Ma stai a vedere che i buoni proponimenti d’inizio d’anno portano bene ;)
Sicuramente, come mi ero augurata, sto intensificando le nuove conoscenze e con alcune il rapporto si va stringendo. Tra queste, due simpatiche ragazze (nickname: Oyuki e Princess Peach) con cui ieri mi sono spinta in una piacevole esplorazione della Chinatown milanese. C' ero già stata altre volte, ma sempre di fretta e, a colpo sicuro, solo in un paio di negozi; ieri invece mi sono presa il lusso di camminare con calma assaporando il bizzarro impatto della nostro locale comunità cinese in uno dei quartieri più tradizionalmente piccolo borghesi della gran Milan ;)
A differenza di molti dei quartieri orientali di altre città europee, quello di Milano non ha quell’aspetto pittorescamente coreografico che ci si aspetterebbe:ad un passante distratto sembrerebbe un’anonima serie di vie fitte di piccoli negozi e oscure botteghe, se non fosse per le insegne bilingue (o a volte solo in ideogrammi) si confonderebbero con le rare attività di gestione italiana sopravissute. Nonostante la pessima propaganda è un quartiere piuttosto tranquillo anche se i commercianti non sono animati da quella naturale ruffianeria alla quale ci ha abituato il venditore nostrano, complice forse una cultura diversa e una difficile integrazione culturale. Non dubito che fino a poco tempo fa, grossisti a parte, fosse difficile lì, per un venditore al dettaglio, avere a che fare con un italiano. Ora, invece, è facile trovare molti studenti alla ricerca di un accessorio a buon mercato o qualche signora bene in cerca di ingredienti per una cena etnica. Tolto l’iniziale ritegno ad entrare in punti vendita che hanno l’aspetto di un immenso sgabuzzino in cui sia necessario scavare attraverso un mare di ciarpame (e a volte in senso letterale) può riservare un certo divertimento scoprire qualche graziosa corbelleria che ci si può portare a casa con pochi euro (le piccole cose di pessimo gusto di antologica memoria: beh per lo meno ho constatato che le madonnine fatte di conchiglie non vanno più di moda).
Questo mi sono portata a casa io con 5 euro (devo essere stata contagiata da qualche virus puccioso, perchè normalmente rifuggo il rosa).
Si lo so che sono cose tanto graziose quanto inutili ma se gli inglesi (che la sanno lunga in fatto di medicina) chiamano lo shopping “retail terapy”, un motivo ci sarà! E io mi son fatta un piacevole giro di acquisti (piacevole ma non salutare visto che ho anche fatto razzia di dolci coreani, filippini, giapponesi …e francesi ;p) il tutto per meno di una pizza. Beh, a me ha fatto sicuramente bene…e poi si sa che la psico terapia è un mito alimentato da produttori di divani XD
Scemenze a parte, ha un suo fascino varcare una porta per trovarsi in un market dove il proprietario, accanto alla pasta Barilla tiene confezioni sotto vuoto di seppia essiccata o vasetti di medusa, mentre pesca, da enormi contenitori di plastica impiastricciata, alimenti non identificati a beneficio di un connazionale. Nonostante il senso di estraneità è divertente ascoltare le loro conversazioni dal tono musicale, ricevere indicazioni da un commesso che contemporaneamente pesca con lunghe bacchette da diversi contenitori di stagnola probabilmente provenienti dalla vicina rosticceria (dove non riesco ad associare i deliziosi aromi con i cibi a me assolutamente sconosciuti) e trovare in vendita gli oggetti più bizzarri (se a qualcuno servisse un completo per la danza del ventre…).E nel frattempo si può buttare un occhio a quei portoni dove, fedele alla tradizione della città, anonime e fredde facciate nascondono giardini segreti e preservano l’appassionata realtà relazionale di un cortile.