Harriet-Yuuko, contest, racconto, pianoforte, ragazza, il resto lo sapete quindi vi lascio al link.
La storia è il seguito di Do you rmeber my name? e ci sono dei riferimenti alla prima parte, ma credo sia comprensibile anche a se stante. Nel caso il link alla prima è
http://yu-eriol.livejournal.com/7498.html Judge me at ten o'clock
“Colpevole!” Urla il giudice.
“Colpevole!” Ripete la giuria.
“Colpevole!”Urla la folla.
L'orologio rintocca le dieci di sera.
“Quando vengono giudicati i morti?” Chiedo senza sapere perché.
“Quando commettono i loro crimini, per evitare che li ripetano.” Mi risponde una bambina familiare.
“E funziona?” Domando.
“Solo se non....”
“Al....”
“Alic....”
“Alice, sveglia!”
Apro gli occhi trovandomi di fronte lo sguardo seccato di Caterina, ho dolore dappertutto e il mio cervello ci mette un po' a focalizzare dove mi trovo.
“Che succede?” Le chiedo.
“Sei in biblioteca, e stai dormendo, penso sia chiaro quello che succede.”
Mi alzo di scatto, mi sono davvero addormentata in biblioteca? Fantastico, posso aggiungere anche questo alle figure più imbarazzanti della mia vita.“Scusami.” Seriamente come ho fatto ad addormentarmi. “Non so come sia successo.”
“Lascia stare, dormivi così tranquilla che hai fatto meno rumore del solito.”
Un modo poco velato per dirmi che di norma faccio confusione o semplice costatazione?
“Piuttosto se sei stanca dovresti andare a casa, non ti fa bene dormire in biblioteca.”
“Credo tu abbia ragione.” Strano però non mi pareva di essermi affaticata così tanto negli ultimi tempi, bah, probabilmente sopravaluto le mie capacità di rimanere sveglia.
Prendo le mie cose e saluto Caterina mentre esco dalla biblioteca, a pensarci bene non mi pare di essere stanca, ne di avere sonno.
“Alice!”
Una voce femminile mi distoglia dai miei pensieri.
“E' da parecchio che non ci vediamo.”
Mi volto verso il mio interlocutore, è Alessandra, una delle mie compagne di corso.
“Ciao, in effetti non ti ho più visto in giro ultimamente, che fine avevi fatto?
Rispondo più per cortesia che per curiosità.
“Sono stata ad uno stage di tre mesi in Inghilterra, avresti dovuto esserci anche tu è stato fantastico studiare l'architettura dei palazzi inglesi.”
Qualcuno le ricordi che fare corsi insieme non significa necessariamente avere le stesse specializzazioni, tra parentesi, eravamo così amiche io e lei?
“E tu che mi dici niente di nuovo?”
Ho rischiato di perdere l'identità a causa di uno spettro e quasi fatto ammazzare un mio amico d'infanzia, conta?
“No, niente di particolare.”
“Io invece si, pensa che mio fratello...bla bla bla.”
Sarà un'impressione, ma mi pare tu ti voglia solo vantare di qualcosa.
“...e poi lui suona il piano in quella maniera che...”
“Scusa se ti interrompo, ma ho lezione tra cinque minuti.”
“Uh, d'accordo, mi raccomando teniamoci in contatto.”
“Certo.” Contaci.
Giro l'angolo ed esco veloce dalla facoltà diretta a casa. Giornata strana oggi prima mi addormento in biblioteca poi incontro gente che appena conosco che mi racconta la propria vita, sarò finita nella Twilight Zone? Oh mio dio sto iniziando fare riferimenti a vecchie serie di fantascienza! Devo smettere di fare le maratone dei DVD che mi presto Marco o finirò per diventare una fissata come lui.
“OBIEZIONE!” Grida l'avvocato difensore. “Il mio cliente non è direttamente responsabile dell'accaduto.”
Curioso mi pare di conoscerlo...è il padre di Marco! Che diavolo ci fa qui?
“Obiezione.” Risponde il procuratore, che senza troppa sorpresa è la madre di Marco, non c'è conflitto di interesse qui? “La legge non ammette ignoranza, nemmeno in questo caso, non è così signor giudice?”
Perché guarda me? … Sarei io il giudice? E' uno scherzo vero? Batto il martelletto. “Accolta.” Si fa così no? Come nei telefilm, dov'è l'avocato difensore che fa confessare il vero colpevole e mi toglie il problema di dover gestire questa faccenda?
“Signor giudice, se posso permettermi...” Inizia il capo della giuria.
Due cose, la prima è che la giuria non parla, almeno credo, durante i processi, la seconda... PERCHE' C'E' MARCO A CAPO DELLA GIURIA!!!!
“..e quindi direi che possiamo considerare il tutto come in quel caso.”
E sopratutto perché non ascolto la gente quando parla. Noto adesso che il resto della giuria è formato da gente che conosco, mi volto verso la persona che trascrive i processi, mia madre ci avrei scommesso, sta a vedere che conosco anche l'imputato. Invece no, con mia sorpresa non solo non lo conosco, ma non lo so neanche identificare, è una figura indefinita, come un fantasma.
“Signor giudice è ora, sono le dieci.” Mi fa notare la madre di Marco, mi viene da domandarle se ha qualche impegno per rompere le scatole con l'orario, ma mi trattengo, la conosco di persona e non si merita frecciatine acide.
“Colpevole!” Dico battendo il martelletto mentre nella sala risuonano le dieci, aspetta un attimo perché colpevole? E' stato istintivo, fermi tutti!
“Chi dei due?” Mi chiede una voce infantile alle mie spalle.
Osservo l'imputato, ma vedo una sola persona, o forse due? Due figure indistinte che si mischiano l'una con l'altro, colpevole l'una innocente l'altra, ma chi è chi? Mi volto verso la voce esigendo spiegazioni, poi la riconosco, è la stessa figura di oggi...poi la sveglia suona e il sogno si infrange.
Osservo la sveglia, le dieci di sera? Mi sono addormentata di nuovo sui libri, ora che ci penso perché ho regolato la sveglia alle dieci? Ok che volevo andare a letto presto, ma alle dieci è ridicolo!
Scrollo la testa, se ho così sonno tanto vale che vada davvero a letto, al resto penserò domani.
La mattina successiva mi sento fresca a riposata, pronta per un'intensa giornata di studi universitari, senza, possibilmente, sogni strani. Mi dirigo verso la sede della biblioteca, ma noto subito un certo assembramento di persone, noto che Caterina è li e mi avvicino a lei. “Che succede.” Domando, lei si volta a guardarmi, sembra particolarmente scossa.
“Alice, è...è....”
“Respira con calma e dimmi cos'è successo?”
“Alessandra, stanotte ha avuto uno strano malore.”
Cosa? Quell'Alessandra, non ci credo.
“Come sta?” Chiedo.
“E' finita in coma.” Risponde lei tremando, aspetta come in coma?
“In coma? Ma si può finire in coma così?”
“Non lo so, stava provando un pezzo musicale con suo fratello minore e all'improvviso si è sentita male, lui poverino è rimasto sotto shock, dice che il piano ha accoltellato la sorella.”
“Il piano ha fatto cosa?”
Scuote la testa. “Lascia perdere è evidentemente sotto shock, poverino ha solo nove anni.”
La guardo, è veramente giù, mi chiedo che cosa le sia successo di preciso, ieri non mi sembrava che stesse male eppure ho una strana impressione...
Nel pomeriggio mi dirigo verso casa di Alessandra, ho avuto l'indirizzo da Caterina, abita in una bella villa hai margini della città, la sua famiglia deve essere discretamente ricca, fermo il motorino e metto il casco nel bauletto. Che ci faccio qui? La conoscevo appena. Eppure ho uno strano senso di colpa, la mattina prima ci eravamo riviste e io l'ho liquidata in tutta fretta, magari se avessi fatto conversazione avrei capito qualcosa.
Suono al campanello mentre da dentro mi chiedono chi sono, rispondo col mio nome, accenno a dire che sono un'amica di Alessandra, ma qualcuno mi apre senza che aggiunga altro. Vengo accolta dalla madre di Alessandra e fatta accomodare in salotto, si nota subito che è moralmente distrutta. “Alice.”
“Si?”
“Mi spiace averti fatto venire a vuoto, ma mia figlia è stata ricoverata all'ospedale e non qui.” Giusto, che idiota che sono, una persona in coma non può stare a casa.
“Già che sei qui volevo darti questo.” E mi porge un pacchetto regalo. “Mia figlia lo ha preso apposta dall'Inghilterra, ci teneva tanto a dartelo.”
lo guardo stupita, perché ha preso un regalo a me?
“Mi parlava spesso della sua compagna che gli aveva passato i gli appunti per l'esame quando si era ammalata, mi disse che era grazie a te che era riuscito a passarlo e ad avere i crediti sufficienti per lo stage.”
Davvero? Ora che ci penso mi pare di aver fatto una cosa del genere, ma non mi sembrava nulla di eccezionale.
“Diceva anche che avrebbe voluto scusarsi per non averti ringraziata prima, ma era stata travolta dagli eventi e che la appena ti avesse trovato ti avrebbe raccontato tutto quello che aveva fatto.”
Per questo ieri sembrava impaziente di raccontarmi la storia della sua vita, cavolo dovrei davvero imparare ad ascoltare la gente quando parla, e a non giudicare subito le persone. “Non so cosa dire signore.” E' vero non lo so davvero.
“Non importa, è già molto che tu sia passata, sono sicura le avrebbe fatto piacere.”
“Com'è successo?” Questa faccenda mi sta prendendo molto più del previsto, sopratutto ora, ma forse era la domanda sbagliata da fare.
“Chi lo sa, aiutava suo fratello con gli esercizi al piano e poi verso le dieci...” Si ferma, probabilmente non riesce ad andare avanti, meglio perché io non la sto ascoltando, solo una cosa mi risuona nella testa, verso le dieci, suo fratello minore dice che il piano ha accoltellato la sorella, e poi la figura infantile del mio sogno, che finalmente riesco a fissare in mente, ma perché mi è apparsa?
“Signora io devo andare.”
Lei si asciuga le lacrime.
“Si si certo, grazie di essere passata.”
Forse è pura follia, forse è solo immaginazione, ma se è vero devo intervenire subito. “Signora posso tornare stasera e parlare con suo figlio, vorrei tentare una terapia infantile che potrebbe funzionare.” Questa è la scusa più idiota che abbia mai inventato. Lei mi guarda sembra non capire del tutto.
“Alessandra aveva parlato molto a Pietro di te, forse a te potrebbe rispondere....d'accordo.”
Mi era fatto una fan senza saperlo e io che l'ho liquidata in quel modo, ringrazio la madre di Alessandra ed esco dalla casa.
Appena fuori prendo il telefonino e chiamo chi di dovere.
“Pronto?” Mi risponde una voce maschile dall'altra parte del telefono.
“C'entra Alysia.” Poi ripenso che non è il modo migliore di iniziare una conversazione.
“Alice? Alice, Alice, Alice, Ali...”
Che cavolo fa quell'imbecille mi chiama per nome a raffica?
“Ma ti sei del tutto rincretinito?”
“Volevo assicurarmi che non ti avessero di nuovo rubato il nome.”
“Non hai capito nulla.”
“In realtà sei tu che non mi hai spiegato nulla.”
Uno a zero per lui.
“Senti, ho bisogno del tuo aiuto, è una cosa urgente.”
“Se hai nominato Alysia suppongo che ti servano i libri di mio padre.”
“Ho il via libera?”
“I miei non ci sono, ma non ti dava fastidio farti vedere entrare in casa di un ragazzo?” “Sinceramente, non è il momento per queste scemenze, sarò li tra un paio d'ore.”
Qualche secondo di silenzio.
“D'accordo ti aspetto.”
Sento attaccare dall'altra parte, questa cosa mi ha preso più di quanto pensassi, sarà che mi sento un po' responsabile per non aver ascoltato Alessandra ieri? Se lo avessi fatto forse avrei capito il resto dei messaggi? Be inutile piangere sul latte versato ora posso solo sperare di essere in tempo a riparare alla cosa.
Due ore dopo eccoci di nuovo qua, sembra ieri che io e Marco controlliamo i libri di occultismo di suo padre per capire chi mi aveva rubato il nome, non avrei mai pensato di riprenderli in mano. “Arihai.” Dice Marco attirando la mia attenzione.
“Cos'è il tuo grido di battaglia?” Chiedo.
“A dire il vero è uno spirito, anzi una categoria di spiriti, hai presenti quegli spiriti che non sono maligni per loro scelta?”
Lo guardo dubbiosa, non ho capito una mazza di quello che ha detto.
“No, ma credo che lo capirei se tu usassi la parola spirito un'altra paio di volte nella stessa frase.”
Sospira seccato, il signorino.
“Ricominciamo, ti ricordi di Alysia, lei era una Mirorai uno spirito di una bambina morta senza aver avuto un nome e per questo cercava di rubare quello di qualcun altro.”
“Continua.”
“I Mirorai sono indubbiamente spiriti maligni, ma in effetti non lo sono per loro scelta, se per caso venissero salvata dalla loro condizione...”
“...come nel caso di Alysia, dandogli un nome.” Continuo.
“Esatto, in quel caso diventano spiriti benevoli, ma prima di ascendere in paradiso devono espiare le proprie colpe.”
“Ma hai appena detto che non ne hanno.”
“Non sono colpevoli della loro situazione, ma per esempio, Alysia ha provato a rubarti il nome, di per se è una colpa.”
“Capisco, prosegui.”
“Be semplice in quel caso diventano degli Arihai, ovvero spiriti protettori che fungono da guardiani verso la persona che li ha salvati, o un suo familiare.”
“In pratica è come se facessero del volontariato come pena per i propri peccati?”
“Grosso modo direi di sì, non chiedermi di più perché non so spiegartelo meglio di così.”
Perché sei imbranato.
“Quindi Alysia sta effettivamente cercando di mettersi in contatto con me.”
“Probabilmente, qui dice che gli Arihai usano spesso i sogni per comunicare con i loro protetti.”
“E li costringono ad addormentarsi in mezzo alle sessioni di studio nelle biblioteche?”
Marco mi guardo rassegnato:
“E' una domanda retorica, vero?”
C'è bisogno di chiederlo?
“Torniamo a noi, cosa sappiamo?”
“Dunque Alysia ti ha contattato per un motivo, ieri mattina e stanotte, e tu pensi che il tutto ti riconduca ad una ragazza che pare ti avesse preso in estrema simpatia, mentre tu a malapena tela ricordavi, seriamente Alice perché uno spirito protettore dovrebbe contattarti per salvare qualcuno che a nemmeno ricordi?”
“E che ne so, sai gli spiriti sanno essere criptici Marco.”
“In pratica non abbiamo nulla su cui basarci se non il fatto che Alysia ti è apparsa in sogno, almeno avresti potuto interrogare il fratello minore.”
“Non ci avrei ricavato molto, ha detto che la sorella è stata accoltellata dal piano e io sono passata dall'ospedale prima i venire qui, sua sorella non ha nessuna ferita.”
“Magari il piano le ha suonato una ninna nanna.”
“Marco!”
“D'accordo, ma devi ammettere che fare ricerche senza sapere nulla è dura.”
“Iniziamo con calma, sappiamo che c'entrano le dieci.”
“Non potrebbe essere un orario casuale?”
“Intorno alle dieci Alessandra sviene, io nel mio sogno emetto il verdetto alle dieci, e la sveglia suona mentre è impostata sulle dieci, se è un caso giuro che studio statistica.”
“Non è una brutta materia.”
Lo fulmino con lo sguardo.
“La chiave di tutto è nei miei sogni, la corte che giudica l'imputato.”
“Non potrebbe indicare che tu devi scoprire la verità in quanto giudice?”
“Non era più chiaro farmi fare il detective? No, la corte c'entra qualcosa con tutto questo, il mio primo sogno recita che la corte giudica i morti quando compiono i propri peccati.”
“Aspetta un attimo, ora che mi viene in mente..”
Marco si alza di scatto e cerca tra la pila di libri estraendone uno soddisfatto.
“Il tribunal de los muertos, in pratica la corte dei morti.”
“Sei sicuro che si pronunci così?”
“Chi sene frega come si pronuncia, ascolta, la corte dei morti è un'organizzazione di spiriti che tiene sotto controllo i repatriados, giudicandoli ogni volta che il loro crimine compie un nuovo ciclo.”
“Ovvero?”
“I repatriados sono spiriti di persone ossessionate da qualcosa che hanno compiuto crimini violenti, sembra che si leghino a un mezzo fisico relativo alla loro ossessione e che rimangono su questa terra ed ogni volta che l'orologio segna l'ora del loro crimine loro tentano di ripeterlo.”
“Perché lo fanno?”
“Pensali come dei serial killer spirituali, hanno un'ossessione e devono seguirla.”
“E il tribunale che c'entra con tutto questo?”
“In pratica ogni giorno il tribunale li giudica per impedirgli di commettere crimini incolpandoli di quelli che hanno già compiuto da vivi, l'unico momento in cui possono agire è tra il momento dell'omicidio e il momento in cui vengono giudicati.”
“Ma se la giuria li condanna nel momento in cui commettono il crimine...”
“...loro non hanno il tempo per poterlo commettere di nuovo, è così che il tribunale ci protegge.”
“In pratica ogni notte loro vengono condannati, ma riescono a fuggire dal tribunale per essere ripresi un secondo prima del crimine e condannati di nuovo.”
“Più o meno.”
“E' c'è un modo per fregare questo sistema?”
Marco afferra un altro libro con fare pensieroso.
“A dire il vero sì, come ho detto si legano ad un oggetto, se quell'oggetto entra in mano a una persona adatta, che lo usa in un certo modo, durante l'ora del delitto, mentre c'è una vittima potenziale che ricade nella loro ossessione, in quel caso possono sfuggire al tribunale prendendo in prestito l'identità della persona che ha il loro oggetto.”
“Vuoi dire una possessione di corpi?”
“Qui non ne parla.”
“E cosa accade alle vittime?”
“La vittima, oh cavolo, qui dice che la vittima finisce in coma...”
“Bingo!”
“Aspetta non ho finito, lo spirito fa si che persona che ha usato per sfuggire al tribunale si assuma la responsabilità del crimine e alla fine schiacciata dai sensi di colpa quella persona viene spinta al suicidio.”
“Stai scherzando!”
“E quando ciò accade prima di essere recuperato dal tribunale lo spirito tenta di strappare l'anima della vittima in coma, e se ci riesce...”
“Se ci riesce?”
“La vittima non si sveglia più.”
Marco chiude il libro, io deglutisco, è tremendo, perché il mondo degli spiriti deve essere sempre così orripilante.
“Tutto ok?” mi chiede Marco.
“No, non è tutto ok, dobbiamo fare qualcosa!”
“Bisogna per prima cosa identificare la persona usata e l'oggetto legato allo spirito.”
All'improvviso capisco come si sente la signora Flecher, o un altro investigatore simile, quando la soluzione le brilla davanti con una grossa freccia rossa con su scritto 'fin troppo ovvio'.
“Il pianoforte.”
“Cosa?”
“Il pianoforte è l'oggetto e suo fratello il mezzo, lui dice che il piano ha accoltellato sua sorella e lui era l'unica persona con lei nel momento dell'incidente.”
“E ci sei arrivata ora?!
Che idiota dovevo accorgermene subito appena iniziato il discorso.
“Che si fa?” chiedo.
“Non sai niente di più? Tipo cosa facevano al piano?”
“Be lui suonava e lei lo aiutava, aspetta mi pare che l'altro giorno mi avesse accennato a un pianoforte nuovo mi pare o roba simile, maledizione se solo l'avessi ascoltata.”
“Forse possiamo fare in un altro modo.”
Guardo Marco stupita mentre prende il telefono.
“Conosci Caterina, la ragazza che si occupa della biblioteca, lei e Alessandra sono amiche, se ha parlato con te del pianoforte mentre eri in biblioteca ne avrà parlato anche con lei.”
Lo guardo stupita.
“E tu come lo sai che sono amiche?”
“Io ascolto la gente.”
Touche.
“Avanti chiamala.”Mi dice porgendomi il telefono.
Chiamo Caterina al telefono, prendo la faccenda molto alla larga, ma alla fine riesco ad arrivare al punto della questione senza troppi problemi. Una decina di minuti dopo attacco il telefono e lo restituisco a Marco.
“Nulla di interessante?”
“Molto, pare che il piano non sia così nuovo, è un regalo di una cugina che lo teneva in casa, ma lì nessuno lo suonava mentre il fratello di Alessandra pare sia un mezzo genio.”
“Quindi lo spirito non si è mai manifestato quando era da loro?”
“No, ma il piano ha un'interessante storia sul suo primo proprietario, pare che fosse un giovane compositore, molto abile nonché ottimo suonatore, una sera invitò una ragazza a casa sua per fargli ascoltare una melodia che aveva composto, poi la notte in preda ad un raptus omicida uccise la ragazza e le dedico una melodia scrivendola col suo sangue.”
“Da brivido.”
“Già, per questo non era stupita che le chiedessi del piano, in un certo senso anche lei crede sia la maledizione del pianoforte.”
“Fammi indovinare, l'ora della morte era le dieci di sera.”
“Bravo, adesso dammi un po' di quei libri sappiamo cos'è, sappiamo come agisce, sappiamo perché, sappiamo quando, adesso non ci resta che scoprire la cosa più importante...come fermarlo.”
Marco annuisce mentre prende un altro libro dalla pila dalla dal titolo 'Esorcismi'.
La madre di Alessandra ci fa entrare senza problemi, ho scoperto che suo padre è bloccato all'estero per via di uno sciopero dei mezzi, deve essere veramente tremendo non poter raggiungere la propria famiglia in un simile momento. Ci accomodiamo nella stanza del pianoforte mentre dico alla signora di portare giù Pietro e di aspettare fuori, le ho parlato di un esperimento psicologico di immedesimazione di transfer come indicato dal dottor Shuld.
Ho imparato una cosa, ve vuoi fingerti esperti di psicologia usa parole strane ma conosciute come psico e transfer e butta là un nome di professore tedesco o presunto tale, di solito funziona, specie se l'interlocutore è così disperato da essere pronto a qualsiasi cosa.
“Tanto valeva dirgli che vogliamo fare un'esorcismo, mi pare davvero distrutta.” Dice Marco.
“La capisco, ma credo che siamo stati già abbastanza fortunati che ci faccia fare questo esperimento, io non lo avrei fatto.”
“Tu ti sei vestita da Alice nel paese delle meraviglie e sei venuta a piedi a casa mia solo per farti chiamar per nome.”
“Non avevamo promesso di non parlarne, ripassiamo il piano.”
“Lo spirito si materializza in due condizioni, la prima è l'orario del crimine che sappiamo essere le dieci di sera, la seconda è l'uso di un medium in contatto con il suo oggetti di collegamento, sappiamo che il medium è il fratello minore di Alessandra, Pietro, e che il suo collegamento è il pianoforte.”
“Quindi Pietro alle dieci suona il piano, lo spirito prende possesso del suo corpo e noi lo esorcizziamo.”
“Sai che l'esorcismo non è una roba da principianti e che se va male ci ammazzerai tutti.”
“Non è il primo spirito che affrontiamo.”
“Vero, è il secondo, siamo dei veri hardcore della caccia alle streghe.”
“Guarda che non devi stare qui per forza posso fare da sola.”
“Dammi almeno una buona ragione del perché ti stai esponendo così.”
“Vuoi una ragione, eccotela: Quando Alysia mi rubò il nome ero disperata, non sapevo cosa stava succedendo, ero come intrappolata in un incubo, però mi sono salvata, grazie a te, Alessandra e suo fratello non hanno nessun amico col padre esperto di occultismo per questo devo pensarci io, tu non hai abbandonato me e io non abbandonerò loro.”
Marco sospira.
“Suppongo che Alysia non ti avrebbe ficcato in questo casino se tu non avessi avuto una possibilità di successo.”
Prende la borsa con gli attrezzi e comincia ad estrarre oggetti.
“Ascolta, questi sono esorcismi standard, sappiamo però che il modo migliore per sconfiggere un repatriados è attaccarlo sulla sua ossessione, suppongo che quella del nostro spirito sia la musica, quindi quando prenderà possesso del corpo di Pietro lo costringeremo a smettere di suonare il piano ed effettueremo l'esorcismo, tutto chiaro?”
“Chiaro.”
“E che Dio cela mandi buona.”
In quel momento la porta d'ingresso si apre e la madre di Alessandra entra con Pietro, il bambino è pallido e ha due occhiate da paura, non ci vuole molto a capire che sta per crollare.
“Eccoci.” Dice la madre vederli così uno di fianco all'altro sembrano entrambi sull'orlo di una crisi. “Bene signora lasci suo figlio qui e al resto ci pensiamo noi.” La rassicura Marco.
“Pensate che funzionerà?”
“Non lo so, ma abbiamo buone possibilità con questa terapia.”
La donna annuisce.
“Grazie della sincerità.”
“Prego.” Risponde Marco con una delle migliori facce da poker che abbia mai visto.
“Allora Pietro, adesso devi darci una mano ad eliminare il drago.”
Che cavolo dice quell'imbecille!
“Devi sapere che il drago è nascosto, ma se suonerai la melodia al piano allora verra fuori io la signorina laggiù lo sconfiggeremo una volta per tutte.”
Il bambino annuisce e si mette al pianoforte.
Le parole troppo facile continuano a ronzarmi in testa, c'è qualcosa che non riesco a cogliere.
“Tranquilla andrà tutto bene.” Mi rassicura Marco.
“Lo spero.” Ma il senso di inquietudine cresce ad ogni attimo. La melodia suona e finalmente l'orologio rintocca le dieci, ma quei rumori non riescono a coprirne un altro ben più inquietante in quella situazione, il rumore di una porta che viene chiusa a chiave. Mi precipito alla porta, non mi stupisco nello scoprire che è chiusa. “Signora?” Chiedo, Marco mi guarda senza capire.
“Non dovete finire il vostro esperimento?”Dice una voce da dietro la porta, e la mia inquietudine sale.
“Che succede?” Mi chiede Marco, ma io non faccio in tempo a rispondere che un suono stridulo esce dal pianoforte mentre un'ombra nera si materializza di fronte a noi, non doveva possedere il corpo di Pietro? La creatura è una sagoma nera fatta eccezione per gli occhi e una macchia bianca che ha per bocca, ah si, ha uno scintillante coltello in mano.
“Sembra l'assassino di Detective Conan.” Commenta Marco.
“Chi?”
“Lascia perdere roba da Nerd, piuttosto che succede, non doveva essere una possessione?”
Già doveva, ma perché? In fondo non era scritto da nessuna parte.
“Credo che sia stata una nostra supposizione errata.”
“Fantastico tutta la roba che abbiamo non serve a nulla.”
La creatura si avvicina ridendo, almeno credo stia ridendo, di sicuro pare divertirsi un sacco e io credo di aver capito perché, Pietro continua a suonare il piano non sembra assolutamente impaurito dalla presenza dell'ombra.
“Che si fa, prendiamo il bambino e corriamo per casa?”
Guardo Marco dubbiosa.
“Non hai notato che la porta è chiusa?”
“Speravo fosse una cosa temporanea.”
“Non credo, era una trappola.”
“Cosa?”
“Abbiamo sempre considerato che lo spirito avesse un legame col bambino, ma perché solo il bambino? Probabilmente ha preso il controllo anche della madre, li hai visti insieme no? Non sembravano molto diversi.”
“Ma allora la storia che erano solo Alessandra e Pietro nella stanza...”
“Inventata, un'interessante metodo per attirare le proprie vittime.”
“In che senso?”
“Quando ha colpito Alessandra ha preso il controllo di sua madre e di suo fratello, sapeva che Pietro non sarebbe durato a lungo quindi ha sfruttato la madre per avere altre vittime.”
“Intendi dire che il racconto di sua madre sull'amicizia di te e Alessandra era finto?”
“Si, il regalo era probabilmente destinato a qualcun altro, si trova in questa casa da due settimane, abbastanza per poter organizzare un piano del genere.”
“Ma a che scopo?”
“Convincermi a restare la sera qui, se non avessi chiesto io stessa di tornare mi avrebbe probabilmente chiesto di fare da babysitter a Pietro mentre lei stava in ospedale, l'amicizia tra me e Alessandra era una semplice tattica per far crescere il senso di colpa e farmi accettare di restare qui, in effetti è servito allo scopo anche se credo di avergli reso le cose ancora più facili decidendo di restare qui per mia scelta.”
La creatura ci continua ad osservare mentre spiego il suo piano a Marco, si diverte a vedere come riusciamo alla fine a districare la sua massa di intrighi, adesso che è troppo tardi per tornare indietro. Sinceramente mi sento più arrabbiata che presa in giro, mi fa rabbia come possa aver usato l'amicizia tra due ragazze per procurarsi vittime per il proprio orribile gioco.
“Suppongo che nessuna delle soluzioni da noi portate sia da provare.” Dice Marco.
“Si, probabilmente se cene fossero state di efficaci non sarebbe apparso.” Concludo io.
“Idee?
Si, far smettere Pietro di suonare, guardo Marco e indico il piano con la testa, lui pare capire, la creatura d'ombra si avvicina mentre alza il coltello ridendo, Marco si lancia sulla destra schivandola, ma lei non lo guarda nemmeno, vediamo se indovino, vuole me. La creatura si avvicina mentre Marco raggiunge il bambino, e lo strascina via dal piano, la creatura si volta ad osservarlo, sempre ridendo, e non ha motivo di smettere. Il piano continua a suonare da solo mentre Pietro continua a muovere le mani in aria come se stesse ancora allo strumento. Marco osserva i bambino poi lo lascia a terra pronta a tornare da me, nel frattempo impugno una sedia e la scaravento contro il mostro d'ombra, o almeno l'idea sarebbe quella, peccato che la sedia passa attraverso la creatura e prende in pieno il mio amico d'infanzia.
“Scusa.” Gli dico, poi la creatura, come irritata, mi colpisce con uno schiaffo, il colpo è così forte da scaraventarmi vicino al piano facendomi battere la testa, cavolo perché gli spettri sono immateriali sono quando vogliono, mica è corretto così.
Mi gira la testa, mi volto verso il piano e li vedo una cosa strana, Alysia che sta suonando, ma non è una melodia piacevole anzi pare proprio che non azzecchi una nota. “Alysia, suoni da schifo.” commento mentre cerco di alzarmi nonostante il dolore, aspetta un attimo, suonare da schifo, distruggere la sua ossessione, vuoi vedere che... Raccolgo tutte le mie forze e mi metto in piedi di fronte al pianoforte, Marco si sta rialzando in quel momento, probabilmente gli ho fatto perdere l'equilibrio col colpo di prima, la creatura si avvicina, lenta e inesorabile, poi osservo il piano, faccio un profondo respiro e affondo le mie mani sulla tastiera. Un suono orribile e anti-melodico esce dallo strumento, Marco mi guarda stupito, ma io noto una cosa più interessante, la creatura si ferma, trema, questo è il suo punto debole, è legato alla musica melodica prodotta dal pianoforte, può farlo suonare da solo, ma non può impedirmi di rovinare la sua canzone.
La creatura si avvicina. Altro suono scordato, cade in ginocchio, un altro per la povera Alessandra, mani a terra, un altro per Pietro e per sua madre, molla il coltello, un altro per la ragazza del passato, grida di dolore, un altro per lo schiaffo di prima, si prende la testa con le mani. “E ora come dice la Francy, il minimo comun denominatore della nubbiaggine .” Le mie dita arrivano fino alla fine della tastiera, tutti lo fanno di fronte a un piano e non c'è niente di più banale e poco artistico di questo gesto fatto con leggerezza da chi non sa suonare. La creatura grida qualcosa, ma io non ascolta la gente figuriamoci lei, la mia mano scorre veloce sui tasti, scala di note o almeno credo si dica così. L'ombra grida poi ricade su se stessa, nel silenzio creato sento il tonfo di un corpo nella porta accanto mentre vedo Pietro che smette di suonare. Poi la finestra si apre di scatto, due ombre entrano nella stanza, una estrae una spada argentata dal nulla mentre l'altra tende una corda che lega la creatura al piano, mi chiedo se prima ci fosse, un rapido taglio e la corda si spezza, poi l'ombra viene sollevata mentre le due creatura mi osservano e fanno un cenno di assenso, contraccambio, adesso mi sembra un buon momento per una frase figa.
“Il tempo del giudizio è giunto, e tu sei già in ritardo.”
Poi gli spiriti portano lontano la creatura diretti in tribunale... e a me cedono le gambe. Marco mi riprende al volo mentre la porta dietro di noi si apre e la madre di Alessandra entra nella stanza, il piccolo Pietro si alza e corre dalla madre non più vittima dell'oscuro incantesimo del pianoforte. Secondi di lungo silenzio, lei non sa spiegarsi cosa sia successo, noi non abbiamo una buona scusa per essere qui.
“E' tutto finito ora.” Esordisce Marco.
“E' stato solo un brutto sogno.”
Mi aiuta a rimettermi in piedi e poi ci dirigiamo verso l'uscita.
“Grazie.” Dice la donna. “Qualsiasi cosa abbiate fatto.”
Mi volto verso di lei.
“Solo il metodo del dottor Shuld.”
Lei mi guarda ancora più confusa e lo sguardo di Marco da ad intendere che questa mela potevo risparmiare.
Qualche minuto più tardi siamo per strada e Marco mi aspetta mentre finisco di parlare al telefono con Caterina. Non faccio in tempo che lui apre bocca.
“Allora?”
“Tutto ok, Alessandra è uscita dal coma.”
Sospira di sollievo, glielo concedo.
“Alla fine è andata bene, certo che non pensavo che bastasse suonar male il piano per uccidere uno spirito.”
“Senza Alysia non ci avrei pensato, ha fatto un buon lavoro, se si esclude il fatto che per colpa sua mi sono quasi fatta ammazzare.”
“Non lamentarti, per me era la seconda volta e poi abbiamo salvato la vita ad almeno tre persone.” “Già, in ogni caso non voglio più aver a che fare con spiriti e affini, capito Alysia, basta missioni.” Marco sorride, che avrà da ridere.
“Se ricapitasse, puoi sempre contare su di me.”
Lo guardo.
“Sarebbe la tua frase figa?”
Domanda retorica ovviamente.
“Sempre meglio di 'Il tempo del giudizio è giunto'.” Contraccambia lui facendomi il verso.“Per essere una frase figa era davvero da lamer .”
Conto fino a tre poi la mia mano sinistra va a schiantarsi contro la sua faccia, lui fa un passo indietro per il colpo mentre si tiene la guancia con la mano, io da parte mia giro i tacchi e mi allontano.
“Ma se neanche sai cosa vuol dire.”
Mi volto a guardarlo. “Anch'io ho internet, cretino.” Poi mi allontano per tornare a casa sperando di non sognare giurie ne alle dieci ne a nessun'altra ora.
La frase scelta è 6. By ten o'clock I'm back to bed fighting the jury in my head.” (Amanda Palmer, “Have to drive”)