Titolo: De carmine cruoris
Fandom: Harry Potter
Personaggio: Fenrir Greyback
Genere: angst
Avvertimenti: violenza... e basta
Conteggio parole: 459
Disclaimer: i personaggi non mi appartengono (ma 'va?), chiedete informazioni a JK Rowling per qualsiasi cosa.
Sommario: [...] forse il branco non aveva bisogno di un nuovo cucciolo, forse avrebbe potuto staccargli la carne dalle ossa e gustare fino in fondo quel dolce sapore. [...]
Note autore: Prima o poi dovevo iniziare anche questa tabella ^^”
Tabella:
qui La luna quella sera non getta nessuna luce sul viottolo che costeggiava il paese, ma era lì e sicuramente il suo lato umano l'avrebbe vista rossa e brillante, esattamente come dovevano essere quelle piccole pozze di sangue che aveva creato sul selciato.
Fenrir lappò una di quelle pozze rosse, passandosi poi la lingua sulle labbra; poco distante da lui il nuovo cucciolo si stava ancora agitando, stringendosi la spalla sinistra e lamentandosi per il dolore delle ferite.
La bestia fissò per qualche secondo il debole essere. Certo era ancora in forma umana, e avrebbero dovuto aspettare la prossima luna piena perché completasse la trasformazione, ma lo considerava parte del branco da quando aveva affondato le zanne nella carne tenera, ancora ricca del grasso infantile.
Quell'idiota avrebbe rimpianto il giorno in cui aveva insultato Fenrir Greyback.
Il piccolo piangeva e il lupo leccò le ferite, sperando di quietarlo: l'ultima cosa si cui aveva bisogno era un gruppo di umani inferociti alle costole. Improvvisamente un forte sapore dolciastro lo travolse completamente, facendogli dimenticare perfino la vendetta e il branco: la preda era giovane, probabilmente era ancora quello che gli sciocchi umani definivano “bambino”, lo poteva sentire in quel gusto inebriante e dall'odore forte del sangue.
D'istinto bloccò con le zampe le piccole braccia, passando lentamente la lingua sui bordi del morso. Sotto di lui poteva sentire il piccolo cuore pompare più velocemente e il respiro accelerare, ma non avrebbe saputo dire se il cucciolo avesse sgranato gli occhi, concentrato com'era nel ritrovare e conservare quel sapore sulle proprie labbra; da tempo non gli veniva concessa una preda tanto prelibata e aveva ogni intenzione di goderne appieno.
Il suo muso era lordo di quel fluido rosso e dei piccoli pezzi di carne giacevano oscenamente sul pelo scuro, mentre le sue orecchie erano piene di quel battere ritmico ed eccitante. Adorava i bambini, il loro sangue aveva sempre quel retrogusto zuccherino che inebriava i sensi e il loro cuore si faceva sentire più di quello degli adulti. Il fatto che fossero dei cuccioli perfetti, poi, era solo un coronamento della battuta di caccia.
Fenrir mugolò mentre le sue zanne affondavano ancora nella tenera carne e la bocca gli si riempiva di quel sangue dolce; forse il branco non aveva bisogno di un nuovo cucciolo, forse avrebbe potuto staccargli la carne dalle ossa e gustare fino in fondo quel dolce sapore.
Improvvisamente un lume fu acceso nella casa vicina e il lupo si riscosse. Velocemente alzò il capo; una donna stava correndo fuori dalla casa, non c'era tempo per prendere il bambino.
Con un balzò si lanciò tra i primi alberi. C'era da sperare che quella femmina rimanesse con il cucciolo e non lo inseguisse, strega o meno.
“Mio Dio. John, corri!” sentì urlare la donna, mentre spariva nel folto della boscaglia.