Titolo: “Mind lies”
Fandom: Mou ichido kimi ni, propose
Personaggi: Tanimura Yuki
Pairing: Haruki
Warnings: One Shot, Slash
Word Count: 692
fiumidiparoleRating: G
Prompt: “Tu lo odi, vero?” “Vorrei riuscirci. Mi limito ad amarlo a distanza.” (
simph8); Malessere
NdA: Storia scritta per la challenge
think_angst, per il set Stati d’animo e per la V Notte Bianca di
maridichallenge.
~ Mind lies ~
Quella mattina, al suo risveglio, Yuki si era sentito orribilmente.
Aveva impiegato qualche secondo ad individuare la causa di quel malessere.
Ma quando si era avvicinato alla finestra e aveva aperto le imposte, la luce del sole diretta negli occhi aveva bruciato così tanto da non lasciargli il minimo dubbio: era reduce da una sbornia con i fiocchi.
Si avviò con passo strascicato verso il bagno, sciacquandosi il viso fino a quando non fu nuovamente in grado di vedere oltre alla patina opaca sui propri occhi, e cominciando a ripercorrere la serata precedente.
Ricordava di essere entrato in quel bar.
Sì, questo se lo ricordava.
E poi aveva incontrato quella collega di Haru, Katsura.
Che cosa diamine era successo, dopo?
Aveva bevuto, certo. Si erano messi a parlare.
Yuki fece una smorfia, tornando nella sua stanza e accostando le imposte, prima di gettarsi nuovamente a peso morto sul letto.
La discussione era inevitabilmente finita su sua sorella e su Haru.
“Sei solo geloso... magari sei innamorato di lei!”
Ripensando alle parole della ragazza gli venne quasi da ridere, mentre la sera prima era certo di aver avuto una reazione ben più accesa di quella.
Aveva detto a Katsura che era lei quella innamorata di Haru, e dal suo sguardo gli era parso fin troppo chiaro di non essere andato molto lontano dalla verità.
Poi erano usciti da quel bar, si erano messi a camminare e avevano continuato a parlare.
Yuki aveva una pessima sensazione mentre cercava di ricordare le proprie parole, come se la sua stessa mente lo stesse mettendo in guardia, come se gli stesse dicendo che non voleva davvero ricordare cosa si fossero detti.
Ma la sua ostinazione lo spinse ad addentrarsi nuovamente su quel terreno spinoso, e cercò di seguire i passi di quella conversazione.
Haru, Haru, Haru.
Non avevano parlato d’altro, e lui si sentì prendere da una sorta d’irritazione che era certo aver provato anche la sera precedente.
“Tu lo odi, vero?”
La domanda di Katsura risuonò nella sua mente, facendolo quasi trasalire. Perché ora, alla luce del mattino, la risposta per lui era quasi scontata.
Certo che lo odiava. L’aveva odiato dal primo momento in cui l’aveva visto, non aveva mai smesso di odiarlo.
“Vorrei riuscirci. Mi limito ad amarlo a distanza.”
Yuki ebbe un improvviso conato di vomito, e improvvisamente comprese che quel malessere era ben più radicato in lui, che non era solo la sbornia, che non era l’alcool.
Era quell’ammissione che aveva fatto, quasi inconsapevolmente, anche a se stesso.
Perché aveva detto una cosa del genere?
Si mise seduto sul letto, passandosi una mano sulla gola come se respirare gli riuscisse difficile.
Mi limito ad amarlo a distanza.
Da quando in qua lo amava?
Non era possibile. Lui odiava Miyamoto Haru, avrebbe voluto che uscisse dalla loro vita, da quella della sorella, odiava anche solo il pensiero che loro due potessero tornare insieme, perché...
Il panico di Yuki aumentava di secondo in secondo, mentre cercava di contrastare le conclusioni alle quali era giunta la propria mente.
Amore?
Era davvero quello che gli faceva covare così tanto astio nei confronti del cognato, era davvero quello il motivo per cui aveva sempre detestato vederlo con la sorella?
Vorrei riuscirci.
E ci aveva provato, anche troppo a lungo, troppo per vedere poi i suoi sforzi cancellati da troppo sakè e da una dichiarazione che aveva sconvolto lui per primo.
Cercò di cancellare quella sensazione di malessere e di ripudio per se stesso dalla propria mente, e con essi di cancellare anche l’immagine del volto di Haru, ma non ci riuscì.
Poi si disse che, in fondo, non cambiava poi molto.
Il suo inconscio gli aveva detto che si limitava ad amarlo a distanza, e a questo si sarebbe attenuto.
Non cambiava niente per Yuki, non cambiava il modo in cui si sarebbe rapportato a lui, non sarebbe cambiato il modo in cui la pensava sul matrimonio con la sorella.
Si distese di nuovo, chiudendo gli occhi e crogiolandosi in quel buio che riusciva almeno in parte ad attenuare la sua emicrania.
C’era una bella differenza, invece.
Ora che era consapevole di amarlo, non sapeva quanto sarebbe stato in grado di continuare a rimanere in disparte.