Bene, sono ancora qui. Per oggi nessun aggiornamento per i Flaming Stars, ma vi propongo una storia breve. Sentivo la voglia di pubblicarla per trasmettere qualcosa forse. Non so. In ogni modo Buona Lettura.
Giaceva sull'erba quella mattina. Dura la pietra sulla sua schiena. Le labbra gonfie e sanguinanti. Il gelo nelle ossa.
Si risvegliò così Dalia in un giorno di pioggia. Ne aveva visti molti di giorni uggiosi nella sua vita. E quel mattino sembravano essere tornati quei giorni proprio quando il sole si era fermato su di lei.
Amava il sole. Amava il tepore che emanava e che la scaldava. Quando fissava il sole pensava che il suo nome non fosse stato dato a caso. La dalia era un fiore e anche lei si sentiva tale. Aveva bisogno di luce e di amore. Nessuno però sembrava volergliene dare e lei ogni giorno si spegneva sempre di più. Abitava in una casetta di pietra, affatto carina.
All'interno il minimo indispensabile. Già. Un così bel fiore costretto ad abitare in un luogo così privo di luce. Privo d'amore.
Dalia non aveva mai amato. Lei trattava con tutti, ma le era concesso innamorarsi.
Un male la divorava. Quel male che si infiltra nell'anima. Quel male chiamato droga. La sua solitudine, la sua tristezza non potevano sopravvivere senza.
Aveva 22 anni e i suoi grandi occhi verdi ne avevano viste abbastanza. Non una madre al suo fianco che le preparasse i vestiti per un ballo e che le preparasse la colazione. Solo un padre. Violento. Mai più avrebbe sopportato. Così un mattino d'inverno scappò.
Un bel fiore così non potè resistere al gelo dell'inverno a lungo e così fu trasportata da un turbine troppo impetuoso per lei. Cadde così in una vita che non avrebbe mai sognato. Nessuno avrebbe mai sognato.
Sotto la pioggia aspettava i passanti. Sotto la pioggia aspettava colui che le avrebbe strappato la carne. Ancora e ancora. Consumandone l'anima a poco a poco.
Un giorno come tanti altro sentì il suo corpo debole. La testa le girava. La testa era leggera e piena di pensieri. Troppo. Poi d'un tratto tutto fu pensante e completamente libera. Le venne un conato di vomito.
Sentì che stava per svenire. Quando vide un paio di occhi verdi che la guardavano come nessuno aveva mai fatto prima.
La voce dolce le chiese se andava tutto bene. Lei rispose di si all'inizio. Sentì che lui era diverso dagli altri. Poi si lasciò andare a mille parole con quel ragazzo che non aveva mai visto. Non la toccò mai. L'accarezzava solo con lo sguardo. E Dalia si sentì per un attimo fiorire. Parlarono a lungo.
La tranquillizzò quell'incontro e nemmeno si accorse che aveva cessato di piovere e il cielo era sereno. Prima di allontanarsi lui le diede il suo numero di telefono. Ogni qual volta si sentiva sola, spaurita o solo per parlare lui ci sarebbe stato senza volere nulla in cambio. Al tramonto ricominciò a piovere. Il suo raggio di sole era andato via e con esso la sua serenità.
Continuò a pensare a quel ragazzo con gli occhi verdi così gentile. E a ripetere dentro di sè il suo nome: Alan.
Lo ripeteva e sospirava e si sentiva meglio.
Ritornò a casa.
Senza trucco dimostrava meno anni.
In quella casa così piccola e umida si addormentò. Pensierosa. Come lo era stata per tutto il giorno.
Passarono i giorni. E dentro di lei cresceva la convinzione di farla finita. Con quello squallido lavoro. Con quella squallida vita.
Ancora un altro uomo che chiedeva di lei.
Ancora un altro che le rodeva l'anima. Pianse. Pianse per tutto il tempo.
E quell'animale bramoso di sangue nemmeno se ne accorse.
Guardava verso l'alto Dalia. Cercava un dio che le portasse via la vita. Che le portasse via la sofferenza.
Basta. Doveva finire.
Arrivò ancora quell'uomo senza una storia. Perchè lei non sapeva nulla di nessuno. Faticava anche a conoscere se stessa. Prese coraggio e lo cacciò.
Mai più. Pensò. Non l'avrebbe fatto mai più. Ma sopraggiunse il dolore. Sentì solo un grande dolore dentro di lei. Caddè e svenì.
Non si addormentò per sempre come sperava però. Si riprese e corse a casa. Dove nessuno l'aspettava. Si appoggiò al muro e scivolò giù sul gelido pavimento.
Era quasi decisa a mettere fine alla sua sofferenza. Prese un coltello. Il più affilato. Lo affondò appena nella carne. Il sangue macchiò il pavimento. Mai più. Ripeteva. Quando all'improvviso qualcosa le disse che doveva restare attaccata ancora per un pò a quella vita. Si rialzò e sussurrò un nome: Alan.
L'ultima sua possibilità. Andò a dormire. Si rivegliò al mattino.
Prese la cornetta e compose il numero scritto su quel bigliettino che aveva ancora il profumo del suo Sole. Parlarono molto e per la prima volta dopo molto tempo Dalia sorrise e si sentì ancora bella.
Decise che sarebbe cambiato tutto. Niente più droga. Niente più strada. Niente di niente. Sapeva che c'era Alan con lei.
Si abbandonò alle sue braccia e per tutti quei giorni non piovve più.
Ne dentro di lei ne fuori dove la primavera prepotentemente si faceva sentire.
Trovò un lavoro come commessa. In un negozio di fiori. Pensava che fosse proprio buffo che una Dalia lavorasse fra i fiori e ne era felice. Non toccò mai più nessuna droga. Aveva smesso. Si era impegnata e c'era riuscita. Rimise a posto la sua casetta che sembrava quasi accogliente ora.
Anche quel pomeriggio, quando uscì di casa era serena. Era diversa.
Una vita cresceva dentro di lei. Lo sapeva per certo. Correva come una bambina dal suo amore per dargli la notizia. Fantasticava Dalia. Avrebbero preso una casetta tutta per loro. Avrebbe avuto una famiglia tutta sua. Sorrise e come faceva sempre guardò il sole.
Non arrivò mai a casa di Alan.
La trovarono che piangeva semi nuda su un prato e la portarono in un ospedale.
Qualcuno, e lei lo vide bene in viso, lo vide che abusava di lei, le aveva strappato i vestiti, l'aveva picchiata. L'aveva usata. Ancora. Si ribellò con tutte le sue forze, ma lei era gracile. Troppo. Era decisa: voleva vederlo soffrire come lei aveva sofferto. Andò a denunciarlo. Sapeva chi era. Era l'ultimo uomo che l'aveva divorata per l'ultima volta. La voleva ancora, ma lei no. Dalia non voleva. Aveva avuto paura.
La sua creatura, nella testa solo la vita che era dentro di lei. Non le avevano saputo dire se sarebbe sopravvissuta. E pianse mentre l'analizzavano. Le avrebbero dato i risultati il giorno successivo. Perchè non ora? Aveva urlato ai medici. Non ci fu nulla da fare. Tornò a casa. Lavò via quello schifo che aveva sul suo corpo, le labbra continuavano a sanguinare.
Nonostante ciò non potè lavare quello che aveva dentro. Si vestì da bambola come era solita fare e titubò mentre camminava leggera verso il telefono. Doveva dirlo ad Alan.
Ma aveva paura. Paura di perderlo. Prese coraggio. Aveva avuto tanto coraggio fino ad ora. Ce l'avrebbe fatta. Alan che non sapeva nulla si precipitò da lei in un attimo. L'abbracciò mentre Dalia gli raccontava tutto.
Aveva iniziato a parlare ed era impossibile fermarsi ormai. Quando ebbe finito Dalia sentì le forze che l'abbandonavano. Ancora vomito sentì salire. Svenne. Si addormentò.
Dalia imparò a non mollare mai.
A credere in ciò che faceva anche quando le cose vanno male. Imparò che c'è sempre un raggio di sole per tutti.
Imparò a resistere alla morte psichica. Peggiore di quella fisica. Imparò ad amare. Donò il suo amore all'unico uomo che non aveva voluto nulla in cambio da lei se non un amore tenero.
Donò la vita a due fiori: Violet e Rose. Le sue piccole che erano sopravvissute alla violenza.
Era felice ora Dalia. Fissava il sole e nessuna nuvola poteva oscurare la sua vita adesso. Il suo carnefice scontava la sua condanna mentre lei sorrideva ai suoi cari. Attacata alla vita ora Dalia.
Come non mai. Vale sempre la pena di vivere. Ogni istante. Anche il peggiore. Non può andare sempre male. Ripeteva. Mai più perduta ora Dalia. Per sempre.