Titolo: Kimi no kehai ga sou tayori (‘Cerco i segni della tua presenza’ Rain - Ohno Satoshi)
Fandom: RPS -Arashi
Coppia: Ohno Satoshi/Ninomiya Kazunari
Set: 3
Prompt: 02:00 - Osare di sognare
Rating: PG
Genere: Generale
Conteggio parole: 1760 (FdP word-counter)
Avvertimenti: slash
Discalimer: gli Arashi non mi appartengono, non li conoscono personalmente e i fatti di seguito descritti non hanno fondamento di verità. La storia non è scritta a scopo di lucro.
Note: La storia inoltre utilizza come prompt l’immagine
28 per la community
cameraoscura.
Tabella:
qui L’auto camminava lenta sulla strada buia illuminata solamente dai fari chiari, prestando particolare attenzione alle curve. I tergicristalli si muovevano in obliquo sul parabrezza, scacciando le gocce di pioggia che cadevano dal cielo e oscuravano la visibilità oltre il vetro.
Ohno girò le manopole del condizionatore d’aria per scaldare l’abitacolo, rivolgendosi poi al passeggero accanto a sé: “Hai freddo?” domandò.
Ninomiya sollevò lo sguardo dalle carte da gioco con cui stava provando nuovi trucchi di magia e scosse il capo: “No, sto bene, grazie!” lo rassicurò, mischiando il mazzo e stropicciandosi un occhio con la mano.
Ohno lo osservò e sorrise: “Sei stanco?”
“Non più di tanto, tu lo sarai di più, domani devi lavorare, eppure siamo dovuti venire fin quaggiù per promuovere il nuovo show. Ah, grazie del passaggio comunque” si affrettò a dire, osservando fuori dal finestrino, prima di tornare a guardare il Riida, il quale coprì a stento uno sbadiglio con la mano.
“Vuoi che guidi io? Puoi andare dietro a riposare, ti chiamo come arriviamo” si offrì e Ohno lo guardò sorpreso. “Come mai sei tanto gentile?”
Nino si strinse nelle spalle: “Per sdebitarmi, non mi piace stare indietro e poi” lo guardò con un sorriso furbo, “non lo faccio per te, ma per preservare la mia incolumità, ti ho visto sbandare non poco, mi hai fatto venire la nausea” lo prese in giro.
Ohno gli colpì la coscia con una mano, prima di scalare e, messa la freccia, accostare alla prima piazzola di sosta.
“Intanto io accetto l’offerta o tra…” guardò l’orologio, facendo brevemente due conti, ma Nino lo interruppe. “Oh-chan, levati e vai a dormire, non sottoporre i tuoi poveri neuroni a ulteriore stress” continuò a deriderlo come suo solito.
Satoshi lo spintonò per una spalla mentre passava tra i due sedili e si accomodava in quelli posteriori.
“Sei sicuro che non ti crea problemi? Posso restare sveglio a farti compagnia” propose un’ultima volta, ma Nino lo liquidò con un cenno della mano: “Buonanotte, Riida” disse, infilandosi gli auricolari per tenere il cervello vigile con un po’ di musica e immettendosi nuovamente nella strada.
A quell’ora tarda non c’era davvero nessuno e anche se le condizioni del tempo non erano delle migliori, non avrebbero avuto problemi.
Ninomiya sistemò lo specchietto retrovisore, osservando di sfuggita il compagno di gruppo riposare: si era addormentato immediatamente come un bambino piccolo e non è che, in effetti, la cosa fosse strana, pensò tra sé l’idol, ridacchiando.
Tornò a concentrarsi sulla guida, constatando che la pioggia aveva cominciato a cadere con maggiore forza, trasformandosi in grandine; fece ancora più attenzione, levandosi le cuffie e azionando di nuovo le spatole sul vetro, ma la visibilità era notevolmente diminuita. Oltre il parabrezza tutto era bianco, come se un muro d’acqua stesse avvolgendo il veicolo.
Ninomiya allora, decise che fosse più saggio accostare e aspettare che passasse o, per lo meno, che il cielo si placasse un poco. Appena gli fu possibile, si accostò verso sinistra, in uno spiazzo di fortuna accanto a un distributore. Tenne in funzione per un po’ l’aria, ma, vedendo che le condizioni del tempo non volevano saperne di migliorare, per evitare di restare a piedi e fondere il sistema, spense il riscaldamento.
Lasciò accese le lucine sul tettuccio e abbandonò il capo all’indietro: si sentiva stanco anche lui; si stiracchiò per quando possibile, sollevando lo sguardo sullo specchietto, osservando ancora una volta Ohno. Voltò il capo e, saltando il cambio, si andò a sedere accanto a Satoshi: il ragazzo dormiva di lato, le gambe sollevate verso il petto, con la testa poggiata alla spalliera. Sembrava sul serio un’altra persona, a Nino piaceva restare a osservarlo quando nessuno poteva vederlo; era vero, non faceva altro che riprenderlo per quella sua assurda mania di assopirsi ovunque, ma lo trovava anche molto tenero, anche se non l’avrebbe mai rivelato a nessuno.
Sorrise quando lo vide rabbrividire e stringere più forte le braccia attorno alle gambe, la temperatura si stava piano piano abbassando: si tolse la giacca, per coprire il ragazzo, ma Ohno si mosse, svegliandosi, schiudendo piano gli occhi.
“Nino…” lo chiamò a bassa voce, schiarendosi la gola poi con un colpo di tosse. “Che è successo? Siamo arrivati?” domandò confuso, non gli sembrava di aver dormito così tanto.
“Mi sono fermato perché ha iniziato a piovere forte” spiegò l’altro, battendo un dito sul finestrino, “aspettavo smettesse, puoi tornare a dormire” gli disse, “mi riposerò un momento anche io” decise.
Ohno mormorò un assenso, sporgendosi a cercare qualcosa nel cofano, prendendo una coperta: si avvicinò a Nino, sedendosi accanto a lui per stenderla su entrambi.
“Così non moriremo di freddo” gli sorrise Ohno e Ninomiya rise, tirandosi il lembo della coperta fin sopra il mento.
“Si sta decisamente meglio” commentò, sentendo Satoshi posare la testa sulla sua spalla e chiudere gli occhi per rimettersi a dormire.
“Oh-chan, non sono il tuo cuscino!” finse di lamentarsi, ma il più grande non se ne curò. “Sei comodo. Posso stare così?” gli chiese, infilando un braccio sotto il suo, prendendogli la mano con naturalezza.
Nino rimase un momento perplesso, ma adattò la presa a quella di Ohno, sentendo le dita calde del ragazzo tra le sue.
“Tra poco mi rimetto alla guida” mormorò Kazunari, senza un reale interesse a compiere quell’azione, sentendo una sensazione di rilassatezza avvolgerlo. Abbassò lo sguardo su Ohno, credendolo addormentato, ma l’altro era sveglio e lo stava guardando a sua volta.
“Non ha ancora smesso, stai qui… è da tanto che non abbiamo occasione di stare tranquilli. Sempre di corsa e pieni di impegni.”
“Siamo idol, è il prezzo della fama” rise Ninomiya, ma Ohno riprese con tono serio. “Da quanto non riusciamo a stare soli in questo modo? E quando usciamo ho sempre paura che da qualche parte possa spuntare a tradimento un cameraman o i giornalisti” continuò, sistemandosi la coperta. Ninomiya lo guardava e non comprendeva il senso di quel discorso.
“Oh-chan, di che stai parlando? Siamo usciti insieme anche la settimana scorsa.”
“Sì, con gli altri, però.”
“Mi hai riaccompagnato a casa, come stai facendo ora.”
“No, non così.”
“Riida” rise Nino, “forse sei ancora mezzo addormentato o stai delirando, ti sarai mica preso qualcosa con questo freddo?” ponderò, posando la fronte sulla sua per constatarne la temperatura e sentendo il flebile sussurro dell’altro affermare. “È che mi manchi…”
Ninomiya abbassò lo sguardo, gli occhi di Ohno erano sfuggenti, consapevoli di aver detto forse troppo.
“Oh-chan?” lo chiamò dubbioso.
“Lascia stare, non so cosa sto dicendo, sono troppo stanco. Meglio se rientriamo, andrò piano, tu riposa” disse svelto, levandosi la coperta e sporgendosi per rimettersi alla guida, quando si sentì tirare per una spalla, ritrovandosi semidisteso sul sedile con Nino su di sé che gli impediva di muoversi.
“Cosa volevi dire?” chiese impaziente il più piccolo, sperando però che la nota di ansia nel suo tono non venisse colta dall’altro.
“Niente, parlavo in generale… mi sono lasciato confondere dalla situazione” biascicò, consapevole di non stare chiarendo nulla e starsi arrampicando sugli specchi.
“Hai confuso la situazione?” domandò interdetto. “Cosa sei una ragazza che trova romantiche le giornate di pioggia?” domandò sarcastico.
“Ho parlato a vanvera, Nino, perché te la prendi? Dai, lasciami!” lo spintonò per liberarsi, ma Nino lo attirò contro di sé, sbilanciandosi all’indietro e battendo la testa al finestrino.
Ohno lo sentì lamentarsi e cercò di allontanarsi da lui, ma l’altro ancora lo teneva per un polso.
“Nino, ti sei fatto male?” domandò apprensivo, dimentico per un momento della loro discussione.
“Certo che mi sono fatto male!” sbottò il più piccolo, scivolando disteso.
“Mi dispiace” si scusò Ohno, allungando una mano a massaggiargli la nuca.
“Ahi” mormorò Nino, stringendo gli occhi.
“Forse ti verrà un bernoccolo” sorrise Satoshi.
“Chissà di chi è la colpa!”
“Sei tu che mi hai tirato!”
“Tu non mi hai risposto!”
“Tu non fare domande inopportune!”
“E tu non parlare a vanvera!”
Ohno voleva ribattere qualcosa, ma aprì e chiuse la bocca senza dire nulla.
“Lasciamo stare, dai…” patteggiò, restando in silenzio. Sollevò lo sguardo sul vetro, dove l’acqua scivolava in rivoli trasparenti, abbassandosi poi a guardare il compagno di gruppo. Il silenzio interrotto solo dal picchiettare della pioggia sul tettuccio.
“Quindi non è vero che ti manco?” domandò d’un tratto Nino. Satoshi sfilò la mano dai suoi capelli, guardandolo con espressione malinconica. “Non è come sembra, io-”
“Com’è allora?”
“Smettila di interrompermi!”
“Allora dimmi le cose come stanno! Rispondi, ti sei lasciato trasportare perché c’ero io o sarebbe stato lo stesso con qualcun altro?”
“Farebbe differenza?” gli domandò Ohno sulla difensiva.
“Sì” rispose semplicemente Kazunari.
Ohno lo fissò per qualche attimo, incerto, ma dubitava davvero che Nino si stesse prendendo gioco di lui. Se aveva ben compreso la situazione la risposta che gli aveva appena dato era la prova che cercava. Inoltre, sapeva che il più piccolo non era il tipo da impuntarsi in quel modo, se non gli fosse interessato avrebbe semplicemente lasciato perdere.
Vedendolo così titubante, Nino pensò che stesse nuovamente per andarsene senza rispondergli, poi, invece lo sentì sistemarsi meglio su di sé e scendere sulle sue labbra , iniziando a baciarlo piano; Kazunari dovette controllarsi per impedire al proprio fiato di spezzarsi e continuare a respirare normalmente. In quel momento sentiva la testa vuota, l’aspettativa che cresceva in lui sempre di più: non aveva mai permesso a se stesso di sperare, osare di sognare una simile possibilità non era da lui, perché aveva sofferto troppe volte, perché sapeva che la vita non va mai come ti aspetti e alla fine, dopo che ci sbatti il muso più volte, ti arrendi e semplicemente smetti di farlo.
Ma da quando aveva incontrato Satoshi gli era venuto sempre più facile immaginare situazioni e correre con la fantasia, come neanche nella sua adolescenza si era potuto permettere di fare, perché era dovuto crescere troppo in fretta.
E anche se aveva avuto paura di rimanere deluso ancora una volta, era stato più forte di lui, troppe volte aveva immaginato quel momento, troppe volte nei suoi sogni era successo, costringendolo a risvegliarsi la mattina e sentirsi bene al solo ricordo della sensazione di pace che aveva provato nell’inconscio.
In quel momento invece, nello spazio stretto di un auto con il suono della pioggia a dare ritmo a quel momento, era tutto vero, tutto così vivo, così reale da renderlo stupidamente felice e farlo sorridere apertamente.
“Cosa c’è?” gli domandò Satoshi, quando si separarono, scostandogli i capelli dalla fronte con due dita. Ninomiya scosse il capo, stringendolo a sé, sistemandosi meglio.
“Tutto bene, Riida” gli disse solo, le parole erano quasi inopportune. “Non c’è niente che non vada” assicurò e lo attirò ancora su di sé per baciarlo di nuovo.