Incredibile.
Oggi è il venti del mese, cioè l'ultimo giorno utile per postare il quinto livello della Scalata di
wolfstar_ita . E io stavo per postarle questa fic, meno di un'ora fa, quando aprendo LJ mi sono accorta che dovevo rispondere a dei commenti.
E meno male.
Perché casualmente questa fic è intrisa di nostalgia, e nostalgia è il prompt della prima missione del
COW-T di questa settimana, su
maridichallenge .
Perfetto.
Titolo: I Regali Parlanti
Livello: 5
Prompt: Collare (
wolfstar_ita )
Personaggi: Remus/Sirius, accenni a James/Lily e Peter/OFC
Rating: R
Avvisi: Slash, Linguaggio, carrettate di Fluff
Disclaimer: Remus e Sirius e gli altri sono di JKR, ma quel che vi farà cariare i denti è opera mia.
Numero di parole: 2004
Riassunto: Gli ultimi giorni di scuola. Nostalgia e paura.
Un Assaggio: "Era solo che la scuola stava veramente per finire, solo un mese davanti a loro, quindici giorni, poi una settimana. Sette anni passati in un lampo."
I Regali Parlanti
(La Scalata, Livello 5. Prompt: Collare)
All'inizio era stato un pensiero piuttosto vago, che gli ronzava in testa ogni tanto, e che si scacciava più facilmente di una noiosa mosca. Solo col tempo era diventato qualcosa di più pressante. Sirius sapeva... sperava, sospettava che affliggesse anche Remus nello stesso modo, ma non aveva modo di saperlo senza chiederglielo. E non osava chiederglielo.
Era solo che la scuola stava veramente per finire, solo un mese davanti a loro, quindici giorni, poi una settimana. Sette anni passati in un lampo. E il problema con le relazioni iniziate come semplice sesso tra amici era distinguere quando finiva il sesso tra amici, quello senza impegno, quello da dormitorio, e cominciava una relazione che fosse qualcosa di più serio. O anche solo, che vivesse fuori da quel dormitorio.
Sirius non lo sapeva, come stavano le cose tra lui e Remus. Ma sapeva che quella notte erano stati incredibili tra le coperte, sapeva che il giorno dopo si sarebbe dovuto concentrare il doppio per non distrarsi a metà dell'esame di Divinazione (l'ultimo che gli mancava) e cominciare a tirar fuori ricordi inappropriati dalla sfera di cristallo. Come se non fosse già successo. Sapeva anche che una parte di lui, piccola, che poi probabilmente era un residuo di Padfoot, voleva disperatamente che Remus gli dicesse che sarebbero rimasti insieme; o, più precisamente, che Remus lo avrebbe tenuto con sé, anche se russava e rubava le coperte, a letto, e la mattina presto si svegliava e spesso con un po' di saliva che colava sulla sua guancia o sul cuscino.
Ma Remus non aveva detto nulla, ancora. E Sirius non osava chiedere. Così si limitava a maledire la brillante idea del sesso tra amici (più che altro il fatto di aver iniziato le cose in quel modo per non aver avuto il dannato coraggio di dire a Remus quanto fosse pazzo di lui), e ad ascoltare le preoccupazioni del suo lupo mannaro, molto più concrete e serie di quelle infantili di Sirius.
-Forse potrei addestrare gufi- stava dicendo Remus, comodamente allungato sul letto in quella notte d'estate, con le braccia incrociate sotto la testa e gli occhi persi nelle crepe del soffitto, comodo e rilassato come se non avesse Sirius appiccicato addosso come una seconda pelle, ancora sudaticcia dall'incredibile scopata di poco prima.
Sirius si sforzò di ascoltarlo, senza farsi distrarre né dal piacevole senso di rilassatezza che lo prendeva sempre dopo il sesso, né dai pensieri morbosi che lo assillavano.
-E' un lavoro cretino, Moony- rispose, sbadigliando solo un pochino. Remus gli grattò piano la testa e per poco Sirius non si mise a fare le fusa. Si trattenne appena in tempo: sarebbe stato umiliante.
-Ma almeno non rischia di esserci un'emergenza in una notte di Luna Piena-. Remus aveva sognato di fare il guaritore fino ad un paio di anni prima, quando la McGranitt aveva distrutto le sue speranze con le parole "turni obbligati" e "reperibilità".
-Non vedo perché dovresti fare un lavoro stupido solo perché sei un lupo mannaro- sbottò Sirius. Parlare delle possibilità di lavoro di Remus lo irritava sempre. Odiava che i tre sogni di Remus (Auror a dodici anni, Guaritore a quindici e Professore ad Hogwarts dai sedici in poi) fossero risultati impossibili da realizzare.
-Al ministero ragionano un po' diversamente- rispose Remus, in tono molto più tranquillo. -Merlino, tutto il mondo magico ragiona diversamente! Forse dovrei lavorare con i babbani...-
Sarebbe stato più semplice, sì. Peccato che la legge lo vietasse, ad un lupo mannaro. Entrambi lo sapevano. E non c'era poi molto che Sirius potesse dire, così si limitò a tirarsi un po' su e a baciare Remus sulla clavicola e poi sulla bocca. Remus smise di scrutare il soffitto e si girò a guardarlo sorridendo. Sirius desiderò come sempre appartenere completamente a quello sguardo e a quel lupo mannaro di cui sembrava il mondo non comprendesse la bellezza. Poi lasciò che le mani di Remus trovassero i suoi polsi e che il suo peso lo spingesse di nuovo indietro sul letto, e comprese che quella notte di sesso davvero notevole non era ancora finita.
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Una settimana diventò cinque giorni, poi tre, poi due.
Poi, improvvisamente, i Malandrini furono diplomati, ufficialmente. Hogwarts non prevedeva grandi cerimonie per l'occasione, ma permetteva a coloro che avevano terminato la scuola di usare la Sala Grande per una festa finale tra soli diplomati, se essi ne facevano richiesta.
E chiaramente i Malandrini avevano fatto quella specifica richiesta all'incirca a metà del loro terzo anno. Non si sarebbero persi l'occasione per nulla al mondo.
La serata era andata bene e, nonostante fossero presenti gli studenti del settimo anno di tutte le case, nulla era esploso e nessuno si era fatto male. Minerva McGranitt era parsa sorpresa (e forse un tantino delusa?) di trovare la Sala intatta e nemmeno un po' di sangue sulle pareti, quando era entrata a comunicare che l'orario previsto per la festa era terminato e che tutti gli studenti dovevano rientrare ai loro dormitori.
Ma era stata davvero una bella festa. James e Lily avevano ballato per ore, con l'anello di fidanzamento (scelto dall'unico Malandrino con un po' di buon gusto, ovvero Padfoot, ma Lily non lo avrebbe mai dovuto sapere) che risplendeva all'anulare di lei e attirava più o meno gli sguardi di tutti. Peter non aveva potuto portare la sua ragazza, che aveva un anno in meno di loro, e quindi era rimasto quasi tutta la sera insieme a Remus o a Sirius, o ad entrambi quando nessuno dei due aveva voglia di ballare. C'era persino stato un momento in cui i quattro amici erano sgattaiolati fuori come ormai era quasi una tradizione, ma era stato solo per dare il via proprio davanti alle finestre ad uno spettacolo pirotecnico che tutti avevano apprezzato.
Tutti si erano divertiti, insomma. Tranne Sirius, che era nervoso e ansioso. Il suo non era nemmeno uno di quei malumori che si risollevavano tranquillamente con qualche maledizione ben congegnata lanciata ai Serpeverde: più che altro era una malinconia esagerata, accompagnata assurdamente da un po' di paura. Perché ancora non aveva parlato con Remus, e c'era rimasta una notte sola per farlo. Anzi, meno: si sarebbero scambiati i regali che avevano deciso di farsi per il diploma, poi Sirius avrebbe riposto il libro che si aspettava di ricevere nel baule e l'avrebbe lasciato aperto solo per metterci il pigiama, l'indomani, prima di lasciare per sempre la scuola. Anche se aveva riso un po' e era stato bene, alla festa, quell'idea fissa lo aveva tormentato per tutta la sera. Era già mezzanotte e temeva che le poche ore rimaste gli volassero via prima di trovare il coraggio di parlare con Remus. Quindi probabilmente Sirius era l'unico studente del settimo anno a non essersi affatto goduto la festa d'addio.
Più tardi, nel dormitorio, quando già James e Peter russavano, Sirius ebbe un momento di vero e proprio panico.
Remus lo aspettava a gambe incrociate sul suo letto, nascondendogli la vista del pacchetto che aveva pronto per lui, appoggiato sul cuscino.
Sirius aveva appena preso il suo pacco dal baule, e per qualche istante gli sembrò impossibile trovare le palle per dare a Remus anche il biglietto che aveva scritto per accompagnare il regalo: prepararlo era stato un impulso, ed era fin troppo rivelatore. Guardò Remus, che sorrideva piuttosto tranquillo senza sapere nulla della paura pazzesca che lo stava afferrando a partire dallo stomaco. Ma guardando Remus comprese che era la sua ultima occasione di fargli capire la verità. E che sarebbe stato stupido oltre ogni misura sprecarla solo perché gli veniva da vomitare all'idea di un rifiuto.
Così raccolse il suo coraggio, e quando quello sembrò non bastare, ci aggiunse per buona misura anche la sua stupidità, quella che non mancava mai di metterlo nei guai.
Prese l'involucro voluminoso e il biglietto, e andò a posare tutto davanti alle gambe incrociate di Remus.
-Leggi prima questo- sussurrò, porgendogli il foglietto di pergamena ripiegato che raccontava veramente il significato del regalo. Chiuse un attimo gli occhi mentre Remus obbediva e leggeva il biglietto. Gli sembrava di poter sentire le parole incriminanti scolpirsi nella mente di Remus, e il suo respiro diventare un istante irregolare mentre comprendeva quello che significavano davvero. Voglio creare un mondo in cui tu possa realizzare tutti i tuoi desideri, diceva il biglietto. Inequivocabilmente sdolcinato, non c'era stato nemmeno bisogno di aggiungere Ti amo alla fine.
Remus non disse nulla, ma Sirius, che aveva dimenticato di riaprire gli occhi, sentì chiaramente il rumore di carta strappata che segnalava l'apertura del grosso pacchetto.
Osò sbirciare tra le ciglia, appena un poco, e vide Remus che, con espressione concentrata da bambino la mattina di Natale, rimuoveva con cura tutti gli strati sovrapposti di pagine di vecchi giornali, e tirava fuori la valigia di pelle, con le parole "Professor R.J. Lupin" incise nettamente in color oro su un lato.
Remus sgranò gli occhi mentre si rigirava il regalo tra le mani, senza dire una parola e senza guardare Sirius. Lui dal canto suo non aveva mai avuto le mani sudate come in quel momento, e si trattenne a malapena dall'alzarsi per correre in bagno.
Remus riemerse qualche istante dopo da qualunque cosa stesse pensando e fece a Sirius uno di quei sorrisi che avevano il potere di fargli balzare lo stomaco direttamente in gola. Ma non disse nulla.
Sirius temette per il peggio, seriamente, in quel momento. Sapeva che Remus aveva capito, e sapeva anche perfettamente quanto Remus gli volesse bene, e quanto un sorriso da parte sua potesse anche voler dire Mi dispiace.
Poi Remus (almeno avesse detto qualcosa!) gli porse pacchetto che conteneva il suo regalo, insieme ad un biglietto. Sirius fece per prendere prima il pezzo di pergamena con il suo nome, che probabilmente conteneva l'addio di Remus a quella relazione che non era mai stata una relazione. Ma Remus lo trattenne prendendogli la mano.
-Prima il regalo, Padfoot- gli disse, la voce arrochita dal sonno, forse, o da qualcosa di diverso che Sirius era troppo confuso per identificare.
Sirius prese il regalo (leggero, forma strana, non un libro) e strappò via la carta di giornale con poca buona grazia.
E poi vide cosa Moony gli aveva comprato. E il mondo cambiò forma.
Era un collare di morbido cuoio nero, un oggetto costoso, di buona fattura. Ma un collare da cane. Un oggetto che un padrone molto generoso poteva comprare per un randagio che desiderava tenere con sé. Sirius cominciò a sperare di aver capito, poi notò la targhetta; non aveva la classica forma di osso, ma era una falce di luna, di acciaio lucido. Era incisa da entrambi i lati. Sirius la avvicinò agli occhi per poter leggere alla luce incerta della bacchetta. Da un lato c'era scritto Padfoot, nella grafia semplice e ordinata di Remus. Dall'altro... Proprietà di R.J. Lupin. Il cuore gli fece una sorta di strana capriola nel petto, battendo furiosamente mentre comprendeva.
Non era uno scherzo, o un riferimento a Padfoot. Era Remus che l'aveva osservato come suo solito, e aveva capito la sua angoscia degli ultimi giorni, e lo stava rassicurando con un regalo che parlava.
Prima che Sirius potesse fare altro che cominciare a commuoversi, Remus gli sfiorò una mano. -Leggi il biglietto- gli disse.
Sirius appoggiò quasi con reverenza il suo collare sulla coperta, e aprì il foglio.
Al mio Sirius
diceva la scrittura di Remus,
che non sa di avermi regalato la Luna,
che non sa quanto sia prezioso
e che non sa di parlare nel sonno.
Sirius spalancò la bocca e guardò Remus, che rise, appena un po', e gli tese una mano, invitandolo ad avvicinarsi. Lui gli si buttò praticamente in braccio di peso. Si dissero qualcosa, in quel momento, ma le parole sembravano un fiume assurdo e tutto quello che Sirius capì e ricordò fu che sì, parlava nel sonno, e che aveva ripetuto spesso le sue domande angoscianti negli ultimi tempi, e che un mondo in cui c'era Sirius realizzava già il più grande desiderio di Remus.
E poi un mucchio di romanticherie assortite, di cui entrambi si sarebbero vergognati, se fossero stati un po' meno commossi.
Ma andava bene così.
Avevano mesi di sesso tra amici da trasformare in una relazione in una sola notte; e poi sarebbero usciti ad affrontare il mondo.
Insieme.
Note Noiose: Sì, be', un po' di puro zucchero ogni tanto mi ci vuole. E' che Sirius che parla nel sonno non l'ho mai trovato nel fandom, il che è strano, visto che è canon... O per lo meno, ad Azkaban lo fa, no? Mi piaceva l'idea che fosse angosciato dalla fine della scuola e che Remus fosse così intento ad osservarlo da ascoltarlo parlare per notti intere... Ok, sì, melenso, vero? Ogni tanto mi capita. XD