Stavo riguardando le svariate (sì, certo) cose che ho scritto e mi è finita la freccetta sul regalo per la Persy.
Così, per passare il tempo, l'ho sistemato un pò.
Avrei tanto bisogno di una beta...
Mavabè.
Prima dovrei imparare a scrivere, n'est pas?
* Superbia
- Per superbia si intende l'ipervalutazione della propria persona e delle proprie capacità, correlata ad un atteggiamento "di superiorità" verso gli individui considerati inferiori. -
A volte, quando osservava Sahariel, si ricordava della sua vita prima della Caduta.
Freddo, composto, superiore a tutto e tutti, consapevole della propria posizione, del proprio potere.
Lo era stato anche lui.
Ricordava un tempo in cui viveva vicino a Dio, tra gli Arcangeli.
Circondato dalle cose più belle mai create dal Signore, Uriel era stato un Angelo molto potente, ma molto solo.
Essere il migliore non gli aveva dato niente, se non l'obbidienza delle sue truppe.
Cadere lo aveva cambiato, insegnandogli l'umiltà e costringendolo a prostrarsi più volte.
Aveva perso ogni dignità, ogni tratto di quel volto angelico era stato deturpato dalle misere condizioni in cui si era costretto a vivere.
Uno sporco Vampiro che viveva a spese degli esseri viventi della Terra.
Eppure Nahema lo aveva sollevato, ripulendo e riportando alla luce l'Angelo assopito dentro di lui.
Aveva accettato il Vampiro, aveva sottomesso dolcemente il Caduto.
E Zick aveva capito che non esisteva nient'altro che splendesse come quel debole essere umano dagli occhi scuri.
* Avarizia
- L'avarizia è la scarsa disponibilità a spendere e a donare ciò che si possiede. -
Nahema era generoso, lo aveva sempre saputo.
E, ogni volta, si faceva coinvolgere dal piccolo, seguendolo ovunque, salvandolo il più delle volte da situazioni al limite dell'apocalittico.
Vigilando costantemente su di lui.
Osservandolo da una distanza ravvicinata senza mai superare il limite.
Niente lo rendeva più felice che vedere un sorriso su quel volto di porcellana.
Eppure...
Guardò Nahema correre incontro a Tiresia, chiedendole dov'era stata e, vista la chiara mancanza di risposte della shinigami, cose volesse per cena.
E, nel vedere il maschiaccio appoggiare una mano tra i setosi capelli color fuoco in un gesto affettuoso, non riuscì ad evitare che una scarica percoresse ogni singola fibra del suo corpo.
Avrebbe voluto strappare quella mano che si permetteva di accarezzare Nahema.
Il suo Nahema.
Riuscì a placarsi solo con un'immenso sforzo.
Il piccolo umano non apparteneva solo a lui, lo sapeva bene.
Ma, e non riuscì a trattenere un brivido, sapeva anche che, prima o poi, l'istanto avrebbe avuto il sopravvento, e lui avrebbe sicuramente reclamato il suo diritto di possessione sul fragile mago con la violenza.
Sperò fortemente che quel giorno arrivasse presto o non arrivasse mai.
* Lussuria
- La lussuria è l'abbandono lascivo al piacere sessuale. Nella società occidentale il termine lussuria non è più molto usato, in quanto si ritengono normalmente accettabili i comportamenti sessuali che coinvolgono adulti consenzienti. -
Ogni istante che passava insieme a quella creatura così pura era una tortura.
Una tortura che andava avanti da troppi anni.
Si fermò sulla porta del bagno, guardandolo con finto disinteresse mentre era impegnato a lavare un'ostinatissima macchia d'olio, terra e polvere grigia che aveva macchiato la sua camicia durante l'ultima evocazione sperimentale.
Chino sul lavabo, i capelli gli sfioravano leggeri il naso, il labbro inferiore torturato delicatamente dai denti, gli occhi socchiusi e la fronte leggermente imperlata per la forza che stava applicando con la spugna.
Dalla finestra aperta sul tramonto scuro entrò una leggera folata di vento serale, umido e fresco, che arrivò alle narici del Vampiro insieme all'odore della sua pelle.
Si ritirò come un'ombra dietro nella propria stanza senza farsi notare e, una volta chiusa la porta alle proprie spalle, vi si appoggiò contro, piantandosi le unghie nei palmi, cercando di calmare il battito furioso del sangue nelle vene.
Lo voleva.
Lo voleva così disperatamente da stare male.
Voleva afferrare quei capelli di seta, annusarli per sentire se profumavano davvaro di pesca o era solo il suo shampoo.
Voleva impossessarsi di quelle labbra rosse come fragole e non abbandonare mai più quello scrigno vellutato.
Voleva stringere quelo corpo sottile, torturarlo, giocare con la sua eccessiva sensibilità, vederlo flettersi come un giunco sotto le sue carezze.
Voleva farlo suo, lentamente, con dolcezza, facendogli capire quanto lo amasse, quanto lo avesse sempre amato e vederlo contorcersi per il piacere.
Voleva vedere le sue mani stringere convulsamente le lenzuola, per poi stringersi al suo collo come ad un'ancora.
Voleva sentirlo gridare il suo nome tra i gemiti
E, più di ogni altra cosa, voleva vederlo nel culmine dell'estasi, il viso sconvolto dalla passione, la testa affondata nel cuscino e gli occhi spalancati.
Scivolò lentamente a terra, stringendosi in un'abbraccio solitario, cercando di fermare i propri tremiti.
Una volta certo di riuscire a stare fermo sulle proprie ginocchia, raccolse la giacca nera, afferrò le chiavi di casa e si diresse velocemente verso la porta.
Incrociando per un'istante lo sguardo melanconico di Nahema, per un solo, breve istante pensò di fermarsi.
Ma questo passò non appena l'occhio gli cadde sul collo scoperto e umido.
Si chiuse la porta alle spalle e scese velocemente le scale.
Sapeva di ferirlo un pò ogni volta, ma gli era necessario per sopravvivere.
* Ira
- L'ira, specialmente intesa come sentimento di vendetta, è uno dei sette vizi capitali da cui bisogna astenersi sempre e in ogni caso. -
Dopo anni che viveva al fianco di Nahema, credeva ormai di conoscerlo bene.
Eppure, nel vederlo oltrepassare la soglia di quel capannone, comprese di non sapere niente di lui.
Faticò a riconoscere il fragile, innocente cucciolo umano in quel demone infuriato che avanzava con lentezza in mezzo a quell'oceano di fuoco.
L'immagine che si rifletteva nella pozza di sangue ai suoi piedi era deformata anche nei colori.
Nahema pareva essere diventato dello stesso colore delle fiamme che lo circondavano.
Rosso come il fuoco.
Rosso vermiglio.
Rosso cupo.
Lentamente le fiamme diventavano sempre più flebili e scure, fino a sparire sui pugni serrati del loro padrone.
Quando si abituò all'eccessiva luce e al tremito convulso dei suoi muscoli, alzò leggermente la testa in direzione del piccolo mago.
Quello che lesse nei suoi occhi gli gelò le vene.
Odio.
Odio smisurato, desiderio di distruzione.
Ma, per fortuna, non parevano diretti verso di lui, ma verso colui che ancora si stagliava come un ombra infausta sul suo corpo martoriato.
Ikin ghignava inconsapevole del pericolo a cui stava andando incontro.
Eppure lui non potè che tremare nel trovare in quelle iridi, solitamente così dolci e luminosi, un freddo velo di disprezzo.
Quando quello sguardo glaciale si posò su di lui, lo vide sgranare gli occhi e si accorse in quell'istante di aver cominciato a piangere.
Sottili fili rossi scendevano lungo le guance al semplice pensiero di ricevere tutto quell'odio dalla persona per lui più importante.
Mentre le forze lo abbandonavano, chiese perdono per tutti i suoi peccati al suo angelo affamato di sangue.
* Gola
- La gola è il desiderio di ingurgitare più di quanto l'individuo necessita. È l'ingordigia di cibi e bevande. -
Sangue.
Come vampiro, aveva imparato in fretta quanto esso gli fosso vitale.
Ma era stato il tempo il suo più grande maestro.
Aveva presto imparato quanto sangue gli servisse per sopravvivere, che non era fondamentale quello umano e che non vi era bisogno di uccidere.
Aveva vissuto per molto tempo emarginandosi volontariamente dalla civiltà, sopravvivendo con il sangue insapore degli animali e quello amaro degli appestati.
Poi, aveva lentamente riassaporato quello degli umani di città, fresco e variegato.
Ognuno aveva il proprio sapore, non ve ne era uno uguale all'altro.
I bambini, con ancora lo zucchero al posto del ferro.
Le donne, dotate di un sapore particolarmente fruttato.
Gli uomini, dal gusto dolce ma ferroso.
Gli anziani, in cui l'età lentamente assopiva ogni spirito.
Li aveva assaggiati tutti, riscoprendo un piacere perso nei lunghi secoli della sua esistenza terrena.
Ma nessuno lo aveva comunque mai lasciato completamente soddisfatto.
Non si era mai affezionato ad un sapore in particolare.
Finchè non aveva incontrato Nahema.
Il suo sangue portava con se il migliore degli odori, dolce senza essere in alcun modo nauseante.
E il suo sapore...
Passava ore, steso nel suo letto, a pensare al sapore del ragazzino: dolce come un bambino, vagamente vanigliato come le donne, assolutamente irresistibile per lui.
Avrebbe voluto prosciugare quel fragile essere, piccolo e tremante, fino all'ultima goccia, cosciente che solo quello avrebbe potuto permettergli di sentirsi pienamente soddisfatto per l'eternità.
Invece aveva scelto di proteggerlo, costringendosi ad ignorarlo, a cercare conforto in altre vene pulsanti.
La sua mente andò quandi in stato di shock quando il piccolo, seduto a cavallo delle sue gambe, si scoprì di sua volontà l'incavo del collo, trascinandolo verso il baratro.
* Invidia
- L'invidia è un sentimento nei confronti di un'altra persona o gruppo di persone che possiedono qualcosa (concretamente o metaforicamente) che l'invidioso non possiede (o che gli manca). -
Tra lui e Henma non era mai corso buon sangue.
Solo palle di fuoco e insulti.
L'odio del gemello arrogante era comprensibile: cosciente del pericolo che rappresentava, aveva chiarito fin da subito il suo disaccordo sull'intera questione dell'amicizia, della fiducia e della convivenza, e tutt'ora non perdeva occasione per ribadire la sua posizione.
L'aver incontrato Sahariel sembrava aver peggiorato la situazione, raddoppiando l'antipatia e le ingiuste fiamme che comparivano sui suoi vestiti.
Poi, lentamente, la situazione era cambiata.
Henma si era calmato (anche se non disdegnava di far apparire qualche fuoco qui e lì), spostando il suo affetto dal fratello all'Angelo di ghiaccio.
Eppure, lui non riusciva ancora ad accettare la presenza del gemello cattivo nel corpo di Nahema.
Qualcosa gli faceva bollire il sangue quando negli occhi di Nahema qualcosa cambiava ed Henma prendeva possesso del corpo.
Non sopportava vedere le mani muoversi a spostare quei fili sottili lontani dagli occhi, per poi spostarsi a sistemare meglio i vestiti, a sbottonare leggermente la camicia per infine raddrizzarsi e assumere la sua tipica espressione seria.
Non sopportava quando questo succedeva in presenza di Sahariel.
Non sopportava gli sguardi che i due si scambiavano, la complicità che si formava immediatamente, i gesti che indicavano il loro legame.
Sapeva che non avrebbe mai accettato quel loro rapporto finchè Henma avesse posseduto il corpo di Nahema.
Sapeva che non avrebbe mai accettato Henma finchè gli fosse stato concesso di toccare il corpo del fratello a suo piacere mentre lui agognava di poterlo anche solo sfiorare.
* Accidia
- Il termine accidia indica l'avversione all'operare mista a noia e indifferenza. -
Come angelo la sua vita non era mai stata molto interessante: lavoro di routine, guardia, preghiera, guerra.
Le sue unche possibilità di svago erano i volumi della conoscenza, visto che con gli altri Arcangeli si era instaurato un rapporto tutt'altro che amichevole e sereno.
Poi Lucifero, il Peccato e la Caduta avevano posto fine a quell'esistenza noiosa, spedendolo a vivere come un rinnegato tra gli uomini.
E la sua vita era diventata un girovagare eterno, alla ricerca di un posto in cui essere.
Per secoli la certezza di essere solo lo avevano spinto ad andare avanti.
A volte, nel silenzio dei boschi o nel trambusto che echeggiava tra i vicoli delle grandi città, una voce sottile lo invitava a fermarsi, ad arrendersi.
Spegnersi e porre fine alla proprie sofferenze gli era sembrato allettante.
E quando infine si era lasciato andare, afflosciandosi ai piedi di una vecchia quercia, stanco e malridotto, la certezza della propria fine, lo aveva avvolto.
Era arrivata la sua ora, dunque?
In quel momento una piccola mano bianca si era appoggiata sul suo braccio, spingendolo ad aprire gli occhi stanchi per fissarli in quelli color terra incuriositi di un bambino.
Un piccolo, fragile umano che gli stava chiedendo se stesse male.
Nahema.
Un segno mandatogli da qualcuno per incoraggiarlo a vivere, come avrebbe compreso poco dopo, quando, tentando (per la prima volta) di dissetarsi con il suo sangue, Henma gli intimò di "non azzardarsi ad avvicinare i propri tentacoli al suo fratellino", marcando la minaccia con una piccola palla di fuoco in mezzo alle costole (la prima di una lunga serie).
Quando, qualche giorno dopo, si risveglio in un letto soffice, fece quella promessa che lo legò indissolubilmente al piccolo e il suo tempo ricominciò a scorrere.
Un nuovo obbiettivo, una nuova vita.
Accompagnare ed assistere il giovane mago.
Aveva ricominciato a correre, ma questa volta non era solo..