traduzione: La stanza vuota [J2] - 8/9 (parte 1)

Jan 25, 2012 01:52

Titolo: The Empty Room - La stanza vuota 
Autore: germanjj
Genere: RPS, Angst (tanto, tantissimo angst), Drama, hurt/comfort
Pairing e personaggi: Jensen/Jared (J2), Chad M. Murray, Michael Rosenbaum, Tom Welling, Christian Kane, Steve Carlson in questo capitolo.
Rating: NC17
Warning: slash (ma no, ma davvero?), bottom!Jared

Nota: volevo pubblicare tutto il capitolo, ma mi sono resa conto che il pezzo che manca qui sono altre sei pagine circa, quindi l'ho diviso a poco più di metà per non affaticarvi troppo XD Siamo quasi alla fine, e forse oggi capirete. Buona lettura.



Canto di cose che devono essere
- capitolo due - precedente

«Bello, sicuro che sia questo il posto?» sussurrò Mike, fissando la piccola casa con la staccionata bianca e i cespugli di rose che crescevano sul retro.
«Uhm.» Anche Chad la guardò, condividendo la stessa espressione scettica.
«Non è un po’ troppo…normale?» chiese Chris da davanti.
Gli altri si limitarono a scrollare le spalle.
«È l’indirizzo giusto.» disse Chad, controllando il pezzo di carta che aveva in mano. «Sono sicuro che sia questa la casa.»
Era passata circa una settimana da quella notte alla festa di Aldis e in qualche modo si erano ritrovati a Vancouver dove Chad aveva localizzato una specie di medium. O una strega. Non ne era così sicuro.
Jared parcheggiò a lato della strada, solo tre case più avanti e tutti e quattro gli uomini sgusciarono fuori dalla macchina, sentendosi come se fossero stati scaraventati in uno strano sogno irreale. Tom e Steve erano rimasti a casa di Jared, quindi erano Chris, Chad e Mike che accompagnavano Jared.
Non dovettero nemmeno suonare il campanello. Non appena ebbero raggiunto l’entrata, questa si aprì.
«Finalmente sei qui» disse una voce femminile, dura. «Abbiamo aspettato per molto tempo.»
Una piccola e vecchia donna con capelli scuri e corti si fece da parte e lasciò entrare gli uomini.
Tutti e quattro entrarono nel piccolo corridoio imbarazzati, troppo nervosi e confusi per ricordare le maniere che le loro madri avevano provato ad inculcargli.
«Quindi lei sa chi siamo? E perché siamo qui?» volle sapere Chris, la voce dura ma cortese.
Ma la donna si voltò verso Jared e mosse la testa, annuendo. «So da un po’ che saresti venuto, Jared. Speravo per te che fosse prima. Ma la cosa importante è che sei venuto.»
Li condusse in un piccolo salotto.
«Cosa sa di tutto questo, signora…?» chiese Chris, la voce più alta alla fine.
L’anziana donna sorrise «Potete chiamarmi signora Morta.»
«Okay, signora Morta.» continuò Chris. «Siamo pazzi? O qualcuno ci ha passato le stesse droghe?»
«Una cospirazione del governo?» si fece avanti Chad in aiuto.
La signora Morta ridacchiò leggermente «No, niente del genere.»
Si sedette su una vecchia sedia a dondolo. «Jensen è stato reale. Era tutto ciò che hai sognato.»
«Quindi lui è…morto, ora?» Jared sentì un accenno di nausea e un momento dopo era seduto su una delle sedie più grandi, Chris che lasciava andare la presa sul suo braccio. L’espressione sul volto dell’altro era seria…e spaventata.
La donna scosse la testa. «Non è morto. È stato rimosso da questo mondo, o da questa realtà se vuoi.»
«Chi l’ha fatto?» volle sapere Mike ma il tono implorante nella voce di Jared quando parlò quasi cancellò le parole di Mike.
«Può…sa come posso riportarlo indietro?»
La signora Morta lasciò scorrere lo sguardo sul gruppo, studiando una faccia dopo l’altra. Quindi annuì a se stessa come se fosse arrivata ad una conclusione.
«Capisco. Sei proprio come ti ho immaginato. Non è compito mio dirti chi è responsabile per questo. Non ancora. E non posso aiutarti a riportarlo indietro.»
I suoi occhi si posarono su Jared «Spetta tutto a te, Jared. Quello che posso darti indietro è il tuo ricordo di lui.»
«Sì.» sussurrò Jared proprio mentre Chad alzò la voce «Cosa intende con ‘spetta a lui’?»
«Io…sì, okay?» tagliò corto Jared, lanciando a Chad e alla signora Morta uno sguardo implorante.
«Rivoglio solo i miei ricordi. Voglio ricordare, per favore.»
«Okay» fu la semplice risposta della signora Morta.
«Jared! Jared, aspetta un secondo.» si intromise Chris, con tono allarmato. Aspettò finché non ebbe la piena attenzione di Jared per andare avanti. «E se non riesci a riportarlo indietro? Dico, per davvero. E quindi i ricordi saranno tutto quello che ti rimarrà e ti sembrerà come se fosse morto. Sei sicuro di volerci passare?»
«Sì. Dio, sì. Non posso…Ho bisogno di ricordarlo. Non sapere, non potrebbe esserci nulla di peggio.»
«Bello.» Chad sembrava preoccupato dalla risposta di Jared. «Forse Kane ha ragione. Forse non dovresti.»
«Chad, ti prego. Devo farlo.» La voce di Jared era poco più che un sussurro.
«Sii sicuro, giovanotto.» La signora Morta avvisò Jared con uno sguardo severo.
«Rimuoverlo dalla tua vita è costato molta fatica. Sbarazzarsi di ricordi e vite è facile. Ma i tuoi ricordi sono collegati ad emozioni, che sono radicate così profondamente dentro di te, che ti distruggerebbe completamente se qualcuno prendesse anche quelle. È per questo che lo senti. È per questo che il tuo cuore lo ricorda.»
Gli regalò un sorriso profondo e affettuoso.
«Portarlo via dalla tua vita ti ha lasciato vuoto. Così vuoto che hai dovuto passare giorni in un ospedale, aspettando che il tuo corpo si aggiustasse. Ridarti i tuoi ricordi ora, beh, il vuoto sarebbe riempito. In un istante.»
Jared rabbrividì. Ma annuì. Non c’era storia. Nessuna competizione. Voleva ricordare. Lo rivoleva.
«Okay, giovanotto.» Si alzò dalla sua sedia, camminò verso di lui con piccoli passi e raggiunse la sua fronte.
Un tocco leggerissimo, solo due dita che gli sfregavano la pelle, e quindi si allontanò, sorridendo, come se fosse soddisfatta di se stessa.
«Vai. Vai a casa tua. Una volta entrato, vai alla porta della stanza vuota. Quando la tocchi, tutto ti sarà chiaro.»
Jared deglutì. Gli altri sembravano quasi nervosi quanto si sentiva lui, muovevano i piedi e gli occhi.
«Gr..Grazie» balbettò Jared mentre si alzava.
«Prego.» Gli sorrise, il sorriso poi si trasformò in un ghigno e aggiunse: «E stai attento che ci sia vicino un bagno».

Il viaggio di ritorno fu silenzioso. L’aria intorno a loro era piena di un’energia nervosa.
Nessuno disse una parola. Nessuno fece niente se non lanciare occhiate all’altro.
Percorsero la strada di ritorno con la certezza che tutto sarebbe cambiato.
Lasciarono che Jared scendesse dall’auto e entrasse in casa per primo.
Camminando tranquillamente dietro di lui, lo guardarono attraversare l’entrata, senza nemmeno preoccuparsi di essersi levato le scarpe, e dirigersi verso la stanza vuota.
Tom e Steve uscirono dalla cucina, le espressioni nervose e interrogative. Ma le parole morirono nelle loro gole quando videro le facce degli altri.
La casa era piena di aspettativa quando Jared si fermò davanti alla porta. Tutti e sei lo stavano fissando con un misto di speranza e profonda paura.
Jared guardò gli altri, aspettando per un segno, per un via. Ma Mike e Tom si stavano scambiando un’occhiata nervosa, Steve aveva preso la mano di Chris nella sua e Chad sembrava solo volerlo fermare e Jared capì che doveva farlo da solo.
Prese un respiro profondo, annuendo a se stesso, e raggiunse la maniglia.
Quando le sue dita toccarono il legno freddo perse i sensi urlando.

Venti minuti dopo stava ancora gridando, stringendo la tazza del bagno con mani bagnate e fredde e vomitando violentemente. Le lacrime gli coprivano il viso e la voce, soffocava, urlava, singhiozzava. Ma non notava niente di tutto questo.
La sua mente, il suo intero essere, era riempito di una cosa sola.
Jensen.

Mi sveglio nelle braccia di Jensen. Lo sento che mi tiene in piedi e so all’istante che è lui.
«Dio, Jared, stai tremando!»
I suoi capelli sono morbidi contro la mia pelle e profumano del nostro shampoo: quello che lui ama comprare, non io. Ne compra sempre due, mi dice che se va al negozio comunque, può benissimo comprare per entrambi.
«Jared, dai, parlami!»
Sposto le mie dita sul leggero golfino che sta indossando e ricordo quando l’ha comprato.
Come è venuto a casa con due borse piene di vestiti nuovi e come si lamentava di sua mamma che gli faceva ancora comprare vestiti quando andava a trovarla, pensando che non fosse capace di occuparsene da solo.
Ricordo come il sorriso che aveva cercato di nascondere così tanto non lasciò il suo viso per tutto il giorno.
Il tessuto è così morbido e mi fa sentire così a casa e io voglio solo rannicchiarmi di più, tenermi stretto e non lasciarlo mai.
«Jared, no! No no no no! Andiamo, resta con me! Jared! Jared, resta con me!»

Jared lì sentì nel panico. Li sentì urlare e gridare, si sentì tirare su e messo a sedere da qualche parte. Sentì qualcosa di bagnato passargli sulla faccia, pensò a Sadie o Harley, ma forse era solo un asciugamano. Si sentì levare i pantaloni e la maglietta, avvolgere in qualcosa di caldo e morbido, ma non riusciva a smettere di tremare, stava tremando così forte che gli facevano male i muscoli.

Era tardi. Minuti o ore, ma la sua mente aveva strisciato così profondamente indietro dentro di lui che si sentiva come sospeso, si sentiva così lontano da tutto come se lui fosse quello che non era reale, quello che era solo un sogno.
«Cosa abbiamo fatto, amico?» piagnucolò una voce e a Jared avrebbero detto solo dopo che apparteneva a Mike, che era rannicchiato in un angolo, il viso pallido e gli occhi spalancati.
«Lasciami chiamare un dottore, amico!» urlò qualcuno, forte ed aggressivo ma Jared non si mosse, poteva sentirlo ma non arrivò mai alla sua coscienza.
«Dammi quel cazzo di telefono!» imprecò un altro.
C’era un suono nella testa di Jared, come un tintinnio, solo più leggero, e non si fermava, come se avesse un ritmo proprio.
«Murray, dammi quel telefono e poi prendi quella cazzo di penna! Si sta staccando la lingua dannazione!»
La mente di Jared vagava. Non riusciva a trattenere un pensiero. Erano come parole che volavano intorno a lui, gli sfuggivano, niente lo raggiungeva. Niente lo toccava.
I suoi occhi erano aperti. Gli avrebbero detto dopo anche quello ma non faceva differenza ora.
Si sentiva cadere. Più giù e più giù in qualcosa di soffice, vellutato. Come se livello dopo livello di soffice cotone gli fosse messo intorno, quindi nessuna sensazione poteva più avvicinarsi. Non abbastanza vicina da fargli male.
«Non lasciate che diventi catatonico, per favore.» piagnucolò qualcuno.
«Non posso farlo di nuovo, vi prego. Non posso vederlo di nuovo. Non lo vedrò di nuovo, non…»
Ci fu un chiaro schiaffo e la voce morì immediatamente. Jared non sobbalzo neanche.
«Ricomponiti, amico, okay? Non ci stai aiutando così Murray.» disse un’altra voce, più gentile.
Qualcuno che non stava parlando prima.
«Steve, aiutami con Jared.» disse una voce vicino a lui e un’ombra scura era in piedi alla sua destra che sembrava così lontana, che Jared non sarebbe riuscito a toccarla quando lui raggiunse la sua mano.
«Tom, tu stai con Chad e Mike. Falli calmare, okay?»
«Cosa diavolo facciamo?» piagnucolò ancora la voce dalla sinistra.
«Steve, non so niente, okay? Solo che questo non è ciò che accade quando qualcuno tocca una dannata porta».
«Forse quella strega l’ha ipnotizzato, o qualcosa del genere?»
«Non lo so. È solo…questa cosa è così incasinata, amico. Di sicuro che non dovremmo essere qui ora. Abbiamo da organizzare concerti, amico. Ho da leggere dei copioni. Che diavolo stiamo facendo quassù in Canada?»
Ci fu una bassa risata alla sua sinistra e Jared stava ancora cadendo.
«Sei in dubbio adesso?»
«No! È questo il fottuto problema!» sibilò la voce alla sua destra «Questa sembra l’unica cosa giusta da fare. Tipo…tutto è meglio che tornare a casa e andare avanti con le nostre vite come se tutto fosse okay.»
Ci fu una pausa, poi altre parole proprio fuori dalla stanza. Qualcuno chiese dal corridoio cosa avrebbero fatto dopo. Se avessero dovuto chiamare qualcuno. Il 911, forse. La strega.
«Diamogli due ore. Se non starà meglio per allora, lo porteremo ad un ospedale e chiameremo quella strega.»

C’era un’altra voce. Non proveniva da vicino a Jared ma…da dentro la sua testa. Crescendo di più e di più, la voce lo chiamava, chiamava il suo nome e Jared si aggrappò a quella voce mentre scivolava nel sonno.

«Jared! Jared! Hey, svegliati, amico! Dai!»
Sbatto le palpebre e trovo Jensen che mi fissa, il viso più pallido del solito, le lentiggini risaltano come punti scuri su tutto il viso.
«Cosa è successo?» gli chiedo e solo allora mi accorgo di quanto strana la mia voce sembri nella mia gola. Come se avessi urlato o pianto un giorno intero.
Jensen sbuffa ma posso vedere il sollievo sul suo volto e questo mi confonde. «Mi hai appena spaventato a morte, ecco cos’è successo! Stai bene?»
«Io non…» Mi guardo, muovo i piedi e le mani. «Sì, credo.» Quindi do un’occhiata intorno a me, noto i muri bianchi, l’altro letto dalla parte opposta al mio, vuoto. «Sono in un ospedale» dico, ma c’è qualcos’altro, qualcosa di più importante e posso sentirlo ma non riesco a raggiungerlo.
La paura si fa strada dentro di me. La sento che mi percorre la schiena e il collo. C’è qualcos’altro. Qualcosa di sbagliato.
«Sei svenuto, amico.» spiega Jensen, appoggiando la mano proprio vicino alla mia come se non fosse sicuro di volerla toccare. «E io…dopo la commozione cerebrale non volevo correre alcun rischio, amico.»
Tutto ritorna come un pugno.
Respiro affannosamente, mi stringo il petto quando la mia gola si chiude all’improvviso.
Sto sognando. Sto sognando.
E Jensen…
Lui è qui, tutto qui, proprio davanti a me.
Jensen, il mio Jensen.
Alza lo sguardo, i suoi occhi sono così dolci quando incontrano i miei, e io stringo la mascella e chiudo gli occhi.
Questo è troppo.
Questo è decisamente troppo per me.
«Jared?» dice, ma le sue parole a malapena mi raggiungono.
È. Proprio. Qui. Il mio Jensen, la mia vita, il mio tutto.
Non l’ho mai visto in questo modo prima.
Lo amo, Dio, l’ho sempre amato.
Non ho mai aperto gli occhi e visto la mia intera vita nei suoi. Non ho mai saputo cosa significa lui per me.
Apro di nuovo gli occhi per il bisogno di vederlo. Si spostano affamati sul suo viso, bevendo tutto quello che mi sono perso per così tanto tempo.
«Jared, hey?»
È vicino ora, proprio davanti a me e la sua mano sta toccando la mia guancia.
Non voglio piangere, non sapevo nemmeno di avere ancora lacrime.
Ma sono sdraiato qui, perso e ritrovato allo stesso tempo, e lui mi sta abbracciando stretto e mi sussurra cose che non posso sentire, perché sto piangendo, perché l’ho trovato.
E l’ho perso.

Jared si svegliò piangendo. Il suo petto stava bruciando e singhiozzò con forza quando la prima boccata d’aria gli riempì i polmoni.
Poteva vedere gli altri che lo guardavano attentamente e lui si limitò a seppellire la faccia nelle mani e a lasciarsi cadere, si lasciò piangere e singhiozzare, si lasciò impazzire.
«Ho bisogno di lui.» sussurrò, la voce troppo rotta per usarla del tutto. «Ho bisogno di lui. Ho bisogno di lui.»

«Hey, Jared. Svegliati.» mi dice una voce gentile e sento una mano che mi sfrega la spalla.
«Il dottore vuole controllarti di nuovo.»
Il groppo in gola non se n’è andato, mi sembra sempre di star soffocando lentamente ma vedere Jensen aiuta. Aiuta un sacco.
«Jensen» sussurro, cercando la sua mano.
Lui la prende, la stringe delicato. «Sarò proprio qua fuori. Se c’è qualcosa che non va, urla, okay?»
Mi stringe la mano di nuovo e lascia andare, lascia la stanza e chiude la porta piano.
«Jensen.» non posso trattenere il piagnucolio nella mia voce. Non posso guardarlo andare, guardarlo chiudere la porta dietro di lui e non sentire qualcosa dentro di me che urla perché lui torni.
«Jared, è fuori.» dice una voce femminile vicino a me, confortante. «Neanche ad un metro di distanza. Non ti lascerà.»
Ma non riesco a girarmi per vedere chi è. I miei occhi sono incollati alla porta. La porta attraverso cui Jensen se n’è appena andato.
«L’ha fatto. Dio, l’ha fatto.» dico, e suona tanto come un singhiozzo.
«Jared.» Una mano mi tocca e mi obbliga a voltare la testa. «Ricordi cosa è successo?»
La dottoressa Moira mi sta guardando ora, non so cosa voglia dire la strana sensazione dentro di me.
«Sono svenuto.» le dico, cercando di ricordare «Mi hanno messo in un ospedale. Ora sono a casa.»
Lei ridacchia. «Sì, questa è la versione corta, eh?»
«Cosa vuole?» le urlo.
«Sono la dottoressa Moira, Jared. Sono una psichiatra.» La sua voce è neutrale ora, professionale, ed è quando capisco.
Non dovrei conoscerla. Non la conosco, non qui. E lei non ha idea di chi io sia.
«E fa visite a casa adesso?» chiedo, e non riesco a combattere il tono amaro nella mia voce.
«Beh, tu sei un paziente speciale.» Il sorriso sta perfettamente sulla sua faccia, ma poi si affievolisce e torna seria di nuovo. «Sono qui per aiutarti, Jared.»
Io sbuffo e non dico nulla.
«Ti è già successo prima, non è vero?»
Mi acciglio, cercando di pensare a quello di cui potrebbe parlare. «Intende… sono solo caduto in cucina. Ho battuto la testa.»
La dottoressa Moira scuote la testa. «No, non sto parlando di quello. Jensen mi ha detto che hai avuto un crollo prima. Al primo anno dello show.»
Ci vuole un po’ di tempo prima che io capisca dove vuole arrivare. Sospiro. «Sì, io…Dio, è stato solo…Non sapevo dove fossero i miei limiti. Ho lavorato troppo, ho lasciato che mi chiedessero troppo.»
«E l’hai fatto di nuovo?» chiede lei. «Hai raggiunto il tuo limite?»
Non le rispondo per molto tempo. «Sì. Sì, forse.»
Mette una mano sul mio braccio, mi costringe a guardarla.
«Jared, ho bisogno che tu sia onesto con me, okay? Lascia che ti aiuti. Sii onesto. Perché il prezzo per la tua onestà è proprio fuori da quella porta, che aspetta che tu stia meglio.»
Jared si svegliò con Chris seduto al suo fianco. Collegò subito questa volta, capì la differenza fra realtà e sogno in un istante, non come era successo col primo sogno con quei meravigliosi secondi di beata ignoranza.
Non disse una parola. Spinse da parte il dolore nel suo petto e ignorò il silenzio intorno a lui. Con movimenti attenti e controllati, strisciò fuori dal letto, dirigendosi verso l’esterno della stanza con gambe instabili.
«Jared, cosa c’è?» chiese Chris dietro di lui, seguendolo.
Jared non rispose. Si sentiva come se la sua mente potesse seguire solo una singola prova, una prova, e tutto il resto l’avrebbe potuto distrarre, rendendolo debole.
E quella prova era scendere le scale e aprire la porta della stanza che stava proprio oltre il salotto, giusto ad un paio di passi dall’entrata.
Con la coda dell’occhio poteva vedere Chad e Tom che si alzavano dai divani, Mike che usciva dalla cucina.
Poteva sentirli aspettare, poteva quasi assaporare l’energia irradiarsi da loro. Lo guardarono, pronti a reagire.
Come se avesse potuto succedere ancora; come se avesse potuto cadere ancora, urlare ancora.
Ma non l’avrebbe fatto. Era composto. Mortalmente calmo. Sapeva cosa c’era dietro quella porta. Sapeva cosa avrebbe trovato. Cosa non avrebbe trovato.
Ma doveva comunque vederlo con i suoi occhi.
Sentiva la maniglia fredda nelle sue mani. Non emise alcun suono quando la spinse e aprì la porta.
Pareti spoglie. Un pavimento spoglio. Una stanza vuota.
«Lui non è qui.» disse Jared rauco.
«Intendi Jensen?» chiese Chris, la voce attenta.
Jared si voltò lentamente. Annuì. «Non c’è mai stato.» disse, la voce vuota quanto la stanza dietro di lui.
«Mi dispiace» sussurrò Chris, il viso contratto in un’espressione di dolore.
Jared annuì di nuovo, non riusciva a fare altro.
«Dove sono….Harley e Sadie, dove sono?»
«Steve è uscito per andarli a prendere dalla tua dogsitter» spiegò Mike «Abbiamo pensato che ti avrebbero aiutato a sentirti meglio.»
«Grazie.» sussurrò Jared.
«Dovresti…» Chad si schiarì la voce. «Amico, dovresti sederti, tu…non hai proprio un bell’aspetto.»
Gli occhi di Jared perquisirono il salotto, il divano, il tavolino, la televisione. Sembrava tutto familiare. E poi non lo sembrò più.
Il colore del tappeto era sbagliato, blu chiaro invece che verde, la pila di dvd vicino alla tv troppo piccola, i cd sullo scaffale troppo pochi. C’erano molte cose che erano andate perse.
Jared era perso.
Jared deglutì e smise di fissare solo quando Tom e Chris lo circondarono, pronti a prenderlo in qualsiasi momento.
«Che ne dici se ti portiamo di sopra, amico?» La voce di Chris era gentile ma non permetteva contraddizioni.
Chad andò avanti, Jared lo seguì, e poteva sentire Chris dietro di lui.
Sempre con gambe tremanti, Jared si sedette sul letto. Il calore era ancora sulle lenzuola, dove era sdraiato solo qualche minuto prima.
«Perché siete ancora qui? Non avete le riprese da fare?» chiese Jared, la domanda rivolta a Chris, ma fu Chad a rispondere.
«Bello, ci vuoi sbattere fuori?»
«No, solo…»
«Allora smettila di fare domande stupide e riposati, farò la cena stasera, quindi farai meglio ad essere in piedi per quell’ora, d’accordo?» Chad sorrise ma Jared poteva vedere la preoccupazione dietro quel sorriso.
E non si era perso la piccola differenza negli occhi di Chad. Qualcosa…qualcosa che non aveva visto prima. Non qualcosa di grande o importante. Ma qualcosa di diverso.
Come una pugnalata al cuore, Jared realizzò che Chad non era davvero se stesso. Non il Chad che conosceva.
Non il Chad che un Jared con un Jensen nella sua vita conosceva.
«Che significa che ordineremo qualcosa in realtà» sentì dire Chris.
«Chiudi il becco, Kane.» si lamentò Chad. «Comando io stasera. Non stai attento a come parli, non mangi. E no, non permetterò al tuo ragazzo di condividere la cena con te.»
«Porta il culo fuori, Murray.» Chris lo spinse fuori e sia lui che Jared guardarono Chad mandare via Chris ma lasciare la stanza per dirigersi di sotto.
«Uh» Chris fece una smorfia. «Ti prego non dirmi che mi piace questo tizio nella nostra vera realtà.»
Nonostante tutto, Jared rise. «Nah, è più o meno uguale.»
Chris tornò serio. «Quindi, siamo amici, eh? Intendo, in un mondo dove c’è Jensen?»
Jared annuì. «Già. Tu lo conosci da molto tempo, più di me. Siete amici stretti. Anche Steve. Io ti ho conosciuto attraverso di lui. Steve continua a venire alle nostre conventions, è sempre divertente con lui. Credo che tu sia riuscito anche a far cantare Jensen sul palco con te per il tuo compleanno.»
«Io…l’ho sognato.» Chris sorrise al ricordo, quindi abbassò la testa. «Quindì…Steve e io…siamo…?»
«Siete appiccicati uno all’altro, sempre!» Jared rise di gusto all’espressione shockata sul viso di Chris. «Nah, okay. Non quello ma chiunque può vedere quanto vi amate. Siete felici.»
«Bene. Questo è un bene.» Jared poté vedere Chris deglutire e prendere un respiro profondo. Sembrava sollevato.
«Così ora davvero ricordi tutto? Lui?» l’altro uomo alzò lo sguardo su Jared.
«Sì, lui è…» tutto, stava urlando nella sua testa, ma non lo disse ad alta voce.
A giudicare dallo sguardo di Chris, probabilmente non c’era bisogno che lo facesse.
«È come…non mi sembra come se all’improvviso ricordassi, sai? È come se tutto non se ne fosse mai andato, come se dovessi ricordare a me stesso che questo, qui, non è il sogno.»
Jared chiuse brevemente gli occhi, combattendo le emozioni che minacciavano di sormontarlo. «Sembra semplicemente come se non vedessi Jensen da molto molto tempo.» sussurrò.

«Hey, come ti senti?» una voce scura arrivò dalla fessura della porta. Tom era appoggiato contro di essa lanciando uno sguardo preoccupato a Jared.
«Io…» Jared non continuò. Non riusciva a trovare una parola che poteva descriverlo ora.
Niente poteva spiegare come si stava sentendo.
Come se qualcuno fosse morto. Come se avesse perso qualcuno. Come se la sua vita gli fosse stata portata via e gliene avessero data un’altra che doveva credere sua. E molto più di tutto questo.
Il silenziò calò sulla stanza finché Tom finalmente annuì, capendo. «Già. Mi dispiace, amico.»
«Grazie per prendervi cura di me.» disse Jared sincero.
Tom gli regalò un sorriso stanco. «Beh, sentiamo come se sia la cosa giusta da fare. È strano però. Non ho mai vissuto con così tanti ragazzi in una casa da sempre. Mi sento come se fossimo al campo estivo o qualcosa del genere.»
Jared grugnì, ricordando la moglie di Tom e come fosse probabilmente preoccupata con Tom fuori di casa per così tanto tempo. «Devi andare a casa, amico. Jamie mi ucciderà se trattengo suo marito per troppo tempo.»
Le espressioni sul viso di Chris e Tom gli ricordarono ancora di quanto diverse le cose erano adesso. Di quanto Jared sapeva. Di quanto gli altri non sapevano. Ora, Jared non aveva mai incontrato Jamie.
«Così ci conosciamo abbastanza bene, eh?» chiese Tom, sorridendo, dopo essersi ricomposto.
Jared annuì di nuovo «Usciamo spesso, Jensen è stato in Smallville per una stagione. È così che ci siamo conosciuti davvero.»
«Vorrei davvero poterlo ricordare.» rispose Tom, la voce bassa.
Jared deglutì, la gola stretta. Diventava più dura ad ogni secondo. Con ogni sguardo di persone che conosceva da così tanto, con cui aveva passato così tanto tempo, che significavano così tanto per lui; e averli lì che sembrava che nemmeno lo conoscessero.
«Okay, ti lascaimo dormire ancora un po’, amico.» Chris sembrava aver sentito lo stato d’animo di Jared. Si alzò, indicando a Tom di seguirlo fuori.
«Ti chiamiamo quando è pronto» disse Tom prima di lasciare la stanza, chiudendo la porta dietro di loro.
Jared non si mosse. Non fece alcuno sforzo per andare a letto e dormire ancora. Non voleva sognare Jensen. Lo voleva lì.
«Vorrei che fossi qui ora, Jen.» sussurrò Jared nella stanza, col cuore che si spezzava ancora un po’ quando non ottenne risposta.

Le ore si trasformarono in giorni della stessa routine ancora e ancora. Cambiò molto poco.
Chad era partito un paio di giorni prima, doveva tornare a Los Angeles per vedere il suo agente, leggere alcuni copioni, andare a provini; vivere una vita normale. Tom e Chris lo seguirono quel giorno e Jared non sapeva come sentirsi.
Aveva paura di rimanere solo. Lasciato con se stesso e così tanto tempo per pensare. Ma c’erano giorni in cui non sopportava di guardare nessuno dei ragazzi, quando tutto quello che gli restituivano era cortesia e quello che poteva essere l’inizio di un’amicizia.
Loro erano già amici. Avevano passato questo, passato gli inizi imbarazzanti, il momento in cui ci si conosce e si capisce come si potrebbe andare d’accordo.
Con Jensen, erano amici stretti. Erano stati stretti.

Jared era in piedi nella sua stanza, perso nei pensieri, quando Steve bussò alla porta.
«Hey, Tom e Chris se ne stanno andando.» annunciò mentre apriva un po’ la porta.
«Sto scendendo.» rispose Jared debolmente e ascoltò i passi di Steve che lasciava il corridoio.
Preparandosi mentalmente, si girò e andò al piano inferiore dove i ragazzi lo stavano già aspettando.
Tom gli sorrise e tirò Jared in un abbraccio amichevole. «Hey, prenditi cura di te, okay? Chiama quando…succede qualcosa.»
«Certo, lo farò.» rispose Jared grato. «Grazie Tom. Per tutto amico. Lo so…che tu non mi conosci così bene, ma grazie.»
Tom si fece da parte e lasciò il posto a Chris.
«Hey, non arrenderti, okay?» disse il più basso mentre anche lui abbracciava Jared.
«Non lo farò. Non posso.» gli promise lui.
Chris annuì e sorrise «Bene. Tu chiama. Quando vuoi, per qualsiasi cosa. Capito?»
«Sì, grazie Chris.»
I quattro uomini si guardarono imbarazzati con Mike in piedi un po’ di lato, neanche lui pronto a partire.
«Okay.» annunciò Steve e spezzò la tensione. «Porto Tom a casa e lascio Chris all’aereoporto. Torno più tardi, okay?»
«Sì.» annuì ancora Jared e lo guardò spingere Chris e Tom fuori di casa.
«Bello, ci stai a giocare a Madden?» chiese Mike felice, appoggiato alla ringhiera delle scale.
Jared esitò «No, Mike. Grazie, ma…non ora» rispose piano.
«Certo.» si limitò a scrollare le spalle e tornò in salotto.

Il suono acuto della suoneria spaventò Jared, ma quando lesse il nome di Chad sullo schermo sorrise. Chad aveva chiamato ogni singolo giorno da quando era tornato a Los Angeles.
«Hey.»
«Hey, sono io. Come va?»
«Tom e Chris se ne sono appena andati.» gli disse Jared.
«Ma Steve e Mike sono sempre con te, giusto?»
Il sorriso di Jared crebbe al tono preoccupato nella voce di Chad. Era bello sentire che si preoccupava per lui. Ed era sicuramente un lato di Chad che Jared non aveva conosciuto spesso.
Era bello. Anche se desiderava non dover passare attraverso tutto questo. «Sì.»
«Hey, se hai bisogno che faccia un salto, dillo, okay?»
«Lo so, Chad. Non è necessario.» ridacchiò Jared finalmente. «Lo apprezzo amico, davvero.»
Il silenzio piombò sulla conversazione. Jared poteva sentire Chad respirare dall’altro capo, poteva immaginare il suo amico perso nei suoi pensieri. Neanche quello era da lui.
«Chad, amico. Sei silenzioso. Mi stai spaventando.»
Chad sospirò. «Solo…Jared, trovalo e basta okay? Portalo indietro in qualche modo.»
«Lo farò.» promise Jared senza perdere un colpo. Era sempre il suo primo pensiero. Portarlo indietro.
«Chad cosa significa tutto questo?»
«Non ti ho mai detto cosa ho sognato, eh?» chiese Chad, conoscendo la risposta. «Ad essere onesto, mi ha spaventato a morte.»
«Perché?»
«Non quello che è successo. No» sentì il suo amico ridere dall’altra parte. «Era solo un semplice stare insieme, passare del tempo e roba simile. È solo…amico, tu mi hai spaventato a morte. Il modo in cui stavi intorno a lui. Come se fosse il sole del tuo dannato universo o qualcosa del genere. Eri così…felice.»
Jared rimase silenzioso, non sapeva cosa rispondere.
«Sai, tipo, davvero felice. Totalmente appagato dalla tua vita.» spiegò Chad e Jared sapeva di cosa stesse parlando.
«Già.» sospirò Jared, cercando di evitare il dolore che minacciava di sommergerlo.
«Solo vedere chi potresti essere, che persona felice potresti essere, è così…Dio, sei sempre così musone.» scherzò Chad, coprendo la preoccupazione che era nascosta sotto.
«Hey, sei ancora lì?» chiese Chad esitante dopo che Jared era rimasto silenzioso.
«Sì, certo. Solo…penso che tu abbia ragione. Che siamo tutti migliori con lui.» Jared fece una pausa, lasciò a Chad il tempo di pensare a quelle parole.
«E non lo sto dicendo perché sono completamente innamorato di lui e mi manca da matti. Intendo che lo posso vedere anche io. Io sono diverso con lui. Tu lo sei. Sei più felice, più pazzo» ridacchiò leggermente al sussulto offeso dall’altro lato. «Tom e Mike sono diversi. Tom parla di più e Mike è più rilassato, molto più tranquillo. E Chris e Steve…» Jared prese un respiro profondo quando realizzò quanto vere erano le sue parole. Quanto diversi erano veramente tutti. «Chris e Steve non sono aperti con la loro relazione. Ma stanno più intorno a noi, capisci? Mostrano affetto. Sono più rilassati verso l’altro.»
«Siamo tutti migliori con lui.»

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pairing: jared/jensen, actor: jared padalecki, traduzione, actor: jensen ackles, fic: la stanza vuota

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