po’ il letto, cosa completamente inutile dato che tra qualche minuto sarebbe finito sottosopra. L’acqua nella doccia scorreva. Provai a distrarmi con un bicchiere d’acqua fredda, molto fredda. Lo sentivo canticchiare. Mi ritrovai ad asciugare la fronte con un fazzolettino. Erano solo passati pochissimi minuti, ma decisi di interrompere la sua doccia solitaria.
Entrai in bagno in punta di piedi. Guardando il riflesso dello specchio vidi solo le mie guance arrossate e gli occhi lucidi. Mi spogliai alla rinfusa e spalancai la doccia. Tacchon urlò come una diva.
“Cosa stai facendo qui? Non ti ho dato il perm..”
Lo zittii sollevandogli i polsi e appoggiandolo alla doccia.
“Mi prendi per stupido?” racchiusi le sue guance nella mia mano facendo sporgere le labbra carnose. “Sei tu che mi hai attirato qui dentro, se no perché spogliarsi e fare tutta quella sceneggiata da divetta del cinema muto?” lui fece una smorfia e gli diedi un bacio “E adesso dammi la spugna che ti insapono la schiena.”
Gli insaponai delicatamente prima le spalle, larghe e forti, passai alle braccia, così lunghe e accoglienti fatte per stringermi, ed infine la vita stretta. Lasciai scivolare la spugna a terra e con le mani ricoperte di sapone gli iniziai a massaggiare il sedere con vigore. A quel contatto Tacchon ansimò. Girò la testa verso di me, aveva le labbra tumide e socchiuse, mi alzai leggermente sulle punte dei piedi e lo baciai mentre le mani passarono al suo ventre morbido. Ringraziai il cielo che la dieta che si ostinava a fare da mesi non stesse funzionando per nulla. Adoravo questa disarmonia nei nostri corpi: lui alto e morbido ed io leggermente più basso e spigoloso. Ci completavamo a vicenda.
“Oh, dai! Non toccarla, lo sai che mi imbarazzo..” si voltò. “Vorrei avere il tuo fisico.” disse toccandomi il ventre. “Così asciutto e aggraziato. A te i vestiti calzano alla perfezione mentre io devo fare attenzione che la pancia non strabordi da tutte le parti!”
Pensai che era il solito esagerato e misi l’indice sulle sue labbra per farlo smettere di parlare.
“Vuoi metterti in testa che la tua pancetta piace a tutti? Cosa devo fare, creare un fan club?” e, rendendomi conto della cavolata che avevo sparato, mi misi a ridere.
Uscimmo dalla doccia e gli porsi l’accappatoio mentre io mi legai l’asciugamano alla vita. La sua mano prese la mia e mi guidò verso il letto, poi sentii le sue mani premere contro il mio petto e spingermi sul materasso. A quel gesto improvviso sentii, e vidi, la mia eccitazione crescere. Tacchon la notò subito e, senza perdere tempo, spostò quell’odioso asciugamano che era diventato ormai un ostacolo alla sua bocca.
Sentii il mio corpo irrigidirsi, desideroso di raggiungere il piacere il prima possibile. Gli presi la testa fra le mani, cercando di fargli aumentare il ritmo, ma lui le scostò. A quanto pareva voleva decidere da solo l’andatura: lenta, troppo lenta e più gli dicevo “Veloce!” e più lui rallentava finchè non si fermò.
“Continua ti prego!”
Mi sorrise pulendosi i lati della bocca e aprì il cassetto del comodino. Tirò fuori il preservato e il lubrificante.
Lo tirai verso di me per abbracciarlo.
“Masa, c’è il cellulare che suona!” mi sussurrò all’orecchio
“Lascialo fare..” e infatti dopo pochi minuti smise di suonare.
Avvicinò le sue labbra alle mie e mi baciò con tale ardore che mi ritrovai sdraiato sul letto con le braccia sopra la testa, tenute strette da una sua mano mentre con l’altra continuava ad accarezzarmi.
Prese delicatamente il mio membro, gli mise il condom e poi lo iniziò a massaggiare con le mani ricoperte di lubrificante provocandomi un brivido lungo la schiena.
“No, davvero! Non posso farcela! Potresti guardare il cellulare? Sta suonando come un ossesso.. Ti saranno arrivati almeno venti messaggi!”
Obbedii senza fiatare. Presi il cellulare: cinque chiamate perse e nove messaggi. Tutti di Nino.
“Dove siete finiti tu e Tacchon?”
“Arrivate per pagare il conto?”
“DOVE SIETE?”
“Stiamo andando via..”
“Ok! Ho pagato la vostra parte.. Me la pagherete!”
“Mi dovete 3.000 yen.”
“MASA, DOVE SEI? Voglio i miei soldi!”
“Stiamo arrivando a casa tua!”
“Siamo sotto casa tua.”
Bip bip.
“Siamo TUTTI sul tuo pianerottolo, se fossi in te mi sbrigherei ad aprire la porta!”
Rimasi per un minuto completamente pietrificato. Rotolai giù dal letto e buttai a Tacchon dei vestiti.
“Copriti, rifai il letto e vai subito ad aprire la porta!!”
Lo vidi fare quello che gli avevo ordinano, mentre mi dirigevo verso il bagno per farmi una velocissima doccia gelata. Dopo qualche secondo sentii delle urla provenire dal salotto.
“De.. Dev.. Devo vomitare!” sbraitò qualcuno sbattendo la porta del bagno.
Uscii dalla doccia per controllare e tirai un sospiro di sollievo: Maru aveva centrato il cesso. Mi vestii con le prime cose che recuperai dall’armadio e corsi fuori dalla camera da letto, ma appena varcai la porta della stanza trovai Nino che con un sorrisetto mi disse: “Abbiamo per caso interrotto qualcosa? ”

p:aibakura, main: aiba masaki, main: okura tadayoshi, fanfiction

Previous post Next post
Up