Davvero, non avevo altro posto dove metterla xD
E adesso, fingiamo di essere delle personcine serie, ché poi dovrei cross-postarla sui siti seri di gente che legge tipo goodreads e anobii. Potrei intervenire a modificare qualcosina domani, ma la sostanza è questa.
Sono un po' in ritardo (… ovviamente!) e immagino che tutti abbiano già detto tutto quello che di interessante c'era da dire, ma vorrei comunque dare il mio piccolo contributo, pur avendo letto il libro qualche settimana fa. Mi scuso se è venuta fuori una recensione un po' contorta, purtroppo mi vengono così.
Attendevo l'uscita di “Comunque vada non importa” da ormai un anno o giù di lì, credo, quindi il tempo passato misto a poche notizie certe e alla scelta di pubblicizzare Darla come un'eroina nerd (ehm, no) hanno fatto il resto: mi aspettavo una cosa abbastanza diversa. Quello che ho ricevuto è stato molto di più.
Trapiantata da un paio d'anni in quel “cantiere aperto” che è Milano (in realtà, che è qualunque grande città italiana, ma sorvoliamo), Darla ci racconta senza peli sulla lingua l'esistenza che trascina da diverso tempo assieme al fratello sempre un po' invidiato, così brillante e così dotato di natura, ma che in realtà è malato e a conti fatti è messo peggio di lei. Piano piano, grazie anche ad alcune persone che provano a scuoterla sempre di più per un'esasperazione crescente che da lettrice ho interamente condiviso, Darla ne "esce" e trova finalmente il coraggio di vivere, e vivere per se stessa e per nessun altro, dando comunque il giusto peso a tutte le persone che le sono vicine e le vogliono bene. Il tutto senza quei fuochi d'artificio che magari un tempo si era aspettata (e non solo lei), senza diventare la Darla.2 che fantasticava di essere una volta lasciata l'odiata-amata casa paterna; la vita che si conquista Darla è lungi dall'essere perfetta, ma in fondo va bene così. The end. Facile, no?
Per riassumere molto superficialmente, Darla è l'incubo di tutta una generazione, fin troppo reale e fin troppo vicina. Non bisogna aver trascinato mesi della propria vita sporchi su un divano nel disordine più totale per trovare stranamente familiari i suoi ragionamenti contorti che pure una certa logica ce l'hanno, o per capire quel senso di delusione per una svolta salvifica e miracolosa che non arriva mai e con il passare del tempo si rende sempre più necessaria. Né bisogna essere “nerd” o “otaku” (davvero, della vita “internettiana” di Darla non vediamo direttamente quasi niente), per esempio, per aver condiviso almeno in parte quel senso di insoddisfazione che dà la realtà se paragonata a concezioni dell'amore e dell'amicizia sempre più idealizzate, sentimenti che nella vita quotidiana richiedono fatica, sofferenza, costanza, inevitabili delusioni. E Darla, che da bambina mente addirittura alla madre sull'inizio delle sue mestruazioni proprio per non deluderla, il peso delle delusioni non lo può proprio sopportare, lo trova peggio del nulla, ed è per questo e che non prova neanche a pensare di cambiare, ricadendo in quella schiacciante spirale di apatia con cui tutti abbiamo avuto a che fare almeno una volta, almeno di striscio, almeno perché è capitato a qualcuno che conosciamo. Troppo, troppo familiare per non mettere un po' meravigliosamente a disagio.
Proprio perché il personaggio di Darla appare sin dalla prima riga così prepotentemente vivo, così brutalmente sincero e umano, con all'apparenza molti più difetti che pregi, è impossibile non affezionarsi a lei, impossibile non soffrire con lei quando fallisce, impossibile non arrabbiarsi con lei per quella svolta che non si decide mai a dare lei stessa alla sua vita - e che, in effetti, non dà mai. Non come ci si aspetterebbe tradizionalmente, ma per gradi, sottilmente, e per fortuna. Non c'è rivoluzione più grande di quella che avviene giorno per giorno.
Ad accompagnarla in questo viaggio catartico, in cui si ride e ci si commuove, c'è tutta una serie di personaggi indimenticabili e unici, a tratti pure sgradevoli, descritti con quel tocco così personale e definito di quest'autrice, dai genitori (che appaiono soprattutto nel passato, in queste istantanee staccate dalla narrazione in cui troviamo tutte le chiavi di lettura e tutte le spiegazioni alle ferite del presente, con un linguaggio vivido e delicato che si prende tutto il suo tempo per respirare, rallentare, guardare nel dettaglio, più che “dire”. Qui forse l'influenza del più volte citato Cunningham è più palese, ma è un complimento), alle uniche vecchie amiche che sembrano aver lasciato un segno in positivo nella vita di Darla (entrambe assolutamente fantastiche per motivi diversi, e mi fermo qui perché so che potrei non fermarmi più. Voglio un altro romanzo solo su Miku, ma quanto è stupenda Miku? Il mondo sarebbe un posto un po' più bello se ci fossero più Susi e più Miku, dico solo questo), e ovviamente ad Andrea, il fratello (così diverso da Darla, eppure così simile, all'altro estremo di uno stesso dilemma esistenziale, su quel complesso rapporto tra l'altro e se stessi, autodistruttivo in una maniera più appariscente, forse, ma altrettanto se non ancora più profonda), e a una coppia stranamente assortita di amici, lo stacanovista Alberto che vive di pane e Annozero e il masochista Alessandro, così bello, intelligente, disponibile, adorabile, all'apparenza perfetto, eppure molto più cupo, sotto la superficie.
Trovo che Alessandro sia la prova più vistosa che il romanzo era in origine molto più lungo della sua versione definitiva, per quelle debolezze che emergono quasi di colpo e a cui non viene mai data una risposta diretta. Questo non significa però che l'abbia percepito come incompleto: è solo molto più stratificato di quanto non appaia immediatamente. La decisione di tagliare da quel che ho capito anche parecchie decine di pagine giova al romanzo, le cui scene risultano molto pregnanti e significative, in quanto in un certo senso “compresse”; forse avrebbero perso un po' se diluite. Ovviamente questa è solo una supposizione, ma non importa poi tanto. Il risultato finale, che è quello che conta, è un romanzo ben strutturato e teso, in cui nessun dettaglio si spreca, che ha il coraggio di scelte nient'affatto banali o superficiali. Ah, ed è un'opera prima di una donna di venticinque anni. Giudicate vobis.
Il mio giudizio sul romanzo in sé termina qui. Credo però che la condizione dell'autrice di “esordiente ma non proprio” stia suscitando una certa sana curiosità, e vorrei quindi condividere quello che è il punto di vista mio e probabilmente di tanti altri che come me hanno avuto la fortuna di poter seguire una scrittrice fin dalle fasi più “embrionali”. In diretta, se vogliamo usare un brutto prestito televisivo.
Sono infatti una di quelle persone per cui Eleonora Caruso resterà sempre primariamente “(la) Caska”, dal momento che seguo le sue storie (e non solo) dall'età di quindici anni - sono circa sette, otto anni, mi sa che è iniziato tutto proprio in questo periodo dell'anno. Ho un motivo validissimo per continuare a seguire e leggere quello che scrive, a pagare volentieri per quello che scrive e a consigliarlo a tutti, cosa che in realtà non faccio mai (sono una brutta persona). E questo motivo non è l'indubbio talento dell'autrice, né ha niente a che vedere con il rapporto di stima/amicizia che si è instaurato (sono davvero una brutta persona). Il motivo è la sua forte, ostinata, consapevole e riuscitissima determinazione a fare sempre di più, senza accontentarsi mai dei risultati, per quanto buoni o eccelsi possano essere. Darò per scontato che tutti sappiano cos'è una fanfiction e cos'è il fandom - per chi non lo sapesse: sia lode a wikipedia.
Paragonata ai suoi lavori più recenti e a “Comunque vada non importa”, la prima fanfiction di Caska che ho letto oggi non sembra neanche essere stata scritta dalla stessa persona, a un livello superficiale. I punti di contatto più evidenti sono una voce narrante scorrevole che disprezza mezzi termini, dialoghi credibili, e soprattutto la straordinaria resa e interpretazione di personaggi complicati, al contempo fedele e molto personale, con una caratterizzazione che riesce ad essere con scioltezza tanto netta quanto ricca di sfumature. E questo sicuramente è sempre stato il suo grande dono che risplende con forza anche in questo libro, quella capacità di aprire la testa di un personaggio e di trascinarci dentro il lettore, che questi lo voglia o no, anche se magari quel personaggio in questione ha solo un paio di scene. I personaggi di Caska, che siano suoi o li abbia presi in prestito, li riconosci sempre da lontano, e magari un po' hai pure paura perché anche se sono tutti diversi, sono sempre troppo reali e troppo sinceri, molto più vicini a te di quanto ti piacerebbe ammettere.
Ma, come dicevo, la bravura di Caska non risiede davvero (solo) in questo, per quel che mi riguarda, perché trovo che il “talento”, nelle sue declinazioni più svariate e uniche, sia molto più comune di quanto si pensi. La grandezza di Caska sta nel fatto che a un certo punto smise temporaneamente di pubblicare fanfiction, e quando è tornata dopo diversi mesi (un anno?) le sue storie erano assolutamente irriconoscibili. Alla sempre ottima e disincantata interpretazione dei personaggi aveva aggiunto uno stile finalmente solido, più personale, ancora più magnetico, e questo non si può e non si deve ricondurre solo a una mera questione di passaggio del tempo o di maturità. Perché, voglio dire, si è forse fermata lì? Assolutamente no. Ha continuato a scrivere, a imparare, a migliorarsi, a porsi delle domande, a lanciarsi sfide stilistiche e tematiche, prendendo idee anche stupide e rovesciandole su se stesse per la gioia di farlo, reinventandosi un gradino alla volta, ma restando sempre se stessa. Caska fa parte di quella schiera di persone che ha preso una cosa divertente come le fanfiction e, oltre a divertirsi parecchio com'è giusto che sia, l'ha anche sfruttata al massimo per crescere; Caska è il fandom al suo meglio, che si scambia idee, che analizza fino al vomito e sperimenta sempre cose diverse e nuovi punti di vista, perché ringraziando il cielo non ci sono solo troll e 50 shades of whatever. Per cui davvero, Caska, il fandom sentitamente ringrazia per tutto quello che hai fatto e per avergli finalmente dato un pizzico di notorietà positiva.
Il motivo per cui ho consigliato (a ragione) questo libro prima ancora di leggerlo, così come consiglio i prossimi che scriverà (sì, sulla fiducia, deal with it), è che Caska non ha mai aspettato che le cose cadessero da cielo come fa la sua protagonista per gran parte del romanzo, né si è mai fatta bastare il suo talento con le parole e i suoi traguardi: li ha presi e ci ha costruito sopra di volta in volta, ci ha letteralmente lavorato su, e dubito si fermerà molto presto. A prescindere da gusti e sensibilità differenti, sacrosanti, “Comunque vada non importa” è solo il primo grande frutto di questo percorso intenso durato anni che sarebbe un peccato ignorare; non è uscito dal nulla, non rimarrà un episodio isolato. E questo non perché lo dico io o lo dice chicchessia: è tutto documentato. Nel paese delle chiacchiere e delle lagne continue su cui cala troppo spesso un silenzio imbarazzato quando si tratta di lavorare in prima persona su qualcosa, specie sui propri limiti veri o presunti, è una ventata d'aria fresca. La Darla del finale approverebbe.