Titolo: I’ll take care of you
Generi: Malinconico, fluff
Avvertimenti: One-shot
Personaggi: Mirania, Syrenne
Wordcount: 732
Rating: Verde
Introduzione: Mirania si sente persa dopo la morte del Guardiano che l’ha cresciuta, ma c’è qualcuno pronto a venire in suo soccorso.
Note: Ambientata prima dell’inizio del gioco
La pioggia batteva furiosamente sul sentiero sconnesso, gettandosi nelle fessure fra i sassi e rimbalzando nelle pietre tonde.
La tunica un tempo candida scivolava lentamente sul terreno fangoso, strusciando sui sassi bagnati e impigliandosi di quando in quando in una pietra troppo appuntita. Ma Mirania continuava il suo cammino, incurante dei brandelli di veste che seminava sul suo percorso, incurante della pioggia che le incollava i capelli scuri alla nuca e alle guance e inzuppava la coperta che stringeva fra le mani, premendola forte contro il petto per sentire un po’ di calore.
Gli abitanti del villaggio la guardavano passare, affollandosi sui bordi del sentiero e indicandosela vicendevolmente con il dito. Le donne gemevano di compassione, alcune azzardavano un passo verso di lei prima di ripensarci e tornare nelle loro capanne, gli uomini scuotevano la testa.
Una donna anziana mosse qualche passo sul sentiero, tendendo con le dita rugose e tremanti mezza pagnotta verso Mirania. Ma la bambina passò oltre, incapace di vedere oltre la barriera di lacrime che ostruiva i suoi occhi.
È morto.
Il pensiero riecheggiava nella sua mente, martellando i suoi pensieri in una sequenza incessante di colpi.
È morto. Sono sola.
Il Guardiano era la sua famiglia. L’unica famiglia che lei avesse mai avuto.
Ed è morto. Mi ha lasciata. Sono di nuovo sola. Non voglio essere sola. Non voglio essere sola.
Proseguiva lentamente, i piedi che affondavano nelle pozzanghere scure, le ciglia che sbattevano forte per vedere oltre le lacrime e oltre le gocce che si arrampicavano sull’orlo dei suoi occhi. Proseguiva lentamente, come aveva fatto per giorni e giorni, con la testa bassa e le spalle doloranti incurvate verso terra. Le sue gambe erano pesanti, sempre più pesanti, ma non era in grado di fermarsi. Fermarsi avrebbe significato arrendersi.
Ma i piedi le facevano male, e le ginocchia si piegavano a malapena. La pioggia si faceva strada nella sua bocca socchiusa, riempiendole gola e polmoni, costringendola a lottare per respirare.
Mirania non aveva più la forza di lottare.
‹‹Ehi, ragazzina. Questo tempo non è il massimo per una passeggiata.››
Mirania si fermò d’istinto, dondolando sui piedi. All’improvviso, la strada davanti a lei non era più sgombra: una sagoma snella e colorata si era messa fra lei e l’orizzonte, sbarrandole in cammino.
Mirania rimase immobile, gli occhi fissi sulle gocce che saltellavano sulla ghiaia sottile.
‹‹Sto parlando con te. Riesci a capire quello che dico?›› le domandò una sagoma, avvicinandosi. Non era una sagoma, si rese conto Mirania: era una ragazzina. Una ragazzina alta, vestita come un maschietto, che avanzava verso di lei con passo veloce a dispetto del terreno scivoloso. Aveva lunghi capelli rosa impastati di fango e di pioggia, e la sua casacca scura doveva essere stata un tempo bianca. Guardava Mirania incuriosita, come un contadino che trova un neonato sotto una tenda di erbacce.
Mirania alzò gli occhi, sorpresa, ma dalla sua bocca non uscì nessun suono.
La ragazzina scosse la testa, sospirando. ‹‹Non parli tanto, eh? Pazienza, parlerò io›› esclamò, cominciando a slacciarsi la casacca. Mirania sgranò gli occhi, e la sconosciuta ammiccò.
‹‹Ecco qua›› disse la ragazzina, avvolgendo la casacca fradicia attorno alle spalle di Mirania. ‹‹Non è proprio asciutta, ma almeno hai qualcosa addosso. Però devi metterti qualcosa di asciutto, o ti ammali. Guarda, la mia capanna è laggiù. Vieni con me›› aggiunse, sfiorando le spalle minute e candide di Mirania con una mano muscolosa e indicandole la capanna. Mirania alzò lo sguardo sul suo viso fiero e determinato, incapace di muoversi.
‹‹Forza, vieni. Ti sei già bagnata abbastanza per oggi›› la esortò la ragazzina, cominciando a spingerla giù dal sentiero. Le gambe di Mirania si misero in moto istintivamente, sollevandosi a malapena da terra ma riuscendo in qualche modo a reggerla.
‹‹Sei uno straccio, sai? Chissà quanto hai camminato. Ah, ma io so di cosa hai bisogno: di un po’ di zuppa speciale di Syrenne. Io sono Syrenne, a proposito.››
Gli occhi di Mirania si illuminarono un poco quando Syrenne nominò la zuppa, e la ragazza dai capelli rosa scoppiò a ridere. ‹‹Allora mia capisci. E devi avere una fame da lupi, eh?››
Mirania annuì, portandosi istintivamente le mani sullo stomaco che brontolava. In effetti, stava davvero morendo di fame.
‹‹Non preoccuparti, ci pensa zia Syrenne a prendersi cura di te›› esclamò, spingendola un po’ più forte verso una capanna minuscola davanti a loro. Mirania non ne era sicura, ma le sembrò che sul viso di Syrenne facesse capolino un sorriso protettivo. E all’improvviso, la solitudine fece un po’ meno male.