Titolo: La Dame Blanche
Fandom: “Merlin”
Personaggio/Coppia: Merlin/OFC
Prompt: 26. Incontro.
Rating: G per il momento
Riassunto: Merlin fa uno strano incontro per i corridoi del palazzo.
Avvertimenti: Nessuno
Note: La storia prende il via tra la prima e la seconda stagione, ma non segue la trama degli episodi. Ho inserito alcuni personaggi, tra cui la protagonista che deve il suo nome ad una presunta sorella di Morgana (quindi figlia di Ygraine e del primo marito). Mi sono concessa molte libertà rispetto al mito, ma se lo fanno quelli della BBC perché io no? Scritta per
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qui La curiosità uccise il gatto.
Gaius glielo ripeteva sempre, ma Merlin non era il tipo da farsi spaventare da un proverbio, specialmente quando c'era un mistero da scoprire. Fin da quando era arrivato a Camelot, tutti gli avevano ripetuto che non doveva andare nell'ala ovest del palazzo. Glielo avevano detto e ridetto fino alla nausea: Gaius lo riteneva un pericolo più grave dell'uso della magia, Arthur stesso se ne stava lontano, mentre Uther gridava ai quattro venti che chiunque avesse disobbedito, sarebbe stato condannato a morte (anche se, nel suo caso, non era certo una novità).
A Merlin i divieti non piacevano,specialmente quelli dei quali non si conosceva il perché. Così una sera, quando tutto il palazzo dormiva il sonno dei giusti, il giovane mago sgattaiolò in silenzio fuori dalla sua stanza. Evitare di svegliare Gaius fu semplice, visto come il vecchio guaritore stava russando; altrettanto semplice fu eludere le due guardie che presidiavano l'ingresso al corridoio che portava all'ala proibita. Bastò un trucco che anche i maghi di infimo ordine erano capaci di fare - far sbattere una porta, far cadere un vaso... insomma, qualcosa che riuscisse ad attirare i due - e in meno di un minuto, Merlin fu dall'altra parte.
La prima cosa che avvertì fu il gelo che avvolgeva quel lungo corridoio, appena rischiarato dalla luce della luna che entrava dalle finestre. Nessuna fiaccola accesa, solo fredde statue di marmo che sembravano controllarlo dall'alto dei loro piedistalli. Merlin aguzzò la vista: malgrado la debole penombra gli impedisse di distinguere tutti i dettagli, poté notare che rappresentavano delle giovani dame, vestite con morbidi abiti trasparenti che modellavano le delicate forme dei loro corpi.
Il giovane sorrise malizioso, passando in rassegna quelle sculture e chiedendosi tra sé perché fossero state confinate lì. In realtà le domande che si poneva erano molteplici e una in particolare lo assillava: perché un'intera ala era inutilizzata?
Non che a Camelot avessero problemi di spazio, ma non aveva senso lo stesso. Non era una zona diroccata, non c'erano pericoli, eppure sembrava che nessuno vi abitasse.
Però... Merlin si fermò notando un'altra cosa che non aveva senso: anche se nessuno vi dimorava, non c'erano segni di trascuratezza. Perché tenere pulito un luogo dove nessuno metteva piede?
Il mago era sempre più confuso; si appoggiò ad una delle finestre e guardò fuori: la luce tenue della luna metteva in mostra un piccolo giardino che lui non aveva mai visto in quasi un anno da quando era arrivato in città. Osservò con più attenzione e vide era ubicato all'interno dell'ala, nascosto alle altre stanze del palazzo. Era un paradiso di pace, allietato da una fontana, accanto alla quale era stata posta una panchina di marmo bianco.
Era un tocco delicato, femminile, e fu allora che Merlin ebbe l'illuminazione. Quella era la parte del castello dedicata alla regina e alle sue dame. Ygraine era morta da venti anni, era normale che il re avesse deciso di chiuderla e di spostare l'unica nobildonna, lady Morgana, nella zona abitata dalla famiglia reale. Questo spiegava tutto: la rabbia di Uther, il dolore di Arthur... Il principe era nato in una di quelle stanze, rubando la vita a sua madre.
Un sorriso triste gli increspò le labbra. Era stato il principe ad usare quelle parole: dietro l'aria sbruffona e arrogante, c'era solo un ragazzo che si colpevolizzava da venti anni per aver ucciso la madre.
Di colpo quel luogo perse tutta la sua aura di mistero; adesso c'era solo un'immensa tristezza a permeare le pareti. Merlin si voltò per andarsene... e fu allora che la vide. La figura se ne stava in piedi in fondo al corridoio, con una lanterna in mano. La teneva all'altezza dei fianchi, così la debole fiamma metteva in luce solo la lunga veste bianca; la mano era pallida come quella delle statue accanto a lei. Come quella di un morto.
Merlin sentì i capelli rizzarglisi in testa quando la figura si mosse verso di lui a passi lenti. Cercò di vedere il suo volto ma era avvolto nella penombra; poteva solo distinguere una forma scura intorno a quello che doveva essere il volto: una massa di capelli neri, come quelli di lady Ygraine.
Al mago mancò il fiato; quello doveva essere il fantasma della defunta regina che ancora infestava il luogo della sua morte. Rimase impietrito per lo spavento mentre lo spettro si avvicinava sempre di più, fino ad arrivare a pochi passi da lui. Quando però la figura mosse la mano per alzare la lanterna, il giovane ritrovò un briciolo di forza di volontà, quella poca che gli bastava per scappare lungo il corridoio. Passò in mezzo alle due guardie, così intontite dalla sonnolenza da reagire solo quando Merlin era già sparito alla loro vista. Corse a perdifiato fino al laboratorio di Gaius, spalancando la porta e richiudendosela di schianto alle spalle.
Il vecchio guaritore sobbalzò sul letto, svegliato di colpo da quel trambusto. “Cosa succede? Chi è?” borbottò guardandosi intorno, fino ad individuare il colpevole. “Merlin! Cosa ti è successo?” chiese preoccupato vedendo il ragazzo pallido e ansante.
“Ho visto...” boccheggiò, cercando di riprendere fiato. “Ho visto...”
“Chi hai visto?” lo incalzò Gaius, scendendo dal letto e avvicinandosi a lui.
“Ho visto... la donna in bianco...” e davanti allo sguardo interrogativo del vecchio aggiunse: “Lady Ygraine!”
Ci volle mezz'ora buona a Merlin per spiegare a Gaius, in poche parole, quello che gli era accaduto. Mezz'ora durante la quale il vecchio guaritore era passato dallo stupore all'interesse, fino alla rabbia.
“Sei sordo o ci provi gusto nell'andare contro le regole?” sbraitò Gaius, cominciando a camminare a grandi passi su e giù per la stanza.
Merlin incassò la testa nelle spalle e bofonchiò uno “Scusa...”, poco sentito in realtà. Bevve un sorso dell'infuso, che il guaritore gli aveva preparato, per farsi coraggio e pose la domanda che più gli stava a cuore. “Gaius, quello è un fantasma, vero?” La voce gli tremava per la paura e per l'eccitazione.
“No!” La risposta del vecchio fu secca, pronunciata con un tono che non ammetteva repliche.
Il giovane aggrottò le sopracciglia. “No? Ma...” si schiarì la voce, tentando di sostenere lo sguardo duro dell'altro. “Ma se non è un fantasma, allora chi è?”
“È...” Gaius si morse il labbro riflettendo, poi scosse la testa, in risposta ad un ragionamento interiore. “È una persona... una persona dalla quale devi stare lontano.”
“Ma...”
“Niente ma!” Merlin si riscosse, mai aveva visto il guaritore così arrabbiato. “Merlin, ti prego. Non tornare lì mai più. Non ti chiedo di promettermelo perché hai la capacità innata di non mantenere le promesse, ma ti prego...” La voce del vecchio si era fatta bassa, quasi disperata, e il giovane si sentì stringere il cuore.
In silenzio annuì e se ne tornò a letto, tentando di dimenticare quello che aveva visto.
A parziale discolpa di Merlin andava detto che il ragazzo si impegnò a far finta di niente per una buona settimana. Ma non ci riuscì: non faceva che pensare alla dama in bianco che entrava nella sua stanza per mostragli il suo volto. Nelle sue fantasie era sempre un viso spaventoso, agghiacciante; però, malgrado le sue paure, moriva dalla voglia di vederlo. C'era qualcosa che lo attraeva; forse dipendeva dal fatto che Gaius non aveva paura. Sembrava anzi addolorato.
Durante tutta quella settimana, il guaritore non abbassò mai la guardia nel timore che il giovane mago potesse disobbedire. Ma una notte Gaius cedette alla stanchezza... e Merlin ne approfittò.
Non gli ci volle molto a tornare in quel corridoio; come se avessero un appuntamento, il fantasma era lì ad aspettarlo. Gli si avvicinò mentre lo stregone tentava di ricordare qualche incantesimo utile; ma quando la figura gli fu davanti, le parole gli morirono sulle labbra. I suoi occhi seguirono ipnotizzati la lanterna che saliva fino ad illuminare l'ovale di un volto femminile. Merlin si sentì mancare il fiato: gli occhi di quella donna, viva o morta che fosse, erano gli stessi di Uther.
Le labbra della ragazza si mossero. “Buonasera, Merlin. Lieta di conoscerti.”
Continua...