Questi specchi caduti al di dentro, tuttele individualità amate, odiate, (tra)lasciate e sperse per chissà che altrove.
Penso a chi vuol levare le ali in me: come tendermi la mano nella mia folle dilatazione? Difficile, ma chi sa rispondere: Chi ha la risposta ad ogni cosa; odio. Detesto le saggezze, nuclei senza nervo nè motivo. Presagio un sapore diverso, come gli occhi di una folla viziosa e senza meta... C'è forse una ragione per aspettare parole appropriate, intendimenti, idee precise? Mescola, confondi, disobbedisciti, vivi solo la contraddizione, resta piuma sospinta dal vento...
Sono qui da...qualche mese? Milano? boudoir di fanfaroni del minuto, esagitati del perfettibile, più lenti che dischiusi.
Andiamo con ordine, uno per volta vi ucciderò tutti d'amore, se sarete gentili, se mi picchierete ...sarò un agnello.
Lor signori intendano che per il vostro affezionatissimo il tempo ciondola in forme senza nome. Amo come volti di voi, le espressioni ultime, ciò che si rivela senza reticenze e compromessi, segmento le voci, le espressioni e attitudini come cibo particellare: nel corpo non mi resta che un vago sapore di saccarina. C'era sulla scalinata del passante uno scemo, l'ho visto bene, correva per ripescarsi un pezzo di tempo: come un biglietto nuovo, non sapeva che farsene, epitaffio gaudente... A pensarci, m'aggiro attorno alle giornate da delatore, i miei colori sono le impossibili tonalità cangianti degli occhi chiusi che, riaperti, schiantano nel sorriso di chi dispensa dal lacrimare. Provo, vicino agli uomini e distantissimo da me, un tumulto così profondo da gelarmi la carne e il pensiero. E in questa onda squassata, scostata solamente, splendori e tenebre sono a tal punto separati dal loro mondo, che non è possibile dimenticare nè ricordare: ho perso la grazia della malinconia...
prefiggersi scopi: in un mondo esattamente individuato, perfino i muri si metterebbero a ridere... Così piacevole non riuscirsi!
la bellezza: paradosso di mostrare l'assoluto nella forma , di oggettivare l'infinito sopraffatto dall'emozione estetica. Per questo ogni ideale del "bello" in sè secerne una quantità impossibile di illusioni: dacchè questo reale dovrebb'essere qualunque cosa, tranne ciò che è. Come la parola che s'inguaia d'essere ancora sopportabile
il sottile: gioco di quisquilie leggere, imbonitrici, dal tocco calibrato, quand'è non faticato. Condizionamenti, (il vero nome dei giorni), affetti, calcoli, aspettative portano all'innaturalezza di smentirsi.
ah, cazzo. consigli dalla regia: