(no subject)

Apr 01, 2013 16:51

Buona Pasquetta belle pimpe. (Cioè, avrei voluto creare codesta cosa per Pasqua ma oh, meglio tardi che mai.)
Prima di congedarmi vorrei spiegare la particolarità (?) della ff: essa è scritta da due punti di vista differenti. Prima quello di Sergio e dopo quello di Fernando. Cioè, in realtà si sarebbe capito leggendo ma mi sembrava carino avvisare. Ok, forse non dovevo. Fate finta di non aver letto. Addio.

Titolo: L’uovo e la gallina.
Paring: Fernando Torres/ Sergio Ramos
Prompt: X ha piagnucolato settimane perchè voleva l'uovo di pasqua e Y ha deciso di accontentalo, regalandogli un uovo di cartapesta enorme la cui sorpresa era lui ignudo con un fiocco rosso. Il commento "Ma io volevo la cioccolata."
Rating: Arancio

“Quello della kinder, quello della kinder ti prego. Oh non mi rimproverare, non sono abbastanza grande, non lo si è mai per del cioccolato. Poi quello della kinder -cominciava a sbavare come solo Homer Simpson al pensiero della ciambella riusciva a fare- è un orgasmo culinario, bicolore, con la giusta scioglievolezza, la giusta consistenza. Non ti basta mai.”
“Come non ti basto mai io?!” lo stuzzicavo.
“Tu mi basti fin troppo. Voglio l’uovo, ok? Lo esigo.”

Erano giorni che frignava la stessa storia. “Ciao Fernando, cosa facciamo oggi?” “Andiamo al centro commerciale a comprare l’uovo.” “Ciao Fernando, facciamo una corsetta al parco che da quando siamo in vacanza stiamo mettendo ‘na pancetta degna del miglior Ronaldo fuori forma? Non sto rimproverando la Flori, oh no, lei e le sue leccornie sono la meraviglia, ma noi siamo calciatori e se tu già sei tipo panchinaro ’oro -non t’offendere, ti amo lo stesso- senza pancetta, immaginati in sovrappeso. Diventeresti il nuovo raccattapalle e non vorrei farti notare come finiscono i raccattapalle nei pressi di gente come Eden.” “E va bene, ti concedo la corsetta solo se in direzione negozio che vende le uova di cioccolato.” “Andiamo al ristorante oggi? Ho voglia di pasta ai frutti di mare.” “Io sono giorni che ho voglia di uovo di pasqua ma non è che tu mi abbia accontentato.”
Monotematico a livelli atroci tanto da far invidia a Ronaldo -Cristiano, non il ciccione- quando si metteva a parlare di sé e dei suoi addominali scolpiti -ovviamente io ero  meglio ma non avrei mai potuto mettere in dubbio la sua forma fisica; sarebbe finito in una depressione tanto profonda che nemmeno una scopata congiunta Irina-Ricardino Kaka lo avrebbe risollevato-, tanto da fare invidia allo stesso Zamparini con la sua quotidiana domanda “Che allenatore compro oggi?”.
Monotematico e logorroico. Sapevo a cosa puntava: voleva prendermi per sfinimento e ce la stava facendo. Se avesse ripetuto ancora una volta “voglio l’uovo di Pasqua” mi sarei fatto staccare a morsi i genitali da Tyson.
“Sese, voglio…”
“Ok, non lo dire -lo interruppi prima che concludesse la frase- non lo dire o giuro solennemente che attento alla vita di Leo Bancroft. Non fingere che non ti interessi, tanto lo so quanto per te sarebbe un trauma. Perderesti il senno e non ci sarebbe nessun Astolfo a recuperartelo sulla luna. Quindi. Non. Dirlo. O. ti. Giuro. Che. Te. Ne. Pentiresti. Detto questo sto cazzo di uovo te lo prendo, ok? Stasera vieni da me e ti renderò felice.”
E finalmente smise di parlare del suo bisogno infantile di trovare la sorpresa e di scartare l’uovo.

Alla sera puntuale uscii di casa per andare da Sergio e mi sentivo davvero felice come una Pasqua -strano gioco di parole- ad assaporare finalmente il mio uovo. In realtà potevo comprarmelo da solo, potevo comprarmene tanti da riempire una piscina, aspettare che il sole facesse fondere il cioccolato e farci il bagn, oppure potevo farmi creare un uomo a mia immagine e somiglianza di cioccolato o ancora avrei potuto comprarmi la fabbrica della Kinder e passare il resto della mia vita ad ingozzarmi diventando un ciccione felice delle sue piaghe da decubito e del suo diabete. Ma non sarebbe stata la stessa cosa, volevo me lo regalassero, volevo essere meravigliato di sentirmi dire “E’ per te.”, volevo scartarlo ed aprire la sorpresa ridendo a crepacuore per il giocattolino demenziale che avrei trovato. E volevo succedesse con Sergio. Davanti alla porta di casa un biglietto mi diceva di aprire con la copia della chiave che possedevo. Mi chiesi per quale assurdo motivo l’idiota non potesse venire ad aprire.
“Sergio? -entrai chiamandolo- Sese dove minchia sei?” chiesi ancora girando per le stanze non trovando risposta.
“Dio, Sergio se mi hai fatto venire per…” Non conclusi la frase perché entrando in sala mi trovai a cospetto di un uovo infinitamente grande con sul davanti un cartello: “APRIMI”. Mi sentii Alice nel paese delle Meraviglie -e a pensarci bene anche la tinta dei miei capelli richiamava quelli della bimba-.
Girai attorno all’uovo e lo scrutai con attenzione. Poi bussai e dall’interno arrivò un suo strano.
Lentamente cominciai a scartarlo rendendomi conto, con grande rammarico, che quello era tutto fuorché cioccolato. Era un enorme uovo di cartapesta. Pensai che quando avrei visto Sergio lo avrei pestato a sangue. Gli avrei stracciato l’abbonamento all’ippodromo. Lo avrei marginato al sesso con Busquet. Volevo il cioccolato, quello della kinder. Lo avevo assillato con questa storia e lui e lui era riuscito a venirsene fuori con un’originale uovo di cartapesta? Cielo, sesso con Del Bosque, nemmeno Busquet.

“Ti muovi a romperlo? Sto soffocando qua dentro!” Sussultai. Una voce era arrivata dall’interno di quel uovo di tirannosauro. Accostai l’orecchio alla cartapesta e bussai di nuovo.
“Chi è?” mi rispose la voce all’interno.
“Sergio, ma sei tu?”
“No Fernando, sono Aragones. Ho fatto un salto fin qui dentro ad un uovo di cartapesta per informarti che ho decapitato il pinguino ciccione che non ti ha convocato in nazionale e ho ripreso il potere. Alla prossima partita della Roja considerati dei nostri. -seguii un momento di silenzio che poi la voce ruppe alzando il tono- Certo che sono Sergio, ipodotato. E sto soffocando. Quindi direi che se cortesemente mi tirassi fuori di qua non la prenderei sul personale.”
Così andai in cucina a prendere il coltello e cercando di non accoltellare la mia sorpresa aprii il guscio.
Ne uscì un Sergio tutto nudo, come la buona Paqui lo aveva fatto, con un semplice fiocco rosso sul davanti.
“Ta dan” ne uscì rimbalzando, guardandomi sorridente e respirando profondamente -l’aria doveva proprio essergli mancata lì dentro-. Lo guardai sconvolto.
Quale mente malata poteva arrivare a fare una cosa simile? Non sapevo bene se ridere o piangere. Nel dubbio rimasi zitto ed immobile a guardare l’idiota nudo di fronte a me uscire da un uovo di cartapesta.
“Che c’è? Non apprezzi?” si accigliò. “Senti Sergio. O sei un po’ stupido o invece pure. Io. Volevo. Il. Cioccolato. Della. Kinder.” Ma non riuscii a mantenermi serio e scoppiai in una sonora risata.

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