[The Vampire Diaries] And then life started anew

Dec 02, 2012 22:39

Fandom: The Vampire Diaries
Prompt: 412 - compagno di vita
Autore:  gw_at_ecate
Rating: verde
Worcount: 3126
Avvertimenti: post!serie, accenni a How the death of a heart occurs - ma si capisce benissimo anche senza averla letta - molto molto molto What if, anche se a me piace pensare che prima o poi finirà davvero così e fuck da canon - o più che altro fuck gli ultimi episodi - I do believe in Datherine, I do, I do, e non proseguo perché ormai avete capito
Introduzione: "A quel punto Katherine dovette capitolare. Si voltò di scatto verso di lui, incredula.
«Mi stai prendendo in giro?» domandò, perfino irritata."



Damon le allacciò gli ultimi tre bottoni dell’abito, approfittandone per accarezzarle la schiena.
Un bastoncino di incenso bruciava sul comodino a fianco del letto, riempiendo la stanza di un profumo dolce e talcato.
Katherine drizzò il capo e lasciò ricadere i folti ricci che aveva raccolto tra le mani. Curvò il dorso, seguendo l’onda della carezza di Damon, sospirando a occhi chiusi, mentre lui le scostava di nuovo le ciocche e poggiava la bocca sul collo, assaggiando sulle labbra il sapore familiare della pelle di Katherine.
«Sento che faremo tardi anche stavolta.» prognosticò lei, inclinando la testa e lasciando che Damon le baciasse tutta la lunghezza del collo, finché arrivò dietro le orecchie, dandole piccoli morsi. Le mani, intanto, le disegnavano il profilo del torso e dei fianchi, soffermandosi sulle anche, dove si posarono, stringendola di poco mentre lui si avvicinava e lasciava che la schiena di Katherine si appoggiasse al suo petto.
«No, non è tra i miei piani.» sussurrò roco. Le baciò la guancia e la mascella, e infine poggiò il viso sopra il suo. Katherine strinse le mani su quelle di Damon e se le portò al ventre. Guardò il loro riflesso allo specchio, e lo vide inspirare ad occhi chiusi il suo profumo, con un’espressione serena in volto. Notò, tuttavia, anche il rumore leggermente più accelerato del suo battito cardiaco, che fino a quel momento le era sfuggito.
«Sai, Katherine, staresti bene in bianco.» commentò Damon, con una vaga aria sorniona.
Katherine raddrizzò la testa e corrucciò le labbra.
«È un modo per dire che questo vestito non ti piace?» chiese seccata, accarezzando con le dita la stoffa nera dell’abito.
Damon sorrise, facendo gorgogliare la risata in gola e aprì gli occhi, guardando con lei il loro riflesso.
«No. È un modo per dire che ti vorrei vedere vestita di bianco.» spiegò con ovvietà.
Il suo sogghigno divertito non la convinse neanche lontanamente.
Stavano entrambi fissando l’immagine nello specchio.
«Damon- »
«Sposami.»
Katherine si irrigidì momentaneamente, guardando stranita il riflesso di Damon. Le parve così serio, che realizzò immediatamente d’aver sentito male. Corrugò la fronte, avvertendo di essere sul punto di scoppiare a ridere.
«Credo di non aver…»
Damon la interruppe nuovamente.
«Hai capito perfettamente: sposami.»
A quel punto Katherine dovette capitolare. Si voltò di scatto verso di lui, incredula.
«Mi stai prendendo in giro?» domandò, perfino irritata.
Damon piegò il volto verso il basso e le prese le mani tra le sue, stringendole.
La stava guardando fissa negli occhi quando disse «No. Voglio che tu mi sposi, Katherine, e sono serio. Vuoi farlo?»
«Sei pazzo.»

Katherine stringeva le labbra, e la smorfia di sofferenza in viso faceva sospettare che Elena le stesse piantando le forcine con le perle nel cranio, piuttosto che infilarle accuratamente tra i capelli.
«Sono convinta che serva più lacca.»
Poco dietro delle due sbucava Caroline, con i capelli eccezionalmente rossi lasciati sciolti e morbidi sulle spalle, e un abito rosa che la rendeva simile alla protagonista di un film per l’infanzia. La ragazza squadrò con aria poco convinta lo chignon elaborato con cui avevano acconciato Katherine.
Elena portò una forcina alla bocca e corrugò le labbra, pensosa.
«Dici?»
«Assolutamente. Dopo dovrà tirare su il cappuccio, e potrebbe rovinare l’acconciatura, se non metti abbastanza lacca.»
«Ma se gliene metto ancora i capelli e le forcine rimarranno incollati per l’eternità!»
«Fidati: più lacca.»
Katherine rimase muta a fissare il vuoto con occhi spiritati, rifiutandosi di guardare il suo riflesso allo specchio. Aveva un nodo alla gola che minacciava di farla esplodere da un momento all’altro.
Non riusciva a respirare.
Assurdo. Quella situazione era assurda.
Chiuse gli occhi per non farsi accecare dallo spruzzo di lacca che Caroline le stava vivacemente mettendo sui capelli, e tappò il naso con due dita per resistere all’odore chimico.
Quando li riaprì, Elena stava annuendo un po’ più convinta.
«Sì, forse ci voleva.»
«Bene! Ora è il turno dell’abito!»
Caroline si voltò con una piroetta e saltellò verso la gruccia che sbucava da strati e strati di cellofan colorato. Elena la stava seguendo con un gran sorriso e aprì con vera riverenza l’involucro plastico.
Katherine sentì la bomba scoppiarle in petto appena un attimo prima di aprire bocca.
«Questa cosa è ridicola.»
Si sentì vagamente meglio dopo averlo detto.
Caroline ed Elena si voltarono attonite a guardarla, mentre con occhi indemoniati Katherine guardava finalmente il proprio riflesso nello specchio, incapace di riconoscere la donna che la stava guardando, come se il suo volto non fosse più davvero suo.
«È ridicola.» ribadì. «Ho soffocato e trasformato te, e ho perso il conto delle volte in cui ho cercato di ammazzare te. Quindi è solo grottesco, assurdo, e ridicolo che ora voi due stiate ad acconciarmi i capelli come niente fosse. E mettete giù quel vestito! Tutto questo non sta succedendo, è solo uno stupido incubo!» urlò, alzandosi di scatto.
Rovesciò per terra i pennelli, le spazzole e i trucchi che stavano sopra la toeletta, e si voltò, guardando allucinata le due donne con lei.
Abbassò le palpebre e poi le riaprì, aspettandosi di vedere la scena cambiare, di trovarsi nella sua stanza nel cuore della notte, sudata e stanca, ma Caroline ed Elena erano ancora là, e mentre la sua discendente appariva preoccupata, la prima stava ridacchiando, osservandola con condiscendenza.
«Capisco, sei nervosa. È normale il giorno del tuo matrimonio, Kat.» spiegò dolcemente, avvicinandosi, e allungando una mano per confortarla. Elena sembrò non trovare la mossa di Caroline particolarmente furba, perché iniziò a scuotere la testa ossessivamente.
Kat.
Quel diminutivo le dava la pelle d’oca per il ribrezzo.
«Non chiamarmi così. E non fare un altro passo o quella mano te la stacco!» ringhiò, ma Caroline rise esilarata.
«Su, su, stai esagerando. Se non ti dai una calmata faremo tardi, e non puoi arrivare tardi al tuo matrimonio: ho pianificato tutto nel minimo dettaglio per settimane, non ti permetterò di rovinarmi l’evento!»
Katherine desiderò prendere Caroline per i polsi e romperglieli entrambi, invece quella la prese per le braccia e sorrise fiduciosa.
«No. Non ci sarà nessun matrimonio. Io non mi sposo. Odio i matrimoni.» disse atona.
Caroline annuì, ignorandola totalmente, mentre Elena rimuoveva con cautela il cellofan dall’abito, faticando a muoversi nel suo stesso vestito da damigella, troppo stretto ed elegante rispetto al solito.
Katherine la guardò controllare per l’ennesima volta orli e bottoni prima di togliere l’abito bianco dalla gruccia e portarglielo con un sorriso.
«Io non mi sposo.» ripeté.
«Sì che ti sposi. E poi se anche alla fine dovessi cambiare idea, hai tutto il tempo che vuoi per divorziare. E sposarti di nuovo. Ma poi divorzieresti ancora, e sappiamo tutti che a quel punto io starei già preparando il tuo terzo matrimonio. Ovviamente sempre con Damon. È l’unico abbastanza masochista da pensare davvero di potersi sposare con te.»
«Care, non credo che questa sia una motivazione sufficiente a toglierle i dubbi.» rise Elena, lanciando però uno sguardo esitante a Katherine.
«Certo che lo è!»
Caroline sfilò con nonchalance la veste da camera alla vampira, visto che questa non sembrava in grado di collaborare - o semplicemente non lo desiderava - e gettò l’indumento in un angolo.
«Uh, biancheria sexy! Hai intenzione di passare una bella notte di nozze?» scherzò, additando il completo in pizzo candido.
Katherine si morse il labbro per non prorompere in una risata isterica. Non stava bene, e le girava la testa. Non si sentiva se stessa.
Non riusciva a levarsi di dosso la sensazione che tutta quella situazione fosse un errore, che Caroline ed Elena come damigelle fossero grottesche, e che il matrimonio in sé fosse grottesco. Ed inattuabile. Insensato.
Stava cercando di ricordare se fosse stata ubriaca la sera in cui Damon le aveva fatto quella stupidissima proposta, ma non le sovveniva.
«Se non lo stessi vedendo con i miei stessi occhi, non ci crederei.» udì Elena mormorare incredula, e si riprese un poco.
«Cosa?» chiese, infastidita per essere stata interrotta dai suoi ragionamenti.
«Tu che ti sposi. E che vai in crisi di panico come fossi una persona qualunque.»
Caroline ridacchiò ed infilò un braccio di Katherine nella manica del vestito.
«Ricorda che noi vampiri viviamo tutto in maniera amplificata. Ritienici fortunate che non abbia puntato al collo di nessuna di noi.» ghignò divertitissima.
Elena si lasciò sfuggire una risatina e alzò gli occhi dalla gonna dell’abito da sposa per guardare l’effetto finale su Katherine.
«Quello sarebbe già più da lei.»
«Se desideri tanto venire morsa, posso accontentarti.» ringhiò Katherine, con quanto più veleno possibile.
«Esattamente ciò di cui stavo parlando.»
Katherine chiuse gli occhi, Caroline finì di allacciarle l’abito, ed Elena si avvicinò, accarezzandole le braccia. Per un momento le parve di ritrovare respiro.
Le ragazze fecero due passi indietro, ammirando la loro opera.
Quando riaprì gli occhi Elena sembrava commossa, e Caroline sorrideva smagliante.
«Sei perfetta. Manca solo il mantello, ma quello sarà meglio metterlo all’ultimo.»
Dietro di loro c’era un grande specchio a figura intera, e Katherine colse scorci del suo riflesso in piedi con l’abito da sposa.
Deglutì a fatica.
«Uscite.»
Elena si accigliò e fu sul punto di ribattere, ma Caroline la prese per un braccio e annuì.
«Okay, siamo qui fuori se hai bisogno delle tue damigelle.» sorrise, enfatizzando con particolare brio l’ultima parola. «Tu non fare niente di stupido come cercare di scappare dalla finestra: sono andata fino in Spagna per trovarti quel vestito, e se lo rovini giuro che ti verbenizzerò fino alla fine dei tuoi giorni!»
La porta che si chiudeva trattenne il suono dell’ultima risata di Caroline ed Elena, e a quel punto Katherine si avvicinò con decisione allo specchio. Era quasi arrabbiata mentre si fermava, ritta con la schiena, davanti al proprio riflesso e lo contemplava.
I capelli erano raccolti morbidamente sulla nuca, e dei riccioli lasciati sciolti ad arte le incorniciavano il viso, accarezzando le guance e gli zigomi alti.
L’abito… l’abito era strano. Non era alla moda, o piuttosto non seguiva molto la moda di quel tempo.
Con le mani lisciò pieghe invisibili sull’ampia gonna bianca, passò lentamente le dita sul corsetto ricamato con fili d’argento pallido e perle. Studiò le spalle lasciate scoperte dove il bustino si univa alle maniche lunghe dell’abito, che terminavano con altri ricami e perle. La gola era nuda, eccezion fatta per il vecchio cameo in lapislazzuli che portava secoli prima.
Gettò un’occhiata all’armadio e vide il mantello bianco, orlato di pelliccia bianca lungo il cappuccio e gli orli.
Con un frusciare di stoffe lo prese e lo indossò, allacciandolo sotto il collo. Tornò allo specchio, e le mancò il fiato.
Era un’immagine talmente vicina a quella che si era fatta da bambina, quando era ancora innocente ed ignara, da far male. Aveva rifiutato ogni fantasticheria su matrimoni e abiti da sposa quando il padre di sua figlia l’aveva abbandonata, e aveva dimenticato di aver mai desiderato cose così umane. Non se ne era ricordata nemmeno quando aveva accettato di sposare Damon. Era stato tutto troppo confusionario e flebile, troppo surreale, per poterci davvero credere, ma ora quell’immagine - il suo riflesso - era lì davanti a lei e le annunciava che era tutto vero, stava succedendo sul serio.
Espirò lentamente, cercando di controllare il fiato. Ad occhi chiusi, si accorse di star dondolando sui talloni, cullandosi da sola. Sorrise, e il pensiero volò su ricordi perduti nel tempo, all’abito da sposa di sua madre che lei non poteva mai indossare, neppure per gioco, perché portava male, e quindi Katerina si limitava a sbirciarlo di nascosto ogni volta che poteva, e sua madre lo sapeva ma faceva finta di nulla. Ricordò come immaginava di avanzare lungo la navata di una chiesa sconosciuta con Dragán ad attenderla.
Fece una smorfia e sbuffò, la magia del momento era infranta.
Lei non voleva sposarsi. Non voleva sentirsi costretta a stare a fianco della stessa persona ogni giorno, ogni istante. L’eternità era troppo lunga per sopportare una prigionia simile, e troppo piena di novità per restare incatenati al medesimo uomo per sempre.
La porta cigolò, e Katherine si riscosse. Ringhiò quando vide Damon entrare.
«Cosa ci fai qui?»
Il vampiro sorrise e scrollò le spalle, indossava i pantaloni del completo nero e una camicia bianca, la cravatta era annodata solo a metà, come se nell’atto avesse deciso di avere di meglio da fare.
«Controllavo che la sposa non stesse fuggendo.»
«Pensavo che Caroline fosse abbastanza tradizionalista da non permetterti di vedermi prima del gran momento.»
Damon le si avvicinò con cautela «Può essere che lei ed Elena mi abbiano avvisato che qualcuno sta avendo dei ripensamenti. Ora, se tu fossi una persona normale non credo di sarebbero preoccupate troppo, ma visto che sei tu, e essere te è l’opposto di normalità, ho preferito controllare subito di non essere l’unico idiota in procinto di sposarsi oggi.»
«Non voglio sposarmi.» sibilò astiosa.
Damon annuì con una smorfia «Lo so. Ma lo voglio io. E da qualche parte penso che in verità lo voglia anche tu.»
«No. Sposarmi è l’ultima cosa che voglio. Non sono quella persona.» negò Katherine, risentita. Non amava quando Damon cercava di entrarle nella testa. Che avesse ragione o torto, si sentiva sempre violata.
«Non è la persona che sei dovuta essere, Katherine.»
Le strinse le braccia, e prima che lei cercasse di divincolarsi, la guardò negli occhi.
«Guardami, Katherine. Guardami, e sii sincera questa volta, o potrei davvero non perdonarti mai più: vuoi sposare me? Non ti sto chiedendo se vuoi sposarti, ma se vuoi me, se vuoi svegliarti la mattina ed essere al mio fianco, oppure stare all’altro capo del mondo e pensare che tornare a casa significa tornare da me? Lo vuoi questo?» 
Katherine trattenne il fiato e per un attimo temette di cedere sotto lo sguardo di Damon. Aprì la bocca per parlare, ma la richiuse, temendo per una volta di dire una bugia.
Serrò le palpebre, respirò a fondo.
Non voleva sposarsi, non voleva. Non voleva sentirsi messa all’angolo da se stessa, accusarsi di essere tornata la bimba ingenua che i genitori avevano cacciato di casa solo perché era andata contro le convenzioni.
Da allora aveva sempre cercato di vivere al di fuori delle regole, aveva amato farlo, si era sentita viva e piena andando contro quello che poteva desiderare la gente comune. E il matrimonio invece era una cosa talmente banale e riduttiva da nausearla.
Però con Damon sarebbe stato diverso. La conosceva, e lei sapeva come fosse lui. Sposare Damon non significava abitare nella stessa casa, prendere il suo cognome o rischiare di darsi per scontati con il passare degli anni. Il matrimonio con lui sarebbe stato andare a caccia insieme, litigare per motivi stupidi, non sentirsi per giorni e poi tornare come nulla fosse, e fare sesso gridando perché invece la lontananza era stata dolorosa nel suo silenzio. Sarebbe stato guardare Stefan ed Elena con un certo disgusto per tutta la loro dolcezza, salire in auto e partire per un viaggio senza meta alle quattro del mattino, oppure separarsi per del tempo, per rivedere vecchi amici, e darsi appuntamento in una città a caso decidendo il mese ma non il giorno. Sarebbe stato avere qualcuno con cui non ci fosse alcun bisogno di parlare, perché proprio le parole erano il punto debole fra di loro, e bastavano i gesti, gli sguardi, per spiegare quello di cui si aveva bisogno.
Sarebbe stato esattamente quello che avevano già.
Tenne gli occhi chiusi, nel timore di piangere, e questo non voleva davvero permetterselo.
«Sì.»
«Guardami mentre lo dici.» le ordinò Damon.
Katherine aprì le palpebre, le sbatté un paio di volte. Lui la guardava dolce, eppure la rabbia scintillava di nascosto nel suo sguardo.
«Sì. Lo voglio. Voglio tutto.»
Damon la baciò con trasporto, stringendola a sé. Lei gli passò le mani attorno al collo e si lasciò abbracciare.
«Voglio tutto.» ripeté, sussurrandogli contro le labbra.
Damon appoggiò la fronte su quella di Katherine.
«Te lo darò. Tutto quello che vuoi. E prenderò lo stesso da te.»
La baciò un’ultima volta e sorrise.
«Vado. Devo ricordarmi come allacciare questa cravatta prima di andare in scena. Tu non hai idea, vero?»
«A me piace sciogliere le cravatte. Annodarle è un compito tuo.»
Damon rise «Veramente posso ricordare un paio di volte che…»
«Non ci provare.» lo ammonì, guardandolo sottecchi.
«Damon? Non sento rumori di mobilia rotta, quindi credo sia tutto a posto, vero?»
La voce di Caroline arrivò da dietro la porta.
«Vai.» mimò Katherine con le labbra.
Damon quasi si scontrò con la vampira che stava già entrando. Caroline lo squadrò da testa ai piedi.
«Sei un disastro. Non me ne ero accorta prima. Perché la tua cravatta non è annodata? Ah, lascia stare.» lo tartassò immediatamente. Prima ancora che potesse risponderle, Caroline aveva già afferrato la cravatta e gliel’aveva annodata perfettamente, e ora la stava sistemando con cura sotto il colletto della camicia.
«Stefan è già di sotto che parla con l’orchestra, se ora volessi finire di vestirti ci faresti un favore.»
Damon si vide praticamente scacciato via dalla vampira, che tornò a rivolgersi a Katherine solo dopo aver chiuso la porta alle spalle del giovane.
«Allora, passata l’ansia?»
Katherine annuì.
«Non lo dirò una seconda volta, quindi ascoltami adesso e poi dimenticalo: grazie.»
Caroline parve illuminarsi in un unico sorriso.
«Beh, non lo ripeterò neppure io, neanche sotto tortura, ma è stato un piacere.»
Katherine si fece truccare le labbra un ultima volta, ma poi Caroline insistette per rimetterle a posto i capelli e lisciarle il vestito prima di scendere finalmente di sotto con lei, nella cappella piena di fiori in cui i pochi invitati al matrimonio aspettavano l’ingresso della sposa.
Katherine restò ferma davanti alla porta per alcuni attimi, prendendosi gli ultimi attimi per metabolizzare quanto stava per succedere davvero. Con un brivido tirò su il cappuccio del mantello, e la pelliccia le accarezzò il collo e le orecchie.
«Andiamo.»
Caroline aprì la porta, e la marcia nuziale partì.
Niente bouquet, Katherine non ne aveva voluti, quindi gettò uno sguardo solo alle proprie mani strette all’altezza del ventre, prima di abbracciare con gli occhi le persone radunate - poche, lei e Damon erano persone difficili, e con i secoli avevano imparato a desiderare accanto sempre meno gente - e vedere in fondo alla sala due giovani vestiti in nero.
Stefan restava serio, composto, la osservava avanzare nella sala con espressione serena. Damon invece le sorrideva, e sembrava trattenersi dall’andarle incontro.
Era quello che aveva sempre fatto, in fondo. Venirle incontro, anche quando lei sembrava voler andare nella direzione opposta a quella che Damon sperava.
Camminò guardandolo sempre negli occhi, e solo arrivatagli di fronte sorrise anche lei.

fandom: the vampire diaries, rating: g, autore: gweiddi at ecate, prompt: 412

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