[Taisetsu na Koto]Long way to happy

Jun 05, 2013 17:43

Titolo: Long way to happy
Fandom: Taisetsu na Koto wa Subete Kimi ga Oshiete Kureta
Personaggi: Kashiwagi Shuuji, Saeki Hikari
Pairing: ShuujixHikaru
Warning: Het, Spoiler!, Underage
Word Count: 1.490 fiumidiparole
Rating: NC-17
Prompt: 009. Sensazione di perdita.
NdA: Storia scritta per le Badwrong Weeks di maridichallenge e per la 500themes_ita. Il titolo è omonimo di una canzone di Pink.


~ Long way to happy ~

Shuuji avrebbe voluto che qualcuno gli dicesse cosa fare.
Lo aveva già rimproverato Natsumi per questo suo modo di essere, eppure ancora non riusciva a fare a meno di sentirsi completamente perso senza qualcuno che lo guidasse verso la decisione giusta.
Stava scappando, ancora.
Il suo corpo sapeva esattamente cosa voleva. E la sua mente sapeva anche quanto questo fosse sbagliato. Cercare di conciliare due idee così contrastanti stava rischiando di farlo impazzire, e la ragazza di fronte a lui non lo aiutava affatto.
“Sensei?”
Era da quel giorno che Saeki non gli sorrideva più, non in quel modo vagamente inquietante con cui l’aveva fatto invece nelle settimane passate.
Non da quando era stata costretta a rivelare la verità, su come si fosse illusa e su come la sua stessa bugia avesse preso il sopravvento.
L’aveva vista umiliarsi, Shuuji, e non riusciva a non pensare a quanto gli sarebbe piaciuto che non lo facesse, a quanto gli sarebbe piaciuto poterla vedere sorridergli di un sorriso sincero, almeno per una volta.
“Cosa, Saeki?” le chiese, cercando di fingere nonchalance, di fingere che la sua presenza non lo turbasse affatto.
“Niente, ti vedevo sovrappensiero e mi domandavo cosa ti passasse per la mente.”
Si alzò dal divano, mettendosi in piedi di fronte a lui, troppo maledettamente vicina.
Shuuji batté le palpebre una o due volte, ed era certo che lei si fosse accorta perfettamente del suo nervosismo.
“Saeki, forse dovresti andare a casa. Dopo tutto quello che è successo, se qualcuno di dovesse vedere uscire dal mio appartamento sarebbe...”
“Hikari.” lo interruppe lei, ignorando quanto le aveva appena detto. “Chiamami Hikari, per favore.”
Avrebbe voluto che non glielo dicesse.
Ci aveva pensato infinite volte a quanto poco gli piacesse quella formalità nel chiamarla per cognome, quando invece le si sentiva così vicino, e il solo pensiero di chiamarla in modo diverso lo faceva sentire come se avesse infranto anche l’ultima barriera fra di loro, come se davvero gli fosse concesso cedere al peggiore dei propri istinti.
“Hikari...” mormorò, allungando in un gesto automatico una mano verso di lei, senza nemmeno sapere perché lo stesse facendo. “Penso davvero che dovresti andare.” ripeté, senza convinzione, prima di chinarsi verso di lei, posando le labbra sulle sue.
Fu quello il momento in cui si perse.
Non gli interessava più essere un professore, non gli interessava il pensiero di Natsumi, e nemmeno l’idea di quanto quello che stava facendo fosse sbagliato.
Erano morbide le sue labbra. Era piacevole baciarle, era piacevole sentire la sua sorpresa a quel gesto, sentirne l’emozione, vederla per una volta confondersi anziché confondere.
Quando si separarono la vide aggrottare le sopracciglia, con espressione accusatoria.
“Perché lo stai facendo?” si allontanò, dandogli le spalle. “Lo fai perché con quello che ho raccontato ti ho fatto pena? Non ce n’è bisogno. Ho fatto le mie scelte, e non sei tu a doverti prendere la responsabilità di...”
Shuuji le andò alle spalle, abbracciandola all’altezza del petto e tenendola stretta contro di sé.
Chiuse gli occhi, posandole il mento sulla testa e cercando di pensare velocemente a quale fosse la cosa migliore da dirle.
“Mi dispiace, Hikari. Non era mia intenzione darti una falsa impressione, io volevo solo...” sospirò.
Non c’era niente che potesse dirle a quel punto che non sembrasse ipocrita.
“Ho imparato a conoscerti, durante questo periodo. Ho imparato a capire come sei fatta e come ragioni, e se adesso sei qui e io te lo concedo non è perché mi fai pena.” era ancora in tempo per fermarsi. Era ancora in tempo per dirle di andarsene, per dirle che era stato tutto un errore e che... “Se sei qui è perché io ti amo.”
Non ebbe il tempo di pentirsi di quanto le aveva appena detto.
Hikari gli gettò le braccia al collo, tornando a baciarlo, cercando la sua lingua e la sua bocca in modo quasi violento, come se stesse esprimendo adesso tutto quello che si era tenuta dentro nel corso di quei mesi in cui era stata innamorata di lui.
Non ci ripensò allora, Shuuji.
La prese per i fianchi, lasciandola indietreggiare insieme a lui fino al letto, aspettando che si stendesse e raggiungendola, cercando il suo corpo con le mani, sentendo crescere di attimo in attimo la voglia che aveva del suo corpo, la voglia che aveva di cancellare i segni di quell’altro uomo, di strapparla all’umiliazione alla quale si era sottoposta per causa sua.
La liberò dei vestiti, scendendo con le labbra sul collo e sulle clavicole, verso il basso nel solco fra i seni, poi fino all’ombelico, accarezzandolo con la lingua, cercando di sciogliere la sua palese tensione mentre continuava ad avventurarsi verso il basso.
Passò la lingua insieme alle dita su di lei, sorridendo nel vederla eccitarsi, tendersi verso la sua bocca e gemere a voce bassa, mordendosi un labbro come per trattenersi.
Continuò a toccarla, velocemente, guardandola in viso, trovandola maledettamente bella, chiedendosi per quale ragione gli fosse stato imposto quel limite, perché non avesse potuto averla così prima, dato che era quello che in fondo erano entrambi a desiderare.
Con la mano libera si slacciò i pantaloni, mandandoli a finire sul pavimento insieme ai vestiti di Hikari, risollevandosi su di lei e facendosi spazio fra le sue gambe.
Le accarezzò la fronte, baciandola ancora una volta, guardandola dritto negli occhi come per accertarsi che non avesse alcun ripensamento, che fosse davvero quello che anche lei voleva.
“Hikari...” mormorò.
“Va tutto bene.” lo rassicurò lei. “Shuuji.” disse poi, sorridendo imbarazzata nel pronunciare il suo nome.
Lui allora non si concesse di tentennare oltre, e iniziò a spingersi dentro di lei.
Lentamente, perché non voleva farle male e perché voleva assaporare fino in fondo quel momento, assaporare la sensazione di essere dentro di lei, di avere finalmente ceduto a quella tentazione che lo stava ossessionando ormai da troppo tempo.
Serrò gli occhi, fermandosi quando fu del tutto dentro di lei, cercando di abituarsi a quel calore così intenso, a quella sensazione maledettamente diversa da qualsiasi cosa avesse mai provato in vita sua.
Quando riaprì gli occhi la vide sorridergli, e allora si convinse che andava tutto bene, che non c’era niente di sbagliato se entrambi ne erano così felici.
Si spinse dentro di lei una prima volta, e poi ancora e ancora, incapace di fermarsi, guardando Hikari bene attento a non perdersi nemmeno una delle espressioni sul suo volto, scoprendo quanto gli piacesse vederla sciogliersi al suo tocco e alle sue spinte e quanto bene riuscisse a comprendere qualsiasi sfumatura di quelle espressioni.
Quando lei raggiunge l’orgasmo la sentì stringergli le unghie nelle spalle, graffiandolo, non riuscendo allora a fare niente per trattenersi dal gemere a voce più alta, portando così anche lui al proprio limite di sopportazione, e a venire dentro di lei, soffocando un grido nell’incavo del suo collo.
Non osava riaprire gli occhi Shuuji, poi.
Si lasciò andare contro di lei, attento a non pesarle addosso, cercando di riportare il proprio respiro ad un ritmo regolare, e cercando nel frattempo di pensare velocemente.
Non voleva aprire gli occhi, guardarla e scoprire di essersi pentito di ciò che aveva fatto.
Gli era piaciuto, troppo, ed era per questa consapevolezza che si era sempre trattenuto.
Ripensò a quella mattina in cui l’aveva vista per la prima volta, nuda nel proprio letto, e a quanto si fosse dannato al pensiero di non ricordare niente di quella notte.
A quanto deluso si fosse sentito nello scoprire che in realtà fra loro non ci fosse stato niente, alla sensazione di perdita assolutamente ingiustificata, e come al contempo fosse stato sollevato all’idea che invece c’era ancora qualcosa da costruire fra di loro, che potesse davvero darle qualcosa da ricordare, qualcosa di sentito, qualcosa di cui lei non si fosse appropriata per ingannare se stessa.
Trovò il coraggio di aprire gli occhi, allora.
La guardò, ed era ancora bellissima, e ancora bellissimo era il pensiero di aver finalmente fatto l’amore con lei, di vederla sorridere in quel modo così sincero e del fatto che fosse merito suo.
Era una decisione che aveva preso da solo, ed era assai migliore di tutte quelle che gli erano state imposte o che aveva scelto di seguire nel corso della propria vita.
Le si stese accanto, avvolgendola con un braccio e tirandola contro di sé, baciandola delicatamente.
“Mi dispiace.” le disse, sorridendole quando la vide subito mettersi in allerta. “Mi dispiace di averti fatto penare così tanto.”
Hikari spalancò gli occhi per la sorpresa, poi scosse la testa.
“Non hai niente di cui scusarti. Io...” gli occhi le si fecero lucidi, e distolse lo sguardo. “Grazie.”
Shuuji la abbracciò, senza aggiungere altro.
Non si aspettata che fosse facile, non si aspettava di essere capito.
Ma quella era la sua scelta, la sua decisione, e non avrebbe permesso che niente si mettesse fra di loro, adesso, dicendogli quanto fosse sbagliato.
Aveva scelto il suo errore da sé, e Hikari era la migliore ricompensa che potesse ricevere.  

pg: kashiwagi shuuji, drama: taisetsu na koto wa subete kimi g, challenge: badwrong weeks, challenge: 500themes-ita, pg: saeki hikari, r: nc-17

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