Following the happiness [3/4]

Sep 07, 2012 10:26

FOLLOWING THE HAPPINESS - Capitolo 3: Autunno.

Raccolta: Following the happiness ( indice).
Titolo del capitolo: Autunno.
Note: l’OOC dilaga, forse, in questo capitolo. Non so però, nei miei scritti non sono mai brava a riconoscerlo, i personaggi li sento talmente miei che mi pare naturale che si comportino in certi modi anche se per gli altri non è lo stesso. Boh, fatemi sapere cosa ne pensate ^^ alla settimana prossima con l’ultimo capitolo!


Offerta di pace.
- Che ne dici di una tregua dalle nostre sfide?
- Dico che è una buona idea.
Rin ridacchiò e si alzò in punta di piedi per baciarlo.
- Affare fatto! - esclamò, per poi stringersi al suo petto.
In effetti, era da un po’ di tempo che Sesshomaru era stanco delle scommesse. Ormai diventate più un’abitudine che un vero divertimento, in effetti era meglio eliminarle prima che si trasformassero in qualcosa di seriamente noioso. Se Rin si fosse stancata di lui e della loro storia, cosa diavolo avrebbe fatto? Al solo pensiero di un’eventualità simile, le sue braccia si strinsero più forte attorno alla ragazza, quasi in automatico.
- Mi stai soffocando, Sesshomaru!
Si costrinse ad allentare la presa. Prese a pettinarle i capelli con le dita, scoprendo per l’ennesima volta quanto fossero morbidi, setosi, lisci, profumati. Li adorava, la adorava, era la sua dea, e considerato il fatto che era molto altezzoso e soprattutto ateo quello non era un certo un particolare da nulla.
- Stasera usciamo - le bisbigliò, facendo attenzione che la frase non suonasse come una domanda. Non lo era.

Equilibrio.
Ad entrambi quella collinetta piaceva molto. Ci andavano spesso di sera tardi, e non ci avevano mai trovato altre persone all’infuori di coppie di fidanzati come loro; era un po’ isolata rispetto al centro della città, e forse per quello le stelle nel cielo buio lì si vedevano meglio.
Tenendosi per mano si avvicinarono al muretto dal quale si mettevano sempre ad ammirare il paesaggio circostante: a partire da esso la collina digradava piuttosto ripida ed era coperta di alberi e cespugli che in estate sfoggiavano foglie verdi e rigogliose; quella sera, invece, malgrado la poca luce si riuscivano a intravedere le loro tinte rosse e gialle, e qualche albero era già del tutto spoglio.
- Sembra un po’ un burrone, vero? - osservò Rin. Sesshomaru la guardò inarcando un sopracciglio: “burrone” era un termine decisamente esagerato; tipico da lei, ingigantire le cose. Occorreva una penitenza.
Lasciò la presa sulla sua mano e salì in piedi sul muretto.
- Oddio, no, scendi! Ti prego!
Sembrava non saper decidere se allontanarsi da lui per paura di toccarlo e sbilanciarlo oppure avvicinarsi per tirarlo giù. Lo guardava con gli occhioni sgranati, piena di apprensione, le mani serrate all’altezza del cuore. Per risponderle, iniziò a camminare avanti e indietro con la massima tranquillità.
- Smettila!
Al contrario, si mise in equilibrio su un piede solo.
- Sesshomaru!
Decise che così poteva bastare. Saltò giù e l’abbracciò. Era una di quelle rare volte in cui aveva voglia di ridere.
- Mi hai fatto una paura terribile, stupido. Sei cattivo.
- Fifona - si limitò a bofonchiare in risposta prima di baciarla.

Castagne.
Dovette tenerla stretta in un tenero abbraccio per diversi minuti e riempirla di parole rassicuranti prima di riuscire a calmarla. Era così buffa, quando si spaventava in quel modo, che dovette usare tutto il suo autocontrollo per non prenderla in giro.
Alla fine andarono a sedersi su una panchina ben lontana dal muretto e dal burrone. Rin, tornata più o meno di buonumore, tirò fuori dalla borsa un sacchetto di castagne. Gli chiese se gli piacevano; sì, gli piacevano. Stava per prenderne una, ma lei glielo impedì.
Sesshomaru sgranò gli occhi quando, un gran sorriso stampato sulla faccia e una castagna in mano, Rin gli ordinò di aprire la bocca.
- E’ la mia punizione, vero? - domandò cupo.
- Sì, e sono anche buona. Magari farti imboccare ti piace.
- No.
- Meglio così, te lo meriti! Sei stato cattivissimo.
- Non eravamo in tempo di pace?
- Questa non è mica una scommessa. E poi hai iniziato tu!
Il ragionamento non faceva una piega. Sconfitto, si fece infilare in bocca le castagne una alla volta, docile. Quando entrambi ne ebbero abbastanza, Rin le mise via e poi gli scoccò un lunghissimo bacio.
- Ti amo - sussurrò, strusciando la punta del naso contro quello di Sesshomaru.
- Anche se sono cattivo?
- Sì.

Cambiamenti.
- Ti piace l’autunno, amore? - chiese Rin dopo lunghi minuti che avevano passato scambiandosi piccoli, dolci, umidi baci. Adesso teneva la testa appoggiata alla spalla di Sesshomaru, che le cingeva la vita con un braccio.
- Abbastanza.
Non aveva stagioni preferite. Fondamentalmente, i suoi famigliari erano gli stessi tutto l’anno e Rin pure; gli uni li odiava, l’altra l’amava, le cose si completavano e lui era felice di avere almeno una persona cara come gli era la sua ragazza. Punto.
- A me tanto. È un simbolo di cambiamenti, anche di più della primavera. E poi ti fa capire che una cosa può essere bellissima anche quando finisce.
Sussultò e si staccò da lei. Il cuore prese a martellargli nel petto come forse non aveva mai fatto: che cosa stava dicendo Rin? Cambiamenti? Finire? Perché parlava così? Era un modo poetico per abbandonarlo? La sua angoscia dovette riflettersi nei suoi occhi.
- Ehi, cosa c’è, Sesshomaru? Che ti prende?
Provò a dirsi che non poteva volerlo mollare, non se sembrava così preoccupata per lui, non se tentava di tornare ad abbracciarlo, non se chiedeva spiegazioni in modo tanto insistente; ma la domandò scivolò lo stesso tra le sue labbra.
- Vuoi lasciarmi?
Ascoltò un concerto di dinieghi atterriti, di scuse, di domande confuse. Malgrado gli dispiacesse vederla così agitata, non poté fare a meno di sentirsi più leggero: nessuna attrice sarebbe potuta essere così abile a mentire, e Rin non era un’attrice. La baciò, tentando di farle sentire tutto l’amore che provava per lei e forse riuscendoci; quando si separarono rimasero entrambi in silenzio a lungo, gli occhi chiusi, fronte contro fronte.
- Scusami - le mormorò pianissimo - Io…
- Mi spiegherai un’altra volta.
Sorrideva di nuovo.

Stella cadente.
Tornarono ad abbracciarsi, più stretti di prima. Rin prese a chiacchierare, scegliendo come argomento le avventure da lei vissute con alcuni amici nella sua casa in collina; lui la ascoltava sempre più sereno: era di nuovo allegra, vivace, tranquilla. Si pentiva di averla turbata così tanto poco prima, e le era grato per aver iniziato un discorso ben differente. Mentre lei parlava tutti e due guardavano il cielo, e fu per questo che entrambi all’improvviso sgranarono gli occhi nello stesso istante.
- L’hai vista? - domandò Rin di nuovo agitata.
- Sì - le rispose senza riuscire ad aggiungere altro. Una stella cadente aveva attraversato il cielo, proprio di fronte a loro, rapida ed inaspettata.
Si guardarono negli occhi, e non servì nessuno dei due che dicesse “Esprimi un desiderio!” perché lo facessero entrambi nello stesso momento. Sesshomaru non conobbe mai quello di Rin, ma sul suo non dovette rifletterci nemmeno un secondo: affiorò spontaneo e quasi scontato nella sua mente; sebbene lui non credesse in quelle che riteneva solo stupide superstizioni non riuscì a trattenerlo.
“Vorrei avere al mio fianco la ragazza che amo per sempre”.
Banale, forse. Ma al suo cuore non importava di provare sentimenti originali.

Sogno.
Dormì molto poco quella notte, perché rientrò a casa tardi e fu svegliato presto, nonostante fosse domenica, dal fratello che faceva casino senza preoccuparsi minimamente di lui, ma per tutta la mattina nessuno riuscì a scalfire il suo buonumore. Un pallido sorriso ogni tanto affiorava addirittura sul suo volto stanco.
Aveva sognato. Aveva sognato di fare l’amore con Rin sotto un cielo trapunto di stelle, sull’erba morbida e profumata, guardando senza mai stancarsi quegli occhi che brillavano ben più degli astri che li sovrastavano. Aveva sognato di baciarla con tanto amore da farla piangere di gioia, di rimanere tutta la notte sotto la romantica luce della luna che li accarezzava. Aveva sognato di dire a Rin parole che per orgoglio non sarebbe mai riuscito a pronunciare, e l’aveva ascoltata rispondergli con altre anche più dolci.
Si era convinto di dover smettere di preoccuparsi per il loro futuro: avrebbe finito con lo sciupare il presente, che forse non era mai stato troppo dissimile da quel sogno.

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