Titolo: Lullaby
Autrice:
arial86Beta:
hilkail ♥
Rating: NC17
Sommario: “Stai per diventare padre. Sono… in dolce attesa. È questa l’espressione, giusto?”
[...]“Cristo Iddio,” sussurrò il cacciatore, “non stai scherzando. Co-come è possibile? Arrivate forse in dotazione con un fottutissimo utero?”
La vostra classica eggpreg. Più o meno.
Pairing: Destiel
Wordcount: 2507
Note: Dedicata a
hikaruryu ♥
“If Dean’s got a secret, Dean’s secret is he wants a really normal family.”
(Eric Kripke)
In un silenzioso battito d’ali, Castiel comparve al centro della stanza, invisibile agli occhi di Dean e Sam.
Il primo era stravaccato sul letto: un contenitore bisunto precariamente posato sul petto, il telecomando in una mano, l’altra che ritmicamente portava patatine alla bocca. Sam, invece, era chino su dei fogli, completamente assorbito dalla lettura.
Un breve sorriso sfiorò le labbra dell’angelo. Per molti aspetti, i fratelli erano del tutto opposti. Il giorno e la notte. E forse proprio per questo riuscivano a funzionare come un meccanismo perfettamente calibrato: ognuno completava le mancanze dell’altro e insieme andavano avanti.
Con un sospiro, riportò gli occhi su Dean, una mano che inconsciamente correva al petto. Doveva parlargli. Era lì per quello, dopotutto. Solo che non riusciva a prevedere in alcun modo la reazione che avrebbe avuto il ragazzo.
Dean voleva una famiglia, lo sapeva. Lo aveva sempre saputo. Il punto era che l’aveva vagheggiata con qualcun altro: Castiel non rappresentava esattamente la normalità che il cacciatore voleva, quella che meritava.
Via il dente, via il dolore, si disse, un altro modo di dire umano che si insinuava nella sua parlata e nei suoi pensieri. Si rivelò ai ragazzi, per essere accolto da un ‘porca puttana, Cas, avvisa’ e dal più diplomatico ‘buongiorno’ di Sam.
Quando Dean lo invitò ad accomodarsi al suo fianco, battendo un piede fasciato di bianco sulle lenzuola, l’angelo gli sorrise e obbedì. Nel farlo, gli sfiorò la caviglia e il ragazzo si mise a sedere.
“Hai appena messo fine alle mie vacanze, lo sai?” mormorò, posando labbra leggere e vagamente salate sulle sue. “Adesso dovrai farti perdonare.”
“Prego,” replicò l’angelo, prima di esplorare più a fondo la bocca dell’altro, la lingua sopraffatta dalla fragranza del cibo e da quella più debole e intossicante del suo cacciatore.
Dean gli posò una mano sul collo, il pollice che sfiorava il punto in cui questo si congiungeva con la mascella, l’altra che scivolava piano lungo la schiena. Castiel si spinse di più contro di lui, la nascente erezione del ragazzo evidente attraverso la consunta tuta grigia che indossava…
Un eloquente colpo di tosse mise fine alla reciproca indagine. “Mi dispiace, ragazzi, ma non vedo calzini alla porta,” si scusò Sam, con una risata. “E non lascerò che voi due mi traumatizziate per la vita. Di nuovo.”
“Potresti lasciarcelo tu, fratellino,” ringhiò Dean. “Lungo la strada per levarti dalle palle.”
“Sam ha ragione,” disse Castiel, stringendo brevemente i fianchi del ragazzo e tirandosi indietro. “E non ero qui per questo. Devo parlarti.”
Dean sbuffò, esasperato e scontento. “Ecco, hai di nuovo un palo nel culo. E non è il mio. Che c’è, Cas?”
“Sono serio, Dean. È una cosa importante,” mormorò l’angelo, negli occhi una muta preghiera.
E lo sguardo dell’altro si addolcì. “Non c’è bisogno di tirar fuori le maniere forti. Sono tutto orecchie, moccioso.”
“Stai per diventare padre. Sono… in dolce attesa. È questa l’espressione, giusto?”
Dean scoppiò a ridere, di gusto. “Tranquillo, il tuo è solo un ritardo. A Sam capita di continuo.”
“Molto divertente, coglione,” ribatté il diretto interessato, dall’altro capo della stanza.
Con un ghigno che ancora indugiava sul suo viso, il cacciatore tornò a guardare Castiel e realizzò che quest’ultimo non mentiva. “Cristo Iddio,” sussurrò, “non stai scherzando. Co-come è possibile? Arrivate forse in dotazione con un fottutissimo utero?”
L’angelo scosse la testa. “Si tratta di energia, Dean. La tua anima, la mia grazia… durante i nostri rapporti, quando siamo entrambi… sono venute, per così dire, in contatto e…”
Due grosse braccia misero fine al suo incessante blaterare e strinsero sia lui che Dean in una morsa mozzafiato. “Un bambino,” gridò Sam, al settimo cielo. “Sono così felice per voi, ragazzi.”
Dean boccheggiò più volte, vuoi per la mancanza d’aria, vuoi per quella di parole adatte. Quando infine si riprese, si rivolse direttamente al fratello. “Ti voglio fuori di qui in due minuti esatti. E non tornare senza una gran cassa di bollicine, intesi?”
Sam annuì, raggiante. “Vi lascio ai vostri festeggiamenti, capito,” disse, una mano già sulla porta, l’altra che si allungava verso il portafogli. “Fate i bravi, piccioncini.”
Fulmineo, Dean ribaltò le loro posizioni e si appropriò delle sue labbra, il saluto di Sam che ancora aleggiava nella stanza. “DEVI - bacio - SPIEGARMI - dita che si intrecciavano fra i suoi capelli e, avide, lo ancoravano maggiormente a lui - OGNI - morso - COSA - un ultimo ansito disperato - ORA.”
“Cosa vuoi sapere?” riuscì a chiedere Castiel, fra un attacco e l’altro.
“Non la storiella delle api e dei fiori, tranquillo,” rise Dean, contro le sue labbra, dentro la sua bocca. “Come andrà la gravidanza? E il parto? Scusa, ma nella mia mente non fanno che affacciarsi immagini di dubbio gusto, a metà fra Alien e la sua versione porno.”
“Quando l’embrione sarà forte a sufficienza, potrò strapparmelo dal petto sotto forma di uovo,” mormorò, abbassando gli occhi. “A quel punto, toccherà alla tua anima nutrirlo e far sì che ne sviluppi una sua. Io non posso farlo.”
Dean lo strinse più forte a sé, le ciglia che gli sfioravano il viso. “Hai già fatto più che a sufficienza, moccioso,” gli assicurò. “Allora, sai già se il nostro pulcino sarà un lui o una lei?”
Castiel scosse la testa, e il cacciatore proseguì. “Ok, basta con l’interrogatorio,” risolse. “Toglimi solo una curiosità, è vero quello che si dice sulle donne incinte?”
L’angelo batté più volte le palpebre, confuso. “Cosa si dice di loro?”
La lingua dell’altro percorse il breve tratto dalla sua bocca al suo orecchio, lasciandosi alle spalle una scia umida e bollente. “Che siano sempre eccitate,” rispose, in un roco sussurro.
E Castiel rise. “Sicuro di non aver niente da confessarmi?” soffiò, massaggiando l’erezione di Dean attraverso la tuta.
Il ragazzo sospirò, abbandonandosi alla sua calda stretta. “Cas, fermati,” ammonì, piano. “Non voglio venirmi nelle mutande come un ragazzino arrapato.”
“Perché, cosa sei?” ribatté Castiel, le dita che scivolavano nei boxer dell’altro.
“Bru-brutta incubatrice con le ali,” singhiozzò il cacciatore, gettando la testa all’indietro e scopando la mano dell’angelo in spinte disperate e frenetiche. “Ti-ti…”
La voce di Dean si spense in un gemito, mentre il pollice di Cas gli torturava il glande e l’altra mano scendeva misericordiosa a massaggiargli i testicoli.
“Coraggio, ragazzino,” l’incitò poi, in un soffio di fiato bollente. “Se non vuoi venirti nelle mutande, vieni nella mia mano.”
“Cas,” mormorò Dean, affondando il viso nell’incavo della sua spalla e lasciandosi andare completamente.
L’angelo prese il mento del giovane fra dita macchiate di seme, e percorse il contorno della sua bocca con la stessa devozione che un tempo aveva riservato al Signore Suo. “Dean,” ansimò a sua volta, annegando in quelle profonde iridi verdi, appena ombreggiate da ciglia umide e lunghe.
Poi sollevò gli occhi al cielo, lo sguardo già lontano.
“Lascia perdere Radio Angelo,” bisbigliò il cacciatore, intrappolandolo fra il suo corpo e la testata del letto. “Stiamo festeggiando.”
Cas sorrise, triste. “Sono in guerra, Dean, e i fratelli che lottano per me non approverebbero simili distrazioni.”
“Questo perché siete una famiglia di verginelli,” ribatté l’altro, con un ghigno. “O, almeno, lo eravate.”
L’angelo gli carezzò il viso col dorso della mano, e Dean chiuse gli occhi. “Promettimi una cosa,” disse. “Non farti ammazzare, non ora. Soltanto questo.”
Castiel scosse la testa. “Non lo farò: sono la tua incubatrice, no?”
Il cacciatore chiuse una mano sulla sua spalla, dura esattamente come i suoi occhi. “Sono serio, Cas. Prometti.”
E questi sospirò. “Te lo prometto,” rispose, posando labbra ora gelide su quelle del ragazzo e scomparendo in un rapido frullio d’ali.
~ o ~ o ~ o ~ o ~
Disorientato e ferito, Castiel atterrò in malo modo fra i due letti gemelli, nella camera dei ragazzi. Un’ala, spezzata e visibile a lui soltanto, ribaltò uno dei comodini. L’abat-jour andò in pezzi, tempestando l’aria di screziati frammenti, luminosissimi e splendidi agli occhi stanchi dell’angelo.
La testa ancora china, percepì il momento esatto in cui Dean si accorse di lui. Un sottile singulto, un terrorizzato ‘Cas’, e il cacciatore era inginocchiato al suo fianco.
“Ehi,” disse Dean, percorrendo il suo corpo martoriato con mani esperte e delicate. “Guardami! Cosa…”
Poi la vide, la ferita, e il lamento che gli sfuggì dalle labbra echeggiò del suo stesso dolore.
“Cristo,” mormorò soltanto, le dita che sfioravano il profondo taglio poco al di sotto del petto, da cui sangue e grazia fuoriuscivano copiosi.
“Raphael,” lo corresse l’angelo, con un piccolo sorriso. “È finita, Dean. Adesso è finita.”
“Sì, scusa tanto se cerco di rattopparti, prima di tirar fuori i coriandoli,” ribatté l’altro, con rabbia. “Perché non ti rimetti a posto, Cas? Non sono un fottuto veterinario!”
L’angelo scosse la testa. “Non posso guarirmi, non sono forte abbastanza.” Tossì, e un rivolo scarlatto gli bagnò le labbra. “Sono qui perché… il piccolo, dovrai provare a farlo venire al mondo da solo…”
La stanza perse consistenza per un attimo, finché le mani di Dean non si chiusero sul suo viso. “Non ti azzardare,” ordinò il cacciatore. “E che cazzo intendi per provare?”
“In questo momento, è la mia grazia a nutrirlo. Ma quando… anche la tua anima è energia, Dean, seppure diversa,” spiegò, deglutendo un caldo sorso di sangue, la vista che si appannava. “Il piccolo però potrebbe non sopravvivere al distacco da me. Io farò il possibile, ma…”
“Col cazzo che farai il possibile,” gridò Dean, scuotendolo. “La mia anima è energia, l’hai detto tu stesso. Usala e guarisciti!”
Castiel batté più volte le palpebre, nel tentativo di mettere a fuoco il ragazzo. Doveva spiegargli, doveva capire…
“Lo sforzo ti prosciugherebbe, Dean,” disse, in un rantolo. “Non resterebbe niente della tua anima, niente.” Chiuse dita ormai insensibili sulla gola dell’altro, implorandolo di comprendere, implorandolo di perdonarlo. “Non è un sacrificio che… No.”
“È di mio… di nostro figlio che parliamo, Cas,” ribatté il cacciatore. “E sei tu quello indispensabile alla sua salvezza. O ti aspetti che mi metta a covare le tue uova, mamma oca?”
Sorrise, e si chinò su di lui. Con delicatezza, posò labbra aride sulle sue, domandando un ultimo accesso. E l’angelo obbedì, affondando nel letto alle sue spalle e in una sorta di freddo oblio. Un momento più tardi, Dean si allontanò. “Mi spiace, ma non lascerò che infranga la tua promessa.”
Nella sua pur limitata esperienza da essere umano, Castiel aveva sognato. Niente di particolarmente memorabile, per la verità, ma in futuro avrebbe sempre associato la scena che si svolse davanti ai suoi occhi alla crudeltà lenta e onirica degli incubi. Il pugnale che, come dal nulla, compariva nella stretta di Dean; i riflessi rimandati dalla sua lama, prima che questa concludesse la propria parabola nel cuore del cacciatore; il suo ultimo respiro e, infine, l’interminabile caduta fra le sue braccia.
L’adrenalina che gli si scaricò in corpo diede all’angelo la forza di stringere a sé Dean e di sollevargli il viso. Gli occhi del ragazzo erano spalancati in una muta supplica. Verdissimi e spenti, sostenevano il suo sguardo, senza realmente vederlo. Un’unica lacrima brillava fra le sue ciglia, e Castiel l’asciugò col pollice, sostituendo la sua trasparenza salata con un tiepido sbuffo rosso.
“Dean,” singhiozzò, attonito. Con una mano estrasse il pugnale, mentre la sua grazia già si protendeva verso l’altro, avvolgendolo in un liquido abito d’oro. Un sordo dolore al petto e quell’impalpabile e fragile stoffa si strappò: non poteva guarirlo, non era abbastanza forte.
Un mietitore comparve all’angolo estremo della stanza e Castiel si aggrappò a Dean con rinnovata disperazione, un ringhio ferino a scoprirgli i denti. La creatura si limitò a sorridere, aliena e intoccabile. Non le restava che attendere, lo sapevano entrambi.
L’anima del cacciatore non aveva ancora lasciato il suo corpo, trattenuta da una cieca determinazione e dal bisogno di proteggere quelli che amava. Debolmente, si allungava verso la sua essenza, rammentandogli in concitati e sottili sussurri quello che doveva fare. Castiel, però, continua a respingerla, nonostante la sua grazia non gli chiedesse altro che abbandonarsi a quel breve contatto ristoratore.
L’ennesima, agonizzante fitta e l’angelo sentì la vita dentro di lui cominciare a spegnersi. Il piccolo stava morendo.
Serrò le palpebre e chiuse le labbra su quelle ancora calde di Dean. Odiandosi con tutto se stesso, respirò aria che sapeva di luce e pioggia, fuoco e lampi. E, per l’ultima volta, quell’anima che come un faro l’aveva guidato attraverso le tenebre dell’Inferno si strinse intorno a lui.
Quando Castiel riaprì gli occhi, il mietitore era svanito. Fu in quel momento che la porta della camera si spalancò.
Con due cartoni di pizza e un pacco da sei precariamente in equilibrio sul palmo della mano, Sam Winchester fece il suo ingresso. “Non vedo alcun calzino sul pomello, ragazzi,” si affrettò a dire, scandalizzato. “Dean insiste con la storia della mammina vogliosa?”
“Sam,” lo implorò Cas, sgomento, e ogni traccia di colore abbandonò il viso del giovane.
“No,” mormorò soltanto, in un attimo al loro fianco. “Co-cosa…”
Le dita sulla gola del fratello, il ragazzo pregò per un battito che sapeva non avrebbe trovato, e Castiel abbassò lo sguardo, incapace di sostenere anche il dolore dell’altro.
“Riportalo in vita, subito!” ordinò il cacciatore. “Che cazzo aspetti?”
L’angelo scosse impercettibilmente la testa. “Non posso,” tirò fuori, in un sospiro spezzato. “La sua anima… Dean è andato, Sam.”
“Ma… come?” chiese l’altro, smarrito, replicando il suo movimento.
“Raphael mi aveva ferito,” rispose. “Ero venuto a dirgli addio, ad affidargli il piccolo, ma Dean… La sua anima mi ha guarito, e questo l’ha distrutta.”
Gli occhi del minore dei Winchester corsero al pugnale insanguinato, ancora ai piedi dell’angelo. Un fuggevole sospetto sembrò adombrare le sue iridi chiare, per poi dissiparsi. “E così gli hai permesso di sacrificarsi per te,” sibilò con rabbia.
L’angelo chinò il capo, senza fare neppure un tentativo di difendersi dall’accusa. Sam si alzò di scatto e in due falcate fu alla sacca del fratello.
“Questa l’aveva comprata qualche giorno fa,” mormorò, fra le mani qualcosa che Castiel non riusciva ancora a scorgere. Poi si voltò, un sorriso amaro a scoprirgli i denti. “Era così felice, così… emozionato.”
Gliela lanciò e Castiel, ancora fuori di sé, non poté far altro che guardarla piovere sul suo grembo. Addosso a Dean.
Si trattava di stoffa color panna. La sollevò con dita tremanti, lasciando distinte impronte cremisi su quel morbido candore. Una scritta sulla pettorina recitava ‘You already rock my life’, in sgargianti lettere a rilievo.
È una tutina, una tutina da neonato, realizzò.
“Goditi la tua vita da genitore single, ma lontano da qui. Hai già fatto abbastanza,” disse l’altro, gelido e pacato.
“Sam...” provò ancora Castiel.
Ma l’altro esplose. “Vattene,” ordinò. “Vattene e basta, figlio di puttana.”
E l’angelo annuì. Un istante più tardi, era scomparso alla vista del cacciatore.
Svuotato e sconvolto, si sedette su uno dei due letti, accanto ai fratelli. Sam non lo voleva al suo fianco, era stato chiaro in merito, ma non era per lui che Castiel era rimasto. Doveva proteggere la famiglia di Dean, ora che quest’ultimo non poteva più farlo, e l’anima del giovane Winchester era un turbine caotico di dolore e collera e determinazione. Non poteva lasciarlo solo.
Il ragazzo prese suo fratello fra le braccia. Tremando, lo cullò a lungo. Gli sfiorava il viso e i capelli, sussurrando parole di conforto e rabbia, piangendo lacrime amare, stringendolo con tutte le sue forze.
Castiel avvolse entrambi nell’enorme manto delle sue ali, un’antica preghiera sulle labbra. E per la prima volta, sentì il cuore del loro bambino che batteva calmo e forte.