Titolo: “And you will be alone”
Fandom: Ninkyo Helper
Personaggi: Izumi Reiji, Takayama Mikiya
Pairing: Izukiya
Warnings: Slash, One Shot, Het
Word Count: 1.022
fiumidiparoleRating: R
Prompt: “The undisclosed desires in your heart”, Voyeur
NdA: Storia scritta per la challenge
diecielode e per
mmom_italia, con il prompt del set Federica.
- And you will be alone -
Reiji non era particolarmente di buon umore, non quel giorno.
La sera prima era stato comunicato loro quale fosse la punizione per Mikiya e Yomogi, e lui non aveva potuto fare a meno di essere deluso.
Ci aveva sperato, non lo negava.
Aveva sperato che il boss Takayama prendesse dei provvedimenti più seri nei confronti della donna, che la facesse andare via da lì, che lui non fosse costretto a vederla mai più.
Eppure, per l’ennesima volta, il boss si era dimostrato fin troppo comprensivo nei confronti di entrambi.
Quella che doveva essere una punizione, era parso più uno scherzo di cattivo gusto, soprattutto per lui.
Per tutto il giorno era stato tormentato dal pensiero di Mikiya insieme a lei, chiusi da soli in quella dependance, e non aveva potuto fare a meno di figurarsi gli scenari peggiori.
Sapeva quello che provava il più piccolo per lei.
Sarebbe stato comunque difficile ignorarlo mentre vaneggiava sulla sua Riko-chan, su quanto gli piacesse, su quanto lo affascinasse, e su quanto fosse innamorato.
E ogni volta lui lo zittiva, gli rispondeva male o rimaneva in silenzio, continuando sempre a torturarsi le mani con le unghie per impedirsi di urlare, per controllarsi ed evitare di dirgli quello che pensava realmente.
Evitare di dirgli che lei non lo amava, che non lo avrebbe mai amato, che non meritava tutte quelle attenzioni.
Che c’era lui accanto, mentre Mikiya nemmeno si accorgeva di quell’amore, perché lui non avrebbe mai avuto il coraggio di dirglielo.
Reiji sospirò, passandosi entrambe le mani sul volto e facendo forza, come per cancellare quel tipo di pensieri dalla propria mente.
E poi non resistette più.
Uscì fuori dalla porta, dirigendosi a passo svelto verso la dependance.
Doveva sapere.
Doveva sapere che cosa stesse accadendo, doveva togliersi quel tarlo dalla mente, o sarebbe impazzito.
Yomogi non amava Mikiya, e quello era certo.
Ma non era dell’amore che lui aveva paura.
Entrò nella stanza attento a non fare rumore, lanciando uno sguardo veloce alla cucina, senza vedere nessuno.
Sentì chiaramente i battiti del proprio cuore accelerare il ritmo, impietosamente, mentre sempre più lento si avvicinava alla stanza di Mikiya.
E a quel punto, lo sentì.
Era un gemito lieve, soffocato.
Era la voce di Yomogi, non c’era alcun dubbio.
Izumi si morse un labbro, tentennando.
Sapeva che avrebbe dovuto andarsene. Sapeva che non era giusto rimanere lì, sapeva che gli avrebbe fatto ancora più male.
Sapeva tutto questo, eppure per qualche strano istinto autolesionista, spinse se stesso ad aprire leggermente la porta, e a guardare dentro la stanza.
Fu come un colpo al cuore, nonostante già sapesse quello che avrebbe visto.
Vide la schiena nuda di Mikiya, e la linea della colonna vertebrale che divideva a metà quelle scapole ampie, lisce. Perfette.
Vide i tendini delle braccia sotto sforzo, mentre cercava di tenersi su.
Vide i suoi fianchi, coperti dal lenzuolo, che si muovevano in modo sinuoso, lento, mentre lui reclinava la testa all’indietro, con gli occhi socchiusi ed un’espressione di puro godimento in volto.
E poi vide lei, e dovette di nuovo lottare contro se stesso per evitare di urlare.
Ebbe voglia di entrare in quella stanza, di strapparla via a quelle lenzuola e poi prendersi Mikiya, facendolo suo così come avrebbe dovuto essere.
E il pensiero di non poterlo fare lo feriva più di qualsiasi altra cosa.
Voleva andarsene, non essere più costretto a guardare, ma era come se non ci riuscisse.
C’era qualcosa di... magnetico, in quello che stava vedendo.
Se riusciva ad ignorare Riko, ad ignorare la sua presenza, la sua voce, le sue mani che si stringevano sull’uomo che lui amava...
Se ignorava tutto questo, rimaneva Mikiya.
Mikiya, come lui avrebbe sempre voluto vederlo.
Sentì la propria erezione cominciare a spingere contro la stoffa dei pantaloni, e quasi se ne sorprese.
Eppure non avrebbe dovuto essere così stupito.
Gli era capitato di masturbarsi pensando a lui, più volte di quante ne volesse effettivamente ammettere.
E averlo davanti a sé, intento a fare sesso, intento a godere, era più di quanto mai la sua immaginazione potesse elaborare.
Mordendosi un labbro, infilò una mano dentro i pantaloni, oltre i boxer, cominciando a toccarsi.
Si concentrò sul ragazzo di fronte a lui, escludendo tutto il resto dal suo raggio visivo.
Le mani del più piccolo si stringevano intorno ai fianchi della ragazza, stringendo forte, tanto da farle male, e Izumi pensò a come fosse sentire quelle stesse mani sul suo di corpo, spingendolo a fare forza quanto voleva, perché lui non era poi così delicato.
Lo vide inarcare la schiena, spingendosi sempre più velocemente dentro quel corpo che lui cercò di ignorare, immaginando il proprio al suo posto.
Strinse ancora di più la mano sulla propria erezione, cercando di fare in fretta, di raggiungere lo stesso livello di eccitazione di Mikiya, perché se fossero venuti insieme forse gli sarebbe sembrato davvero più reale quello che, in fondo, stava accadendo soltanto nella sua testa.
E non fu difficile.
Anche il solo guardarlo lo eccitava terribilmente, tanto che sentiva già di essere arrivato al proprio limite.
Mosse la mano a ritmo sempre più serrato, pari a quello dei fianchi di Mikiya, e portò l’altra vicino alla propria bocca, soffocando qualsiasi gemito, attento a non farsi scoprire.
Quando Mikiya venne, inarcando maggiormente la schiena e buttando indietro la testa, lasciandosi andare ad un grido soffocato, lui stesso raggiunse l’orgasmo, con quell’immagine bene impressa nella mente.
Non si diede troppo tempo per riaversi; si pulì distrattamente la mano contro il pantalone, deciso ad andarlo comunque a cambiare, e si concesse solo un’ultima occhiata a Mikiya, prima che quest’ultimo si spostasse, prima che lo costringesse a vedere il volto di Yomogi, prima che lui vedesse qualunque segno di godimento su di esso, segni immeritati.
Se ne andò, così com’era arrivato. In silenzio, come sempre.
Perché lui non diceva mai niente. Lui non faceva mai niente per farsi notare, né dagli altri né tantomeno da Mikiya.
Era un’ombra, ma c’era.
Come quello che provava, in fondo.
Ogni suo sentimento sarebbe rimasto un desiderio inespresso nel suo cuore.
Non avrebbe mai detto niente a Mikiya, non avrebbe avuto senso.
Sarebbe solo rimasto a guardare.