...dunque: le vacanze di natale sono andate nel migliore dei modi. Non ho particolari problemi a tornare in caserma domani....il 10 giuro!!!Non vedo l'ora di finire 'sto C.a.r.
di....uhmmm...vabbè!!
Dunque...il disco di oggi
Husker Du-Zen Arcade (1984)....e la creatura raggiunse finalmente forma completa. Se i Ramones avevano (ri)portato il rock all'osso,strappando brutalmente ogni orpello che ricordasse 20 anni di evoluzione musicale, se,dall'altra parte dell'oceano, i Sex Pistols avevano, immediatamente dopo, iniziato l'innesto su quelle ossa di nuovi tessuti mutanti, furono gli americani Husker Du a portare questo nuovo soggetto alla perfetta maturazione. Con i tre di Minneapolis, il punk diventa "canzone", liberandosi dal contesto e da ogni possibile limite e catalogazione; i meriti di Bob Mould (voce e chitarra), Grant Hart (voce,batteria e piano) e Greg Norton (basso) sono innumerevoli! Non bastasse il fatto che ci hanno regalato brani di una bellezza sconvolgente, che un livello così alto di qualità e creatività, unito ad una prolificità eccezionale (in meno di 10 anni di attività, 8 dischi di cui 2 doppi) è solo dei grandissimi, li si dovrebbe ricordare per aver anticipato (in pieni anni '80) buona parte della musica del decennio successivo. Credete che i Nirvana abbiano inventato qualcosa? Andate ad ascoltarvi "Pink turns to blue" o "Never talking to you again"! "Bed of nails" e "Standing in the rain" avrebbero sbancato ogni classifica U.S.A., fossero solo usciti dieci anni dopo; "Pride" e "I'll never forget you" sono carichi di una tale rabbia devastante e psicotica da far impallidire Jonathan Davies e i suoi innocui Korn.
"Zen Arcade" è considerato il loro massimo capolavoro, in parte perchè un'opera così monumentale (2 vinili per 70 minuti di musica) non era roba di tutti i giorni nel mondo Rock post 77, in parte perchè riesce nella difficile impresa di coniugare un suono notevolmente vario e mutevole con una solida coerenza di fondo. Il disco (un concept sulle difficoltà e disillusioni che accompagnano il passaggio sperato/temuto da un'-ancora ovattata- adolescenza all'età adulta) si apre con una doppietta che lascia senza fiato: "Something I've learned today" e "Broken home, broken heart"sono due brani punk in qualche modo "definitivi", dotati di un'intensità e di un feeling mai sentiti prima, la già citata "Never talking to you again" è una ballata tanto secca ed urgente quanto sentita. Ogni brano di questo gioiello meriterebbe nozione e commento: le sperimentazioni etnico-rumoristiche delle strumentali "Hare Krsna" e "Dreams reoccurring", l'inferno psichico evocato da "Beyond the threshold", "Pride" e "I'll never forget you", la lancinante brutalità del boogie pianistico in "What's going on"(il capolavoro del disco, non si sentiva nulla di così devastante e "roots" da "I wanna be your dog" degli Stooges), la tristezza che spacca il cuore di "Standing by the sea", la bellezza che semplicementeadorna il frutto di un songwriting di altissimo livello, presente in "Pink turns to blue", "Whatever" e "Turn on the news". A suggello dell'opera, i 13 minuti di divagazioni ed inmprovvisazioni, in odore di jazz, di "Reoccurring Dreams".
Gli Husker Du furono rivoluzionari senza essere trasgressivi; il mondo che descrivevano, con occhio obbiettivo, ma pieno di pietà, era quello del "signor nessuno" alle prese con una giovinezza così grande e così promettente da tramutarsi in un inferno per chi non riesce a gestirla, perdendo, insieme alla bussola, ogni contatto con un qualunque punto fermo. Vite allo sbando ed incapacità di vivere, possibilità che affonda nella mediocrità: nessuno le aveva (e le avrebbe) raccontate con tanta rabbia e poesia.