(grazie all'apolide
auronda per la foto)
Svagati, giganteschi fazzoletti d'acciaio rasoiano le mie quattro ciglia binarie rinfrescate d'acqua... Contengono uomini in ritardo, mi piace sempre.
Lo vedo riflettere e abbandonarsi in me. La mia creatura ottusa, pane che dissimula le mie tracce, siero delle quindici...E' lì, arrotola velocemente cilindri di carta e tabacco, non più come prima. Ho da rimanerci: fuori da lui, dentro alle mie maglie, col fuso dei nervi. Un inutile circo di preamboli, com'è fondo questo fiume. - Tu non sei diverso - ripetevo la prima volta. Poi, mi avvicinai. Odorava di sangue e pelle altrui. S'era voltato di scatto, a lato del muro. Lo squadravo nell'altezza infinita della fronte al mento.. Respirava forte, allora mi ritrassi, calamità infestante. Si voltò ancora, le mie gambe erano assordanti. I nostri volti quasi si toccavano; spostai la bocca e il ferro della sua mi seguì, incontrando i miei occhi per qualcosa come tre secondi. Lo baciai, dipanando veloce la ceramica delle cosce: si chiuse così la sfida.
- Non fare finta che non lo stiamo facendo - dissi.
- Cuticole di dita smangiate diventano chele cartilaginee. Dopo un po' cadono da sole, staccandosi con un frinire di sfoglia stantia di frigo - Cresceva tanto in fretta che ho dovuto non essere un uomo - Zero su zero sovrascritto... Ho abbassato il capo sull'inguine enorme di questo vano scala, dove vinsi tutta la mia perdita. M'aspettano ora per una bevuta, ma non ne ho voglia. Disattendo solitamente l'aspettativa con il colorito della mia carcassa e modi socialmente accettabili di saluto: premurandomi d'indagare a fondo sulle qualità ottiche dello sgomento, stetti fermo, una volta tanto. Nascosto con barbino randagismo, frequentavo da tempo qualche altitudine sotterranea, muovendo in cantilena l'immagine: ancora a lei rivolta. Pensavo agli schiamazzi di bambini scalpitanti con le madri in cessi di stazione, nella loro scomposta secrezione biliare d'indigestione da dolciumi, come latori di formidabili rivelazioni per l'umanità. Visualizzavo, nelle insenature dei camminatoi sottocrosta, formule algebriche d'una chiarezza esemplare: visitate le vite degli operai che deposero tubi e smalti prima di sformare la mattina dei loro giacigli, salutando gli occhi incollati delle loro spose intontite. Pensavo agli odori rumorosi degli scomparti più affollati, il tessuto bluette adeso al vinile dei sedili, compresso da migliaia di lombi sudati nell'arco di trasporti estenuanti; alla ruggine mai nata dalle lacrime dell'ennesima coppia d'individui che schiacciava, a poche ore dalla fine d'una insulsa relazione, i crani sul pannello d'acciaio degli orari d'arrivo, nel pianto d'un fresco ricordo d'amore. L'aberrazione geometrica d'una cromatura, ralenti del primo treno di passaggio, mi ricolmava inattesa del suo contorno labbra, ricordandola aspirare senza posa...
- Tra feritoie elettromagnetiche, dotto fecali trafilano prese femmina da 12volts - Senza esperienza dio non può campare. Razza di bestia parolaia, dama sghangerata, otre pieno d'altri. Nel tuo affetto disincantato sopravvive la fornicazione dei fiori - terrore barattato coi ghigni - Viva questa festa di vermi - Lei guarda, saggia clinica potenzialità sessuali, "che dita forti hai", dice. Sembra sufficiente. -