Odore di sconfitta

Nov 05, 2012 19:39

ODORE DI SCONFITTA

Titolo: Odore di sconfitta.
Fandom: Inuyasha.
Introduzione: Il sangue non era ormai che fanghiglia scura nelle sue vene.
La mente, solo follia, lussuria e grida d’agonia.
Rin è scomparsa e Sesshomaru ha solo una scia di odore esile come il soffio di un respiro per cercarla.
Personaggi: Sesshomaru, Naraku, Rin.
Rating: Rosso/18+.
Generi: Dark, Drammatico, Erotico nel finale (?).
Avvertimenti: Contenuti forti, Lemon, One-shot, Violenza, What if?, Yaoi.
Pairing: Naraku/Sesshomaru.
Numero parole (Contatore Word): 1.814.
Disclaimer: i personaggi non sono miei, ma dell’autrice del manga Rumiko Takahashi e di chiunque ne detenga i diritti. Non scrivo a scopo di lucro, ma per puro divertimento personale. Occorre il mio permesso per citare pezzi della storia, tradurla, riprodurla altrove o trarne ispirazione.
Note: ho scritto questa fic per il contest CLUEDO { Fate il vostro gioco prima dell'Halloween Party! indetto da Nihila sul forum di Efp, che però è stato annullato per mancanza di partecipanti. Gli elementi che mi sono capitati erano Rin come personaggio scomparso, tempio scintoista come luogo e legacci come prompt. Mi è venuta molto ma molto peggio di quanto non volessi, ma amen, ormai è andata così e la pubblico lo stesso, lalalù. Buona lettura.


Il sangue non era ormai che fanghiglia scura nelle sue vene.
La mente, solo follia, lussuria e grida d’agonia.

Tutto ciò che aveva era un filo sospeso nell’aria, una scia d’odore esile quanto il soffio di un respiro. Era persino difficile comprendere come un’essenza tanto flebile potesse persistere in mezzo a tutte le altre senza dissolversi; tuttavia presto Sesshomaru aveva smesso di interrogarsi su questo punto, poiché aveva dovuto concentrare tutta la sua attenzione sul tentativo di non perdere quell’unico appiglio.
Il suo corpo e la sua mente erano tesi come mai lo erano stati prima di allora: camminava con l’andatura sicura, calma e cadenzata che gli era propria, e solo un occhio estremamente acuto avrebbe potuto notare che la linea del suo profilo era un poco tesa in avanti, che le narici fremevano, che di tanto in tanto la fronte si corrugava negli attimi in cui gli pareva di aver perso la scia. In quei brevi secondi il suo cuore accelerava il ritmo dei battiti e Sesshomaru provava l’impulso quasi irresistibile di correre; riusciva a recuperare tutta la propria freddezza solo quando l’odore ricompariva e uno strano tepore si allargava nel suo petto -difficile dire se si trattasse di sollievo, di orgoglio riacquistato o di entrambi.
Aveva paura? Forse. Ammetterlo lo faceva bruciare di rabbia, ma ancora una volta non poteva dare spazio a riflessioni o sentimenti nel suo cervello: ogni volta che la preoccupazione e la furia che essa causava tentavano di sopraffarlo, la maschera sul suo volto si faceva più rigida e più gelida per impedire che ciò accadesse. Al contempo l’essere costretto ad impegnarsi tanto per mantenere il proprio contegno lo irritava, la paura riemergeva e tutto ripartiva dal suo principio: un’immagine talmente vivida e orribile da sembrargli marchiata a fuoco sui suoi occhi. In realtà, non era tanto ciò che aveva visto ad aver causato in lui tali ansie, quanto più immaginare Rin massacrata in quel modo.
Quella non era stata la prima volta in cui aveva lasciato Rin, Jaken ed Ah-Un da soli per cercare rilevanti tracce di Naraku in completa libertà; forse tutto era andato storto proprio perché aveva fatto troppo affidamento sulla fortuna che fino a quel giorno l’aveva favorito. Stavolta, traditrice, gli aveva fatto trovare al suo ritorno due cadaveri dilaniati e lordi di sangue, nessun sorriso allegro e solare, nessuna piccola bimba vestita d’arancione a corrergli incontro. Semplicemente, nessuna bambina da nessuna parte: solo due demoni morti, l’irritazione per aver perso dei servitori fedeli e il vuoto incolmabile lasciato da una risata tanto invadente quanto gioiosa, una risata scomparsa.

Sesshomaru non era debole ed era pronto a dimostrarlo con ogni mezzo a sua disposizione, anche a costo di continuare quella ricerca estenuante per giorni. Non avrebbe ceduto, non avrebbe lasciato Rin nelle mani di nessuno e l’avrebbe ritrovata viva. Doveva esserlo: la stavano trascinando chissà dove a velocità straordinaria e lei lasciava dietro di sé solo il proprio odore, puro e pulito; non c’era nulla che facesse pensare alla putrefazione di un cadavere, alla morte. Avrebbe potuto trattarsi di un inganno, di un trucco magico che lo spingesse a recarsi in chissà quali luoghi remoti, ma non gli interessava: una volta arrivato avrebbe semplicemente ucciso chiunque avesse osato sfidarlo a tal punto. Rin era sotto la sua protezione, toccare lei era sporcare il suo onore, e ciò sarebbe già stato un valido motivo per cercarla con tanto impegno anche se non fosse stata una bambina così speciale. D’altronde, un’umana priva di valore non si sarebbe nemmeno meritata un posto a fianco di un demone del suo livello; no, erano state necessarie un’innocenza e una debolezza tali da non disgustarlo ma da incuriosirlo. Studiare gli esseri umani per comprendere i loro strani sentimenti intensi e travolgenti e capire i motivi delle loro gioie e dei loro dolori… pure idiozie che mai erano balenate nel suo cervello, prima che una sciocca bimba si desse tanto da fare per aiutarlo. Perché? Per il gusto di rischiare di essere uccisa? Per una bontà innata? Per stupidità? Per gioia di aiutare il prossimo, era stata la risposta che Sesshomaru continuando ad osservare Rin aveva scelto. Poco soddisfacente, in fin dei conti, poiché incomprensibile quanto la prima questione, se non di più.
Voleva punire chi si era permesso di separarlo da quella che stava diventando la sua nuova ragione di vita, da ciò che stava cercando di comprendere al contrario di quanto la sua indole più profonda avrebbe fatto, da qualcosa di così caldo e affettuoso che non era spiacevole avere vicino. In quei brevissimi lassi di tempo in cui si concedeva la possibilità di distrarsi, tentava anche di capire chi avrebbe potuto compiere un gesto simile.
Non c’erano scie che s’intrecciassero con quella di Rin: non riusciva a trovare l’odore dei rapitori. Inuyasha? Impossibile. Troppo stupido, troppo lento, troppo attaccato ai suoi ideali umani per fare una cosa del genere, specie se sotto l’influenza di quell’irritante donna che aveva iniziato a portarsi appresso. Molto più probabile e sensata era l’ipotesi di Naraku, che aveva ogni interesse nell’attirarlo in trappola e nell’eliminarlo; in tal caso però rimaneva l’incognita dell’odore: quello di Naraku era fin troppo riconoscibile e acre, come poteva non essere notato da un olfatto sopraffino quanto quello di Sesshomaru, specie se questi era concentrato a tal punto? Ma d’altronde, fra i molti nemici che si era creato, quanti avrebbero potuto essere così coraggiosi da sfidarlo una seconda volta dopo essere stati sconfitti? Non c’erano risposte.
Il mondo era sempre più incomprensibile, e l’oblio cominciava.

Continuò per trenta giorni a camminare, senza dormire e senza nutrirsi, più di quanto non avesse mai fatto nella sua intera, lunga esistenza. Sempre aggrappato a quel filo invisibile e ininterrotto che lo guidava e che sembrava sempre pronto a scomparire in un guizzo malevolo, sempre teso e vigile per difendersi da eventuali attacchi o essere pronto a colpire a propria volta, sempre in combattimento con il proprio orgoglio e la propria rabbia, non sentì la stanchezza fino a quando non arrivò al tempio.
Un nuovo orrore si affacciò nel suo cuore aggiungendosi alle immagini che ormai parevano quasi sbiadite e che ora tornavano prepotenti nel suo cervello, rosse e gonfie di violenza, un orrore che solo il dileguarsi di ogni speranza per la sua protetta avrebbe potuto causargli: non sentiva più nulla.
Tornò sui propri passi, si allontanò dal tempio e poi si portò di nuovo nei pressi della costruzione, proseguì per il sentiero, si inoltrò tra gli alberi, ma l’aria non rese nulla alle sue narici.
La furia lo spinse a salire i gradini e ad aprire la porta dell’edificio sacro, ma già in quei momenti le sue membra cominciavano a cedere, esauste e logorate; la rabbia lo aiutò ad andare avanti, la rabbia lo spinse verso la fine, quando sarebbe stato meglio arrendersi.

Entrare nel tempio fu come ricevere un calcio nello stomaco e un pugno in pieno viso: Sesshomaru boccheggiò e si piegò in avanti, stordito dal fetore che improvvisamente lo circondava. Anche la sua mente cedette e dalla sua gola sfuggì un gemito: tutto lo sforzo che aveva compiuto in quel mese eterno ed estenuante cominciò a gravare su di lui nell’istante stesso in cui l’odore di Naraku penetrò nelle sue narici. Nel momento in cui avrebbe necessitato maggiormente della propria forza, nel momento in cui avrebbe dovuto combattere cadde, già sconfitto. I nervi tesi si rilassarono e per qualche secondo il suo intero corpo fu pervaso dal sollievo; poi sopraggiunse di nuovo la rabbia e il dolore esplose, perché né il suo cervello né i suoi muscoli desideravano rinunciare a quell’estasi che era il riposo.
- L’orgoglio… la cosa che più mi affascina di voi, la vostra maledizione.
I riflessi lavoravano in modo troppo lento, ormai.
Fu questione secondi brevi e concitati essere trascinato ai piedi dell’idolo che chi frequentava il tempio adorava, essere legato, avere il volto premuto contro il pavimento. Servì tutto questo prima che Sesshomaru si rendesse conto che erano le mani di Naraku quelle che lo toccavano, perché ormai tutto in lui si era arreso ad eccezione della volontà, che tuttavia non poteva nulla da sola. Si rese conto in modo molto vago del dolore che Naraku gli inflisse: sentì dita calde premere con forza inaudita sulle sue braccia, trapassare le sue vesti e la sua carne fino ad accarezzare le ossa, non si preoccupò del fatto di essere stato spogliato.
- Il vostro sangue sembra nero, Sesshomaru-sama. È meraviglioso. Tutto il vostro odio, la vostra stanchezza e anche la crudeltà che vi ha pervaso in passato stanno tingendo il cristallo del colore della notte. Siete bellissimo. Siete il massimo che io possa desiderare.
“Ho fallito”, era tutto ciò che Sesshomaru riusciva a pensare. Rin era perduta e mai l’avrebbe rivista, colui che aveva giurato di uccidere stava bevendo il suo sangue, era stato tanto stolto da non dare la necessaria importanza al momento in cui avrebbe dovuto affrontare i rapitori, il suo olfatto l’aveva tradito, Naraku era riuscito a nascondersi tra gli aromi dei fiori forse usando qualche fantoccio. Aveva sbagliato ogni singola mossa.
Digrignò i denti quando qualcosa di caldo premette contro la carne tra le sue natiche e si fece strada dentro di lui. Tutto ciò che aveva di più caro -l’onore, l’orgoglio, l’alterigia, la freddezza- urlò agonizzante dall’interno del suo cuore il proprio sdegno, ma ormai persino la mente confusa di Sesshomaru riusciva a riconoscere quelle sensazioni che lo stavano invadendo: eccitazione e piacere. Quel corpo che aveva sforzato fino allo stremo ne aveva bisogno. Ragionare era impossibile, la rabbia era incontenibile ma a poco a poco scivolò via rimpiazzata dal sollievo. Il respiro di Naraku era roco. Che fosse lui o qualcun altro a violare il corpo di Sesshomaru, la questione non aveva più importanza: era tutto un fallimento, la morte si avvicinava e solo adesso Sesshomaru prestava attenzione a quei legacci che gli bloccavano i polsi dietro la schiena. Voleva liberarsene, i suoi artigli li graffiavano ma ciò non sembrava sortire alcun effetto, voleva trovare la forza di voltarsi e di baciare Naraku, di godere al massimo ogni sensazione che quell’ultimo atto di lussuria gli stava regalando. Era come essere sempre stato legato: dalla superbia, dall’innocenza di Rin… era mai stato libero? Qualcuno lo era, al mondo?
Non lui.
Il piacere raggiunse il suo apice, la rabbia tornò più intensa che mai perché il corpo era stato talmente debole da non godersi il sesso come avrebbe desiderato, Naraku sussurrò “È la fine” al suo orecchio e poi venne a propria volta.
Sesshomaru smise di lottare contro i legacci, perché ancor più dell’orgasmo furono piacevoli i secondi che lo seguirono, quieti, rilassati. Brevi, perché una mano bianca si protese in avanti, scostò una coperta stesa sul pavimento che Sesshomaru non aveva notato e che celava una piccola figura insanguinata ai piedi dell’idolo.
Sesshomaru conobbe la disperazione, prima di morire.

!contenuti forti, !lemon, !what if?, pg: rin, pg: naraku, genere: drammatico, pairing: naraku/sesshomaru, fandom: inuyasha, pg: sesshomaru, contest: efp, genere: dark, !violenza, !yaoi, !one-shot, rating: rosso

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