La saga di Kamui-chan ~ The infinite sadness

Jan 07, 2010 00:41

Titolo: The infinite sadness
Personaggi: Kamui (principalmente); Fuma.
Raiting: PG
Avvertimenti: raccolta di drabble, double-drabble e flash-fic; shonen-ai (ancora pre).
Riassunto: È stato come una secchiata d'acqua gelida: tutto era perfetto e forse proprio per questo tutto doveva finire nel modo peggiore per Kamui.
Note: terza parte della 'saga' che ho scritto basandomi sui prompt della mezza_tabella. Anche il titolo di questa raccolta, come di quelle precedenti, corrisponde all'omonima canzone degli Smashing Pumpkins. I titoli di ogni 'capitolo' corrisponderanno ai relativi prompt.


Lacrime

Kamui ancora non si capacitava di ciò che era successo; ancora non riusciva a capire in che modo era potuto accadere.

Le cose erano andate un po’ troppo velocemente, un po’ troppo improvvisamente, per permettergli di reagire prontamente, come avrebbe fatto di sicuro, se solo fosse riuscito a rendersi conto di ciò che stava per succedere. Di certo, né lui né Subaru si aspettavano di ritrovarsi davanti Seishiro; non in quel mondo, non in quel modo. Non aveva fatto nemmeno in tempo a capire dove fossero finiti, che subito era comparso quell’uomo e gli aveva portato via suo fratello.

Kamui aveva provato, tentato disperatamente di impedirglielo, di riprendersi Subaru; non aveva mai gridato così forte, tanto da farsi male alla gola; non aveva mai corso così disperatamente, né aveva mai fallito nel proteggere suo fratello. L’aveva chiamato ripetutamente, prima di vederlo sparire, ma Subaru non aveva fatto nulla per liberarsi, per tornare da lui… Aveva solo fatto un cenno con il capo, come a dirgli di non preoccuparsi, che a lui andava bene così; e l’aveva guardato intensamente, un attimo prima di svanire, facendogli capire che gli dispiaceva lasciarlo, che non avrebbe mai voluto che le cose andassero in quel modo. Ma aveva preferito andarsene, invece di restare con lui.

Gliel’aveva detto mille volte, Subaru, che per lui Kamui era importante, davvero, ma non potevano restare insieme per sempre; non era giusto che l’uno vincolasse l’altro e non era giusto che la felicità dell’uno fosse limitata dall’altro. Kamui aveva sempre creduto che Subaru parlasse di sé stesso, del fatto che si considerasse un peso per suo fratello; solo in quel momento, da solo, davvero solo, aveva capito che in realtà Subaru si riferiva proprio a lui: era Kamui a legare suo fratello a sé stesso, era lui che gli impediva d’essere felice come meritava. Solo che fino ad allora non se n’era mai accorto, accecato dalla paura di restare da solo, di non avere nessuno accanto a sé; inconsciamente, forse, aveva realizzato che il suo comportamento non era completamente corretto, ma la sua superbia gli aveva fatto credere che lui bastasse a Subaru, che come Subaru era importante per lui, così lui era importante per Subaru.

Forse non era del tutto sbagliato quel ragionamento, ma Kamui aveva sempre pensato a loro due come due essere inscindibili: per lui era naturale pensare ad una vita passata sempre insieme, solo loro due. Era evidente che per Subaru non era così e che chiaramente Subaru aveva ragione: erano gemelli, era vero, ma questo certo non voleva dire che fossero un solo essere. I bisogni dell’uno a volte erano diversi da quelli dell’altro ed in quel caso… erano diametralmente opposti.

Kamui non aveva potuto fare niente, perché Subaru voleva esattamente così; perché Subaru voleva che lui lo lasciasse andare, che capisse che la felicità di entrambi non dipendeva dalla costante presenza del gemello. La felicità di ognuno dei due era legata a qualcun altro e, per quanto Subaru soffrisse di quella separazione, così violenta ed improvvisa (perché suo fratello sapeva bene che soffriva quanto lui), Kamui aveva capito quello che il suo gemello aveva tentato di dirgli con quell’ultima occhiata.

Era un invito a cercare la sua propria felicità, a combattere per averla, a sacrificare qualcosa per conservarla.

Ma Kamui era solo un ragazzino impaurito in quel momento: solo, abbandonato e spaventato dal vuoto che lo circondava.

Per questo non riusciva ad impedire alle lacrime di cadere copiose dai suoi occhi: la ferita più profonda che potesse essere inferta al suo spirito orgoglioso.


Due sensazioni
Freddo

Era accoccolato all’angolo di un vicolo deserto; la neve che gli cadeva intorno, si posava sulle spalle e sui capelli, ma Kamui non provava nemmeno a scrollarla via. Aveva freddo, eppure, per quanto fosse avvolto nel mantello, non riusciva a scacciar via quella sensazione.

Se ci fosse stato Subaru…

Si sarebbe stretti l’uno all’altro, riscaldandosi a vicenda; si sarebbero scambiati un sorriso e forse, chissà, avrebbero anche ingaggiato una lotta a palle di neve. A Subaru la neve piaceva tanto.

Se ci fosse stato Subaru…

Si sarebbe di sicuro incantato a guardare i fiocchi di neve che cadevano ed avrebbe fatto quel sorriso che scaldava il cuore, quel sorriso semplice che, da quando avevano incontrato Seishiro, era diventato sempre più raro; e che, dopo che avevano rincontrato quell’uomo, Kamui non avrebbe più visto.

Un brivido gli percorse la schiena, ma Kamui non si mosse; aveva il naso gelido, le mani intirizzite, ma non provava nemmeno a scaldarsi. Sapeva che era totalmente inutile, perché il freddo che sentiva non era dovuto alla neve, né tanto meno alla temperatura glaciale di quel luogo. Il freddo che sentiva veniva dal suo fianco vuoto, veniva da dentro e non c’era modo di mandarlo via.

Caldo

Kamui dormiva profondamente, cullato da un tepore che fino ad allora gli era sembrato impossibile poter provare ancora. Si era accoccolato contro quella inaspettata fonte di calore e si era aggrappato ad essa con la disperazione di un bambino impaurito; prima di cedere al sonno aveva pensato che non gli importava morire in quel modo, morire di fame e di freddo. Ma ora che sentiva quel piacevole calore circondarlo, ora che, nel sonno, avvertiva chiaramente l’odore invitante del sangue, non voleva far altro che continuare a stare in quel cantuccio sicuro e caldo, che aveva, stranamente, il profumo di Fuma.


In una stanza
Cuscino

La prima cosa che percepì, una volta sveglio, fu una sensazione d’infinita morbidezza; la sua guancia sfregava contro qualcosa di vellutato e molle e la testa era affondata in quella soffice percezione. Nel suo lungo viaggiare Kamui aveva imparato a non fidarsi mai, nemmeno delle sensazioni piacevoli: aprì gli occhi di scatto e s’accorse d’essere steso su un letto, in una camera sconosciuta. Prima di chiedersi dove fosse e chi l’avesse portato lì, sbatté le palpebre e la sensazione di morbidezza tornò… Non si fidava comunque, ma, pensò, poteva indugiare ancora qualche secondo su quel cuscino morbido e caldo.

Caffé

Non si era accorto d’essersi addormentato di nuovo, ma non se ne fece una colpa, perché quel secondo risveglio fu meno lento del precedente ed anche meno agitato. Non aprì subito gli occhi, bensì si godette ancora per qualche istante il tepore del letto e la morbidezza del cuscino; alle sue narici, poi, arrivò l’odore forte del caffè. Kamui pensò che chiunque lo stesse bevendo doveva essere una persona forte e decisa, una persona energica, come quell’aroma… Per una volta, Kamui azzardò a sperare che quella fosse anche una persona buona, disposta sinceramente ad aiutarlo, senza voler fargli del male.

Sole

Aprì gli occhi lentamente, consapevole della luce che inondava la stanza in cui si trovava: la prima cosa che vide, mettendosi a sedere, fu la grande finestra che, proprio di fronte al letto, permetteva alla luce del sole di entrare in quella camera; poi vide la figura che vi si stagliava contro: era qualcuno che Kamui aveva già incontrato, qualcuno che Kamui sapeva di poter riconoscere anche ad occhi chiusi. Il suo cuore iniziò a battere forte, mentre si avvicinava a lui: reggeva una tazza di caffè e sorrideva, sembrando risplendere di quel sole che brillava alle sue spalle: Fuma.


Ricordi

Si alzò in piedi di scatto, una rabbia improvvisa s’impossessò di lui; all’inizio, pensò Kamui, forse aveva reagito d’istinto, come se fossero stati ancora a Tokyo a combattere per proteggere le riserve d’acqua. Ma a Tokyo il sole non splendeva mai e, certamente, Kamui non poteva ignorare tutto ciò che era accaduto; non poteva certo ignorare il fatto che Subaru non era più con lui, che Seishiro gliel’aveva portato via e che Fuma era il fratello di quell’uomo.

“Cosa vuoi?” Chiese, quasi soffiando come un gatto.

Se lo fosse stato davvero, pensò per un attimo Fuma, avrebbe avuto il pelo dritto sulla schiena e la coda gonfia. “Ben svegliato, Kamui.” Gli disse, con un sorriso.

Kamui continuò a fissarlo con ostilità; se Fuma non fosse stato il fratello di Seishiro, forse avrebbe anche potuto provare a fidarsi di lui, del suo sorriso e delle sue parole gentili.

“Ti ho trovato che dormivi in un angolo della strada ed ho pensato che saresti stato più comodo su un letto… ho fatto male?”

Fuma era così: poteva anche non rispondergli, lui avrebbe continuato a parlare, con quel suo atteggiamento arrogante, come se avesse ragione e basta, come se tutto ciò che faceva era giusto.

“Nessuno ti ha chiesto di raccogliermi.” Sibilò Kamui, senza abbassare la guardia.

Fuma sorrise. “E’ che quando vedo un gatto randagio, solo ed infreddolito, non posso non portarlo con me e curarlo.”

“Non sono un gatto!” Esclamò Kamui, alzando la voce e lasciandosi andare, per un momento, ai ricordi di Tokyo, quando quei battibecchi con Fuma erano l’unico momento di distrazione per lui… Anche ora, non era forse un po’ meno triste affrontare la mancanza di Subaru? Non era forse un po’ meno solo?

“Immagino che mio fratello sia riuscito ad ottenere quello che voleva…” Commentò casualmente il ragazzo, poggiando la tazza di caffè sul tavolo, dandogli le spalle. Perché faceva sempre così? Non lo sapeva che in quel momento Kamui avrebbe anche potuto attaccarlo?

“Lo sai?” Chiese sconvolto Kamui, abbassando la guardia, solo per un attimo.

“Se sei solo, è facile immaginare quello che è successo. Sei qui da un giorno intero e tuo fratello non è ancora venuto a reclamarti… Quindi immagino che non sia qui.” Disse semplicemente Fuma, voltandosi verso di lui con un’espressione indecifrabile ed un sorriso a piegargli le labbra.

Kamui si morse le labbra, preso di nuovo dall’angoscia d’essere solo. Se Fuma non gli avesse mentito a Tokyo, forse si sarebbe fidato di lui. Forse…

Alzò lo sguardo, orgoglioso, ferito; non sarebbe rimasto lì, non voleva essere preso in giro ancora da lui, non voleva ricordare troppo dei loro incontri precedenti. Velocemente si avvicinò alla porta, tenendo gli occhi puntati su Fuma. “Andrò a recuperare Subaru.” Disse, in tono di sfida.

Fuma fece un vago cenno con la testa, come se stesse annuendo. “E come conti di fare?” Domandò, incrociando le braccia. “Se non sbaglio, hai bisogno di tuo fratello per poter viaggiare fra un universo e l’altro.”

“Non ti riguarda come farò!”

“Forse posso almeno farti mettere in contatto con Yuuko-san.” Offrì il ragazzo, con un sorriso.

Kamui lo guardò confuso; perché era così gentile? Se ci pensava bene, lo era sempre stato, fin da Tokyo. Era sempre lui quello che attaccava briga, che lo trovava arrogante e superbo, che non lo sopportava; ma Fuma gli aveva sempre e solo sorriso, aveva sempre usato parole gentili con lui; era proprio per quello, in fondo, che alla fine Kamui si era sentito tradito. Perché Fuma non gli aveva mai detto chi fosse davvero; gli aveva sempre taciuto la verità. Non poteva davvero fidarsi di lui, no?

“Perché dovresti farlo? E perché dovrei fidarmi di te?” Strinse i pugni, ma il suo sguardo vacillò; abbassò gli occhi, solo per un momento. “Tu mi prendi sempre in giro. Ti piace farmi credere che… che ti importi, per prenderti gioco di me. Io non mi fido; troverò un modo per raggiungere mio fratello.”

Sorprendentemente, sentì Fuma sospirare; alzò lo sguardo, sorpreso, ed osservò la sua espressione. Non era mai stato capace di capire cosa pensasse Fuma, nemmeno in quel momento ci riuscì. “Almeno permettimi di farti parlare con Yuuko-san.” Disse, con un piccolo sorriso.

Esitò un momento, pensò che in fondo non c’entra nulla di male; poteva sempre andarsene, lui era più forte di Fuma. Annuì; Kamui poteva anche ricordare quel momento in cui si era sentito tradito, ma non poteva dimenticare tutti i momenti precedenti; inconsciamente, Kamui si fidava di quel sorriso, di quelle parole, di Fuma.

Prosegue in Disarm.

the infinite sadness, trc, challenge: mezza tabella, la saga di kamui-chan

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