Donati Legacy gen. 2.4 - Ricominciamo

Sep 28, 2010 02:54

AAHH lo sapevo, ho fatto passare una quantità sproporzionata di tempo :( vi sarete tutti dimenticati di Adele ç_ç
Ho avuto altro per la testa negli ultimi tempi (e anche ora ce l'ho), e poco tempo per dedicarmi alle foto... Tutto rubato da World of Warcraft. Accidenti :P
In più sto avendo qualche problema col LJ in questi giorni, quando provo a postare mi fa vedere solo la modalità HTML anche se nelle impostazioni gli ho detto di usare l'altra come default... Quindi ho passato ieri notte e stamani a cercare di farlo funzionare nel modo giusto... E alla fine ci ho rinunciato. Anzi, se avete consigli per risolvere... Mi torna un po' male postare con SOLO la versione HTML :|
Vi lascio al quarto capitolo della seconda generazione (se continuo così alla decima ci arrivo quando sono in pensione). Se vi foste dimenticati di cosa stava succedendo (e avreste anche i vostri ottimi motivi per averlo fatto), Adele, Matt e Federico avevano appena scoperto di essere tutti conoscenti :P

Disclaimer: è tardi e non ho riletto, vado a nanna e controllo domani. Spero non ci siano errori o strafalcioni vari :P





“Frequentiamo le stesse lezioni, all’università” rispose finalmente Federico, dopo quella sfilza di domande identiche, continuando a scrutare Matteo.
“Già” commentò Matteo, che mi accorsi che stava guardando torvo Federico. Non ne capivo il motivo. “Voi invece com’è che vi conoscete?”
“I nostri genitori erano amici, quando eravamo piccoli stavamo sempre insieme” rispose Federico. Notai molto bene quell’“insieme”, sperai che fosse solo un’impressione mia e che non stesse cercando di provocare Matt. Non ce ne era davvero bisogno.



Venni distratta dal mio lavoro, ma quando tornai da loro dopo pochi minuti non si erano mossi, erano sempre nella stessa posizione. Ebbi anche l’impressione che non si fossero nemmeno parlati. Cercai di spezzare il silenzio:
“E tu invece, Federico, che ci fai qua?”



“Vacanza” rispose con una alzata di spalle “Sai, finiti i corsi, c’è bisogno di un po’ di ricambio d’aria” e accennò a un paio di ragazze dall’altra parte della sala, ammiccando.



Sbruffone, pensai. “Tu hai deciso di non proseguire con gli studi?”
“Già, passare le giornate a stagionare sui libri non faceva per me”
“Mi ricordo che non lo sopportavi anche quando eravamo piccoli, cercavi sempre una scusa per non studiare e venire a giocare con me” ridacchiò “Prima che iniziassimo a perderci di vista. E’ stato un peccato abitare così lontani”.
A giudicare dall’espressione di Matt non lo giudicava tanto un peccato, ma non ci feci troppo caso.



Quella conversazione forzata mi rendeva tesa e nervosa come mai mi era successo nel chiacchierare con un vecchio amico. Non riuscivo a capirne il motivo, né capivo come mai fosse così difficile parlare con lui, da bambini eravamo uguali e inseparabili.
“Amici tuoi?” mi sussurrò all’improvviso Clio all’orecchio, mentre passava dietro di me. Voleva essere presentata, conoscevo bene quell’atteggiamento ormai.



“Matt, Federico, lei è Clio” dissi, rassegnata ma con un filo di fastidio che non comprendevo.
“Il famoso Matt, finalmente ti conosco! Adele parla spesso di te. Invece di Federico non sapevo niente, piacere di conoscerti” commentò lei con l’aria fintamente ingenua. Dio, quanto non la sopportavo quando si comportava così da gallina.



Federico lanciò un’occhiata a Matt e mi scrutò per un paio di secondi. Iniziava a infastidirmi il suo atteggiamento da bel tenebroso, ma chi si credeva di essere? Non somigliava più al bambino allegro e spensierato a cui avevo voluto bene e il cui ricordo stava al sicuro nel cassetto del mio cervello che conteneva i più bei momenti della mia infanzia.



Ma Federico sembrò apprezzare la presenza della mia amica, o almeno sembrò stare al gioco, e continuò a parlare con lei. Matt lo guardò male, ma poi si concentrò di nuovo su di me. Mi accorsi che mi guardava negli occhi, mentre asciugavo un bicchiere, e gli sorrisi. Un sorriso spontaneo, caldo, di quelli che mi aveva sempre provocato la sua presenza piacevole e rassicurante.
Lui lanciò un’altra occhiataccia a Federico che iniziava a fare lo scemo con Clio e poi mi disse, all’improvviso:
“Domani sera sei libera?”. Mi prese alla sprovvista, non era da lui. Be’, perché rifiutare?, mi dissi.
“Sì, domani sì”. Aspettai il seguito, scontato, della sua richiesta.
“Ti va di uscire con me?”
“D’accordo”. Continuavo a essere sorpresa dalla sua decisione, ma mi sembrava comunque una cosa positiva.
“Bene”. Sorrise soddisfatto e lanciò uno sguardo di sfida verso Federico.



Ah. Adesso avevo capito. Era partito all’attacco prima che potesse farlo Federico, a quanto pareva lo considerava un rivale. Avrei dovuto rassicurarlo, il modo di fare del mio vecchio amico mi infastidiva troppo. Non sarei mai uscita con uno così.
“Matteo, mi piace questo posto, dovresti portarmici più spesso” disse a un certo punto ridendo Federico, appoggiando una mano sulla spalla di Matt, mentre Clio si allontanava e mi faceva cenno di seguirla. “Ci sono un sacco di... lati interessanti. Sì, direi di sì. Ma non esiste un posto così ben... fornito, vicino alla facoltà?” ammiccò di nuovo.
Quel ragazzo mi dava veramente sui nervi. Iniziavo a capire le occhiatacce che Matteo gli lanciava. Come faceva a essere suo amico? Non volli sentire altro, seguii Clio nella cucina.
“Non male il tuo amico” mi disse lei “Cioè, non sarebbe l’uomo della mia vita, ma per una seratina o due...”
“Bah, contenta tu... Non fa per me” risposi accigliata.



“Bene. Non si sa mai, magari interessava a te”
“No, no, assolutamente” dissi decisa.
“Ottimo” batté le mani soddisfatta e tornò nella sala, ammiccando a Federico, che parlava di nuovo con un Matteo che ora lo guardava con più decisione.
Fui sorpresa dall’attimo in cui provai un moto di fastidio all’idea di Clio e Federico insieme. Ma lo scacciai subito, doveva essere stato un momento di “protezione” nei confronti della mia amica, dato il nervoso che quel ragazzo mi suscitava. Ma lei era certo adulta e capace di giudizio, e soprattutto non cercava affatto una storia seria, non c’era bisogno di preoccuparsi che potesse rimanere invischiata in una relazione spiacevole.
Fu Matteo alla fine a riaccompagnarmi a casa, dopo la serata, mentre Federico e Clio se ne erano andati insieme poco prima. Mentre li guardavo uscire insieme dalla porta ebbi di nuovo l’istinto di allontanarla da lui. La stanchezza mi giocava davvero brutti scherzi.



“Sono stato contento di rivederti” mi disse Matt lungo la strada.
“E mi rivedrai anche domani” gli ricordai.



“Già” sorrise “Mi sembra un’ottima cosa”. Sembrava molto più rilassato ora che eravamo usciti, ma non capivo se il motivo fosse l’essere all’aria aperta o essere lontano da Federico. Federico...
“Ma come mai sei amico di Federico?” gli chiesi prima che potessi fermarmi. Capii subito il mio errore vedendolo rabbuiarsi un po’, ma ormai era fatta. Avrei rimediato in seguito.
“Te l’ha detto, compagni di università”
“Ma mi sembrate tanto... Diversi” Oddio, stavo peggiorando la situazione? “Voglio dire, non mi sembra abbiate il carattere giusto per essere amici”
“Non lo siamo più di troppo, infatti”



“Qualche problema tra di voi?”
“No” rispose secco, poi aggiunse “Non mi piace il suo atteggiamento, il suo modo di fare con le persone”
“A chi lo dici” mi fissò incuriosito e spiegai: “Sembra si senta superiore a tutti, sembra presuntuoso”
“Lo è, spesso. Non sai quante volte gli tirerei dietro una scarpa all’università. Ma devo sopportarlo. Siamo compagni di stanza”
“Oh, questo non lo sapevo”
“Non ho trovato altre sistemazioni per ora. All’inizio andavamo d’accordo, poi è diventato sempre più insopportabile, sempre a cercare la competizione con me”
“Competizione di che tipo?”
“Be’...” sembrò imbarazzato “Di qualsiasi genere. Meno ore di sonno sopportate, più alcol retto, più sguardi in giro. Ma niente di legato allo studio, se non agli inizi. Poi ha scoperto che le ragazze per lui erano più importanti” disse sarcastico.
Sguardi? Ragazze?



“Faceva a gara anche a chi trovava più ragazze?” chiesi indagando e fingendo noncuranza.
Sorrise. “Sì, ma gareggiava da solo”. Mi tranquillizzai. Non ero gelosa, no. Forse un pochino... Non dovevo. Matt non era mio. Gli avevo dato un innocente bacio, nulla di più. Ma doveva aver capito. Mi capiva sempre, mi conosceva davvero bene.
Ma subito dopo essermi calmata mi innervosii di nuovo pensando a Federico. Era uno di quelli che cercavano le ragazze solo per una notte di divertimento, a quanto pareva. Fin lì niente di male. Ma si sentiva superiore per quel motivo. Che imbecille.
“Casa tua è sempre uguale”
“Matt, sei stato via solo pochi mesi”
“Lo so, ma siamo cambiati tanto, sembra passato molto più tempo”



“Sono stati mesi lunghi senza di te” Confessai di getto, senza starci a pensare. Era sempre stato così con lui, anche se ora con quella frase così sdolcinata mi parve un po’ strano.
“Per un bel po’ ora ci vedremo più spesso” sorrise “A partire da domani sera”.
“Menomale” risposi al sorriso. “Buonanotte Matt, anzi, buongiorno” mi corressi guardando con una smorfia il cielo a est che iniziava a schiarire. Ridacchiò. Quanto mi era mancato, me ne rendevo sempre più conto, soprattutto in quel momento davanti alla porta di casa mia, con il deja-vu dell’ultima volta in cui ci eravamo salutati così pochi mesi prima. Lo abbracciai e gli dissi: “A domani”
“A domani, Adele” rispose lui sempre sorridendo, con il viso affondato nei miei capelli, sul mio collo, stringendomi delicatamente i fianchi.



Ma nonostante la buonanotte affettuosa del mio migliore amico - o quel che era o stava per diventare, fu una notte difficile. Una di quelle notti in cui i sogni si susseguono uno dietro l’altro, a volte connessi da un filo logico, a volte distinti, separati da momenti in cui mi svegliavo anche per pochi istanti, per girarmi dall’altra parte, per coprirmi la testa col lenzuolo, per cercare di fermare il flusso di immagini nella mia mente che mi tenevano sulle spine.
Uno dei fili conduttori dei miei sogni era Federico. Non era sempre una presenza negativa, anzi, talvolta era fin troppo gradita, però sempre con quel sentimento di repulsione nei suoi confronti che avevo provato vedendolo flirtare con Clio. Ma più appariva e più apprezzavo la sua presenza nella mia mente, meno volevo allontanarmene.



Ci stava provando con me, allo stesso modo con cui aveva fatto con Clio. Ma la me inconscia del sogno non si tirava indietro, anzi, lo desiderava, e io mi aggrappavo a quel sogno cercando di non perderne il filo né di svegliarmi interrompendolo del tutto.
Aprii gli occhi scombussolata. Che sogni stupidi. Però ancora mi sentivo le farfalle nello stomaco come nel sogno, quando ammiccava o faceva certe osservazioni nei miei confronti. Neanche ricordavo quali fossero, ma in quel momento in cui non dormivo più ma non ero neanche davvero sveglia desideravo che riaccadessero, non mi importava se dal vero o in sogno. In quel momento non afferravo la differenza. Volevo Federico, lo volevo con me.



Un gruppo di ragazzini che passava ridendo sguaiatamente per la strada sotto camera mia mi svegliò del tutto e mi costrinsi ad alzarmi. Non potevo continuare ad aggrapparmi a un sogno così insulso, a delle immagini che in realtà non avrei voluto affatto vivere. O almeno credevo, non ne ero ancora certa fino in fondo.
“Ma che diavolo vado a sognare?” chiesi alla mia immagine riflessa nello specchio del bagno. Le occhiaie erano fin troppo visibili, dovevo aver dormito davvero poco.
Quando scesi in cucina trovai mio padre che preparava il pranzo. Era quasi l’ora. Sbadigliai e mi buttai a sedere davanti al tavolino.



“Chi ti ha riaccompagnata stanotte?” Mi chiese ostentando noncuranza. Ridacchiai tra me, doveva aver sentito una voce maschile senza riconoscerla, la finestra della camera dei miei, così come la mia, dava sulla strada.
“Matt. E’ appena tornato”. Non se l’aspettava e si tranquillizzò. Mi faceva ridere nel ruolo del padre geloso della figlia, ma Matt gli andava sicuramente meglio di un qualunque sconosciuto - sconosciuto per lui, almeno. Chissà come l’avrebbe presa se ci fosse stato Federico... Oh, no, ma che andavo a pensare? Mi strofinai gli occhi e scossi la testa. Dovevo decisamente svegliarmi e uscire da quel torpore che mi legava ancora a quei sogni malsani. Mi alzai e mi versai un bicchiere di acqua gelata.



“Ah, stasera non ci sono, esco” gli dissi dopo averne bevuto metà.
“Con Matteo?”
“Sì”. Bevvi un’altra sorsata.
“Dove andate?”. Alzai gli occhi al cielo. Altro che deformazione professionale da giornalista, come la chiamava a volte mia madre. Era adatto a fare il terzo grado ai criminali, quell’uomo.
“Non lo so, andremo un po’ a giro, è tanto che non ci sentiamo”.



Non aggiunse altro, probabilmente bloccato dal pudore e dalla mancanza di sicurezza nel rapporto che aveva con me, e così potei mettermi a fantasticare pensando a cosa avremmo potuto fare io e Matt quella sera. Mi sarebbe andata bene qualsiasi cosa, pur di stare un po’ con lui, davvero.

“Allora, che ne dici, ricominciamo da dove eravamo rimasti prima della tua partenza?” dissi a Matteo quella sera.
“Volentieri” sorrise lui. E così fu: tornammo in quello stesso punto del lungomare dove ci eravamo salutati quel giorno... Quello stesso punto da cui ero scappata di corsa dopo averlo baciato.



Non ci volle molto tempo per tornare alle nostre chiacchierate spensierate di qualche mese prima. Ma c’era qualcosa di diverso. C’era qualcosa di più: c’era la leggera e dolce e eccitante tensione di quando stai parlando con una persona che ti piace, ma senza imbarazzo. Durante la nostra lontananza avevo imparato a definire i sentimenti che provavo nei confronti di Matt, non potevo sbagliarmi.



Matt respirò a fondo l’aria salmastrosa. “Mi hai fatto apprezzare il mare, quando sono via mi manca.” disse.
“Matt...”
“Sì?”



“Hai detto di ricominciare da dove eravamo rimasti, no?” ridacchiai e lui mi rispose con uno sguardo interrogativo.
Lo baciai.
Lui mi mise una mano dietro la testa, tenendomi ferma contro il suo viso. “Però non scappare, stavolta.” sussurrò sulle mie labbra, prima di rispondere al bacio.



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