Nov 10, 2012 18:09
Ore vigili e stanche, agonizzate nel verde pallor della lampada in ozio apparente / Udendo la vita degli altri di fuori nel sonno per morbidi gradi piegare: / In pace moti d'uomini e macchine con voci più lunghe e più rade si cerchiano di lontananza, / Finché solo più singhiozzano al buio fischi brevi e spersi di treni.
Così l'incipit di Lampada verde di Fausto M. Bongioanni (1902-1979), che sembra un preciso impressionismo del qui di quindici minuti fa (sarebbe infatti inesatto chiamarlo 'qui e ora'). Sera di novembre, decadente nei pensieri, liberty nelle azioni, déco negli excursus arabescati in cui si crogiola l'attenzione, di là dal monitor, verso altre stanze intraviste con le loro ombre che si spandono quasi percettibilmente gassose, come misteri ingloriosi che si accaniscono sul familiare, maionesi e sanguinose in un action painting di Pollock.
Gli stimoli acustici sono affidati a un Gould che smembra sonate e le inamida, le meccanizza, via il pedale di risonanza, tutto in fuga il pianoforte-carillon. Fuori, ogni industria, esaminata da vicino, appare eradicata, alberi con radici fluttuanti in un vuoto pneumatico. Le foglie cadute sul terrazzo mi sono di conforto coi loro colori autunnali, ricordi di natura madre.