Fandom: Biancaneve e il Cacciatore
Prompt: 116. Resistere alla tentazione
Titolo: Negato
Autore:
gw_at_ecateWordcount: 1420
Rating: arancione
Avvertimenti: lime e nel mio head!canon è pure Missing Moment
Introduzione: "Una bestia apparentemente sapeva cosa significasse amare."
Ravenna guardò fisso davanti a sé. I marmi della sala del trono le riempivano gli occhi senza che riuscisse a notarli.
Davanti a lei continuava a vedere lo sguardo furente e disperato del cacciatore. Una bestia.
Percepì un movimento al proprio fianco: Finn.
«L’uomo è rinchiuso.»
Giusto. Non una bestia, ma un uomo. Persino peggio di una bestia.
Traditori, disgustosi, porci, ipocriti, dal primo all’ultimo.
«Bene. Va’, Finn.»
Eppure il cacciatore era diverso. La maniera in cui si aggrappava con gli artigli, ringhiando, al ricordo della moglie era inaudito. Violento. Animale.
Una bestia, tutto sommato. Non un uomo.
Ravenna non aveva mai visto nulla di simile.
Aveva amato una volta. Era stata tradita. Aveva compreso che nonostante le promesse, ogni uomo al mondo avrebbe poi ceduto, e avrebbe ferito, spezzato cuori. Era nella loro natura: prendere una donna, usarla, e poi gettarla.
Ravenna sentì i muscoli del viso contrarsi. Invidiò ed odiò la moglie defunta del cacciatore per aver beneficiato di una persona simile, per aver conosciuto il tocco del solo uomo che sapesse riconoscere il valore di una donna.
Ricordò le mani di re Magnus sulle sue braccia, la notte di nozze. Una repulsione nauseante l’assalì. La consorte del re era morta solo da pochi mesi all’epoca. Ravenna aveva fatto un favore al mondo nel pugnalare il sovrano.
La moglie del cacciatore doveva aver provato tutt’altre sensazioni con lui.
Una bestia.
Una bestia apparentemente sapeva cosa significasse amare.
«Obbedirai, cacciatore?»
Ravenna gli sollevò il mento con un dito.
Seduto sulla dura panca della cella, Eric guardò la regina con sprezzo.
«Non mi ridarete mia moglie. Non potete farlo.» ringhiò rabbioso.
Eppure la sovrana udiva quella speranza dolorosa strisciare nella sua voce.
Ravenna sorrise e si chinò, sussurrandogli all’orecchio.
«Non immagini nemmeno cosa sono in grado di fare. Non conosci i poteri più oscuri e brutali che controllo.»
Lo sentì rabbrividire ed irrigidirsi, infastidito dalla sua voce suadente.
L’uomo si scostò da lei con una smorfia.
«È per questo che vi fidate ad entrare nella cella di un prigioniero senza guardie a proteggervi?»
Ravenna gli lanciò un’occhiata di freddo compatimento.
«Credi di essere in grado di farmi del male? Lo pensi davvero?»
Gli posò la mano sulla spalla, e la fece scivolare fino al petto. Dove le dita lo toccarono, la camicia si lacerò con uno strappo, e del sangue sgorgò dalle ferite appena create.
Eric inghiottì un lamento ad occhi sgranati, e si afferrò il torace, tremando.
«Credi ancora sia io quella in pericolo?» lo incitò la regina, sogghignando.
Una serpe. Sembrava un rettile, un animale orribile a sangue freddo.
«Lasciatemi andare. Non tornerò nella Foresta.» s’intestardì il cacciatore, parlando a denti stretti mentre cercava di ignorare il bruciore forte alla spalla e al petto.
Ravenna sentì la furia montare, ma non demorse.
«Dunque non la ami, cacciatore? Non vuoi rivedere Sarah?»
«Non osate nemmeno pronunciare il suo nome!»
Si alzò in piedi di scatto, fronteggiando Ravenna.
Era più alto di lei, e la cosa la colpì. Era talmente abituata a vedere gli uomini in ginocchio davanti a sé. Ma questa era una creatura diversa da un uomo, ricordò. Era un animale intrappolato in un corpo umano.
Quel pensiero la ubriacava, dandole alla testa.
«I nomi vengono dimenticati, se non pronunciati abbastanza spesso. Ti farò un regalo, cacciatore, e tu mi renderai la giusta gratitudine.»
Le dita le formicolarono, e del calore eruppe dal palmo quando se lo passò sul viso. Sentì le ossa dolere per un istante, la pelle tirare e gonfiarsi, il tutto in un solo attimo.
Eric la guardò togliersi la mano dal volto e sbiancò.
«Sarah.» riuscì solo a bisbigliare, con voce strozzata.
Ravenna non trattenne un sorriso vittorioso nel vedere il cacciatore immobilizzarsi, e il dolore e la nostalgia sfigurarlo.
«È una schifosa menzogna.» si riprese l’uomo, infuriandosi.
«Un regalo.» lo corresse lei, accarezzandogli con dita leggere la guancia. Eric si scansò con un attimo di ritardo, e Ravenna capì di aver vinto. «Ringraziami per quello che ti sto concedendo.»
«Un’illusione.»
«Un ricordo.» gli sussurrò dolcemente all’orecchio. Ravenna pensò all’amore, all’emozione, alla tenerezza, e imbrigliando quelle sensazioni nello sguardo, lo osservò dritto negli occhi.
«Non ti manco, amore mio?» soffuse la voce, insinuò le dita tra i capelli del cacciatore, continuando ad accarezzarlo amorevolmente.
Toccandogli le tempie, attinse ai suoi ricordi.
«Guardi ancora la luna piena sognando un futuro migliore? Stavamo in piedi fino a tardi a immaginare una casa, dei figli…»
Il dolore del cacciatore la investì, Ravenna spostò le mani sulle sue spalle per interrompere quel contatto empatico e non farsi trascinare via da esso.
«Basta. Smettetela!» pregò disperato, il fiato spezzato.
Era sul punto di spezzarsi. Ravenna gli parlò ancora, con voce addolorata. Avvicinò il viso a quello dell’uomo tanto da sentirne il respiro sul proprio volto.
«Voglio solo darti un assaggio di pace. Solo un attimo.»
Eric trasalì quando lo baciò.
Sapeva di alcool e di sangue, eppure a Ravenna piacque. Era pungente e rude come tutto in lui.
Il cacciatore la afferrò per le braccia, allontanandola.
«Non sei lei.»
La regina apparve ferita. Gli prese il volto tra le mani, usando i pollici per accarezzargli le guance, gli zigomi.
«Sono io. Sono tutto ciò di cui hai bisogno.»
Non capì quanto lo stesse davvero torturando, finché non vide le lacrime minacciare di scendere dagli occhi del cacciatore.
«Sarah.» mormorò ancora una volta, e Ravenna sentì l’odio divorarla, per quella donna che aveva avuto così tanto e non aveva saputo aggrapparvisi a sufficienza.
«Sono qui.» lo carezzò con un sussurro.
L’uomo chiuse gli occhi, sfinito, e la regina lo baciò di nuovo. Stavolta Eric non si ritrasse, non la allontanò: si aggrappò a lei, ricambiò il bacio con disperazione e dolore, cedendo infine al miraggio che gli stava offrendo.
«Sarah.»
Ancora quel nome. Ravenna avrebbe voluto cancellarglielo di bocca, eppure il fatto stesso che continuasse a ripeterlo, era per lei fonte di meraviglia e desiderio. Voleva quell’uomo, quell’animale fedele, ma nel momento stesso in cui l’avesse avuto, non sarebbe più stato lo stesso.
Eric le baciava la bocca, le guance, il mento, le prendeva il viso tra le mani e lo premeva contro il proprio, sfruttava ogni centimetro di pelle per rivivere il ricordo di Sarah.
Ravenna provava una gloria trionfante nel venire abbracciata, stretta dal cacciatore come un tesoro prezioso.
S’immerse in quell’alluvione di sensazioni. Erano quelle le mani di un uomo che amava? Erano quelle le sue labbra, quello il suo corpo?
Non le bastò più. Volle qualcosa di più grande, di più forte delle carezze affamate.
Gli portò una mano sulla pelle lasciata scoperta dalla scollatura dell’abito. Sopra al seno, vicino al cuore.
Il cacciatore sentì il battito cardiaco vibrare contro il palmo. Ravenna gli sedette in grembo, l’intralcio dell’ampia gonna le impediva di avvolgere le gambe attorno ai fianchi dell’uomo.
La bocca del cacciatore sul collo la fece sospirare. Le mani la afferravano in vita, le accarezzavano la schiena.
Ravenna ondeggiò il bacino, si aggrappò alle spalle muscolose di Eric. C’era frenesia, e il sapore dimenticato di vecchie e lontanissime emozioni.
Il cacciatore le spinse la schiena contro il legno duro e scheggiato della panca. Le tenne la testa con la mano, per evitare che si facesse male.
Le dita libere afferrarono la stoffa pregiata dell’abito della sovrana. Tirarono, le accarezzarono la gamba tornita. Ravenna si vide vicina ad una risposta che cercava da anni, senza mai aver mai compreso appieno neppure la domanda. Iniziò a slacciargli la cintura.
Il lamento del cacciatore la raggelò.
«No.»
Eric parve riscuotersi. Si scostò dalla regina come colpito da una scarica elettrica.
Ravenna sbatté le palpebre, incredula, ansimante. Il cacciatore stava in piedi, torreggiando sopra di lei, gli occhi appannati da una rassegnazione che non capiva.
«Qualunque cosa facciate, non siete lei.» mormorò tra l’odio e la sofferenza.
La donna chiuse gli occhi, riprese il controllo sul proprio respiro. Quando si tirò a sedere si era già riappropriata del suo vero volto.
Nascose la delusione cocente, si riparò nella furia.
«Cacciatore…»
«Farò quello che volete.» la interruppe Eric «Basta che mi lasciate andare.»
La mezza vittoria bruciò più di una sconfitta.
Passò le dita tra i capelli scompigliati e si alzò in piedi, fronteggiandolo.
«Molto bene. Come vedi, alla fine entrambi possiamo avere ciò che vogliamo.»
Uscì dalla cella.
Quando il cacciatore le avesse portato Biancaneve, Ravenna avrebbe avuto cura di ucciderlo personalmente.