FanFic: Sabato pomeriggio davanti alla tv...

Dec 15, 2011 18:23

Titolo: Sabato pomeriggio davanti alla tv...
Autrice: vltearsofblood
Beta: Nessuno U_U
Personaggi/Pairing: Zlato <3 (Ibra\Pato)
Rating: Nc17
Avvertenze: Oneshot, slash.
Conteggio parole: 2518 secondo Word xD
Disclaimer: Ibra e Pato non sono miei, (e menomale per loro xD) ed è tutto nella mia testa! (mmm, forse no :D) Ah, non mi pagano.

“Fra Abate, Nocerino e Aquilani non so davvero chi rompe più le palle dopo che Zlà segna…” pensavo incessantemente, mentre che cambiavo continuamente e nervosamente canale alla tv. Era un normale sabato pomeriggio, il campionato era sospeso per le feste natalizie e me ne se ne stavo comodamente seduto sulla poltrona, nel salotto di casa mia nel centro di Milano. “Quei tre coglioni che riescono a saltargli addosso prima di me dopo i goal… e poi quando lo abbraccio io neanche si staccano…” continuavo a ripetere fra me e me. Questi pensieri si dissolsero dalla mia mente quando sentii qualcuno bussare e di malavoglia mi avviai verso la porta.
- Chi è? - chiesi, con un tono di voce molto alto.
- Amoruccio mio, sono io - rispose una voce dall’altra parte, che assomigliava molto a quella di una gallina.
Sospirai e poi aprii, non potendo fare altro. Appena la “bella” biondina entrò in casa il suo profumo, che più che un profumo sembrava un odore nauseabondo, inondò il corridoio e incominciai a tossire. Lady B. si precipitò ad abbracciarmi e baciarmi e, anche se non volevo, dovetti ricambiare.
- Ehi tesoro, che ci fai qui? Non eri con tuo padre? - chiesi, sperando che se ne tornasse presto da dove era venuta.
- No amore mio, papi doveva fare delle cose e mi ha dato un’ora libera… - disse, con tono suadente e togliendosi la giacca. Io di risposta spalancai gli occhi, avendo paura di dover passare un’ora con lei a… Buttò la giacca a terra e mi sbatté al muro infilandomi la lingua in bocca senza ne arte ne parte. Lei già gemeva e sospirava, io provavo solo repulsione… ma più o meno dovevo fare capire che mi piaceva, quindi pensai a Zlatan nudo sopra di me e l’erezione cominciò a farsi presente. Lei intanto mi infilava le mani dappertutto e mi leccava il collo, io mi limitavo a fare qualche piccolo finto sospiro ogni tanto. A salvarmi fu la suoneria del suo cellulare. Lo prese dalla tasca dei jeans e rispose.
- Ehi papi - perché strillava sempre?! Santo Cielo!
- Sìsì, capisco, i bimbi mi cercano… - a quelle parole il mio cuore fece i salti di gioia. Finì di parlare con il Presidente, sempre con il solito tono da civetta in calore, e poi chiuse la telefonata. Si girò verso di me facendomi il broncio.
- Alex, tesoro mio, devo andare dai bambini, non ti dispiace vero? - mi chiese, come se si stesse scusando.
- Un po’, ma tranquilla, vai pure, ci vedremo domani - e feci un finto sorrisino. Mi diede un veloce bacio a stampo, raccolse le sue cose per terra e di fretta uscì, finalmente, da casa mia. Zlatan mi mancava, e tanto… cercai di non pensarci e tornai in salotto a vedere la tv. Ma in tv non c’era niente che mi distogliesse dal pensarlo… le sue labbra, i capelli ribelli, i muscoli perfetti, i tatuaggi… e il mio amichetto laggiù tornò a salutarmi. Non mi mandavi messaggi e né mi chiamava da più di un giorno. E pensarlo con quella zoccoletta cresciuta bionda di sua moglie, in Svezia, mi faceva saltare i nervi! Ma lo amavo da morire e riuscivo anche a sopportare tutto questo e pure Barbara. Di nuovo sentii qualcuno alla porta, solo che questa volta suonò il campanello, e di nuovo mi alzai per andare ad aprire al prossimo venuto. Aprii al porta e un postino, o almeno sembrava tale, mi si presentò davanti. La cosa strana era che, aveva l’uniforme da postino, ma in viso e al collo aveva un enorme cappellino e un enorme sciarpa.
- Buonasera, signor Pato, c’è un pacco per lei - disse con voce roca, camuffata dalla sciarpa che gli copriva la bocca. Stavo per rispondere quando, il “finto postino”, entrò in casa senza permesso, chiuse la porta, si levò cappello e sciarpa e mi baciò. Era Zlatan, non l’avevo riconosciuto perché anche gli occhi erano coperti da occhiali da sole molto scuri. Cosa strana visto che eravamo in pieno inverno… questi stupidi pensieri andarono a farsi fottere subito quando la sua lingua cominciò a giocare e a riscaldarsi con la mia. Ma ero comunque incazzato perché non mi aveva cercato per più di un giorno, perciò mi staccai a difficoltà da lui e cercai di riprendere fiato.
- Tu non puoi venire vestito da una specie di postino incappucciato a casa mia dopo un giorno e mezzo che non mi cachi proprio, entrare in casa mia e, e, e… violentarmi! - dissi serio, sistemandomi i capelli. Di risposta scoppiò a ridermi in faccia. Affilai lo sguardo cercando di essere minaccioso. Ma più lo facevo più lui rideva a crepapelle.
- Violentarti Alex? Mi sembra che la tua lingua e l’amichetto laggiù non la pensassero così - disse, cercando di riprendersi ancora dalle risate e sorridendomi con gli occhi. Deglutii. Aveva ragione, volevo fare l’offeso, ma in realtà… mi fiondai su di lui e riassaporai il sapore della sua bocca che si mischiava col mio. Rise, mi prese in braccio portandomi in camera da letto, e mi ci buttò sopra. Poi si ri-fiondò su di me, ma prima che potesse ricominciare a baciarmi cercai di parlare.
- Guarda che fino a 10 minuti fa su queste labbra si sono posate, e non solo, quelle della tua biondina adorata - dissi indicandole. Mi guardò le labbra e poi fece una smorfia di disappunto.
- Amore mio… che schifo! - disse ridendo. Cominciai a ridere anche io.
- Comunque scusami davvero se non ti ho chiamato, ma Helena non me lo ha proprio permesso - disse, giocando con uno dei miei riccioli.
- Tranquillo amore, mi sei mancato tanto però - dissi, con tono triste. E poi lo abbracciai quasi stritolandolo. Lui ricambiò con la stessa forza. Mi era mancato, tantissimo. Riabbracciarlo era come un assaggio del paradiso, come afferrare le nuvole da vivo, come volare senza paracadute.
- Ma come mai così presto di ritorno dalla Svezia? - chiesi, mentre che ancora gli accarezzavo i capelli.
- Ho detto a Helena che avevo bisogno di allenarmi e che il mister doveva parlarmi di presenza -
Sorrisi, se le inventava davvero tutte. Restammo abbracciati per non so quanto tempo. Inspiravo il suo odore, il suo profumo, che tanto mi era mancato. Poi mi staccai e cominciai e sbaciucchiarmelo dappertutto. Ma lui mi fermò.
- Alex devo farti una domanda - disse, con tono perentorio.
- Sì dimmi - dissi io, arricciando la fronte perplesso.
- Ma quando tu e la bella Barbarella fate sesso a che pensi tu per… ? - chiese, lasciando cadere la domanda.
Diventai dapprima paonazzo, verde, poi rosso, bordeaux e infine viola accesso. Lui intanto sorrideva compiaciuto.
- A.. nxsfjgfghthhe - risposi balbettando.
- Eh amore mio? - chiese alzando il sopracciglio destro. Ogni volta che lo faceva impazzivo, ma quella volta diventai ancora più viola.
- A te, ok? - dissi, con un macigno che mi attanagliava la gola. Lui e le sue domande sconce. Il suo viso da perplesso si trasformò in pura libidine.
- Immaginavo - disse, con nonchalance. Sbarrai gli occhi incredulo. E di risposta lui scoppiò di nuovo a ridermi in faccia.
- Comunque, la tv è rimasta accesa, vado a spegnerla un secondo - dissi. Mi alzai e subito mi diede una pacca sul sedere.
- Mi era mancato il tuo culo comunque - disse, come se fosse tutto normale. Risi scuotendo la testa. Arrivato in salotto spensi la tv. Anche il computer era rimasto accesso, ma prima che potessi spegnerlo le sue braccia mi cinsero da dietro, facendomi sentire protetto, bene e piccolo piccolo. Stavo navigando in Internet prima di accendere la tv ed erano ancora aperti i video youtube di varie partite del Milan dove Zlatan aveva segnato quest’anno. Lui lo notò e sorrise baciandomi il collo. Ma notò anche che questi video erano fermi nel momento in cui Abate, Nocerino e Aquilani gli saltavano addosso dopo i vari goal.
- Geloso vero? - chiese stringendomi ancora di più.
- e…h? - chiesi a fatica.
- Alex dai, i video sono tutti fermi nel momento in cui gli altri mi abbracciano o robe simili - disse continuando a torturarmi il collo con le labbra.
- Ok, lo ammetto! Sono geloso, e all… - perché non mi faceva quasi mai finire mai le frasi e mi catapultava sempre nel letto quando gli pareva e piaceva?! La sua bocca si modellò alla mia, la sua lingua viziava la mia e i suoi denti torturavano le mie labbra indifese. Le sue mani vagavano sul mio corpo provocandomi un piacere che troppo mi era mancato. Le mie dita quasi gli strappavano i capelli, con i denti e la lingua iniziai una lotta continua con le sue labbra, che cercavano di sfuggirmi. Cominciai a gemere quando, con estrema veemenza, mi levò di dosso maglia, pantaloni e calzini e cominciò a leccare e mordere i miei capezzoli. Io gli graffiai la schiena con le dita e a ogni graffio lo sentivo gemere sempre di più. Gli presi il volto tra le mani e lo portai a me per baciarlo. Quando la sua lingua cominciò a giocare con la mia e mi riempì la bocca del suo sapore mi sentii emettere gemiti di lamento. Per lui furono un invito a denudarsi e denudarmi completamente. Eravamo nudi, tutti e due. Lui sopra di me che mi fissava (sexy), mordendosi le labbra. Porco cane… quanto mi era mancato cazzo!
- Eri bello da finto postino, comunque - dissi infilandogli un dito in bocca, che lui leccò fino in fondo. Oddio, com’era invitante in quel momento!
- Sicuro che non mi preferisci così? - chiese, e si portò una mano a masturbarsi per provocarmi. Il mio sguardo era fisso su quella mano che faceva su e giù, non resistevo. Volevo essere SUO. Intanto lui sorrideva, facendomi impazzire ancora di più. E cominciò anche ad ansimare e gemere, il bastardo! Me lo spinsi addosso, volevo sentire il contatto completo con il suo corpo perfetto. Gemevamo incontrollati entrambi, le nostre erezioni che chiedevano pietà.
- Ti prego… - dissi ansimando sulle sue labbra. La sua mano frettolosa passò a torturami l’apertura, i miei gemiti diventavano veri e proprio ringhi che si confondevano con i suoi. Passò un minuto prima che entrasse in me. Le sue labbra si incatenarono alle mie e le sue mani mi accarezzavano la schiena, mentre le mie andarono a stringergli le natiche per spingerlo sempre più in fondo. I nostri ansiti, gemiti, ringhi si perdevano l’uno nella bocca del altro. Lo amavo, davvero. Amavo sentirmi suo, sentirmelo dentro di me completamente! Le spinte sempre più veloci e incontrollate mi portarono a inarcare indietro la schiena e il collo, che lui prontamente morse facendomi gridare di piacere. Lui gemeva e aveva il respiro mozzato, era davvero l’ottava meraviglia del mondo. Adoravo sentirlo gemere grazie a me. I nostri sguardi si incatenarono, sarei potuto venire subito. Mi leccai le labbra apposta per farlo impazzire. E così accadde… spinse sempre più velocemente e a fondo dentro di me. Mi mancava il respiro. Mi prese il viso tra le mani e mi costrinse a guardarlo.
- Ti amo Alex, per sempre - disse con gli occhi lucidi e ansimando. Lo baciai con foga, spingendo verso di lui per sentirmi ancora più parte del suo corpo. Venne con le nostre labbra incollate e con le mani strette sulle mie guance. Io venni poco dopo leccandogli le labbra e bagnando il suo addome perfetto. Restò dentro di me per un po’ (cosa che amavo) e poi si accovacciò accanto a me abbracciandomi senza dire niente. Nella stanza, che cominciava a farsi buia, c’era solo il dolce suono dei nostri respiri. Ci addormentammo così.
Mi svegliai dopo un’oretta bella piena. Mi alzai stando attento a non svegliarlo e mi rimisi i boxer e i pantaloni. Il mio intento di lasciarlo dormire svanì, visto che si sveglio dopo qualche secondo stiracchiandosi e sbadigliando.
- Ben svegliato - dissi sorridendo, e lo baciai. Lui invece mi prese la mano, che prima baciò, e che poi si portò sul cuore stringendola con la sua.
- Ma quel pacco che avevi per me? - chiesi poi, pensando (e ridendo) a lui da finto postino. Quella stessa mano che era poggiata sul suo petto fu fatta scendere verso… il pitone a riposo. Arrossii.
- M-aaa… - provai a dire senza nessun risultato. Lui sorrise compiaciuto. Lo odiavo quando faceva così… anzi no, lo amavo anche da porco!
- Eccolo! Bel regalino vero? - disse ridendo e stringendo la mia mano lì. Io non dissi niente, mi limitai a diventare di nuovo viola. Poi ricominciò a baciarmi, la mia mano che, sfruttando la posizione, cominciò a torturalo fra le gambe.
Facemmo l’amore varie volte per tutta la notte, nemmeno mangiammo. Quando verso le 6 e qualcosa di mattina mi suonò il cellulare… Barbara. Anche Zlatan si svegliò e vide quel nome sul display… e da lì, prima che io rispondessi, cominciò a lamentarsi. Ma questa a che ora mi chiama?!
- Pronto - dissi, rispondendo al telefono, con la voce ancora impastata dal sonno.
- Alex, tesoro, i bimbi hanno avuto un’indigestione, siamo in ospedale - disse strillando.
- Quindi non possiamo vederci neanche oggi? - chiesi, con finta tristezza nella voce. Zlatan si girò di scatto verso di me, sorridendomi, e con una luce negli occhi.
- No amore mio, appena mi libero passo da te ok? - disse.
- Sì tranquilla, amore mio. Prenditi tutto il tempo che serve per te e i bambini - dissi, esultando dentro di me dalla gioia. Con la sua voce da gallinella insopportabile disse tante altre cose a cui io annuii senza ascoltare davvero. Chiusi velocemente la telefonata. Neanche il tempo di posare il cellulare che Zlatan mi baciò quasi staccandomi le labbra. Sorrisi col cuore in festa.
- Amore mio, io ho fame, tu? Mangiamo qualcosa? - chiesi, indicando la cucina.
- Certo certo, vieni qui prima - e mi attirò a lui baciandomi fra il collo e il petto.
- Non dovevamo mangiare? Amore? - chiesi, ridendo e facendo dei versi che esprimevano tutt’altra opinione. Lui non mi ascoltò e anzi continuò con più foga a baciarmi l’addome. Con foga ma anche con estrema lentezza, soffermandosi sui miei punti deboli (che lui sapeva benissimo), facendomi davvero impazzire.
- Amore hai mica della nutella e zucchero filato? - chiese improvvisamente. Mi abbassai a guardarlo stranito. Che doveva farci, quel pazzo?
- Mmm, Nutella penso di sì, perché? - chiesi, con una mezza risatina.
- Avevi fame, io ho fame, mangiamo! - disse mordendosi leggermente l’interno delle labbra. Porca buttana… Okay, ora capivo. Il pasto ero io. La sua lingua cominciò a torturarmi l’ombelico, io di risposta mi gettai di schiena sul letto, lasciandomi andare a lui.
- Prendo la nutella in cucina e torno… - disse poi, leccandosi le labbra, invitante. Lo vidi andare verso la cucina tutto nudo e mi fermai a fissarlo. Quanto cazzo era bello, Dio mio! Lo amavo, lo amavo, lo amavo, lo amavo! Poi pensai a quello che mi avrebbe fatto di lì a breve e sorrisi. Mi rilassai aspettando che trovasse la nutella. Essere il pasto non mi dispiaceva affatto se era lui a mangiarmi…

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