Jun 02, 2008 19:33
Avrebbe anche potuto pensare una battuta, me è troppo tardi. Sono già dentro e hanno serrato la porta. Gli ha stretto i ricci contro le guance e poi l’ha baciato, con la faccia tutta umida di lacrime e gelatina rosa e gli occhi ancora un po’ più spioventi del solito.
Gli avrebbe detto della sensazione che ha avuto, di lui e Simone.
“Ho pensato che magari avresti potuto finire con lui, anzichè con me”
Lui avrebbe buttato lì un sorriso sghembo e avrebbe masticato qualcosa sull’aspetto di Simone, guardando da un’altra parte. Cortese avrebbe allora risposto con la malizia negli occhi qualcosa come
“Intendo, in caso ti fossi deciso a crescere”
“Ehi?”
Sen’era andato. Fortunatamente non troppo a lungo. Maggio sorride con gli occhi tumefatti e sembra rassicurato.
Maggio è un uomo dalle rare, violente emozioni, probabilmente senza esserne consapevole.
Deve aver sorriso. Si, non c’è altra spiegazione. Nessun’altra spiegazione, per cui Maggio si sia sentito giustificato a sbatterlo con tanta violenza contro la parete rossa del bagno. Rossa. Un metro e mezzo quadro di dimensione, le pareti rosso fragola. Sangue. È sempre stato difficile anche solo immaginare di respirare. Claustrofobia non è che un sottile vaghissimo eufemismo, il diminutivo dolce sussurrato da un amante.
Di nuovo. Sen’era andato, di nuovo. Più che normale. Pare che Maggio non se ne sia accorto questa volta. Pare di no, dal momento che ha le mani tutte intrecciate nel papillon che gli ha allacciato non più di quattro ore prima.
Quelle sue dita slanciate fuse con la seta vergine.
Il suo raro sguardo di necessità. Santo Dio.
A cose normali si sarebbe accorto, per lo meno della terza volta.
La gelosia è un limite di cui Cortese preferirebbe privarsi. Eppure mentre Maggio gli succhia le labbra non evita di pensare che sia diverso. Niente battute o sorrisi indiretti.
Principessa è andata e Maggio ha pianto per lei.
Si chiede quanto sia salubre e anche quanto sia giusto tornare a quella vicenda, dal momento che col tempo s’è deciso ad amarla non meno intensamente di quanto l’abbia fatto l’altro.
Probabilmente capirà domani o dopodomani, e piangerà anche lui, ma non adesso.
Adesso sa pensare solo che questo poco tempo che si sarebbero presi comunque, pare sacrificato a questa vergine santa, che ha pensato bene di non piacere al pubblico questa sera, e adesso Maggio piange.
E se sarebbe giusto parlarne, quando -
Maggio armeggia la cinta e lo spinge violento contro il muro, che ha tutta l’aria d’esser fragile.
Forse dovrebbe preoccuparsi che li sentano. Dovrebbe - oh, al diavolo.
Ha scivolato le dita gelide sulla pancia e adesso Maggio lo fissa diretto. È accaduto non più di altre dieci volte per tutta la durata di una relazione complessivamente lunga e piuttosto serena.
Ed è complicato, perchè ha gli occhi che danno in giù e non è sicuro per niente, ed è eccezionale, che non sia sicuro per niente, perchè Maggio non è che sia proprio sicuro è che è. Distaccato. E adesso no.
Lei ha fatto questo? Principessa? Lei?
Ha occhi che direbbero ‘Ti amo’ o anche ‘Sei il mio copilota’, se non si trattasse di Maggio. Oppure no. Forse è davvero quello che -
No, non è stata lei a fare questo. O meglio, forse -
D’un tratto Cortese ha la pelle d’oca. D’un tratto è come non provasse più nulla.
Maggio gli accarezza il viso col suo e due guance umide di lacrime e gelatina rosa sembrano fondersi del tutto, e lasciare Cortese in un angolo del bagno troppo angusto anche per due sole persone, e a ritrovarsi privo di una qualsivoglia faccia.
Maggio scombussola il make up col dorso della mano. Cortese è troppo umido e caldo e drammatico per accettare che si sia interrotto. Che si sia allontanato tanto.
“Io senza non. Non riuscirei a vivere.”
Di qualunque cosa si tratti, di qualunque cosa parli. Pare se sia deciso.
ship: maggio/cortese,
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