...METTE IN RIGA L'OCCIDENTE (cinematografico).
Arrivato uno dei momenti che più attendo durante l'anno, corrispondente a quello che può essere per altri la finale di coppa Uefa, il giro d'Italia e il Gran Prix messi assieme : il Festival cinematrografico di Venezia! Nel bene e nel male è il Festival che cerca di conciliare il Glamour di Cannes con l'avanguardismo di Berlino. Col risultato di essere
meno luccicante dell'evento francese e di rivolegere meno dei tedeschi attenzione alle nuove tendenze del panorama artistico ma, sempre attento al cinema fatto bene. E con una doverosa strizzata d'occhio al gusto "nazional popolare" (che non guasta mai). Non che io sia interessata all'aspetto mondano contornato di passerelle (quasi inaccessibili per noi comuni mortali) e feste a tema (peggio ancora!). Sarei un po' più interessata alle varie retrospettive ed anticipazioni ma, proprio come certe partite di calcio, il Festival si gode più comodamente a casa anche se, solo la mancanza di una compagnia follemente cinefila, come la sottoscritta, mi frena dall'andare a sperperare i miei sudati risparmi nel tentativo di ammazzarmi di stanchezza e sovraesposizione alle radiazioni dello schermo. Quello che mi fa veramente fremere di eccitazione è il fatto che il Festival dia il via al nuovo anno per i distributori e le lodi, i premi e gli affossamenti decretati a Venezia siano il metro dei distributori italiani (e non) per calcolare i tempi e gli spazi di programmazione dei film: in parole povere, le probabilità di trovare un film nel cinema vicino a casa o di vederlo relegato nel dimenticatoio dell'Home video o della Tv a pagamento. Insomma si decide a quali registi o piccoli produttori verranno tarpate le ali prima ancora di lasciare il Lido (a prescindere dal gradimento popolare). E poi verranno decisi, nell'ambito dei grandi nomi, quali premiati avranno il biglietto di presentazione per ben altri premi. E non voglio neanche pensare ai soldi e ai mercati che ci sono dietro le quinte .......ma se si pensa che ultimamente Leone ha fatto rima con Oscar.
Il colpo vincente di quest'anno è sicuramete il Leone alla Carriera a
Tim Burton che, rientrando perfettamente nello stereotipo del "genio", accontenta gli spettatori e rabbonisce i detrattori della kermesse.
Per il resto complimenti al direttore Marco Muller che riesce a servire un invitante banchetto a base di film più o meno assortiti e volti del bel mondo, nonostante il patologico problema di fondi della rassegna (risultato non così felicemente riuscito all'auto proclamatosi rivale festivaliero di Roma). Spero ardentemente in qualche miglioria nel servizio di prevendita che non costringa, anche quest'anno i piccoli spettatori (che col loro biglietto scontano la spettacolarità e l'adeguatezza di premiazioni, anteprime riservate e conferenze stampa) a bivaccare sin dall'alba per l'onore di "comprarsi" un biglietto.
Tema di queast'anno: "Il senso di colpa". Tema che a noi italiani, tra religione e revisionismi storici, dovrebbe risultare familiare ma, mi chiedo...non è che si riferiscono alla nomina di Ambra Angiolini?
L'ex ragazza d'oro di Non è la Rai e, da poco, neoeletta attrice a colpi di premi "nobili" (Dal Nastro d'argento al Ciak, basta nominare un premio e lei l'ha vinto) sarà la madrina di quest'anno. Rispetto a mute bellone straniere di qualche anno fa sarà senz'altro un passo avanti, anche se sono un po' inquieta all'idea che apra bocca. Da una madrina di evento internazionale ci si aspetta che parli bene l'inglese almeno quanto l'italiano. Sull'inglese non posso pronunciarmi (non l'ho ancora sentita parlare lingue straniere). Sull'italiano ho delle remore ma, visto che il direttore ha detto di voler ringiovanire il Festival, faccio conto che un uso accorto di inflessione strascicata regionalistica non sia altro che una mirata ostentazione di spontaneità.