Titolo: Take the hand that’s offered and hold on tight
Fandom: Harry Potter
Beta:
vedova_nera che ha visto cose che vuoi umani…
Personaggi: Draco Malfoy, Severus Snape; apparizioni varie di Voldemort, Bellatrix Lestrange, Rodolphus e Rabastan Lestrange, Blaise Zabini, Pansy Parkinson, Goyle e Crabbe
Pairing: Severus/Draco
Rating: Pg13
Conteggio Parole: 3.273 (W)
Avvertimenti: Slash, angst a vagoni
Disclaimer: I personaggi della storia appartengono ai rispettivi proprietari e creatori, che ne detengono i diritti. Nulla di ciò è scritto a scopo di lucro.
Note:
• BUON COMPLEANNO,
eowie!!!! ♥♥♥ Amata, sei sorpresa? XD Spero di sì, guarda, perché io per prima sono sorpresa di essere riuscita a scriverti ciò. *_*” Spero che ti piaccia e soprattutto che soddisfi il tuo kink per questo pairing. ♥ In ogni caso, è tutta per teeeeeeeeeeeeh!! AUGURIIIIIIIIIIII!!!!
• Ambientata a partire dalla fine del sesto libro fino alla fine del settimo. Le informazioni sulle date precise sono prese, as always,
dal Lexicon, per cui se ci sono incongruenze colpa loro. XD
• Come sempre, ormai, il progetto di questa fic era più vasto e comprendeva una sorta di epilogo che probabilmente sarebbe diventato più lungo della fic stessa. Per cui niente, ho dovuto tagliarlo, povero, prima di uscire completamente fuori traccia e andare anche fuori tempo. XD Inoltre, ero terribilmente arrugginita prima di cominciarla e temo che un po’ si noti, ecco. Lo temo proprio. XD
• Titolo da This isn’t everything you are degli Snow Patrol.
Take the hand that’s offered and hold on tight
Giugno 1997
«Respira.» La voce di Snape è una lama sottile che taglia la penombra dell’anticamera del Maniero, ansiosa, ancora affannata per il combattimento, ma decisa, autoritaria. Affonda le dita sottili nelle sue spalle, con forza. «La missione è compiuta, hai fatto il tuo dovere,» continua, «va tutto bene.»
Draco fissa i suoi occhi scuri e annuisce, lentamente, mentre l’immagine del corpo di Dumbledore che precipita oltre il cornicione traballa nella sua mente, e fa ciò che l’uomo gli sta ordinando: respira.
Questo lo fa sentire meglio, appena un po’, appena il necessario per iniziare a muoversi quando l’altro si avvia, ma non abbastanza da non fargli scorrere un brivido lungo la schiena nel momento in cui la voce del Signore Oscuro giunge a richiamarli dall’interno del salone. Si affretta a seguire i passi del professore, camminandogli dietro con attenzione, quasi fosse in bilico e temesse a sua volta di cadere dalla cima di una torre.
«Il ragazzo mi ha servito bene e continuerà a farlo,» dirà più tardi Lord Voldemort, lasciando scivolare lo sguardo sui presenti e in particolare su suo padre; Draco cercherà dentro di sé quell’orgoglio che pensava vi avrebbe trovato, nell’udirlo pronunciare quell’affermazione, e non lo troverà. Con la coda dell’occhio, vedrà Snape mutare impercettibilmente espressione per un istante, prima di tornare impassibile, e fingerà di non avere paura.
*
1 Maggio 1998
Quando è il turno dei Serpeverde di abbandonare la scuola, per Draco è facile sgattaiolare via mischiandosi nella folla, intimando a Goyle e Crabbe di seguirlo. In mente non ha un piano preciso, niente di perfettamente organizzato, ma sa che questa occasione è solo sua da sfruttare, che non ve ne sarà un’altra, che deve fare qualcosa.
Procedono evitando i professori, gli altri studenti, chiunque possa riconoscerli e fermarli, e, sebbene una parte di lui lo voglia - speri acutamente di essere fermato -, continua a camminare, cercando Potter, cercando il modo di mettere fine a tutto questo.
Riesce quasi a figurarsi, nel retro della propria mente, il momento del trionfo del Signore Oscuro, quando la sua famiglia sarà libera e sua madre potrà tornare a sorridere. Pensa a Snape, dopo, l’immagine dell’uomo che si impone con la rapidità e la forza di un lampo di luce, quasi un pensiero direttamente collegato al precedente, alla tranquillità che quella fantasia si è portata dietro.
Scuote la testa, scaccia il suo viso e quel senso astratto di serenità e torna alla realtà. «Muoviamoci,» sbotta all’indirizzo di Crabbe e Goyle, aumentando l’andatura.
*
Agosto 1997
«È solo un ragazzo, mio Signore,» afferma Severus, facendo passare lo sguardo dalle spalle di Lord Voldemort al viso di Draco. «Siete sicuro che sia…» Si interrompe, incerto sulla parola più giusta da utilizzare, quella più innocua. «…prudente?»
Lui continua a fissare le linee regolari del pavimento, senza osare alzare gli occhi. Se avesse il coraggio zittirebbe Snape con una replica tagliente, gli direbbe di tacere, che non sono affari suoi e che, parlando in questo modo, lo sta solo mettendo in cattiva luce, lo sta facendo apparire debole. Invece resta in silenzio, chiedendosi ancora una volta la motivazione del suo interesse, quali considerazioni e piani abbia che lo spingono a provare a difenderlo di nuovo dai compiti che gli vengono affidati.
«Anche tu eri solo un ragazzo, Severus,» replica il Signore Oscuro, voltandosi a guardarlo con attenzione, quasi circospezione. «Eppure sei diventato il mio più fedele servitore.» L’uomo si limita ad annuire, il viso impassibile e lo sguardo che non incrocia quello di Draco nemmeno per errore.
Voldemort si volge verso di lui subito dopo, richiamandolo e invitandolo a seguirlo; dei minuti successivi, ricorda unicamente il contorcersi doloroso e le urla di Rowle. Devi desiderare di far male, gli aveva spiegato sua zia, mentre gli insegnava a padroneggiare la Maledizione Cruciatus; stringendo la bacchetta tra le dita, Draco si concentra su quel desiderio con tutte le proprie forze, nella speranza che possa salvare i suoi genitori e persino se stesso.
«Il ragazzino è diventato bravo, non trovate?» Rabastan gli appoggia una mano sulla spalla in un gesto che vuole essere incoraggiante, ma il suo ghigno storto ottiene esattamente l’effetto opposto. Dall’altro lato della tavolata, Bellatrix soffia fuori una risata aspra, annuendo soddisfatta e affermando che buon sangue non mente, mentre Rodolphus lo fissa attentamente per un attimo, poi abbassa lo sguardo.
La sola idea di respirare la loro stessa aria rende a Draco insopportabile persino rimanere in quella stanza. «Continua così e diventerai uno dei migliori,» riprende Rabastan, la canzonatura nel suo tono appena evidente.
Non voglio essere uno dei migliori, prova l’impulso di rispondere, non voglio essere come voi. Invece resta in silenzio, una volta in più, perché non c’è niente che possa dire per migliorare la propria situazione, niente che non gli faccia rischiare di peggiorarla soltanto. Inventa una scusa, allora, trova il modo di allontanarsi e di lasciarseli alle spalle.
Fuori dal salone, alcuni Mangiamorte sono in attesa di essere ricevuto dal Signore Oscuro. Snape è tra loro, appoggiato ad una parete nella semi-oscurità - è sempre più buio del solito, il Maniero, da quando Voldemort ne ha preso possesso - e il suo sguardo lo segue durante tutto il passaggio nel corridoio, fino alla base delle scale. Draco non ci fa troppo caso: durante l’anno precedente si è abituato ad avere l’attenzione preoccupata dell’uomo e ormai ha smesso di ribellarsi ad essa, ha preso ad accettarla con rassegnazione. Così non è sorpreso nel momento in cui, cominciando a salire la scalinata, sente i suoi passi fare eco ai propri.
Non si gira e non si ferma, ed è solo quando hanno voltato per cominciare la seconda rampa e sono abbastanza lontani dal resto dei Mangiamorte che Snape chiama il suo nome.
Il ragazzo replica un mezzo, «Professore?» e si ferma in attesa. Severus lo raggiunge. «Stai bene?» gli domanda, la voce appena un mormorio. È quasi atona, quasi indifferente, ma Draco sa bene quanto le apparenze, con lui, si discostino dalla realtà. Sa bene quanto quell’indifferenza nasconda qualcosa di diverso, una preoccupazione che non può mostrare, non eccessivamente, di cui ancora ignora l’origine e le motivazioni. Non le ha comprese durante l’anno passato e non le comprende adesso, quando entrambi sono dalla stessa parte, quella vincente, e l’uomo dovrebbe avere mille altri pensieri ad occupare la sua mente.
«Sì,» risponde, secco. Se c’è una cosa che ha imparato è non mostrare le proprie debolezze, non in quella casa, non con gli altri Mangiamorte. Non sa più come fidarsi, sempre ammesso che abbia mai imparato a farlo, e ora che è lui ad avere il potere di proteggere i propri genitori, invece del contrario, si sente più scoperto e a rischio del solito.
Snape sembra vedere oltre quelle barricate e quelle bugie. Lo fissa attentamente negli occhi, scegliendo con cura le sue prossime parole. Questa cautela è un’altra cosa che Draco non riesce a spiegarsi - è il braccio destro di Lord Voldemort, l’uomo di cui più si fida, l’infiltrato migliore che potesse mai chiedere; eppure non sembra mai sicuro di quella posizione e la sua prudenza emerge da ogni più piccolo atteggiamento.
«Non sei costretto a farlo,» dice, dopo appena qualche istante di silenzio, la voce sempre ridotta ad un basso sussurro. Draco ha voglia di ridere, di piangere, di urlargli addosso che non ha capito niente se pensa che possa ancora sottrarsi a questa situazione. Non gli piace seguire gli ordini del Signore Oscuro, non gli piace fare del male così gratuitamente, né essere poco più di un’arma nelle sue mani, ma ha tracciato un preciso diagramma di ciò che può fare nella propria mente, negli ultimi mesi, e sottrarsi ai piani stabiliti per lui non rientra in quella lista.
«Lo sono, invece,» sibila, ricambiando il suo sguardo con determinazione, cucendosi ancora una volta addosso tutta la spavalderia che non possiede. «E comunque, che ti importa?» sbotta, prima di dargli le spalle e dirigersi verso la propria camera. Severus resta a fissarlo per un istante, poi torna sui propri passi e scende nuovamente le scale.
Infilandosi in stanza, Draco desidera acutamente che l’uomo avesse dato una risposta alla sua domanda.
*
1 Maggio 1998
«Cosa facciamo quando lo troveremo?» domanda Goyle, l’espressione ottusa e ancora più confusa del solito. Crabbe risponde al suo posto: «Lo ammazziamo, è ovvio.»
Draco si limita ad annuire, la bacchetta stretta nel pugno. Credono tutti che non sia un assassino, che non sia capace di portare a termine i propri compiti; hanno cercato di proteggerlo, di tenerlo al sicuro, ma questa volta non ci sarà nessuno a farlo, nessuno a frapporsi fra lui e il proprio obiettivo. Snape non è lì, Snape non scaglierà il colpo finale contro Harry Potter al suo posto, come aveva fatto con Dumbledore.
Questa volta, l’uomo non sarà lì per salvarlo dalle proprie decisioni. Si spinge con forza a credere che ciò non lo spaventi.
*
Ottobre 1997
«Allora,» ghigna Zabini, il sorriso luminoso che risalta nella bassa luce verde della sala comune. «Come ci si sente adesso che sei tu il preferito del Preside?»
Draco gli rivolge un’occhiata stanca, esasperata, e non gli risponde. Pansy prende le sue difese, dicendo che era ora che avessero un Preside che favorisse la loro Casa, invece degli stupidi Grifondoro, e lui la lascia fare senza curarsene più del dovuto, mentre torna a concentrarsi sui propri compiti. La verità è che Blaise ci ha visto giusto e che, se volesse essere sincero, gli sarebbe impossibile negare che Snape sembra avere per lui un occhio di riguardo.
Mentre Hogwarts scivolava lentamente in un regime di pieno controllo da parte degli inviati dei Mangiamorte, Draco si è sentito sempre più al centro della sua attenzione. Non è stato fatto Caposcuola come un tempo si sarebbe aspettato, non gli è stata affidata nessuna ronda di controllo, eppure l’uomo continua a tenerlo d'occhio, lanciandogli sguardi cauti attraverso i corridoi, preoccupandosi della sua resa scolastica - come se contasse qualcosa ormai, vorrebbe obiettare - e dei contatti costanti con i suoi genitori.
A volte vorrebbe avere il coraggio di affrontarlo, di dirgli che non ha bisogno di essere guardato a vista, che è grande abbastanza da cavarsela, ma non sa quanto servirebbe. Snape resterebbe lì comunque, una presenza costante, e non sono più così rare le occasioni in cui Draco si scopre ad apprezzare quell’interesse, a cercarla, a desiderarlo. Sorprende se stesso per primo, quando durante la colazione in Sala Grande, o in uno degli spostamenti tra una lezione e l’altra, nei momenti in cui il Preside compare per controllare la situazione, si ritrova a cercare gli occhi di Severus. Ed è uno strano calore che gli brucia il petto quando riesce finalmente ad incontrarli.
Durante quei primi mesi ad Hogwarts, quasi non gli importa di quello che succede fuori, delle notizie che gli studenti fanno trapelare all’interno. Spera solo che Potter muoia il prima possibile, che il Signora Oscuro vinca e che quella vittoria sia la liberazione che sta aspettando.
*
Dicembre 1997
Festeggiano il Natale con degli ostaggi nelle segrete. Draco ha assistito in maniera indiretta all’assalto all’Espresso e, per il viaggio restante, ha sperato che non portassero la figlia di Lovegood al Maniero. Capisce nel momento in cui arriva a casa e sua madre si raccomanda di non scendere nelle segrete che non c’era nulla in cui sperare.
Le vacanze non assomigliano per nulla a quelle vissute negli anni passati della sua infanzia e l’espressione tesa di Narcissa e quella costantemente preoccupata di Lucius gli impediscono di credere che anche i suoi genitori siano le stesse persone di un tempo. Sua zia attende con ansia il Capodanno, inneggiando all’anno in arrivo come all’avvento di una nuova era, ma niente della sua euforia riesce a coinvolgerlo.
Quello che più lo preoccupa, che più lo destabilizza, è l’assenza di Snape. Si è talmente abituato alla sua presenza, nei mesi precedenti trascorsi a scuola, che sapere di non averlo intorno, sapere di non poter ricorrere a lui per un qualsiasi motivo - non l’ha mai fatto, non lo farà mai, ma la sola possibilità è qualcosa che gli piace tenere in conto - gli rende quell’ambiente, casa, maggiormente ostile e inaccettabile.
Si chiede cosa stia facendo, se sia in missione per conto del Signore Oscuro o semplicemente lontano per motivi personali; si ritrova a chiedersi che vita abbia, fuori dal circolo dei Mangiamorte, ponendosi domande su di lui che mai si era posto prima. La cosa non lo infastidisce, non lo spaventa, gli sembra del tutto normale - e quando Snape ricompare al Maniero è quasi difficile non avvicinarlo per dirgli non andartene ancora.
*
Gennaio 1998
Con due suoi compagni di scuola chiusi nelle segrete del palazzo, i Mangiamorte sempre più irrequieti, l’ira di Voldemort che si abbatte ad ondate regolari su di loro a causa dei continui fallimenti, Draco sente il mondo intorno a sé girare e non trova appigli.
Per questo, si aggrappa a Snape. Stringe forte i suoi vestiti nei pugni, in un corridoio buio del secondo piano del palazzo, poco fuori dalla propria stanza, e questa volta, guardando in basso, non nei suoi occhi, assolutamente non il suo viso, gli dice davvero di non andarsene di nuovo.
Severus serra le dita attorno alle sue spalle con una tale forza che, per un attimo, è certo di sentirle attraversare gli strati di indumenti e pelle per imprimergli le proprie impronte sulle ossa. Il viso è vicino al suo, così tanto che riesce a sentire il respiro infrangersi sulle proprie guance, e, quando solleva la testa, cercando e desiderando cose che non è certo di comprendere, Severus si allontana bruscamente, ma non prima di aver lasciato sfiorare le loro bocche, in un gesto così lieve che potrebbe anche averlo immaginato.
«No,» dice, come se quello potesse bastare a far sparire ogni suo bisogno, ogni sua ricerca. Lo fa sprofondare nella vergogna, invece, e provare l’impulso di gridargli che è colpa sua, solo sua, che non avrebbe dovuto mostrare alcun interesse nei suoi confronti, che non avrebbe dovuto avvicinarglisi mai.
Non pronuncia nessuna delle parole che gli si ammassano in gola, ma l’uomo deve leggere qualcosa nel suo sguardo, perché sente il bisogno di giustificarsi, di dire, «Non era questo che volevo.»
«Cosa, allora?» sbotta il ragazzo, prima di potersi trattenere. «Cosa?!» La frustrazione è chiara nella sua voce: si sente come se avesse girato in tondo per ore, senza capire dove fosse o che direzione prendere. Tutto è instabile e incerto; ha creduto di avere un punto fermo, uno solo, una persona a cui importasse di lui, tanto da provare a proteggerlo, tanto da uccidere al suo posto, tanto da volerlo.
Si sbagliava. Snape non risponde, scuote la testa, si allontana. Draco non gli chiede di rimanere.
*
1-2 Maggio 1998
Questa volta, non c’è nessuno a frapporsi tra lui e il suo bersaglio.
Ma prima che possa pronunciare un qualsiasi incantesimo, prima che Crabbe lo faccia al suo posto, prima che l’inferno esploda intorno a loro, prima che Potter scelga di non lasciarlo lì a bruciare, Draco desidera con tutto se stesso che quel qualcuno ci sia. Che Severus sia nuovamente al suo fianco.
Lo penserà ancora e ancora, dopo, osservando il corpo senza vita di Crabbe sul pavimento del corridoio, la battaglia e i suoi resti, mentre sentirà martellare l’assenza dei propri genitori e si chiederà dove sono, se stanno bene, se sono vivi.
Più tardi, fuori dalle mura di Hogwarts e dall’altra parte del cortile, anche Severus rimpiangerà di non averlo tenuto d’occhio, quella notte, e un attimo prima del morso di Nagini si chiederà se sia riuscito a salvare almeno una delle persone che sperava di salvare.
*
Marzo 1998
«Ho saputo cos’è successo,» dice Snape, bloccandolo in un corridoio dei sotterranei.
Draco ha cercato di evitare quell’incontro. Il Preside lo ha convocato per ben due volte nel proprio ufficio, dopo il ritorno a scuola dalle vacanze di Pasqua, e lui lo ha ignorato; non si è presentato in entrambe le occasioni, andando avanti con le proprie attività scolastiche come se nulla fosse. L’uomo non ha dato peso a quella disubbidienza e non lo ha rimproverato pubblicamente; è sembrato limitarsi a notare quella sua presa di distanza, del modo in cui lo evita quando compare tra gli studenti, e non voler fare nulla a riguardo, almeno fino a ora.
Prima che possa porgli qualsiasi domanda, il ragazzo pronuncia la stessa frase che continua a ripetere da quando è successo, quella di cui ormai si è convinto a sua volta. «Non ero sicuro che fosse Potter, non potevo rischiare,» ripete meccanicamente, ricambiando lo sguardo, quasi sfidandolo a contraddirlo.
Snape sostiene l’occhiata e gli si avvicina, fino a fermarglisi di fronte. Allunga una mano per afferrargli un braccio e attirarlo verso di sé, in un gesto brusco, collerico; anche la sua voce vibra di rabbia quando parla. «Non mentire, Draco, non a me,» dice in un sussurro. «Sappiamo bene entrambi che non avevi il minimo dubbio, e sappiamo perché non hai detto niente.»
Il ragazzo si divincola dalla presa strattonando via il braccio, ma senza scostarsi. «Non potevo commettere un errore,» si giustifica, «se avessi sbagliato, il Signore Oscuro…»
«E cosa avrebbe fatto il Signore Oscuro se avesse scoperto che stavi mentendo?» lo interrompe Severus, spazzando via con quelle semplici parole tutte le spiegazioni che ha tentato di darsi, tutte quelle a cui ha provato a credere con ostinazione, e mettendolo di fronte al rischio che ha corso. Ha mentito a Voldemort, questa è la verità, l’unica e sola, e l’uomo la conosce perché ha compreso di lui molto più di quanto Draco stesso sia disposto a fare.
Si dice che quel pensiero non ha importanza e, alzando nuovamente gli occhi sull’altro, sibila: «Non ti riguarda. Niente di quello che faccio ti riguarda.»
Snape scuote la testa, la bocca stirata in una linea sottile. «Se è ciò che credi,» mormora, facendo per allontanarsi.
Questa volta, Draco lo ferma. Questa volta, il bacio è vero, concreto, e talmente amaro che lo ricorderà a lungo - forse per sempre.
*
2 Maggio 1998
La calma sembra investire Hogwarts non appena il corpo di Voldemort tocca il suolo. Il silenzio è l’elemento più pressante, qualcosa di nuovo dopo il caos di rumori e urla ed esplosioni che ha invaso la scuola per tutta la notte. È rotto da alcune rare risate, da singhiozzi e da mormorii indistinti, ma nulla di questo attira la sua attenzione.
Seduto ad un tavolo della Sala Grande con i suoi genitori, in disparte, Draco non si sente sereno, né sollevato; avverte una grande quiete, ma anche un grande vuoto, e solo dopo essere riuscito a spostare lo sguardo dal viso di sua madre si rende conto a cosa è dovuto.
L’assenza di Snape pesa sulle pareti, sui volti dei presenti, su ogni cosa su cui riesce a posare lo sguardo. Ne comprende il motivo senza bisogno che qualcuno glielo spieghi, se la sente premere nel petto e non riesce a scacciarla. Gli lascia un buco all’altezza dello sterno, che, lo sa per istinto, resterà lì a lungo.
***
Delle verità che scopre in seguito, del doppiogiochismo, delle menzogne, del suo sacrificio per permettere a Potter di vincere, Draco non sa che farsene. Le analizza attentamente per diverso tempo, cercando di dare un senso, di completare tramite quelle il rompicapo che l’uomo è sempre stato per lui.
Non ci riesce, così dopo un po’ rinuncia, decide che non sono importanti, che di tutte le cose che sta mettendo in dubbio, una resta fissa nella sua mente, stabile, intoccabile.
Il modo in cui Severus lo guardava, l’attenzione che gli prestava, la lontana ma costante protezione che esercitava nei suoi confronti… A questo, Draco continua a credere e, nonostante tutto, è abbastanza.