Titolo: Made a meal out of me, and come back for more. 6/? (sequel di
Then get ready for the night line)
Autore:
weeping_iceFandom: Supernatural
Pairing/Personaggi: Leviathan!Dean/Dean, Sam/Dean
Rating: arancio (16+)
Beta/Reader: no
Words: 3077
Warning/Spoiler: spoiler settima stagione, AU 7x06 “Slash fiction”, self!cest, incest, mpreg, parto
Riassunto: AU di "Slash fiction", Dean e Sam vengono catturati dai loro cloni e... Be', diciamo solo che non ne escono indenni.
Disclaimer: i personaggi non mi appartengono... No, seriamente, qualcuno credeva il contrario? Per tutte le informazioni del caso rivolgetevi a Kripke che maltratta meglio di me i piccoli.
Note: colpa di
sepherim_ml, con cui ormai è nata un'associazione a delinquere di prompt e fill... diciamo un pelo sopra le righe XD. Questa sarà la mia prima storia a capitoli e spero venga fuori bene.
Il titolo viene dalla canzone “You shook me all night long” degli AC/DC.
E basta, io continuo questa storia perché il mio amuuuur me lo chiede XD e perché mi piace vedere Dean mamma.
<< Capitolo precedenteQuando Bobby era finalmente tornato, Dean aveva fatto di tutto per evitarlo. Prima c'era stata l'influenza di Adam, poi la dentizione dei gemelli e i loro primi passi... capitomboli, sarebbe certamente stata la definizione più corretta.
Sam strinse un bullone vicino al carburatore e si ripulì le mani dal grasso. Non aveva idea di cosa stesse facendo e nemmeno se quel vecchio macinino sarebbe mai tornato a correre, ma aveva bisogno di tenere le mani occupate con una qualsiasi attività. Se si fermava, poteva ancora sentire i capelli di suo fratello tra le sue dita...
« Papà ».
La vocetta eccitata sembrava provenire tutt'intorno a lui, mentre due piccole manine gli si aggrappavano alla gamba dei jeans. Da quando i gemelli avevano cominciato a muoversi liberamente per la casa, Adam aveva preso l'abitudine di uscire con lui nel piccolo cortile, trascinandosi dietro un pesante e lercio orso di peluche che Bobby aveva ritrovato in qualche scatolone in soffitta.
Sam era convinto d'aver giocato spesso da piccolo con quell'orso, ma non l'aveva mai usato per dormire: non aveva mai passato una notte fuori dal letto di Dean, perché utilizzare un orso?
Lanciato lo straccio sul cofano, si chinò sul piccolo. « Mamma sa che sei uscito? » chiese, sistemandogli la giacca a vento. Certo, cominciava a fare abbastanza caldo, ma Dean era ancora irremovibile su quell'indumento, guadagnandosi così i rimbrotti di Bobby e le prese per il culo dei cacciatori che, occasionalmente, ancora incrociavano.
« Mama è con Boby e Ellen » borbottò il bambinoper giustificarsi, quasi la cosa fosse un peccato contro l'umanità.
« Be', tu sei il fratello maggiore » gli rivelò lentamente Sam, calcando su quell'aggettivo per dargli importanza. « Dovresti dare una mano alla mamma badando ai tuoi fratellini ».
Esattamente come Dean aveva fatto con lui quando erano piccoli. Chissà se Mary e John aveva mai approfittato di tutte quelle ore che il fratello passava con lui...
No, Dean era stato la sua mamma, non un semplice fratello maggiore. E non voleva crederlo solo per evitare orribili immagini.
« Ma sono piccoli ».
« Proprio per questo dovresti dare una mano alla mamma » riprese Sam, scompigliandoli i riccioli dorati. Si era stupito quando Dean non aveva accennato a tagliargli i capelli, ma forse era un ultimo, vano tentativo di distinguerlo da sè. Cosa inutile, visti gli occhioni verdi sgranati e le lunghe ciglia del piccolo Adam. « Tu sei quello grande che deve essere responsabile ».
E magari così lui avrebbe potuto trascorrere qualche ora in pace col fratello, soprattutto ora che accennava ad "approffondire" il loro rapporto. Adorava i bambini, ma da quel pomeriggio nello studio di Bobby l'immagine di suo fratello in ginocchio, o, che dio lo aiutasse, su un letto con le gambe aperte, lo tormentava; non aveva dovuto lavare così tanti boxer e lenzuola da quell'estate passata in Florida.
Il pomeriggio era ancora caldo e soleggiato e le auto dietro di lui aspettavano solo d'essere riparate. Avrebbe dovuto essere Dean quello piegato su quei motori, sporco di grasso fino ai gomiti e con la maglietta incollata alla schiena per il sudore, ma i gemelli avevano la precedenza su qualunque cosa.
Era naturale, si ripeteva, mentre il sole gli bruciava la nuca e la schiena quasi si spezzava, ed era giusto che fosse così.
Sam fissò ancora lo sguardo sul piccolo immobile accanto a lui, prima di afferrare una sedia e portarla davanti al cofano aperto. « Ma prima, perché non mi aiuti a riparare questa bestia? » disse con fare complice, allungandogli una chiave inglese, ormai inutilizzabile.
L'urletto eccitato di Adam e la visione delle sue piccole dita, indaffarate fra chiavi inglesi e bulloni, fu sufficiente a stampargli un sorriso in faccia. Dean era riuscito a trasmettere perfino la passione per le auto e i motori ai loro bambini.
Merda, avrebbe dovuto proibirgli di leggere loro "Quattro ruote" prima di metterli a letto.
Dovevano aver lavorato per almeno un'ora, e finalmente Adam aveva convinto Sam a togliergli quella giacca, quando l'abbaiare concitato di Rufus riempì l'aria, seguito dalla voce tonante di Bobby.
Il vecchio cacciatore sostava a pochi metri da loro, i vestiti ancora lerci per la caccia appena conclusa e diversi ematomi e graffi in volto. « Hey, scimmietta ».
E fortuna che Dean era in casa. Odiava che chiamassero i suoi bambini con nomignoli idioti, esattamente come aveva sempre odiato avere soprannomi infantili.
Finalmente libero dalla giacca e senza troppi problemi, Adam scese di corsa dalla sedia e si precipitò tra le braccia del suo "nonno adottivo", nascondendo la testa contro il suo collo e premendosi contro la folta barba.
Dannazione, quel bambino era un vero ruffiano. Tutto sua madre... o suo padre.
Bobby strinse il piccolo corpicino contro il suo petto, lanciando uno sguardo all'unico occupante adulto del giardino. « Allora, mammina è ancora impegnata con i gemelli? »
« Cazzo, Bobby! »
E no, Dean non si era precipitato sul portico appena sentiti gli appellativi, reggendo tra le braccia un Bobby John decisamente assonnato. Sam avrebbe pagato qualsiasi cifra per avere una macchina fotografica in quel momento.
« Dovresti metterlo a letto ».
Dean alzò appena la testa. Sam lo fissava dallo stipite della porta, le braccia incrociate al petto, coperto solamente da una maglietta sformata e lisa degli Iron Maiden che avevano preso all'ennesimo concerto di una cover band semi sconosciuta.
Ricordava benissimo il giorno in cui gliela aveva regalata, poche settimane prima che partisse per il college: erano nell'Indiana, e papà era sparito come sempre per qualche caccia, lasciandoli con pochi soldi e troppe raccomandazioni; una delle poche volte che Sammy era venuto in un parco pieno di ubriachi senza protestare.
Il bimbo tra le sue braccia si agitò appena, probabilmente infastidito dalle voci intorno a lui, e nascose il volto contro il suo petto.
« Si sveglierebbe entro pochi minuti » mormorò, aggiustandosi Bobby John tra le braccia e accarezzandogli i riccioli scuri. Almeno qualcosa di papà l'aveva, evidentemente. « Si sveglia sempre quando lo metto nel suo lettino ».
« Perché corri da lui al primo pianto ».
E no, Sam non aveva usato gli stessi trucchi da bambino per ottenere le attenzioni del fratello maggiore, aveva fatto ben di peggio.
L'orologio digitale segnava ormai le due e Dean non sembrava voler alzarsi da quella sedia a dondolo e tornare nella loro camera, cosa non così insolita in quelle ultime settimane. Ormai Sam poteva dirsi sicuro che il fratello lo evitasse o, quanto meno, cercasse di non trovarsi solo con lui.
Se non ci fosse stato Adam a ricordarglielo di tanto in tanto, avrebbe giurato che quella fuga nello studio di Bobby fosse l'ennesimo parto della sua mente instabile.
Bobby John si accucciò meglio tra le braccia del maggiore dei Winchester e Sam decise di prendere in mano la situazione, un po' per il bene del piccolo, che doveva imparare a dormire da solo, un po' per quello suo e del fratello.
Cautamente si avvicinò alla sedia, fino a sporgersi dallo schienale. « Coraggio mammina » sussurrò, togliendogli il bimbo dal grembo, per poi adagiarlo accanto alla sorella. « Sopravviveranno senza di te per una notte ».
O forse avrebbero pianto fino a spaccarsi polmoni e perforare loro i timpani, ma qualcosa bisognava pur tentare.
Tra le sue braccia, Bobby John si era agitato, evidentemente disturbato dal cambio di giaciglio, e Sam poteva sentire lo sguardo omicida del fratello bruciargli la schiena. Che fosse per l'appellativo "mammina" o i mugugnii infastiditi del suo secondo genito, questo era tutto da vedere.
« Non dire stronzate, Samantha » borbottò, scostando le tende e spostando con le dita i granelli di sale sul davanzale. « Non certo una mammina con il suv ».
Un vero peccato che stesse controllando anche gli amuleti e i talismani sotto le lenzuola dei gemelli, mentre lo diceva. No, non poteva assolutamente risultare credibile.
La culla e quella cameretta erano coperte interamente di sale e ferro, diverse trappole del diavolo erano disegnate sul pavimento e il soffitto, mentre simboli enochiani e amuleti costellavano le pareti tinte di giallo pallido e interrompevano la greca di oche e coniglietti che Sam aveva voluto. Se Bobby non avesse minacciatto di riempirgli il culo di sale grosso, Dean avrebbe stabilito la camera dei bambini nella stanza antipanico. Così, giusto per sicurezza.
Non che Sam ricordasse molto della sua prima infanzia, ma era sicuro che perfino papà, paranoico com'era, non fosse così apprensivo.
Ecco, forse Dean era piuttosto normale.
Quell'idiota stava ancora esaminando le misure di sicurezza della cameretta e Sam lo avrebbe volentieri preso a calci nel culo, quando Dean gli si avvicinò.
« E se dovesse entrare qualcosa? »
Oh no, non era suo fratello quello che fissava dubbioso la culla con una lieve nota di panico nella voce.
Merda, se solo qualche giorno prima avesse controllato meglio gli incantesimi di protezione intorno alla casa, ora non sarebbero in questa situazione. Certo, non era colpa sua se quel leviatano aveva quasi superato il portico, ma si era sentito decisamente sollevato quando Bobby lo aveva investito con una doccia di detersivo concetrato.
« Veramente io sono più preoccupato delle pistole e del machete che ti ostini a tenere vicino ai loro letti » ribatté divertito Sam, rimboccando le coperte ai piccoli. Bobby John, quasi trovasse rassicurante il calore di un altro corpo, si rannicchiò contro la sorella.
Accidenti, questo avrebbe proprio voluto sapere da chi avesse preso un simile atteggiamento. O forse no: certe immagini è meglio risparmiarsele.
Finalmente i bambini sembrarono sistemati e Sam si voltò verso suo fratello. Dean guardava i bambini quasi fossero il suo ultimo appiglio.
« Abbiano la trasmittente in camera » mormorò, passandogli una mano intorno alla vita e poggiandola alla base della schiena. Dean non lo avrebbe mai ammesso, ma quasi si scioglieva per i movimenti circolari e lievi che appena gli sfioravano le natiche. « Dovessero svergliarsi, li sentiremmo. Come sempre ».
E probabilmente Sam sarebbe accorso prima che Dean potesse svegliarsi perché, per quanto Lucifero potesse ridere di lui e della cosa, se suo fratello non sentiva i bambini, sarebbe certamente rimasto a letto, con lui.
Che poi lui tendesse a "molestare" il corpo inerme di Dean nel sonno, questo era un'altra storia. E se Dean non si svegliava, voleva dire che si fidava di lui e non gli dispiacevano certi trattamenti.
« E poi » riprese, sfiorandogli il collo con le labbra. Il profumo di polvere da sparo, pelle, sudore e borotalco, di Dean, gli invase la mente. « Ho una bottiglietta di olio di là con il tuo nome sull'etichetta ».
« Ti prego, dimmi che non hai preso di nuovo uno dei tuoi olii da femminuccia ».
« Ice Love, alla menta ».
E no, non si stava immaginando lo sbattere di ciglia e il sorriso di sfida. O forse sì, ma poteva fregarsene. « Fantastico, quindi domani sembrerò una mentina ».
Peccato che, a dispetto di quel suo sorriso derisorio, Dean stesse inarcando la schiena, spingendosi contro la sua mano. Cazzo, era veramente una puttanella.
Stava per rispondere, quando il fratello si liberò della sua presa e si diresse verso la porta. Per un attimo Sam pensò Bobby stesse arrivando per controllare a sua volta i bambini, ma Dean rimase immobile sulla soglia, appoggiato ad uno stipite con indosso solo una maglietta grigia e un paio di boxer, una mano piantata sul fianco.
L'aveva visto un'altra volta così, tanti, troppi anni fa. « Prima di notte, Sammy ».
Sam dovette afferrarsi l'uccello, aggiustandolo perché giacesse più dolcemente contro la cucitura interna della gamba sinistra dei suoi pantaloni, prima di fare un solo passo.
Dean camminava davanti a lui, grattandosi distrattamente la nuca, tendendo la stoffa sui muscoli delle braccia e della schiena.
Cazzo, la camera non era mai sembrata tanto lontana.
Non era successo veramente. Non poteva essere veramente successo. Non poteva essere stato tanto fortunato.
Sam strinse un paio di bulloni vicino al carburatore e si asciugò alla meglio il sudore dalla fronte.
No, non poteva essere veramente un tale, dannato, fortunato figlio di puttana.
E dannazione, suo fratello era veramente senza vergogna.
Appena erano entrati nella camera, finalmente libera dai manoscritti e dalle armi, Dean aveva buttato la maglietta sul pavimento e si era gettato sul letto, prono e con le gambe appena allargate. Sam era rimasto per un minuto ai piedi del letto a contemplarlo.
Merda, non aveva mai notato come quei boxer lisi si tendessero sulle sue natiche, lasciando intravedere la pelle sottostante. E lui aveva passato ore e ore della sua vita a rimirare Dean, grazie tante.
Il pomeriggio era particolarmente caldo e da ore lavorava solo nel giardino. Be', quasi solo; Rufus sonnecchiava sotto un vecchio pick up, sbattendo le zampe sul terrenno poveroso, uggiulando e abbaiando. Probabilmente sognava di inseguire un gatto o un coniglio.
Oh, Dean era stato ben più rumoroso di quel vecchio sacco di pulci ieri sera. E se non avesse saputo fosse impossibile, avrebbe giurato stesse facendo le fusa, mentre gli afferrava saldamente i fianchi e muoveva le dita sulla pelle.
Sam gli si era seduto a cavalcioni, l'erezione premuta contro il suo sedere e le cosce contro la pelle calda dei suoi fianchi, mentre il tubetto d'olio giaceva abbandonato accanto a loro sul letto.
« Oh, Sammy ».
E sì, suo fratello gemeva veramente come una pornostar. Avessero avuto un film in sottofondo, nessuno avrebbe saputo dire le differenze.
Dalla finestra provenivano le risate dei bambini e le urla irritate di Dean che cercava di radunarli per la merenda. Attraverso le tende poteva intravedere il profilo forte della mascella e lo sguardo duro dell'uomo che la notte prima di abbandonava completamente a lui e al suo tocco.
Aveva immaginato per anni quel momento e nelle sue fantasie quel messaggio era sempre un preludio a qualcosa di molto più grosso, qualcosa che avrebbe richiesto una doccia e un bel po' di riposo.
Aveva preso una discreta quantità d'olio, scaldandolo fra le mani, prima di poggiarla sulla pelle di Dean e cominciare a muoversi. L'ultima volta che l'aveva fatto, sotto di lui c'era Jessica con indosso un paio dei suoi boxer e avevano appena finito il corso per massaggi, un regalo dei loro amici per l'anniversario.
Ricordava bene quella sera; aveva messo nello stereo un cd di Litz e l'olio odorava di cannella e arancia, caldo e solare come la California, come la ragazza sdraiata sotto di lui sembrava promettergli un lungo accesso al suo seno.
Ieri sera.... oh, ieri sera la stanza era innondata di menta e tra le sue coscie aveva i fianchi stretti e scattanti di Dean Winchester. Sotto alle sue mani poteva sentire la tensione muscolare che anni di caccia e vita sulla strada avevano lasciato su quel corpo.
Aveva cominciato massaggiandogli le spalle, lentamente, premendo contro le scapole e la base del collo, scendendo poi lungo la schiena e pregustando l'accenno dei pettorali. Quando lo avrebbe convinto a girarsi, avrebbe toccato e pizzicato per ore i suoi capezzoli perché era sicuro che quelli di Dean fossero straordinariamente sensibili.
Dean si agitava appena sotto le sue dita, spingendosi contro i suoi palmi e affondando la testa nel cuscino. I suoi fianchi si alzavano, sfiorandogli l'uccello ritmicamente e facendogli letteralmente saltare un battito, mentre con le dita gli circondava i fianchi e sfiorava poi la linea delle vertebre.
« Dean? »
« Uhm? »
E no, su fratello non stava gemendo come una cagna in calore...va bene, lo faceva. E a lui ribolliva il sangue, pensando a quante cameriere potessero averlo visto così.
Sam gli sfiorò la nuca con un bacio, infilando le dita nell'elastico dei boxer, accarezzando e graffiando appena la fossetta sopra le natiche. « Dovrei toglierteli. Per continuare ».
E a quel punto si era aspettato proteste, dinnieghi, perfino calci in culo e pugni, invece Dean aveva mugugnato qualcosa, alzando semplicemente i fianchi per farsi togliere i boxer. Cristo, non c'era da meravigliarsi rimorchiasse ovunque.
La stoffa era fredda nella sua presa, ma la pelle contro le sue nocche invece sembrava bollente. Se avesse guardato bene, avrebbe potuto quasi contare le lentiggini e le cicatrici che costellavano la schiena del fratello maggiore da quanto era vicino.
Aveva appena gettato la bianchieria a terra, quando quel coglione gli sventolò, letteralmente, il culo sotto al naso.
« E ora vedi di non fermarti, puttana ».
« Fesso ».
E no, bisticciare come quando erano bambini, mentre le sue mani afferravano saldamente le natiche di Dean e le strizzavano non lo disturbava, grazie tante.
Bobby aveva ragione, evidentemente erano entrambi fottuti ben prima di incontrare i leviatani.
Erano andati avanti così quasi per due ore; Sam gli massaggiava le gambe, concentrandosi sulle cosce e sfiorandogli casualmente le palle, mentre Dean si agitava sotto di lui, premendogli il culo contro l'uccello.
Se non avesse giurato di controllarsi per il bene di quel coglione, lo avrebbe già voltato e se lo sarebbe scopato. Invece si era accontentato di quei tocchi occasionali e di vederlo sotto di sè, delle sue natiche premute per pochi istanti con la sua erezione.
Presto, molto presto, avrebbe avuto altro. Quando Dean non fosse stato così incasinato, continuava a ripetersi, quando il ricordo dell'altro sé non fosse stato tanto vivo.
L'esperienza con i leviatani era ancora troppo recente per tentare qualcosa di più. Sam se l'era cavata con contusioni e un taglio alla moicana, ma Dean... Dean si era ritrovato con tre bambini e l'orribile ricordo si una sessione di solitario in due; certe volte si svegliava ancora nel cuore della notte per vomitare perfino l'anima e nei primi mesi Sam aveva veramente temuto di trovarlo poi sulla culla dei bambini, una pistola carica fra le dita e pronto a sparare.
« Bobby, lascia in pace tua sorella ».
Sam sorrise, afferrando una pinza. Solo il cielo sapeva cosa Bobby avesse mai fatto alla sorella, ma sicuramente centravano Dean e le attenzioni che quelle piccole pesti si contendevano come fossero affamati davanti ad un buffet gratuito.
La porta della piccola abitazione sbatté e Dean procedette a passo di carica verso lui. Doveva aver lasciato ancora una volta i bambini con "nonno Bobby", scappando per cercare un po' di pace.
«Ti prego, ricordami perché non li abbiamo dati in adozione » mormorò con voce stanca, abbandonandosi contro il paraurti.
« Perché sono delle pesti adorabili » perché tu sei adorabile, avrebbe voluto aggiungere, ma ci teneva alle palle. « Cosa hanno combinato stavolta? »
Dean lo fissò per un attimo, prima di scuotere la testa, rassegnato. Qualsiasi cosa avessero fatto, non era poi così importante.
« Sai una cosa, Sammy? » riprese, osservandolo lavorare su quel motore. « Stasera usciamo e ce ne andiamo in un bar a giocare a biliardo ».
Certo così Sam avrebbe dovuto prendere a pugni chiunque gli avrebbe guardato il culo e Bobby li avrebbe spellati per averlo abbandonato con i bambini. Eppure Dean era così felice, cosa che non gli capitava da tanto tempo, e finalmente voleva uscire...
« Quanti fessi possiamo spolpare in quattro ore? »
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