Negli ultimi mesi il sabato sera vado a mangiare con mio padre (nato nel 1949) e il suo amico coscritto F.
Sia F. sia mio padre hanno posizioni molto rigide, a mio modo di vedere.
Ogni volta a cena F. racconta fa un resoconto della settimana e racconta almeno un episodio che gli è capitato per poi giudicare l’accaduto secondo il suo vaglio normativo: le cose sono andate così, ma non è così che dovrebbero andare.
Un esempio.
“Giovedì ho incontrato Lidio. È invecchiato, anche lui. Portava il cagnolino al guinzaglio: si è completamente rincoglionito”.
Un haiku, più che un’opinione.
Per me non era per nulla chiara la logica conclusione del rincoglionimento di Lidio: era per via della vecchiaia, del cagnolino o del guinzaglio? O tutti questi elementi messi insieme portavano alla sentenza finale?
Così ho chiesto ragione a F. della sua opinione.
F. mi ha guardato di sottecchi, come fa sempre, con uno sguardo carico di giudizio e mi ha detto:
“Ma tu credi che sia normale tutta questa gente che porta il cane al guinzaglio? Il cane deve stare in campagna, a guardare le mandrie, a fare da guardia o ad aiutare i cacciatori. Che cazzo vai in giro con un cane della taglia di un topo che caga e piscia sull’asfalto? E poi devi pure raccogliere la merda. Non sei mica normale”.
Non avevo mai pensato a come dovrebbero andare le cose per quel che riguarda i cani e i loro padroni.
Certo, F. non prende in esame nelle sue analisi l’aspetto emotivo dell’avere un cane: ci sono molti motivi per i quali chi porta a spasso il cane con il guinzaglio può non essere giudicato rincoglionito.
Eppure anche la voce di F. merita di essere presa in considerazione, in materia di cani.