Fandom: Silent Hill (3)
Titolo: Ameno
Rating: arancione
Conto Parole: 3341
Personaggi/Coppie: Vincent/Heather
Genere: introspettivo, drammatico
Avvertimenti: questa oneshot è una raccolta di drabble scritte per il Multifandom Drabble Fest. Possono essere lette anche singolarmente e in ordine casuale, ma visto che tra l'una e l'altra c'è un filo narrativo unico, ciò potrebbe creare dei problemi d'incomprensione. E potrebbe crearli anche il fatto che non si conosca Silent Hill, che già da solo è un fandom complesso. Rileggendo la storia, però, credo si possa tranquillamente prenderla come una fic originale.
E' ambientata durante e dopo la fine del gioco, perciò ssssspoiler! (con tanto di esse)
Note: sto male. No, cioè, è vero. Ho l'esame dopodomani l'altro e ho la febbra. E non mi riusciva studiare. Così... xD Questo è stato un progetto frettoloso che volevo fare da una settimana. All'inizio era una raccolta di sette drabble, poi se ne sono aggiunte senza prevederlo, uhm... non le ho contate. Fatelo voi.
Il numero cinque
Sono rimasti cinque proiettili. Ognuno è un conto alla rovescia verso la fine della sua vita, è un secondo che brucerà e un vantaggio in più per Claudia.
I mostri nella stanza non li conta, ma sa che sono in soprannumero. Spara quattro volte, ne colpisce due, cinque arrancano verso di lei. Cerca di alzarsi in piedi, ma la ferita alla gamba non glielo permette. Addossata al muro, non ha vie di fuga.
L'angoscia si fa strada stroncando la flebile speranza che teneva in vita tra le mani tremanti. Una pistola con un solo proiettile è come un uomo che sta per morire, è soltanto un rinvio caduco al suo destino.
E poi, la paura si trasforma in un desiderio lucido e invitante. La canna si posa da sola sulla tempia. Un colpo soltanto, e l'incubo e il dolore finiranno. Il grilletto è appena più pesante delle altre volte, ma basta una leggera pressione delle dita.
Quel che segue è una serie di spari distanti, tonfi di corpi che stramazzano a terra. Nel buio della stanza e della mente annebbiata, Heather non vede niente. Si sente tirare il braccio da qualcosa, si ritrae bruscamente e punta la pistola in avanti. Scorge un sorriso storto.
“Questo è per caso un tuo modo originale di dirmi che sembro un mostro?”
Sa chi è, per questo non abbassa l'arma.
“Vincent...” mormora freddamente a denti stretti.
Suppurazione
La stanza puzza proprio come un ospedale.
“Devo medicarti,” le dice. I sensi all'erta, Heather trattiene la pistola nella mano. Non allenta la presa neppure una volta.
“Se non lo faccio, ti può venire un'infezione. Oppure una suppurazione.”
“Che roba è?”
“Una cosa brutta da vedere sulle gambe di una signorina,” le spiega Vincent. Gliel'ha detto con il tono accomodante che si usa per i bambini. Non le piace quando le parla in modo supponente e tranquillo. L'ha sempre trovato troppo a suo agio in quella strana dimensione orrifica, come se ci convivesse da tutta la vita. Heather si domanda se ha mai visto il mondo vero.
“Nello scaffale è rimasto solo quest'unguento vetusto, ma è efficace,” la informa lui con un barattolo stinto in mano.
Le alza l'orlo della gonna imbrattato di sangue. Il taglio è profondo e fresco.
“Ti farà male,” l'avverte. Passa l'unguento sulla ferita. Heather si aggrappa al gambo del tavolo di fianco e urla.
Asso nella manica
“Dove vai?”
Heather rileva una leggera protesta in quella domanda.
“A spaccare il culo a Claudia.”
“Non puoi andartene senza di me. Sei zoppa, e là fuori è pieno di mostri. Morirai sicuramente.”
Heather non sa se credersi più al sicuro lì o qui. Vincent continua ad assicurarle di essere dalla sua parte, ma rimane pur sempre un seguace di quella setta di fanatici religiosi. Potrebbe tradirla da un momento all'altro.
“Heather, so che non ti fidi di me...” le dice flemmatico, “ma dovrai starmi accanto, perché in questo momento sono la tua unica risorsa.”
“Sono io a essere la tua unica risorsa, non tu,” fa lei, seccamente.
Coglie nel segno, e questo lo fa sorridere.
Ieri, domani
“Domani riprenderemo il viaggio,” le dice.
È una stanza malandata come un'altra, che puzza di chiuso e sangue, quella in cui sostano. Heather va a coricarsi al lato opposto di Vincent. Le ha consigliato di riposarsi, ma non riesce a chiudere occhio, non lo fa dall'inizio di quell'incubo. E la presenza dell'uomo non l'aiuta.
Le mani ancora stringono la pistola. Nel caricatore, lo stesso proiettile di qualche ora fa. È più che sufficiente. Una sola mossa falsa dell'uomo e gli sparerà. Da quell'angolazione può anche uccidere qualsiasi nemico entri dalla porta.
Vincent infila la mano nella tasca del gilet, Heather se ne avvede, si alza col busto e gli punta l'arma contro. Lo vede sfilare un piccolo panno per pulire gli occhiali.
“Pensavi tirassi fuori una bomba a mano?”
Heather non sa cosa pensava. Non sa se un taschino possa nascondere davvero un'arma. Ma sa che c'è qualcosa di sbagliato in lei, la freddezza con cui soppesa e osserva ogni mossa. Ne sembra abituata, come se fosse sempre stato così, eppure l'incubo è iniziato appena ieri.
Il medico mi ha ordinato di fumare
Si era promessa di non fumare più.
Papà si arrabbiò quando la scoprì in bagno. Le disse che certe trasgressioni giovanili dovevano essere stroncate prima che diventassero dipendenze. Non era la salute che interessava a Heather, ma non voleva più vedergli la delusione sugli occhi. Smise di fumare il giorno dopo.
Ora papà non c'è più, e non è per trasgressione o protesta: Heather accende la sigaretta trovata abbandonata sul tavolo per un bisogno irrefrenabile. Vuole sentire nei polmoni qualcosa di vero, che provenga dal suo mondo.
Vincent la scruta da lontano. Ha lo stesso sguardo indagatore che aveva papà.
“Me l'ha ordinato il medico,” spiega Heather seria. Dissimula una battuta coi suoi soliti atteggiamenti duri. È proprio un'adolescente. Anche Vincent era così, una volta.
Le prende la sigaretta dalle dita e ispira una boccata.
“È da quand'ero ragazzino che non fumavo,” le dice, sorridendo.
Heather riflette che questa è l'unica cosa che le ha raccontato di sé.
Sogno
Arriva il momento in cui la stanchezza diventa troppa, e per quanto le condizioni non siano adatte, per quanto l'incubo le stordisca i sensi tenendola incessantemente attiva, Heather crolla in un sonno profondo non appena appoggia la testa sul pavimento.
Sogna suo padre. La saluta come ogni volta, dopo una giornata di scuola. In frigo non c'è niente, perciò la invita a mangiare in un qualche fast food pieno di cibi preconfezionati. Ma qualcosa appare strano e diverso. Gli occhi di Harry sembrano vitrei e lontani.
“Mi dispiace di non averti detto la verità,” mormora. Le mani che lei percepisce sul proprio viso sono fredde. Comincia a piangere, senza sapere perché.
“Non ce l'ho con te,” lo rassicura con voce rotta.
“Volevo solo renderti una bambina felice.”
“Lo sono sempre stata.”
Vincent la sente ghermirgli la manica e sussurrare il nome di Mason. Posa il libro a terra, piano, lasciandola dormire.
Triplo gioco
L'espressione di Vincent cambia quando Heather non lo guarda. È come se improvvisamente si trovasse solo, nel silenzio di una stanza vuota, a riflettere coi propri pensieri lontano dal mondo.
Claudia non deve sapere che sta aiutando Heather, o capirà i suoi piani. Quella pazza deve morire prima che il mondo venga invaso dalla sua follia religiosa, e l'unica che può farlo è la figlia di Dahlia.
E quando Claudia sarebbe morta, quando Heather meno se lo sarebbe aspettato, Vincent l'avrebbe uccisa per ragioni più grandi: perché porta in grembo un Dio troppo pericoloso per l'umanità, e non ha dimenticato cosa può fare Alessa, cosa gli ha fatto.
Aveva otto anni quando i suoi genitori vennero uccisi da lei. Da quel giorno, un solo assillo ha accompagnato l'infanzia di Vincent nelle notti fredde dell'orfanotrofio di Villa Speranza.
La vendetta che desidera compiere da sempre è a un passo da lui. Heather avanza ignara per i corridoi dandogli le spalle, sondando circospetta ogni angolo di fronte a sé. Sembra essersi abituata alla sua presenza, ormai. È meno diffidente, meno pungente.
Vincent caccia un coltello dalla tasca del pantalone.
Non ancora, pensa. Ogni cosa a tempo debito.
Taedium vitae
A volte, tra le pareti scrostate dei muri e nel sangue rappreso del suo incubo, a Heather capita di trovare oggetti del mondo reale.
È una rivista di moda del 1973, quella tra le sue mani. Carta plastificata, copertina un po' sciupata e sbiadita. Sembra uno di quei giornalini salottieri che si trovano ancora nelle edicole.
Ma per quanto sia sempre conciliante rinvenire tesori del suo mondo, non smette di sentirsi inquieta e nervosa. Gli articoli non la distraggono, né la fanno sorridere. Il tempo non passa mai.
Lancia la rivista in aria e scalcia le sedie. Vincent la osserva divertito, lontano come al suo solito.
“Credo tu sia in preda di una crisi di nervi. O forse è solo taedium vitae.”
L'occhiata che gli rivolge Heather è confusa. “Eh?”
“È un'espressione filosofica latina che indica una condizione umana di insaziabile tedio. Il destino dell'uomo è sentirsi perpetuamente inappagato e vuoto, pur cercando nella vita diversivi o piaceri terreni che possano sottrarlo dall'agonia a cui non potrà scampare mai.”
“Non penso che mi sentirò inappagata e vuota quando avrò finalmente ucciso Claudia con le mie mani...”
“Chissà. Magari io sì, e dovrò cercare un altro Dio da sopprimere per colmare momentaneamente il mio vuoto esistenziale.”
Heather lascia fuggire una risata fugace. Non aveva mai fatto sorrisi veri con lui.
Forse è solo taedium vitae, ma Vincent ne vuole ancora e teme che non gli basteranno mai.
Pensare significa oltrepassare
Gli occhi di Vincent guardano oltre l'apparenza, oltre il compito che si era prefissato dal suo incontro con la figlia di Harry. Non è la reincarnazione di Alessa che vede, né la bambina per cui Mason ha sacrificato la vita. Non è Cheryl, e neppure il grembo materno che ospita Dio.
Lo sguardo si sofferma su Heather più scrupolosamente, e trova un'adolescente qualunque, nuova, che ha vissuto all'infuori della pazzia distruttiva e malsana di Silent Hill. È come se anche lo sguardo di Vincent fosse cambiato col suo pensiero. Nell'ottica clinica di un osservatore esterno, lo autodefinirebbe dolce e caldo.
Ma questo va contro i suoi piani. C'è in gioco un destino più grande di qualsiasi faccenda personale.
Eppure non riesce a fare a meno di porle quella domanda che è sempre lei a rivolgergli:
“Chi sei?”
Locus amoenus
Non si parlano quasi mai, e se lo fanno non è lei a cominciare una discussione. Ma Heather si tiene dentro un interrogativo troppo pesante per essere ignorato in eterno.
“Da quanto tempo conosci Claudia?”
Vincent si volta a guardarla meravigliato, colto alla sprovvista. “Da prima che diventassi Padre e fondatore della chiesa di Silent Hill. Lei era una bambina che auspicava già al Paradiso. Tu e Claudia... Alessa e Claudia erano molto amiche.”
Le sembra troppo assurdo crederlo, e indagare oltre la spaventa. “Non potrei mai essere stata amica di una persona che per seguire i suoi ideali rovinerebbe le vite degli altri.”
“Lei crede che ci siano sacrifici che possono essere giustificati da un fine più grande dell'uomo, e che la vita sia solo sofferenza. Suo padre la picchiava, abusava di lei. In fondo, Leonard meritava di morire.”
“Mio padre no.”
Il volto di Heather si contrae di amarezza e rabbia. È una ferita ancora fresca e sanguinante. Ci vorrà molto tempo prima che si cicatrizzi.
“Forse Claudia cambierebbe idea se conoscesse il locus amoenus della vita, e non solo l'horridus,” continua Vincent. “I paradisi possono stare anche in terra.”
Solleva la mano per sfregarle gli occhi lucidi, indugiando a mezz'aria. Invece le posa il palmo sulla spalla.
“Non manca molto, ormai. Il nostro cammino sarà tortuoso ma breve.”
Fiori
Nella tasca ha ancora il portafoglio di due giorni prima. Heather se l'è portato dietro dal centro commerciale, e tra gli ultimi strani avvenimenti e lo shock subìto a casa si è dimenticata di posarlo.
Lo apre e lo studia, tanto per passare il tempo. Ci sono le foto con i compagni di classe, gli scontrini delle scarpe che aveva comprato per natale.
In una delle tasche più esterne, trova un fiore rinsecchito. Un ricordo le torna alla mente inaspettato.
“Che stronzo.”
Vincent si gira, quasi sicuro ce l'abbia con lui. Non sarebbe la prima volta. “Parli con me?”
“Parlo dello stronzo che mi ha regalato questa margherita. Un tipo che aveva una cotta per me. Era carino, simpatico, così siamo usciti insieme qualche volta. E proprio quando ho preso per lui una sbandata colossale, decide di mollarmi per una sua ex. E ne aveva un sacco, di ex. Ho tenuto il fiore nel portafoglio sperando che un giorno ci ripensasse. Poi l'ho dimenticato e si è seccato.”
È la prima volta che Heather parla di sé. È come se Vincent avesse davanti una sconosciuta. Non ha nulla a che fare con la bambina che terrorizzava il paese.
“Non avevo mai visto una margherita,” le dice, solamente. “Silent Hill è una zona paludosa, e in habitat del genere le margherite non crescono.”
“Questa che ho io è irriconoscibile da quanto fa schifo,” scherza lei, e senza pensare: “Quando saremo fuori di qui te le farò vedere. Il parco vicino casa è pieno di margherite.”
Offerta rifiutata
Viene svegliata da un parlottio soffuso, indistinto. Si alza col busto, si sfrega gli occhi, si guarda intorno. Non c'è traccia di Vincent, né della sua armeria.
Una strana sensazione l'assale. È un presentimento che non aveva da quasi un giorno, ormai.
Si dirige alla porta chiusa da cui provengono i suoni, con passo felpato.
“È qui con me. No, non sospetta niente. Non posso parlartene ora, è nella stanza vicino. Bene...”
Heather sente il suono di una cornetta che si abbassa, il cigolio della porta che si apre. Quando si trova l'uomo davanti, capisce tutto. Sbigottita, afferra il coltello sul tavolo, puntandoglielo.
Vincent le fa segno di calmarsi, cautamente, cercando di celare la propria agitazione. “Heather, ascolta...”
“Ho già sentito a sufficienza. Così tu odi Claudia, eh?”
“Non è come pensi. Fa parte del nostro piano. Claudia deve credere che sto dalla sua parte...”
“Allora perché non me ne hai parlato?!”
“Per evitare tutto questo.” Le si avvicina, lentamente. “Dammi il coltello, ora.”
Vincent le tende la mano. Le sfiora il polso. Irretita dalla paura e dalla rabbia, Heather lo ferisce al braccio. La camicia bianca si tinge di rosso e l'uomo digrigna i denti dal dolore coprendosi il taglio con la mano.
Heather scappa da lui, spaventata. È sola, non ha nessuno dalla sua parte. Papà è morto, Douglas la sta aspettando al Luna Park. E lei è stata così stupida.
La ferita alla gamba fa ancora male. Si accascia a terra, trattenendo un urlo di dolore. Sente un rumore di passi sostenuti. Sa che è lui. Si volta, prova ad alzarsi appoggiandosi al muro, ma l'equilibrio cede a ogni tentativo.
“Se ti avvicini ancora ti uccido, stronzo!”
“Heather-”
“Non chiedermi di fidarmi di te! Non mi sentirò mai al sicuro sapendoti vivo, anche a cento chilometri da me!”
“Allora uccidimi,” le dice Vincent, inginocchiandosi davanti a lei e allargando le braccia. “Così sarai certa di non avere seguaci di Claudia alle calcagna.”
Heather alza d'istinto il braccio per allontanarlo, fissandolo allibita. La punta del coltello trema rasentandogli la gola. È un nemico, lo è sempre stato, continua a ripetersi.
La mano scivola verso il basso, le dita allentano la presa. Non ci riesce. Non è ciò che vuole, e anche se lo fosse, non ne è all'altezza. Scoppia a piangere.
Vincent le prende il viso tra le mani, guardandola dritto negli occhi.
“Non permetterò a Claudia di farti del male,” le promette, e ciò che è peggio è che è vero.
Si china fino a toccarle le labbra con le proprie. Heather risponde al bacio, stavolta senza esitazioni.
Pelle nuda
Aveva dimenticato il tepore delle carezze, l'odore della pelle. Silent Hill era riuscita a inibirle le percezioni, a intossicarle l'animo. Ma ora si stringe al petto di lui, il suo fiato caldo le solletica l'incavo del collo. Viene pervasa da un'esplosione di sensi.
La mano di Vincent le depone una scia di brividi sulla cute. Le sfila la maglietta, le tocca i seni.
Heather lascia che tutto succeda, lascia che sia lui a condurre il gioco. Si limita a toccargli le scapole dure, le braccia longilinee. L'odore della sua pelle è uguale e opposto a qualunque altro abbia mai trovato.
Heather avvicina il viso alla sua spalla, per sentirlo meglio, per non scordarlo più.
Visto che sono nato, sarebbe uno spreco se non mi godessi questo mondo fino all'ultimo
Lei dorme, ancora nuda, abbandonata in un sonno ristoratore, limpido. Il primo di quel viaggio.
Vincent, invece, ha la mente troppo affollata per riuscire a rilassarsi. Ci sono nuovi problemi, imprevisti che non dovevano sopraggiungere sulla strada della sua missione.
Presagisce il suo futuro nero, lo conosce e lo accetta, capendo di non avere altre scelte. Se vuole salvare Heather, dovrà morire.
Ma ora è vivo, e si godrà la vita fino all'ultimo, come ha sempre auspicato. In un'altra occasione non l'avrebbe mai svegliata.
Heather sente la sua mano su di sé, sul proprio sesso. Apre gli occhi e lo tira a sé.
Vincent sprofonda di nuovo dentro di lei.
La scomparsa di Giove
Il taglio sulla gamba di Heather è ancora presente, ma il dolore è quasi del tutto scomparso. Vincent le avvolge l'arto con l'ultimo bendaggio. Non le parla neppure una volta. Non è mai stato così silenzioso.
“Dobbiamo separarci,” dice, infine.
Heather lo guarda perplessa dal tavolo di legno su cui si è seduta per farsi medicare. “Ma manca ancora tanto...”
“Non possiamo stare insieme. Claudia si accorgerebbe di qualcosa.”
Il viso di Heather s'incupisce. Uno strano presentimento le attraversa gli occhi preoccupati.
“Andrà tutto bene,” la rassicura Vincent. “Se Giove è sparito, sparirà anche Dio.”
“Sparirà anche tutto questo?”
“Sì.”
“E torneremo a casa insieme?”
“Torneremo a casa insieme,” ripete Vincent. Sa ancora dire bugie, nonostante tutto.
It's the moment of truth and the moment to lie | The moment to live and the moment to die | The moment to fight
Claudia alza lo sguardo dal libro. “Non dovresti essere qui.”
Vincent sorride, chiudendo il portone di legno. “Lo so, dovrei essere con Alessa.”
“Hai perso le sue tracce?”
“No.”
Claudia assottiglia gli occhi e chiude definitivamente il libro, abbandonandolo su un canterano vicino. “Mi stai voltando le spalle?”
“Non voglio ucciderla.”
“È quello che hai sempre voluto, la vendetta. E questa è l'occasione. Morirà dando alla luce una speranza nuova per tutta l'umanità, un Paradiso eterno dove il dolore e la malattia verranno dimenticati da tutti.”
“Sono stanco di queste stronzate, Claudia,” sbotta Vincent. “Sai bene perché sono qui. Sono venuto a fermarti.”
“A costo di uccidermi?”
Lui smette di sorridere. “A costo di morire.”
Specchio
La carcassa di Dio le si stanzia davanti scomposta come il soggetto di un quadro contemporaneo. Una decina di metri più in là, scorge l'impronta di ciò che è rimasto di Claudia.
Heather si guarda allo specchio, imbrattata di sangue, scarmigliata, il volto distrutto. Ma l'acconciatura e la tinta non sono le sue. Lo sguardo è quello di una sconosciuta, anche se gli occhi sono gli stessi. Lo sguardo spettrale di Alessa.
Heather le corre incontro, tira qualche pugno e calcio e urla di andarsene. Il riflesso mima ogni suo movimento. Sembra il gioco stupido di un bambino, o la mania cronicizzata di uno schizofrenico. Sente di stare per impazzire da un momento all'altro.
Sfodera la pistola, direziona la canna in avanti, incollerita e agitata.
Spara l'ultimo colpo rimasto. Lo specchio s'infrange ai suoi piedi.
Le mani tremano, le forze le vengono a meno. S'inginocchia a terra, provata. Ma non è un dolore fisico.
Guarda Vincent, di fianco a lei. Nella sua smorfia addolorata sembra sorriderle ancora. Il coltello è rimasto conficcato nel suo petto.
Credeva di aver imparato qualcosa dalla morte del padre, ma ancora una volta non è riuscita in tempo a dimostrare appieno il suo affetto.
Si mette le mani nei capelli e piange.
Margherite al vento
Quel che rimane di Silent Hill è un ricordo appannato e grigio, una ferita che non lascia scalfitture che possono vedersi a occhio nudo. È l'incubo di qualche notte, che la sveglia nelle coperte calde e impregnate di sudore.
***
La primavera è alle porte. Nell'aria, il profumo caldo e dolciastro delle margherite al vento.
“Ti piacciono le margherite, vero?”
Heather posa il libro scolastico sulla panchina e guarda la figlia dei Lowell, i vicini di casa che hanno chiesto di badare a lei per qualche ora. Venti dollari non fanno mai male.
“Sì. E a te piacciono?”
“Questa è per te,” dice la bambina, porgendole una margherita.
“Bella. L'hai raccolta dal prato?”
“Me l'ha data un signore.”
Heather le rivolge uno sguardo di rimprovero. “Lo sai che non devi parlare con gli sconosciuti, e non devi neppure ricevere regali da loro.”
“Ma ha detto che è per te. Ha detto che non te ne devi dimenticare.”
“Ti ha detto questo?!”
“Mh.”
“Dov'era quel signore?”
“Al bar vicino al laghetto.”
“Aspettami qui. E non parlare con nessuno.”
Si sente un po' stupida a sperare di rivederlo. Ma se c'è una cosa che ha imparato a Silent Hill è che niente è come sembra. Se fosse ancora vivo?
Attraversa il parco, il prato con le margherite, il ponte di legno. Si guarda intorno più volte. Ma lui non c'è.
Sospira, abbassando gli occhi tristi sul fiore tra le dita.
Certe coincidenze portano a credere a stupidi abbagli lasciando un retrogusto amaro in bocca. Ma se c'è una cosa che ha imparato a Silent Hill è che per non morire non bisogna arrendersi mai.
Infila la margherita nella tasca esterna del portafoglio. Non se ne dimenticherà.
Sa già che domani tornerà a cercarlo.
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L'ultima drabble non doveva esistere. Però desideravo troppo un happy ending con Vincent... che alla fine è diventato soltanto un forse-happy ending.
Ho scelto "Ameno" come titolo è perché una parola meravigliosamente ambigua. Vuol dire "piacevole" (ciò che trovano Vincent e Heather), ma anche "strano", "bizzarro" (cioè tre quarti di Silent Hill :D). E si collega al locus amoenus del prompt.
Locus amoenus è un termine usato in letteratura che si riferisce ad un luogo idealizzato e piacevole, in cui si svolge parte della trama. Grazie, wikipedia.
E tutti questi bei termini latini (locus amoenus, taedium vitae) andavano a braccetto con Vincent, che per via del gilet, gli occhiali e la catasta di libri che si porta sempre appresso nel gioco dà tanto l'aria di uno studioso incallito. :D