Titolo: Figlio della Luna
Fandom: Harry Potter (AU)
Personaggi: Sirius Black, Remus Lupin, Fenrir Greyback, Gellert Grindelwald
Parte: 2/?
Rating: R
Conteggio Parole: 2350
Riassunto: Il piccolo villaggio di Greenshaw viene turbato ormai da mesi dalle incursioni di un'inquietante creatura notturna; quando il “cacciatore di mostri” Sirius Black viene ingaggiato per catturarla, non può immaginare che l'incontro che farà in quella foresta cambierà per sempre la sua vita e svelerà il sanguinoso mistero dell'esistenza di Remus.
Note: AU totale (dunque personaggi, ambientazione e tempo sono volutamente OOC), rapporti interspecie (non so se contino proprio come beastiality...); le creature che compaiono in questa fanfiction non sono licantropi né vampiri né altre creature specifiche, anche se alcuni elementi si basano ovviamente su leggende preesistenti (es: l'avversione al sole e l'influenza della luna piena). Più che creature sovrannaturali sono una sorta di specie animale a sé, appartenenti a una razza vicina a quella umana.
Scritta per la mia
Tabellina AU!Wolfstar in risposta al
prompt di
ai_sellie Capitolo 1 - Il Cacciatore
Il forestiero apparve all'alba, in sella a un cavallo dal pelo fulvo.
Il primo a vederlo fu un bambino del villaggio, che corse ad annunciarne l'arrivo con grande agitazione, diretto verso la casa più grande di tutte.
L'uomo si avvicinò senza fretta, mentre molte teste incuriosite spuntavano dalle finestre, e qualche abitante usciva guardingo per poi scrutarlo con diffidenza.
L'uomo a cavallo trattenne malamente una smorfia di scherno.
Un “fiorente villaggio”? Tutt'al più un agglomerato di case! La cosa più fiorente nelle vicinanze dovevano essere le erbacce di campo che minacciavano il raccolto, poco ma sicuro.
Con questi pensieri in mente smontò da cavallo e lo condusse a mano verso la casa in cima alla piccola altura che dominava il villaggio, ignorando i mormorii che accompagnarono il suo passaggio; di certo doveva essersi sparsa la voce del suo arrivo, oramai c'era abituato: dopotutto il suo lavoro comportava una certa notorietà.
Il bambino di prima uscì dalla porta e gli venne incontro poco prima che lui la raggiungesse, per annunciargli che Grindelwald lo aveva invitato ad entrare.
- Al vostro cavallo ci penso io, per cinque pezzi di rame, - gli suggerì con intraprendenza; il suo sguardo e il lieve tremito tradivano il nervosismo e forse la paura nel trovarsi davanti all'uomo, che non rispose ma sollevò un lembo della bisaccia che portava a tracolla per trarne fuori un sacchetto, da cui cavò tre piccole monete rotonde e rossiccie.
Il bambino esitò ad accettarle, ma non fu tanto incosciente da mettersi a discutere ed infine si accontentò, prendendo in mano le briglie per condurre gentilmente l'animale sul retro della casa.
Il suo timore era ben comprensibile: il forestiero era un uomo alto dallo sguardo penetrante, con i capelli neri come la pece e gli occhi grigi come il ferro; inoltre portava alla cintola un grosso coltellaccio in un fodero, come un brigante, ed una faretra piena di frecce sulla schiena; per quello che ne sapeva, poteva anche essere un assassino.
- E così, questo è il villaggio di Greenshaw. - commentò lo straniero, sedendosi alla tavola del vecchio capovillaggio.
Gellert Grindewald lo scrutò attentamente, valutandolo in silenzio; doveva essere stato un uomo forte e anche bello, una volta, ma la vecchiaia aveva avuto la meglio; ormai i suoi occhi azzurri erano affossati nelle occhiaie, il corpo emaciato si incurvava leggermente sotto il peso degli anni ed i capelli grigi conservavano appena qualche sprazzo dorato fra le ciocche aggrovigliate.
- E così, tu sei il cacciatore che hanno mandato qui; l'Esiliato Sirius Black-
Il forestiero fece una smorfia, ma non replicò; ad infastidirlo, come sempre, era stato il suo nome più che l'appellativo: in qualunque luogo andasse e qualunque cosa facesse, per gli altri lui restava sempre uno di loro, un Black.
- Mi è stato detto che serviva il mio aiuto, e che sono successe delle cose... insolite. - disse, asciutto.
Gellert annuì, incrociando le mani rugose e sfregandole fra loro, come per scaldarsele.
- È il bestiame; le capre, soprattutto: metà del gregge di Aberforth è stato ucciso o ferito, e se le cose vanno avanti così non avremo più lana per commerciare.
- Il compenso? - domandò subito Sirius, stringendo le palpebre a quelle parole; quel villaggio non gli sembrava affatto ricco, e da quello che diceva l'uomo ora doveva esserlo ancora meno del solito.
Il suo lavoro comportava grossi rischi, rischi che non era disposto a correre per poche monete d'argento.
Soprattutto in quel caso particolare.
- Non perdi tempo, eh? Avrai il tuo compenso... un sacco d'oro e uno d'argento, tutto ciò che mi rimane della mia fortuna; io sono vecchio e non vivrò ancora a lungo, ma il mio villaggio ha bisogno di essere sicuro, e quelle bestie non si fermeranno alle capre.
- Dunque si tratta di loro.
Il vecchio si strinse nelle spalle ossute.
- Di che altro potrebbe trattarsi?
- Loro non attaccano bestiame, e non si avvicinano ai villaggi quando la luna non è piena, nemmeno ad uno piccolo ed isolato come questo. Qualcuno li ha visti?
- Alcuni li hanno sentiti, e ci sono le tracce... vengono dal bosco, di notte, e sfuggono alle trappole, quindi non siamo mai riusciti a prenderli.
Naturale. Non era facile attirarli in trappola.
Se veramente si trattava di loro, si disse con scetticismo.
- Voglio vedere il posto dove è successo; se devo dargli la caccia, devo sapere con certezza con cosa ho a che fare.
Gellert fece un cenno di assenso col capo, prima di recuperare il suo bastone e rialzarsi.
- Andiamo allora, sarà meglio che venga con te, - avvisò. - Quel vecchio pazzo di Aberforth non sarà contento di ricevere visite improvvise da parte di uno straniero.
Aberforth squadrò i visitatori con sospetto, accogliendoli con indosso solo una sudicia vestaglia, i capelli bianchi arruffati e resi grigi dallo sporco.
- Chi diavolo è quello? - bofonchiò in direzione di Sirius, ma rivolgendosi a Gellert.
- Un cacciatore di mostri; è qui per prendere la cosa che ha ridotto in quel modo le tue capre.
Il vecchio allevatore distese allora il volto corrucciato, uscendo per guidarli.
- Quella maledetta bestia, stanotte ne ha quasi ammazzata un'altra! E dire che avevo usato il veleno apposta... -
- La cosa? Quella bestia? Avevi parlato di un gruppo... - lo interruppe Sirius, voltandosi verso il capo.
- Aberforth dice che è uno solo, ma non ne siamo certi. - replicò questi, stringendo le labbra in una smorfia.
- Te lo dico io che è uno solo, vecchio rimbambito! Me ne accorgerei, dannazione, se un intero branco di quei mostri venisse ad attaccare le mie capre, senza contare che non si accontenterebbero di prenderne una alla volta- sbottò il diretto interessato, scoccandogli un'occhiataccia. -E poi, c'è solo una serie di impronte che va dalla foresta al recinto.
- Se è uno solo, allora non può essere uno di loro; non cacciano mai da soli- commentò Sirius, che cominciava a pensare che tutta quella storia fosse solo una grossa perdita di tempo. - Dov'è la capra che ha ferito?
- Da questa parte, da questa parte, - disse Aberforth, facendogli cenno di seguirlo.
Le capre rimaste scorrazzavano tranquille nel recinto, belando e pascolando ignare delle preoccupazioni del loro padrone.
I tre uomini le oltrepassarono, diretti ad uno spiazzo dove la capra in questione era legata da sola, e tremava leggermente nonostante il sole.
- Era una gran bella capra, prometteva di venire su bene, - borbottò contrariato l'allevatore.
Sirius si avvicinò, accovacciandosi davanti all'animale per esaminarlo; una delle gambe era fasciata e tremava più delle altre, e la fasciatura era sporca di sangue; osservò bene anche il collo, dove passò un dito che si sporcò di una sostanza ambrata e vischiosa.
- Non lo toccare, è veleno, - lo avvisò Aberforth. - Quella bestia ha azzannato al collo le altre, pensavo che avrei potuto ammazzarlo con quello. Invece il bastardo deve averlo capito, maledetto, e l'ha azzannata alla gamba... questa poveretta si è messa a urlare, io sono uscito per dare una lezione a quel parassita, ma il maledetto vigliacco è scappato via appena mi ha sentito, ho visto solo che se ne tornava laggiù. -
Indicò un punto dove gli alberi si aprivano in un piccolo sentiero; lungo la distanza che andava dal recinto alla foresta, due serie di orme erano ancora impresse nel terreno.
Sirius si chinò brevemente, strisciando il dito sul terreno per ripulirlo e scrutando attentamente quelle tracce, prima di rialzarsi e seguirne il tragitto, senza curarsi troppo dei due uomini anziani che non riuscivano a tenere il passo con la sua camminata impaziente.
Quelle tracce arrivavano dalla foresta e tornavano indietro nella direzione opposta, dunque doveva trattarsi della stessa creatura, constatò Sirius, prima di calpestare qualcosa; fu un suono simile a quello di ramoscelli spezzati, ma più secco, e quando rialzò il piede vide sparsi per terra parecchi frammenti multicolori.
Guardando meglio, si accorse degli altri oggetti sparsi lì accanto: alcuni piccoli crocefissi, due uova dipinte a colori vivaci (che gli fecero intuire la natura dell'oggetto accidentalmente distrutto) e una ghirlanda di fiori d'aglio.
Simboli sacri o scaramantici; per allontanare il demone, pensò Sirius, senza riuscire a trattenere un sorrisetto sardonico.
- Ora sei convinto? - gli chiese Gellert, raggiungendolo; Aberforth era rimasto indietro, senza seguirli.
- È molto strano... -
- Cosa? -
- Riconosco quelle orme, non esistono altre creature che ne lasciano di simili... ma loro non cacciano mai da soli, men che mai fuori dalle loro foreste. Inoltre, i segni che ha lasciato su quella capra sono anomali, e non avrebbe avuto motivo di fuggire per l'arrivo di un vecchio solo e isolato, che avrebbe facilmente ucciso.
- E allora di cosa può trattarsi?
- Non ne ho la minima idea - ammise Sirius con una smorfia; non gli piaceva l'idea di andare incontro all'ignoto.
- Che cosa intendi fare, dunque?
- Posso provare a scoprire di cosa si tratta, ed ucciderlo; esigerò lo stesso compenso, naturalmente, dato che non so neppure a quali rischi vado incontro.
Gellert strinse le labbra, ma non replicò.
- Oppure potreste mettere qualcuno a guardia di questo sentiero, - propose Sirius, con un'alzata di spalle.
- Inutile, nessuno vuole farlo; credono tutti che si tratti di loro, e chi non lo crede ne attribuisce la colpa ad un demone, - disse Gellert con amarezza, facendo un ampio gesto con il braccio per accennare agli amuleti disseminati per terra.
Sirius non commentò; non era la prima volta che le malvagità delle bestie che cacciava venivano attribuite a creature immaginarie: demoni, vampiri, lupi mannari, naga,... se anche da qualche parte esistevano davvero quei mostri leggendari, lui non li aveva mai visti, quindi non se ne preoccupava.
- Portami ciò che sta devastando il mio villaggio, straniero, ed io ti ricompenserò generosamente.
Una bestia mai vista prima, sconosciuta...
Sirius incurvò le labbra in un sogghigno divertito.
Avrebbe accettato, e non solo per i soldi.
Remus si avvicinò al villaggio con cautela, memore degli avvenimenti della notte prima.
Per poco non era stato attaccato dal vecchio uomo che proteggeva le capre, e per quanto potesse essere vecchio Remus sapeva che gli uomini avevano lame e fuoco e ramoscelli appuntiti e dolorosi, e ricordava ancora la volta che uno di loro aveva quasi incendiato la sua foresta per cercare di ucciderlo.
Meglio stare lontano dagli uomini, meglio non essere visti; per quanto fossero così simili non erano certo gentili verso di lui, e lo chiamavano “mostro” o “demone”, e quando lo chiamavano così i loro piccoli gli lanciavano sassi addosso e le loro femmine stridevano come le aquile che vivevano sulle montagne, ma i maschi adulti lo attaccavano con le loro armi per ucciderlo.
Raggiunse la fine del sentiero, dove alcuni sassi brillanti rilucevano alla luce della falce di luna.
Remus si fermò ad osservare quei nuovi doni, arricciando il naso con una smorfia.
Un odore strano, sconosciuto...
Sfiorò con delicatezza i frammenti di una di quelle strane uova sparsi per terra, raccogliendoli in una mano e portandoseli alla bocca, facendo saettare fuori la lingua per saggiarli.
Sconosciuto, pensò, estraneo. Forse pericoloso.
La creatura che lo aveva rotto non era un uomo del villaggio, anche se l'impronta che aveva lasciato era simile; l'odore che aveva lasciato era diverso, il sapore era diverso, dunque doveva trattarsi di qualcuno di diverso.
Pericoloso?
Si sporse appena, dondolando la testa, dubbioso.
Le capre dormivano nel recinto, immobili e silenziose, ricche di delizioso cibo, ma quell'odore lo confondeva.
Si avvicinò lentamente, avanzando sull'erba per non fare rumore; il vento soffiava dalla parte sbagliata, non gli avrebbe portato l'odore di una minaccia nascosta, dunque doveva agire con attenzione.
Raggiunse il recinto di legno, issandosi con le braccia per appollaiarvisi in cima, e sporse la testa verso gli animali addormentati.
Puzza di veleno, di nuovo.
Sospirò, contrariato; se non poteva attaccarle al collo si sarebbero svegliate, avrebbero fatto rumore e l'uomo sarebbe arrivato prima che potesse sfamarsi.
Cibo, pensò, trattenendo un gemito lamentoso; aveva fame, e la notte prima non era riuscito a cibarsi a sufficienza.
Cacciare nella foresta era più difficile, di notte, e le prede erano più piccole; quando aveva cominciato ad avvicinarsi al villaggio era stato per la facilità con cui aveva scoperto di potersi sfamare.
E poi erano arrivate le trappole, che aveva fiutato prima ancora di vederle, e poi gli strani doni lasciati ai limiti della foresta.
E dopo ancora il veleno.
Forse sarebbe stato meglio tornare indietro; se quell'uomo si fosse arrabbiato, avrebbe tentato di nuovo di bruciare la sua casa?
Era ancora immobile quando sentì i rumori.
Un calpestìo rumoroso e la voce di uno dei loro piccoli...
Si voltò di scatto, e fu la sua fortuna: uno di quei ramoscelli affilati volava dritto verso di lui con un sibilo minaccioso, costringendolo a balzare via con tanta urgenza che ruzzolò per terra; recuperò l'equilibrio in fretta, slanciandosi verso il sentiero con rapidi balzi a zigzag, più simile ad una lepre che ad un predatore.
Stupido, stupido! Che razza di rischio! Aveva visto altre creature uccise o ferite da quella specie di aculei, contorcersi grottescamente e lamentarsi come per un morso velenoso, per essersi avvicinate troppo agli uomini; e ora aveva rischiato di fare la stessa fine!
Si addentrò a fondo nella foresta, più a fondo che poté, ignorando i doni lasciati per terra ma ricordando quell'odore strano e sconosciuto quando li oltrepassò.
Pericolo!
- Maledizione! - imprecò Sirius, scagliando a terra la balestra.
- S... scusami... io... - balbettò il ragazzino, arretrando spaventato.
- Dannazione, ragazzo, cosa diamine ti è venuto in mente!? Ancora poco e l'avrei preso!
- I... io... mia madre mi ha fatto portare d... da mangiare... pensavamo... che fosse stanco e... mi dispiace...
- Mi sei costato ben due sacchi di monete! Al diavolo tu e il tuo cibo! - esclamò il cacciatore, rovesciando con violenza il contenuto della cesta e allontanandosi a grandi passi, fermandosi solo a riprendere la sua arma.
Il ragazzo rimase immobile, spaventato; quel forestiero irascibile gli parve in quel momento più temibile di qualsiasi bestia.