Visto che sono in ferie e ho tempo libero ultimamente, ho già preparato il primo aggiornamento di Joel :D E' un personaggio un pò strano, più che altro la situazione e quindi sono preparata a ricevere critiche moraliste (giustificate per carità xD) contro di lui e altri personaggi che si conoscono in questo episodio =P ma volevo un personaggio fuori dal comune...
Grazie a tutti per il sostegno del libro *_* siete degli angeli!
P.S.: Come noterete... non ho resistito! ho messo a Joel gli stessi capelli di Ethan (tanto era poco identico xD) in sua memoria ç__ç mi manca tanto e almeno così mi sembra di rivederlo in qualche modo =)
Under the cut
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”Aah when you’re big in Japan… tonight
Big in Japan… be tight
Big in Japan… ooh the eastern sea’s so blue”
Canticchiava Joel seguendo le note del cd che aveva appena messo su. L’aria di quel piccolo bagno era annebbiata dal vapore che aveva appannato ogni specchio che Joel aveva pulito passandovi una mano, se Lilian lo avesse visto gli avrebbe sicuramente fatto una ramanzina per il suo modo e gli avrebbe rimproverato che, così facendo, avrebbe macchiato lo specchio e lei avrebbe dovuto pulirlo. Ma sapeva come acquietarla anche in quel caso.
Con l’asciugamano stretto in vita spruzzò sulla mano la schiuma bianca spalmandola sul volto e, facendo attenzione, passò la lametta sulla pelle.
“Neon on my naked skin, passing silhouettes
Of strange illuminated mannequins
Shall I stay here at the zoo”
I piedi battevano il tempo per terra mentre la musica assordava le orecchie, sentii la vecchina del piano di sotto borbottare qualcosa ma lui se ne sbatteva, non avrebbe abbassato il volume. Lui voleva eccedere in tutto nella sua vita, voleva godersi ogni cosa e tenersi lontano da sentimenti sciocchi quali l’amore!
Si fissò più intensamente allo specchiò spazzando via con una schiaffata d’acqua fredda la schiuma rimasta e sentii un brivido percorrergli la schiena, gli succedeva sempre quando si trovava a guardare i suoi occhi, il suo viso, i suoi capelli e la sua carnagione olivastra. Era suo padre, la sua copia e questo gli ricordava ogni giorno quanto lui gli mancasse tutt’ora. Non che i nonni non avessero fatto un buon lavoro con lui e Liv, erano stati dei sostituti ai genitori eccezionali e non gli avevano mai fatto mancare l’affetto che i bimbi richiedevano. Ma non erano mamma e papà. Certo, sua madre era viva, ma era chiusa in un centro d’igiene mentale… volgarmente detto manicomio. Non parlava, non esprimeva alcun tipo di emozione e guardarla gli metteva addosso solo un gran senso di dolore, era come parlare con un manichino anonimo privo di ogni emozione.
D’improvviso la canzone che fino a poco prima inondava il bagno cessò e al posto suo note calienti e latine presero il suo posto.
“Hoy te he visto con tus libros caminando. Y tu carita de coqueta. Colegiala de mi amor…” la voce melodica e piena di estro di Elinor inondò quella piccola stanza, lei era una delle due coinquiline che condividevano casa, spese… e altro… con Joel.
La sua allegria era contagiosa e Joel non riuscì a trattenere un sorriso ampio nel vederla entrare nel bagno scuotendo il decolté sodo e muovendo i fianchi sinuosa, mentre cantava a squarciagola quella canzone.
“Significa forse che hai avuto la parte da protagonista?” domandò Joel con un sorriso sghembo stampato in viso.
Lei non rispose, lo fissò dritto con i suoi occhi azzurri tendenti al viola, quella bellissima sfumatura che la caratterizzavano e sulle sue labbra carnose si dipinse un sorriso felice mentre con le sopracciglia rispondeva con un eloquente si.
La ragazza, sempre vivace e provocante anche senza volerlo, gli si era fatta vicinissima e gli cinse il collo con le sue mani affusolate carezzandoli i capelli sulla nuca con la punta delle dita curate.
“Dobbiamo festeggiare…” annunciò gioiosa mentre con quei fianchi pareva voler mandare totalmente in balia dei sensi il povero Joel che già sentiva tirare nelle parti basse.
“non provocarmi…lo sai come finisce sennò” la voce di Joel aveva già fiato corto, spezzato da quelle labbra che sapeva quanto bene peccassero.
“Io voglio solo divertirmi, festeggiare… folleggiare!”
“hai festeggiato anche con Lily per caso? Secondo me vi siete già scolate non so quanti aperitivi!”
“Abbiamo fatto un pre happy hour… forza infilati due abiti addosso e esci!” sempre ballando, sculettando e ancheggiando, la rossa era uscita dal bagno lasciandolo lì come un pesce lesso in preda agli ormoni appena impazziti. Ok, tempo record si era diretto nella sua stanza afferrando un paio di jeans e una maglietta ed era pronto a festeggiare l’amica, se così si poteva definire.
Le luci della città erano estasianti, inebrianti e davano alla testa. Erano gli inizi di giugno e l’aria era piacevolmente calda. La musica usciva dai locali invitando i passanti al divertimento e lui di divertirsi ne aveva una gran voglia. Il locale dove andavano sempre non era troppo distante dal loro appartamento e Joel aveva deciso di fare due passi. A dire il vero era stata Elinor a deciderlo e lui aveva ceduto di conseguenza. Quella piccola rossa scatenata riusciva sempre a farlo capitolare quasi in tutto. Durante il tragitto pareva che non riuscisse a star ferma o calma. Continuava a canticchiare e a ballicchiare di tanto in tanto stringendosi a Joel che era ben lieto di vederla così contenta. In fondo aveva appena ricevuto il ruolo di protagonista in un importante musical di Broadway.
“verrai alla prima vero?” gli aveva domandato d’improvviso puntando lo sguardo nei suoi occhi azzurri.
“Verrò anche alle prove se è per questo… figurati se perdo l’occasione di vedere un paio di cosce tornite e culi sodi!” ridacchiò mentre lei gli lasciò andare uno schiaffo sulla spalle “sei uno stronzo!” disse mentre gli mostrava la lingua.
“Quant’è che ci conosciamo? Dieci anni? Penso che ormai dovresti sapere quanto sia debole al fascino femminile”
“Oh, lo so eccome! Anche troppo… attento però. Prima o poi troverai qualcuna dalla quale vorrai di più che una botta e via” nel suo sguardo passò un guizzo di malinconia che sparì subito e a cui lui non dette peso.
“Eccola la nostra regina di Broadway!” la voce acuta di Lilian, detta Lily, l’altra coinquilina arrivò chiara alle loro orecchie che la videro subito sbracciarsi per richiamarli al tavolino ove era seduta.
“Senti che canzone ho fatto mettere…” annunciò fiera mentre dalle casse riconosceva di nuovo le note che aveva sentito in bagno: colegiala di Gary Low.
“ok, questa dev’essere la canzone principale” le schernì Joel mentre le due ragazze si abbracciarono entusiaste.
“Non fare l’orso eh! Che sennò lo sai come finisce!” Lily era determinata e il suo tono non ammetteva repliche mentre si chinò su di lui e mettendo un mano in mezzo alle gambe del ragazzo che aveva già preso a ridere come un idiota, mentre anche Elinor lo spingeva a sedere.
“Ok, faccio il bravo, promesso!” s’affrettò a dire non appena la mano di Lily pareva stringersi troppo irruenta.
Erano rimasti lì seduti a quel tavolino mentre attorno a loro i fiori sbocciavano. Non che si vedesse chissà quale natura lì a Broadway, ma quella poca vegetazione si vedeva rinascere e per Joel quello era il periodo che più amava.
I drink non si erano fatti desiderare e i tre ne avevano già bevuti a quantità industriale cominciando una baldoria che aveva contagiato anche un altro gruppetto di ragazzi accanto che si erano uniti al loro coro e facendo, in qualche occasione, anche troppo gli occhi dolci a Elinor cosa che Joel gradiva fino ad un certo punto. Vederla lì che faceva qualche passo su richiesta dei baldi giovani che le stavano letteralmente sbavando sopra non era proprio ciò che lui gradiva in fondo.
Non che con Elinor ci fosse qualcosa che sfiorasse l’amore, né era gelosia. Voleva solo che lei avesse il meglio.
Ad ogni modo c’era anche una biondina che pareva in gradi di togliere ogni cattivo pensiero al caro Joel e si era ben presto lasciato andare ai suoi flirt.
“Vedi di usare il mio numero!” aveva detto lasciandogli tra le mani un foglietto con scribacchiato il suo recapito telefonico che lui non aveva perso tempo a mettere in tasca.
“Eeeh, il nostro rubacuori. Lo sai che noi siamo gelose, vero?” Lily rideva alticcia mentre tutti e tre insieme si dirigevano verso casa con un’euforica Elinor che quella sera aveva una brillantezza incredibile.
“ok, c’è lo champagne che attende di esser aperto!” Lily non aveva fatto neanche in tempo a varcare la soglia che si era già fiondata sul frigo a tirar fuori la famigerata bottiglia di alcool.
Elinor era subito schizzata verso l’amica bevendo il bicchiere che le aveva porto Lily.
“Ehy tu… non vuoi unirti a noi?” con una voce più che equivoca Lily aveva richiamato Joel che era rimasto incastrato in quello sguardo di Elinor: sensuale, provocante e travolgente quanto un fiume in piena.
Si avvicinò a loro già consapevole di come sarebbe finita. Le mani di Elinor si erano posate sul suo petto muscoloso mentre Lily si era portata dietro la sua schiena a baciare le forti spalle che pian piano venivano liberate dai vestiti. Questo era il particolare rapporto che legava quei tre.
Morale? No. Consueto? Nemmeno forse. Eccitante? Decisamente si.
La bocca di Elinor andò vorace alla ricerca di quella di Joel e la trovò subito pronta, avida e affamata di lei. Con una mano stuzzicava il seno di Elinor mentre con l’altra, dietro di sé, carezzava la schiena ormai scoperta di Lily.
Pian piano i vestiti erano spariti dai loro corpi, ormai troppo accaldati per poter sopportare sulla pelle un solo centimetro di stoffa. Lily scendeva sul torace sempre più in basso con le sue labbra mentre Elinor si perdeva in un bacio che infiammava anche il ghiaccio.
E alla fine era quello il loro rapporto. Uno strano rapporto di un anti-convenzionale amore. Si conoscevano tutti da anni e da sempre era nato quella relazione, per gioco o per curiosità, tramutata poi in un amore strano, in un gioco dalle regole precise e ben ponderate. Ognuno era libero di far ciò che voleva ma loro tre erano un mondo a parte.
Sdraiato nel letto teneva sul petto il peso di Elinor, il suo respiro era regolare, calmo. Finalmente acquietata. Si fermò per un attimo a guardarla e giurò che mai aveva visto nessuna donna bella quanto lei. Con quegl’occhi contornati da folte ciglia nere, quelle labbra così carnose e vermiglie. Un fisico perfetto da sembrare disegnato da un abile pittore… era così bella, non tanto alta ma questo faceva nascere in lui il desiderio di protezione. Poi osservò Lily, anche lei addormentata, lei aveva una bellezza diversa, più comune. Il seno prorompente e la vita sottile. Carezzò il capo di Lily e baciò delicatamente le labbra di Elinor che aveva mugolato qualcosa di incomprensibile per poi rannicchiarsi contro di lui che però, ormai doveva alzarsi.
Delicatamente l’aveva avvolta con un braccio attorno alla vita per adagiarla dolcemente sul materasso disfatto dove prima si era consumata una passione travolgente.
Aveva cercato dei vestiti e se l’era infilati velocemente prima di andare in cucina e aprire il frigo alla ricerca di qualcosa da mangiare. Come sempre era pressoché vuoto. Doveva diventare più ferreo con Lily perché capisse che il mercoledì toccava a lei fare la spesa. Sbuffò tirando fuori le uniche due uova che aveva trovato e le ruppe in una padella. Quella sera sarebbe passato Tommy, il suo migliore amico e collega di lavoro insieme agli altri due: Alan e Cristian per la consueta partita di poker.
Sperava solo che non finisse come l’ultima volta in cui Lily si era proposta di giocare ma di tramutarlo in streep-poker. Come aveva previsto la ragazza era decisamente poco abile con il texas hold-em ed era finita con lei praticamente nuda, aveva deciso di interrompere la partita prima che togliesse anche gli sleep. Ma Lily era così: sessualmente molto disinibita. Elinor, al contrario, non amava dar troppa mostra di sé e per questo genere di cosa non dava spettacolo. Non sapeva bene nemmeno lui come potesse, una come Elinor, far sesso a tre ma tant’era e lui certo non se ne sarebbe lamentato.
Con un rapido gesto aveva acceso lo stereo accendendo l’immancabile musica. Che vita era senza la musica?! Non poteva nemmeno immaginarla: piatta e grigia. Niente sfumature e niente sapori. La musica rendeva tutto più bello.
Il telefono prese a squillare in quel momento costringendolo a lasciar perdere la cena per qualche minuto.
“Chi parla?” rispose seccato.
“Joel! Sono Liv” eccola lì la sua sorellina. Lei certo tra i due era quella che aveva ottenuto maggiori successi, forse perché più determinata o forse perché semplicemente più capace e talentuosa fatto sta che ha 22 anni stava per laurearsi in un facoltosa università pronta per coronare il suo sogno di fare il medico. Lui invece ne aveva 24 e faceva il meccanico in un officina poco distante dal suo palazzo. Per arrotondare, di tanto in tanto, era costretto anche a ricorrere ad altri lavoretti saltuari e di solito andava a dare una mano in un bar come barista.
Avevano chiacchierato per un po’ come erano soliti fare. Lei ormai era quasi sposata con il solito idiota che tutto sembrava tranne brillante. Ma era inutile ribattere quanto trovasse noioso il suo fidanzato o sarebbe terminata con lei arrabbiata e lui idem. Aveva quindi deciso di glissare su argomento Toby (anche il nome da cane). “Vado da mamma comunque, tu vieni?”
Eccolo là. L’ultima volta che aveva visto sua madre era il mese prima e ogni volta che la vedeva si sentiva morire dentro. Vederla in quello stato catatonico, muta e inespressiva era per lui più lacerante di qualsiasi altra cosa potesse immaginare.
Doveva ammettere di sbagliare ma odiava andare in quel luogo infernale che era così, boh, formale e freddo.
“Ti faccio risapere ok?! Se non devo lavorare magari faccio un salto a Chicago.”
“Ti prego Joel! Sai che mamma ci tiene”
“Te l’ha detto lei?” ok, era stato cattivo e tagliente e non avrebbe dovuto. Ma era stato più forte di lui.
“Non sei affatto simpatico, anzi, sei uno stronzo imbecille”
“Sei tu che a volte penso che vuoi far finta che nostra madre non sia malata. Devi svegliarti e capire che mamma probabilmente manco se ne accorge che ci siamo!” aveva gridato ferito, non doveva rifarsela con lei perché Liv non aveva davvero nessuno responsabilità, ma il vedere sua madre così indifferente a tutto, così diversa dalla mamma che era stata quando era piccolo, lo distruggeva.
Sbagliava lui ma la prendeva sul personale, lo prendeva come se a lei non interessasse di loro, come se non gli volesse bene. Chiudendosi in quell’assurdo silenzio era come se gli urlasse che loro non le bastavano.
Poi si rendeva conto di essere crudele, che suo padre era morto e che per mamma era la persona più importante. Ecco perché lui non voleva neanche sfiorare l’amore! Troppo dolore portava.
Quando aveva riagganciato si era lasciato strappare la promessa di pensarci seriamente. Non che non volesse bene a sua madre, lui amava sua madre. Ma odiava vederla in quello stato. Soprattutto da dopo che anche i suoi nonni erano venuti a mancare.
La voce assonnata di Elinor lo destò dai suoi pensieri.
“Qualcosa non và?” aveva domandato mentre lui aveva biascicato qualcosa per poi imprecare quando si era reso conto di aver bruciato anche le ultime cose che avevano in frigo.
Elinor si era avvicinata guardinga ad osservare il disastro che emanava un disgustoso odore di bruciato.
Si era andato a sedere scocciato, neanche una frittata aveva saputo preparare, cazzo! Elinor l’aveva seguito poco dopo “Mmm… propongo un bel cinese!”, si era seduta a terra posando la testa sulla sua gamba.
“Mi sa che è meglio” era stata la risposta di Joel che aveva preso ad accarezzarle la folta chioma ramata.
“E’ per tua madre, vero?” la voce di Elinor era arrivata dritta al cervello. Era inutile tentare di negare, tanto lei era una bugia-detector. L’avrebbe sgamato subito.
“Acuta come sempre. Si, era Liv al telefono, mi ha chiesto di andare a trovarla questo week end ma io non credo di sentirmela. Lo sai quanto sia penoso per me” si era alzato di nuovo dalla sedia iniziando a camminare su e giù come un leone in gabbia. Ogni volta che pensava a sua madre si sentiva il petto comprimersi.
“Ma è sempre tua madre, anche se non si esprime io credo che lei abbia piacere se tu e Liv andate da lei, secondo me dovresti andare”
“Facile per te. Tu non hai una madre con le rotelle sfasate”
“mia madre sarà pure ‘normale’ - aveva detto mimando le virgolette con le dita - ma di certo non è piacevole esser figlia di una dimenticata star del teatro che è già al suo sesto matrimonio… sesto, ti rendi conto?!” l’aveva guardata negli occhi che brillavano di sarcasmo. Sapeva che stava cercando di minimizzare i suoi problemi e lui l’adorava anche per quello. Alla fine erano scoppiati a ridere.
“Seriamente… se ti accompagno anche io ci vai da tua mamma?” si era chetata improvvisamente lei divenendo seria.
Se lo accompagnava lei ci sarebbe andato?!
“Dai, faccio la stessa promessa che ho fatto a mia sorella: ci penso, ok?”
“affare fatto. La mia offerta è sempre valida.”
“Ti adoro Nenè!” lui la chiamava Nenè, soprannome nato alle superiori e da allora rimasto “Tu ordina dal solito unto io vado a fare due tiri se Lily ha deciso di svegliarsi”
E così era stato, Lily si era fiondata in doccia lasciando al ragazzo l’intimità della sua stanza dove aveva preso a tirar cazzotti al suo sacco. La boxe la praticava da sempre, era il suo sport preferito e si allennava ogni giorno con costanza ma a volte tirava anche solo per sfogarsi, come in quel momento.
Avrebbe dovuto vedere sua madre… lo sapeva. Non si era nemmeno goduto la consueta giocata con gli amici perso com’era a riflettere su sua madre e sull’eventuale visita. Sapeva che sarebbe stata dura per cui perché infliggersi del dolore da solo?! Autolesionismo puro! Ma era anche vero che sua madre gli mancava e la voglia di vederla certo esisteva dentro di lui. Solo che odiava vederla in quel modo.
Anche la notte, rigirandosi tra le coperte che aveva scalciato via per il troppo caldo, aveva continuato a pensarci. Elinor si era persino offerta di andare con lui a Chicago… ma lui se la sentiva davvero?
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SCENARIO A: VA A CHICAGO DA SUA MADRE CON ELINOR
Andare là da solo certo è dura…ma è anche vero che con lui ci sarebbe Elinor e sa benissimo che con lei può affrontare qualsiasi cosa. Sua madre gli manca, inutile affannarsi a negarlo. Si, andrà a Prisborne e vedrà sua madre dopo un mese di lontananza.
SCENARIO B: NON VA A CHICAGO DA SUA MADRE
Sua madre non è più quella donna solare che lui ricorda gelosamente. Al suo posto c’è un automa senz’anima. Per lui è quasi come se fosse morta ormai e vedere il suo involucro non fa che acutizzare un dolore che ancora deve riuscire a cacciare completamente. No, anche se ci fosse Elinor con lui non cambierebbe la sofferenza. Non và per il momento da sua madre.
SCENARIO C: VA A CHICAGO DA SUA MADRE DA SOLO
Ok, chiamerà Liv e gli dirà che andrà a trovarla. Non che ne sia entusiasta ma è sua madre e vuole sapere comunque come sta e vederla sperando che lei, anche se non lo mostra, ne sia felice. Ma Elinor tutto sommato non importa che vada lui. Affronterà in solitudine i suoi denomi.