Autore:
zia_chuTitolo: Mad world
Personaggi: Remus/Sirius (con la partecipazione di Albus Silente, Harry Potter, Minerva McGranitt)
Genere: Angst, Romantico
Prompt: What if? Appena dopo la morte di Sirius, Remus usa il Giratempo. (
zia_chumia tabellina del Festival dell'AU.
Rating: PG
Avvertimenti: angst, slash, what if?, si parla, ancora una volta, di pazzia e problemi mentali.
Note: era da tempo che avevo in mente una storia del genere, forse un po’ diversa, probabilmente più lunga, ma tutto sommato con queste stesse tematiche. Dovrebbe essere tutto piuttosto chiaro, nonostante si tratti di una racconta di scene e momenti; per il resto mi sono basata sul canon.
Non è granché originale, visto che il tema della pazzia è già stato affrontato in
Chasing butterflies, ma volevo provare a scrivere la storia con i ruoli invertiti e vedere la reazione di Sirius davanti alla pazzia.
Ho avuto qualche dubbio sull’articolo da usare prima della parola “Giratempo”, ma girando un po’ su internet (i libri li ho solo in inglese, quindi non potevo controllare) ho capito che ci andava il femminile, quindi troverai sempre “la Giratempo”.
Il titolo è ripreso dall’
omonima canzone di Gary Jules, colonna sonora di Donnie Darko.
La storia si è classificata prima al contest
E fatemi piangere! di _Calypso_ e terza (parimerito con
miki_tr ♥) al contest
Slash vs. Het! di Immortal_Bliss.
Their tears are filling up their glasses
No expression, no expression
Hide my head I want to drown my sorrow
No tomorrow, no tomorrow
(Mad world - Gary Jules)
Sirius sta pettinando i capelli di Remus. I suoi gesti sono lenti, rilassanti e delicati: i denti del pettine scivolano dolcemente fra i capelli castani e grigi, fermandosi ad ogni nodo, che viene sciolto con pazienza da dita fredde e lunghe.
Remus guarda la parete di fronte a loro, ma Sirius sa bene che non la vede: è immerso nei suoi contorti pensieri, dove ci sono angoli bui e freddi, un corpo che cade - il suo - e un dolore lancinante e continuo.
Sirius non parla, perché sa che l’altro non lo ascolterebbe; non può distoglierlo da quei pensieri, non può fare altro se non pettinargli i capelli, cercando almeno di far sentire il suo corpo al sicuro, protetto e amato.
Non è sicuro che funzioni - è piuttosto certo del contrario - perché Remus non reagisce quasi mai.
Del resto Remus è pazzo e quella, da ormai tre settimane, è la vita che secondo molti Sirius deve arrendersi a condurre.
*
Non gliel’avevano detto subito, forse perché era stato vittima di due Schiantesimi consecutivi - uno da Bellatrix, che gli sarebbe stato fatale, e l’altro da Remus stesso, che invece l’ha salvato - ed è rimasto svenuto per una notte e una mattina intere.
Quando si era svegliato, Remus non era con lui e non era in nessuna stanza di Grimmauld Place. Nessuno gli aveva voluto dire dove fosse, limitandosi a fargli capire che era con Silente.
Molly lo aveva guardato negli occhi e, forse per la prima volta in vita sua, Sirius le aveva visto nello sguardo un velo di compassione e tristezza rivolto a lui; per pranzo gli aveva dato una doppia porzione del suo cibo preferito. Arthur, al contrario, non lo guardava mai, era sfuggente, e quando Sirius tentava di parlargli e chiedergli altre informazioni fingeva di non sentirlo; i ragazzi Weasley per lo più l’avevano ignorato, rifilandogli di tanto in tanto qualche occhiata curiosa e preoccupata insieme.
Harry era stato l’unico ad avvicinarsi, con quel suo fare sempre impacciato, sempre un po’ incerto. Aveva aperto la bocca per dire qualcosa, ma un’occhiata di Hermione lo aveva fermato e così il suo figlioccio si era limitato ad abbracciarlo stretto, con le braccia che finivano scompostamente dietro la sua schiena. Era stato un contatto breve e Sirius non aveva fatto nemmeno in tempo a ricambiare per la sorpresa.
Che c’era qualcosa che non andava sarebbe stato chiaro anche ad uno stupido.
Per un giorno intero, tutti intorno a lui si erano mossi come formiche silenziose, solerti e discrete, senza permettergli di capire cos’era davvero successo.
Per un giorno interno, Sirius aveva chiesto a tutti dov’era Remus.
Solo il giorno seguente Harry aveva trovato il modo di allontanarsi dall’onnipresente e guardinga Hermione e gli aveva detto tutto.
Remus è impazzito, gli aveva confessato, senza riuscire a spiegarsi meglio. Silente sta cercando di curarlo, ma… Ma la testa di una persona non si mette a posto tanto facilmente, nemmeno con la sapienza e le capacità di uno dei maghi più potenti del mondo.
Sirius era corso giù per le scale, dirigendosi come una furia verso il camino della cucina; aveva ignorato gli sguardi ansiosi di tutti i presenti ed aveva a malapena sentito Harry chiamarlo dal corridoio, mentre afferrava una manciata di Polvere Volante. Aveva gridato la sua destinazione e dopo qualche secondo di confusione si era ritrovato a tossire sul pavimento dell’ufficio di Silente.
“Dov’è?” aveva sibilato subito dopo, guardandolo con astio, ben sapendo che se tutti erano rimasti in silenzio fino a quel momento era solo per un ordine del vecchio Preside.
“Presumo che Harry ti abbia detto tutto,” aveva commentato Silente, senza amarezza, semplicemente constatando il vero, in quel modo che gli era sempre stato indigesto, come se sapesse sempre tutto, nessuna sorpresa, nessun imprevisto.
“Se non fosse stato per lui…” aveva iniziato a dire Sirius, ma poi aveva scacciato il pensiero e la rabbia cieca che gli urlava di ribellarsi, di sfasciare tutto, di aggredire il vecchio. “Dov’è?”
Silente lo aveva osservato a lungo prima di rispondere; gli occhi chiari dietro le lenti a mezza luna fissavano quelli grigi di Sirius come alla ricerca di qualcosa. Sirius aveva capito che non lo reputava preparato, non era pronto a vederlo; ma sapeva altrettanto bene che una volta lì, niente e nessuno avrebbe fermato Sirius Black dall’ottenere ciò che voleva.
Infine, il preside si era alzato dalla sedia con un sospiro e poi, mettendo le mani dietro la schiena, aveva fatto un piccolo sorriso al giovane uomo che gli stava di fronte e che ancora lo guardava con furia. “Vieni, Sirius, ti accompagno da lui.”
Il percorso fino all’infermeria era stato silenzioso, ma una volta arrivati davanti alle porte dell’ala presidiata da Madama Chips, Silente si era di nuovo voltato verso Sirius.
“Non posso prepararti a quello che vedrai, ma devo avvisarti che il Remus Lupin che tutti conosciamo non esiste più.”
Non l’aveva ascoltato ed il preside aveva sospirato; poi aveva spalancato le porte e Sirius aveva finalmente capito cosa voleva dire.
*
Tecnicamente nessuno sa di preciso com’è successo. Dopo la battaglia nell’Ufficio Misteri del Ministero della Magia, quando l’orrore e lo sgomento per la vista di Voldemort all’interno del palazzo del potere erano svaniti, Remus era stato ritrovato in un angolo della stanza con il Velo. Si teneva la testa fra le mani e guardava un punto fisso sul pavimento, non vedendolo realmente; un rivolo di bava gli pendeva dal labbro inferiore e, ai suoi piedi, Hermione riconobbe la Giratempo che aveva usato durante il suo terzo anno ad Hogwarts.
Silente aveva raccolto entrambi - Remus e l’oggetto magico - e li aveva portati a scuola. Madama Chips aveva provato a curare il licantropo, ma nessuno si aspettava davvero che ci riuscisse: la mente è una cosa fin troppo delicata ed una volta che è rotta non c’è modo di ripararla.
Il vecchio preside aveva allora guardato fra i pensieri di Remus, ma tutto ciò che aveva visto nel Pensatoio erano stanze buie, fredde, ed il Velo che ingurgitava qualcosa, qualcuno.
Aveva capito che Remus aveva rubato la Giratempo, era tornato indietro nel tempo per salvare Sirius, ma qualcosa era andato storto nel procedimento.
Remus era impazzito, pagando il prezzo della sua impresa.
*
La prima notte di luna piena - appena una settimana dopo l’orribile incidente - era stata un inferno. Ma non per Remus, che si era rannicchiato al centro della stanza, dopo essere stato costretto da Sirius a bere la Pozione Anti-lupo; aspettava o forse non si rendeva conto di quello che sarebbe successo.
Per Sirius era diverso. Già nella sua forma canina, si era raggomitolato accanto a lui, senza che tuttavia l’altro sembrasse accorgersi della sua presenza. Quando la luna era sorta, poi, Moony aveva iniziato a guaire, grattando il pavimento e le pareti, piangendo: Remus non riconosceva quella forma, non capiva perché fosse incastrato nel corpo di un animale.
Padfoot aveva cercato di distrarlo, di giocare con Moony come al solito, ma era sempre stato ignorato.
Quello era stato il più brutto plenilunio da quando era fuggito da Azkaban.
*
Sono nella vasca da bagno, immersi nell’acqua saponata fino alle spalle. Sirius gli lava i capelli con delicatezza, evitando che il sapone gli finisca negli occhi che, vitrei, lo guardano, ma non lo vedono.
Gli parla di sciocchezze: Harry questo pomeriggio è venuto a trovarti, Moony, ma tu dormivi e allora ti ha tenuto la mano per tutto il tempo, mentre credeva che io non lo vedessi. E che mi dici dello scherzo dei gemelli a Ron? Quello ti avrebbe fatto ridere tanto, se solo tu l’avessi visto…
Non serve e Sirius lo sa: Remus non gli risponde, perché non lo ascolta. Vive nella sua testa, fra pensieri lugubri, e la realtà circostante per lui non esiste più; esiste solo quello che c’è nella sua mente e nessuno può entrarci.
Sirius gli sorride tristemente, mentre lascia che l’acqua corrente gli tolga il sapone dai capelli e poi, senza crederci troppo, fa le bolle con la bacchetta. Remus non reagisce nemmeno a quel gioco e Sirius esce dalla vasca, ingoiando il nodo d’impotenza, frustrazione e disperazione che ha nella gola mentre prende l’accappatoio del vecchio amico, del vecchio amante. Si volta e solo allora vede Remus che, con le mani a coppa davanti alla bocca, fa le bolle di sapone.
Solo allora Sirius piange, dopo due settimane di stoico impegno.
*
La notte è il momento migliore: Remus dorme e sembra quasi normale.
Sirius lo lascia da solo nella stanza, dopo essergli stato vicino costantemente; Molly gli ha detto che dovrebbe evitare di farlo, perché poi sta male per tutta la notte, ma Sirius non ha mai ascoltato quello che Molly Weasley ha da dirgli e comunque non riuscirebbe a farlo, perché il bisogno di stare vicino a Remus è quasi fisico: quando gli sta lontano sembra che il suo fisico soffra e si tenda verso il luogo, la stanza, la sedia dove la sua mente sa che si trova il compagno. Il suo corpo reagisce a quello dell’altro come la bacchetta reagisce scegliendo il proprio mago.
La sera Sirius è spossato e stanco, ma ciononostante sorride a Harry e gli dà la buonanotte con un abbraccio, fingendo di non vedere gli occhi allarmati del figlioccio. Vaga per la casa, occasionalmente parla con qualche membro dell’Ordine (Come sta? Come ieri. Sei forte, Sirius, ma non ti fa bene stargli vicino. Portalo al San Mungo, lì si prenderanno cura di lui); tenta anche di litigare con Severus, ma non gli riesce tanto bene e gli sembra inutile farlo, anche se Snape è sempre sgradevole. Lo consola il fatto che non abbia un minimo di pietà per Remus né compassione per lui; quasi gli è grato di essere rimasto il bastardo figlio di puttana che è sempre stato.
Sirius va a letto tardi, ogni notte. La casa scricchiola e sembra volerlo ingurgitare mentre sale le scale e passa davanti alle stanze degli altri ospiti di Grimmauld Place; quando entra nella loro stanza, Remus di solito dorme ancora, ma a volte è sveglio e siede sul bordo del letto, aggrappandosi alla colonna del baldacchino come un marinaio alla trave dell’albero maestro durante la tempesta.
Sirius lo rimette a letto, gli parla, qualche volta canticchia una ninna nanna, mentre gli accarezza i capelli. Remus lo fissa e nel suo sguardo vacuo, qualche volta, molto raramente, Sirius ha l’impressione di vedere qualcosa. Sono i momenti che gli fanno più male.
Quando entrambi si addormentano, Sirius sogna confusamente di mani che lo accarezzano dietro le orecchie, mentre la sua forma canina scodinzola.
Non lo sa, ma Remus è sveglio e gli tocca i capelli di continuo, mentre lui dorme.
*
Sa che non c’è speranza e dopo tre settimane di quel nuovo Remus, Sirius pensa che presto impazzirà anche lui. Sa di essere troppo debole psicologicamente per sopportare quella situazione ancora a lungo; non è mai stato lui quello forte della coppia, non è mai stato lui quello capace di fronteggiare le situazioni più emotivamente difficili.
Quando qualcosa non andava, chiedeva aiuto a Remus; quando si sentiva sopraffare dai ricordi spiacevoli, dei quali la casa di Grimmauld Place sembra impregnata, andava a rifugiarsi fra le memorie rassicuranti che gli raccontava Remus. Senza tutto quello Sirius non può andare avanti: non può abitare in quella casa, non può prendersi cura dell’uomo che fino a quel momento si è preso cura di lui. Vorrebbe, ma non può: è chiedere troppo ad un sopravvissuto di Azkaban, uno che è sempre stato forte di fronte al pericolo fisico, ma che non riesce a sopportare neanche il più piccolo dolore del cuore e della mente.
Sirius lo guarda mentre ciondola per la stanza, un fantoccio senz’anima che tocca inavvertitamente mobili e oggetti e li lascia cadere a terra; ci sta pensando da quando ha saputo cosa è successo a Remus e decide in quel momento, quando quel burattino senza fili si ferma al centro della stanza a guardare senza interesse il tappeto, che è disposto anche a morire, pur di farlo tornare indietro.
Remus farebbe lo stesso per lui… Remus ha già fatto quello per lui; ma è anche vero che Remus non lo abbandonerebbe, lo accudirebbe anche se fosse ridotto in quello stato.
Remus è forte, mentre lui non lo è.
Sirius lo abbraccia forte, da dietro, e soffoca un gemito contro le sue spalle. “Mi dispiace, Moony,” sussurra. “Mi dispiace d’essere così stupido e debole.”
Remus non fa nulla, perché, nonostante la vicinanza, non lo ha nemmeno sentito parlare. Sirius immagina che nella sua testa le sue parole suonino come un ronzio fastidioso; lo stringe più forte, allora, e quando la mano dell’altro gli afferra convulsamente il braccio Sirius non sa cosa pensare.
Non spera che Remus lo stia consolando; non spera che Remus lo senta. Sa che se vuole rimetterlo a posto, deve cambiare il corso degli eventi.
*
“Voglio farlo,” dice il giorno seguente Sirius, risoluto come non mai.
“È passato troppo tempo,” tenta la McGranitt, mentre Silente lo fissa, in totale silenzio.
“Cazzate!” ringhia in risposta ed è come un cane rabbioso che tenta di proteggere l’osso che ha faticosamente conquistato.
Gli occhi della Capocasa di Grifondoro sono attraversati da un moto d’irritazione e poi di compassione. “Farai la sua stessa fine…”
“No! No, io starò attento, avrò il Mantello di James… di Harry!” esclama con foga e poi tace, guardando la sua ex professoressa ed il suo ex preside con quella stessa disperazione adolescenziale di tanti anni prima, quando li pregava di non espellere Remus, che lui non c’entrava con lo scherzo che aveva fatto a Snivellus.
Minerva McGranitt, nonostante il nome e l’atteggiamento severo, non ha il cuore di granito; ricorda l’amore disperato di quel ragazzino, anni prima, ed è addolorata dai tormenti di quell’uomo più di quanto tutti gli altri immaginino; si volta a guardare il preside e capisce che lui ha già deciso cosa fare.
“Voi dovete darmi la Giratempo. Posso salvarlo, posso farlo tornare…”
Minerva vede il crollo ancora prima che si manifesti; quando Sirius si lascia cadere sulla sedia, lei sa già cosa sta per dire.
“Non voglio questo… Quello non è Remus…”
Poi Silente annuisce e Sirius è invaso da una speranza febbrile, che non gli fa bene, lo sa la McGranitt, ma lo sa anche il preside. Quando il ragazzo - è bizzarro come gli insegnanti riescano a vedere i loro ex-studenti sempre come ragazzi - va via, con la Giratempo stretta in una mano, la professoressa si volta a guardare Silente.
“Albus, è pericoloso…”
“Se glielo impedissimo, lo farebbe lo stesso, Minerva,” sorride il preside con una punta d’amarezza e apprensione sul viso, guardando la porta appena chiusa. “E questo potrebbe essere ancora più pericoloso.”
*
“Ti riporterò indietro,” dice Sirius, mentre rimbocca le coperte a Remus.
Non lo sa nessuno, a parte Silente e la McGranitt. Nessuno deve sapere che qualcuno giocherà di nuovo con il tempo, per disperazione o forse per un capriccio d’amore.
“Domani andrà tutto meglio e sarai di nuovo con me…” mormora, mentre gli accarezza i capelli ed il viso dormiente.
Esita ancora un momento, tormentato dal dubbio che sia troppo egoista non voler prendersi cura dell’uomo che ha amato fino a tre settimane prima; ma Sirius sa che è così, che senza l’appoggio, l’amore e la presenza solida del vero Remus, del Remus sano, non può andare avanti, non può fare niente. Annuisce a se stesso, dandosi forza, poi afferra il Mantello dell’Invisibilità.
Qualcosa gli trattiene il polso e lui si volta, sorpreso nel vedere Remus sveglio: la sua mano lo tiene saldamente ed i suoi occhi, per la prima volta dopo giorni, lo vedono.
Sirius lo chiama, ma lui non dice niente, lo fissa e basta.
Gli sta dicendo di non andare? Lo trattiene perché ha paura? Ma non c’è paura su quel volto vuoto, anche se Sirius ha visto i suoi ricordi nel Pensatoio e riempirebbero di terrore chiunque.
Lasciare la sua mano è terribile, perché quando il contatto fra loro sparisce gli occhi di Remus tornano vacui.
È necessario: lui ha bisogno di Remus e quello è solo un involucro vuoto. Forse è egoista, ma non gli importa; afferra più saldamente il Mantello e poi inizia a mettere in funzione la magia della Giratempo.
*
Non lo vede subito, preso com’è dalla smania di correre verso l’Ufficio Misteri, ma poi eccolo lì: Remus si nasconde dietro una parete ed attende qualcosa.
Sirius gli corre affianco, sempre nascosto dal Mantello, ma non sa cosa fare. Non ha pianificato, non ha una strategia; è puro impulso quando lo avvolge nella cappa invisibile che lo protegge.
“Moony, sono qui per salvarti, non devi impazzire,” gli dice, mentre avverte il corpo dell’altro irrigidirsi.
“Cosa? Come…?”
Non ha tempo di spiegare: vede sé stesso volare in aria, colpito da uno Schiantesimo. Cadrà oltre quel Velo e allora tutto sarà stato inutile.
Lui ed il Remus fra le sue braccia gridano lo stesso incantesimo e per un attimo tutto è sospeso, cristallizzato nel momento in cui l’altro Sirius si volta verso la fonte del nuovo Schiantesimo.
Poi il tempo ricomincia a scorrere, implacabile.
*
Si sveglia lentamente, il corpo intorpidito, e le mani bloccate. Da un lato del suo letto, Harry gli stringe la mano nel sonno, mentre borbotta suoni incomprensibili; dall’altro, Remus gli accarezza le dita.
“Ehi,” dice Sirius. La sua voce è appena un soffio, ma Moony la sente lo stesso.
“Ehi,” risponde ed il sorriso che gli regala dopo è la cosa più bella che abbia mai visto.
“È andato tutto bene, stavolta?” chiede, anche se sa - ad un livello del tutto istintivo, come sa di essere pieno di magia - che la risposta è sì.
Remus annuisce, intrecciando le dita con le sue. “Sai,” inizia, la voce ridotta ad un sussurro per non svegliare Harry. Sirius lo guarda ed il cuore gli scoppia di gioia nel vedere i suoi occhi ricambiare il suo sguardo. “Sapevo che saresti tornato indietro a salvarmi,” gli dice e sorride di nuovo, quando vede le lacrime sul volto tanto amato.
Fine
Note finali: ancora vivi? Dai che stavolta c'è il lieto fine ♥ i giudizi potete trovarli
qui e
qui, se v'interessa ♥