Titolo: “Sanagi” (Crisalide)
Fandom: Hey! Say! JUMP
Personaggi: Chinen Yuri, Takaki Yuya, Inoo Kei, Yabu Kota, Yaotome Hikaru
Pairing: Takachii, Inoobu, Hikachii
Warnings: Slash, Non-con, Death!Fic, AU, Underage, Violence
Word Count: 21.113
fiumidiparoleRating: NC-17
Prompt: 158. “Temi ciò che non puoi conoscere.”
NdA: Storia scritta per la challenge
bigbangitalia, per il set AU della
think_angst e per la
500themes_ita. La storia è un sequel di
“Yami wo ukeire futatabii asa kuru”, di
simph8. Sempre di
simph8 è il gift alla storia, il fanmix “The birth of a butterfly”, che potete scaricare
qui (bellissimo fanmix, aggiungerei. Grazie <3).
05 - Nemuri no Mori
“Un po’ tristi, condividiamo la gentilezza
Finché un giorno non ci feriremo a vicenda”
[Tsubusa ni Koi, Kanjani8]
Yuya uscì dalla doccia, afferrando un asciugamano e guardandosi allo specchio.
Era nervoso. Maledettamente nervoso.
E sapeva anche a cosa fosse dovuto il suo nervosismo, sebbene fosse restio nell’ammetterlo con se stesso.
Uscì dal bagno, trovando Chinen disteso sul letto intento a fare zapping alla televisione, con aria distratta. Alzò lo sguardo verso di lui soltanto per un momento prima di distoglierlo, come a non voler attirare l’attenzione su di sé.
Takaki fece una smorfia, mettendoglisi accanto.
Era da quasi una settimana che non faceva sesso. E non era una cosa a cui fosse abituato, affatto.
Continuava a dare a se stesso dell’idiota, a pensare che bastava che prendesse Yuri in quel momento, lo sbattesse contro il materasso e se lo scopasse.
Ma non era così semplice, in fondo.
Avrebbe voluto toccarlo.
Dio, il suo corpo era come se urlasse per farsi toccare.
Avrebbe voluto fare come aveva fatto per quasi tutte le sere degli ultimi tre anni, ma sapeva di non poterlo fare.
Non più.
Sapeva che Chinen si era accorto del fatto che ci fosse qualcosa che non andava, non poteva non averlo notato, ma per la sua tranquillità non aveva commentato.
E lui era certo che di quel passo le cose non si sarebbero risolte da sole, per cui toccava a lui fare la prima mossa, o non ne sarebbe più uscito.
Mise una mano sulla sua gamba, sentendolo sospirare.
Si morse un labbro, interpretando quel sospiro esattamente per quello che era.
“Che cosa c’è? Ti dà fastidio anche solo che ti tocchi?” domandò, sulla difensiva.
Il più piccolo scrollò le spalle, come a dire che non importava che cosa gli desse fastidio, perché le cose sarebbero comunque andate come voleva Yuya.
Ma quest’ultimo, per la prima volta, non ne era così sicuro.
“No, non mi dà fastidio che mi tocchi. È solo che è una settimana che non lo fai, per cui mi sono sorpreso, tutto qui.” gli disse, con tono piatto.
Takaki lo afferrò per un braccio, tirandolo contro di sé e prendendogli poi il viso in una mano, stringendo sulla mascella, guardandolo dritto negli occhi.
Avrebbe voluto sapere che cosa provasse nel vedere quel volto, ma non ne era in grado.
“Scusa. Non era mia intenzione farti perdere l’abitudine.” gli disse, sarcastico, passandogli un dito sulla linea della spalla. “Ma dovevo decidere se mi andasse o meno di toccarti, sai.” continuò, trattenendo il respiro, dandosi mentalmente dell’idiota perché per quanto si sforzasse non riusciva a suonare distaccato come avrebbe voluto.
“Perché?” si limitò a chiedere Yuri, a dire il vero poco interessato ai suoi dilemmi morali.
Yuya lo prese per i fianchi, spostandolo sopra le proprie gambe e portandogli il viso all’altezza della gola, accarezzandola con i denti prima di portare la bocca all’altezza del suo orecchio.
“Perché voglio sapere che cosa vuoi fare tu, Yuri. Voglio sapere se posso toccarti o se te ne vuoi andare. Voglio sapere se...” sospirò, prendendo fiato. “Voglio sapere se vuoi andare da Hikaru o se vuoi rimanere qui.” concluse, mentre il più piccolo cominciava ad agitarsi, diventando più pallido del solito in viso.
“Che cosa stai dicendo, Yuya? Che cosa c’entra Hikaru adesso?” provò a dire, con scarso successo.
Takaki non si sarebbe lasciato convincere da una pessima recita d’innocenza.
“Voglio dire che vi ho sentiti, quel giorno. Voglio dire che l’ho sentito dire che non è questo quello che devi essere, e che c’è una possibilità per te, che non devi subire quello che ti faccio io.” sibilò, cercando di contenere la propria rabbia. “E allora vattene, Yuri. Vattene. Vai da Hikaru, a farti scopare da lui, a farti toccare come fa lui, non come faccio io tutte le sere. Perché io sono solo un animale, no? Perché ti è piaciuto farti scopare da lui, vero?” chiese, e a quel punto Chinen scese da sopra di lui, mettendoglisi accanto.
“Sì!” urlò, con tutto il fiato che aveva in gola. “Sì che mi è piaciuto farmi scopare da lui, si che tu sei un animale, Yuya. Io davvero, non so se non te ne rendi conto o se non te ne frega niente, ma quello che mi fai non è umano, lo capisci? Con Hikaru è stato diverso, è stato qualcosa alla quale non ero abituato, è stato...”
Il più grande non lo lasciò finire.
Lo afferrò per i polsi, facendolo stendere con la schiena contro il materasso, mettendoglisi sopra e togliendogli velocemente qualsiasi indumento, facendo poi altrettanto.
Vide uno sguardo di paura nei suoi occhi, e per la prima volta da anni quello sguardo lo ferì.
Non aveva niente da temere. Non quella notte.
Scese su di lui, baciandogli lentamente le labbra e scendendo poi sul collo, sul petto, leccandogli distrattamente un capezzolo, fingendo di ignorare le cicatrici disseminate sul suo corpo.
Arrivò in basso e gli prese le gambe, facendole passare oltre i suoi fianchi, portando una mano sulla sua erezione e andando poi a passare la lingua lungo la sua apertura, penetrandolo piano, quasi con dolcezza, reprimendo i propri istinti quando la mano libera si andò a posare sul suo fianco, facendo come per affondarvi le unghie.
Ma si trattenne, e sentì Chinen respirare più tranquillamente quando lo fece.
Continuò a stuzzicarlo con la propria lingua, mentre la mano non trovava sosta sul suo sesso, mentre lo sentiva gemere e imparava a conoscere quei versi di piacere, quelli che da lui non aveva mai sentito, quelli che fu sorpreso di trovare piacevoli.
Unì le proprie dita alla lingua, penetrandolo piano, respirando a fondo, cercando in qualsiasi modo di mantenere sopito quell’animale dentro di lui, quello che gli diceva di prenderlo come faceva sempre, senza pensare al dolore che poteva provare, senza preoccuparsi minimamente di lui.
Non l’avrebbe fatto, non quella notte.
Aveva tutto da dimostrare Yuya. Per quanto gli piacesse dire che lui era una sua proprietà, e così in effetti era, gli avrebbe fatto vedere che Hikaru non era l’unico in grado di farlo godere, di fare sesso con lui senza che fosse necessario utilizzare la violenza.
Si alzò sopra di lui poi, sistemandosi meglio e cominciando a penetrarlo, mentre l’altro teneva gli occhi fissi su di lui, su ogni suo movimento, come in attesa che scattasse qualche meccanismo e che tutto tornasse alla consuetudine, che lui tornasse a fargli del male, ma Takaki era deciso a non dargli quella soddisfazione.
Quando fu del tutto in lui cercò di non pensare al fatto che era una settimana che non faceva sesso, cercò di ignorare quanto stretto e caldo fosse il suo corpo, e si mosse lentamente dentro di lui, cercando di angolare le proprie spinte in modo tale da fargli provare tanto piacere quanto ne aveva sempre provato lui, prendendo nuovamente la sua erezione in una mano e muovendosi in modo più deciso, guardandolo contorcersi sotto il suo tocco, sentendolo gemere, scoprendo un brivido sconosciuto, del tutto nuovo, nel vedere quanto piacere fosse in effetti in grado di dargli.
Vennero a pochi minuti di distanza l’uno dall’altro, Yuri sporcandogli la mano e lui svuotandosi dentro il suo corpo, con un grido quasi controllato, tenendosi a debita distanza dalla sua pelle, tentando in ogni modo di reprimere l’istinto di graffiarlo, morderlo, ferirlo.
Poi velocemente si sfilò da dentro di lui, mettendosi seduto sul materasso e dandogli le spalle, non volendo essere guardato in faccia.
Si odiava.
Non riusciva a capire che cosa fosse la sensazione che provava, non riusciva a capire perché avesse agito in quel modo, quando gli sarebbe bastato uccidere Hikaru e riaffermare il suo possesso su Chinen per risolvere la situazione, senza che il più piccolo fosse minimamente coinvolto nella sua decisione.
Eppure per la prima volta sentiva il bisogno di conferme, di certezze.
Voleva che Yuri lo scegliesse.
E si rendeva conto di quanto folle fosse pensare che potesse davvero prendere una decisione del genere, ma la disperazione l’aveva portato a quel tentativo quasi maldestro di fare qualcosa alla quale non era minimamente abituato.
Aveva paura, temeva ciò che non poteva conoscere, e non poteva conoscere fino a che punto Yuri fosse disposto a sacrificarsi per quella prova di così inutile umanità nei suoi confronti.
Odiava avere paura, ma non riusciva al contempo a trattenersi dal provarla.
“È stato così difficile?” domandò Chinen di punto in bianco, in un mormorio lieve che Yuya udì a malapena.
Si voltò in sua direzione, trovandolo appoggiato contro la testiera del letto, le ginocchia strette al petto e il volto nascosto fra di esse.
“Conosci le mie abitudini a letto, Yuri. Lo sai come sono fatto. Ma... posso provarci, hai visto? Posso provare a fare come ha fatto lui con te. Non deve per forza andare sempre nello stesso modo.” gli disse, quasi con tono arrendevole, un tono che non gli riuscì di non odiare.
“No, Yuya. Questo non è quello che sei. Puoi anche provarci per un po’, ma questo non cambia il fatto che io per te non sia altro che un oggetto, che una puttana, qualcosa con cui fare quello che ti pare, senza nemmeno un minimo di considerazione. Non è vero?” domandò, calmo.
Yuya assottigliò le labbra, protendendosi verso di lui.
“Davvero, Yuri?” mormorò. “Lo ammetto, a letto sono pessimo. Ti ferisco, ti faccio del male e ti uso come se fossi un oggetto. Hai ragione. Ma non mi puoi dire che io faccia lo stesso anche durante la giornata. Non puoi dire che io ti tratti come una cosa quando ti porto a cena fuori, quando ti porto a fare shopping, quando mi preoccupo che non ti accada niente. Potrò anche essere uno stronzo quando siamo a letto, Yuri, ma tu per me sei importante, che ci voglia credere o meno. E io ora voglio sapere se vuoi rimanere qui con me o se te ne vuoi andare. E rispondimi sinceramente per favore, perché mi sono stancato delle minacce. Dammi la verità e basta, non accadrà niente a te né a Hikaru.” concluse, sentendosi quasi come se gli mancasse il respiro mentre attendeva una risposta dal più piccolo.
Chinen parve rifletterci per qualche secondo, poi chinò il capo e prese a parlare.
“Quando i miei genitori mi hanno abbandonato, ero convinto di essere finito. In quel capannone non aspettavo altro che di morire. E così anche i primi tempi qui a casa tua. Ti ho odiato, Yuya, ti ho odiato con tutto me stesso per quello che mi facevi. Ma poi...” sospirò. “Poi hai cominciato ad essere diverso. Hai cominciato a parlarmi, a raccontarmi della tua giornata, ad essere quasi umano con me, quando non si trattava di sesso. E pian piano l’odio ha cominciato a sparire e si è trasformato tutto in... quotidianità. Per quanto folle sia, per quanto sia insensato, tu sei la cosa più vicina ad una famiglia che io abbia.” aggiunse, poi si mise meglio sulle ginocchia, guardandolo dritto negli occhi. “Io non voglio che tu smetta di ferirmi, perché questo è il modo in cui ti ecciti, questo è il modo in cui ti piace fare sesso con me. Non voglio nemmeno che tu ti preoccupi di farmi venire, o che mi chieda se mi vada o meno di fare sesso.” fece una pausa, prendendo un respiro profondo. “Ti chiedo solo di prepararmi almeno un po’, prima, perché fa un male dell’inferno. E di non lasciarmi tagli troppo profondi. Sarebbe un passo avanti, per me. Per il resto, fa’ come vuoi. Faremo sesso quando vorrai fare sesso, puoi continuare a legarmi e ad usarmi come meglio credi. È solo un piccolo sforzo, quello che ti chiedo.” concluse.
Yuya spalancò gli occhi, guardandolo.
Poi lo prese per un braccio, piano, facendolo abbassare fino a che non posò la testa sulle sue gambe.
“Hai detto ‘fare sesso’. Non ‘stuprarmi’.” sussurrò, detestando quella vena di emozione nella sua voce. “Va bene. Posso farcela, mi posso impegnare.” concesse, prendendo ad accarezzargli i capelli lentamente, in un gesto quasi istintivo.
Sentì Chinen sospirare, e non avrebbe saputo dire che cosa stesse pensando in quel momento.
Ma non gli interessava, non troppo. In quel momento, gli premeva solo avere la sua risposta.
Passò qualche minuto, prima che il più piccolo si decidesse finalmente a parlare.
“Voglio rimanere con te, Yuya.” mormorò, e poi tacque.
Takaki non ritenne necessario aggiungere altro.
Ora definiva quella sensazione, capiva che cosa provasse, ed era qualcosa di così strano ed inconsueto che quasi lo spaventò per quanto forte era, che lo terrorizzò, perché era qualcosa che non conosceva, che non aveva mai sperimentato in vita sua.
Era felice.