Chippin' around - Kick my brains around the floor.

Aug 31, 2008 01:20

Si chiede - no. Con le mani umide e appiccicose nei capelli, si chiede se si possa ancora trattare di senso di colpa. Con gli occhi ben piantati nello specchio, e le mani nel profondo dei capelli. Col sangue alla testa e la schiena piegata e la sensazione pungente di calore sul viso.

Mentre le dita smuovono i ricci umidi a ciocche, si chiede come sia possibile che di quattro uomini, solo uno debba restare indietro a frizionare i capelli con una soluzione di ossigeno e proteine estratte dalla seta vergine. E intanto spreme sulla mano ancora un po’ di unguento e rituffa in basso tutta la testa di riccioli neri e folti e grandiosamente belli.

Perchè non si è mai considerato un vanitoso, si ripete sistemando la ciocca al posto giusto, ben attento che quella dietro l’orecchio destro non sia troppo o troppo poco bagnata dall’unguento spumoso sopracitato.

Si chiede quanto sia giusto, arrivare con quel paio di minuti di ritardo, e dopo aver lasciato che il riflesso nello specchio rispondesse eloquentemente, riesce finalmente a porsi la domanda giusta.

Che come spesso accade, si rivela piuttosto sciocca e banale.

Ed è quasi certo d’aver avuto il tempo necessario a formularla quando.

Nonostante sia - sia la terza, gli pare, la terza volta che accade, non avrebbe detto che. Eppure. Il respiro caldo di qualcuno inumidisce la pelle del collo, e potrebbe scommettere di esser capace di descrivere con la precisione che il suo vocabolario gli permette, quel sorriso che lo fissa impertinente e fastidioso. Quelle labbra traslucide.

Oh, lo specchio.

Così, la situazione comincia a farsi dolorosa. Quegli occhi spioventi hanno nel loro riflesso una veemenza imprevista. O forse no. A volte Cortese ha come l’impressione di dimenticare Maggio ogniqualvolta lo perda di vista. Che sia un diabolico trucco, il tentativo d’un aguzzino di acuire il suo sordo, piacevole dolore. Ogni volta.

Che ci fai qui?

Cortese è certo di non avere nessuna intenzione di sentirsi sciocco e banale, e se non si fosse perso alla ricerca di una metafora abbastanza azzeccata per descrivere il suddetto sorriso, probabilmente avrebbe anche trovato il coraggio di allontanarsi o di fare del sarcasmo o di pensare alla lealtà o alla professionalità.

Nello specchio, Maggio ha la faccia stanca. Le virgole del viso sono più profonde di quanto non lo fossero ieri e la barba ha inizato a ricrescere. Cortese vorrebbe davvero non sentirsi così dispiaciuto. Vorrebbe?

Maggio non ha mai parlato molto di sè. Non è mai stato quello che si ferma a - a spiegarsi, ecco.

Ed ecco che. Dannazione. Eccola, la barba sul collo.

Poi, Maggio scoppia a ridere. Nell’aria profumata di quello che potremmo anche chiamare un camerino, con le tende di velluto chiaro e le luci accecanti, Maggio scoppia a ridere e si mette le mani in faccia come se non avesse mai fatto altro, - perchè così funziona Maggio, capace di prendere un oggetto qualsiasi in mano per la prima volta dando l’idea non solo di conoscere ognuno dei suoi segreti, ma di esserne l’ideatore - poi gli sorride esplicito, con gli occhi obliqui e distanti e la testa molle, e infine si allunga verso lo specchio e controlla se ogni cosa sia al suo posto.

“Perdio” mormora nel suo sussurrio piatto e seducente “Potresti anche accusarmi di essere. Come si dice. Ecco, ripetitivo”

Oltre che noioso. Ripetitivo. Cortese si dice che debba averci pensato su. Maggio è il tipo che ci pensa su. Anche Cortese. Cortese è il tipo che ci pensa su. Maggio è quello che potreste definire ripetitivo.

Non l’ha mai odiato più di adesso, il sorriso spavaldo e la camicia perfettamente composta, e la fierezza del suo insulso taglio di capelli. Perchè è un aspetto di Maggio che ha sempre trovato tanto lontano da sè da ritrovarsi a pensarlo. Malsano. E da spaventarsi, accorgendosi d’aver sbagliato la prima e non la seconda supposizione.

Cortese si chiede quanta importanza possa avere, adesso che le labbra piene e asimmetriche di Maggio sono tornate ad occuparsi del collo, del mento, dell’orecchio.

Che importanza possa avere il caposala, che importanza possano avere le danzatrici, le canzoni e i cantori e tutto il resto del mondo.

Maggio ha un buon profumo, fresco ma grave. Ha un profumo che non ha mai sentito addosso a nessun altro. Ha il profumo che dovrebbe avere qualunque sala giochi, parco dei divertimenti. Qualunque pacco regalo sotto l’albero di natale.

Cortese si dice che dovrebbe smettere di pensare per simboli, giusto nel momento in cui le labbra di Maggio e le sue s’incontrano, e immediatamente prima che inciampi, e appoggiandosi al comò lanci per aria tutta una quantità di polvere rosa e odorosa.

E Maggio ride e Cortese è infuriato, perchè così che vanno le cose, e quindi Cortese lo insulta con gli occhi e Maggio si butta a terra, ben lontano dalla polvere caduta, e aspetta che la nebbia riposi a terra e ride ancora dei suoi capelli ingrigiti preconcemente e dello strano colore della maglietta.

E Cortese tenta intensamente di ridere, con la sua postura imbarazzante e quel dolce solco su tutto il viso, e fa ridere ancora Maggio, che sono troppo lontani per baciarsi, ma se così non fosse, allora. Allora.

Cortese maledice chiunque abbia progettato camerini tanto ampi. E comò, e polveri odorose.

Accade sovente così, una volta che Cortese ha ingranato con la sua pararisata. Maggio che è rapido e meraviglioso e sembra fin troppo giusto per quanto lui lo conosca sbagliato, cambia improvvisamente rotta, vomitando una qualche massima serissima su quanto di più chiaro abbia in linea di massima tra le cose del mondo, sè stesso.

“In genere - in genere non m’importerebbe. Ma io ho come. Ho l’impressione di - Non piace nemmeno a te, no? Come sto lassù.”

Sul palco?

“Lassù. Mi sento come se. Come se fare l’idiota fosse l’unico modo di non lasciarsi inghiottire dalle fiamme dell’inferno. E’ strano, no? E per te - non è lo stesso, per te? Perchè non è lo stesso?” E ne parla come parlasse di una nuova bibbia in sagrestia, del suo alter ego. Come stesse parlando di una nuova marca di cereali, di un paio di pantaloni bucati che si è trovato costretto a buttar via. Parla così del modo come una personalità così plastica sia troppo piena di sè stessa da perder tempo ed evolversi, e decida di. Dissociarsi.

Ed è troppo tardi, e ha lo stesso rossore al viso di quando teneva la testa in giù e sorride, e lo fissa, e poi afferra in un pugno la polvere odorosa, e se Maggio non fosse davvero un’altra persona, Cortese è certo che potrebbe dare il peggio di sè, e invece ride, e profumato di limone e di fragole, si avvicina e sorride e si avvicina ancora, e Cortese si chiede che razza di momento sia, se ogni deviazione sensoriale pare che riporti di nuovo al capo inizale, che poi sarebbe Maggio e sarebbe a dieci centrimetri da lui.

Ecco, la domanda giusta. Perchè?

Perchè un giovane uomo di bell’aspetto ma senza grande interesse per la cosmesi lava i capelli due volte al giorno da sette anni?

Perchè tutto quanto sia rosa finisce per profumare di fragole?

Perchè Simone è appena - Oh.

E lui si tira indietro e trattiene nella gola quella risata che, strano a dirsi, risolverebbe la situazione.

“Dicono che - ecco, tocca a noi”

“Dovremmo tipo -” esordisce Maggio.

Ed è come si fosse interrotto da solo. Attraverso le lenti scure di neutri occhiali da sole, la flemma autoritaria del suo maturo compagno deve averlo, come - ammutolito. Cortese si è lasciato stupire dall’influenza del primo sul secondo. Suo malgrado, ha come l’impressione di sentirsi. Escluso.

L’egocentrismo è quanto lui e Maggio condividano più eminentemente.

E poi. Ecco. Gli occhiali si sollevano un po’, mentre Simone accarezza la fronte omertosa.

Infine Cortese ha come la sensazione di esser libero di considerarsi rassicurato dal sorriso di Simone.

“Siete - siete impolverati come paralumi. Ecco, datevi una mossa.” E tamburella sulla porta e si volta come niente, e poi Simone si allontana a passi calmi prima e rapidi poi, e Maggio sospira e sorride, e Cortese sorride, e se uno avesse voglia e un buon udito, in fondo al corridoio potrebbe anche lasciarsi cullare dal suono mitologico di una certa celeberrima, baritonale, splendida risata.

ship: maggio/cortese, complainings, sproloqui, reallife, aram quartet, x-fandom, fanfiction

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