Titolo: I lost my home
Fandom: "Supernatural"
Personaggi: Sam Winchester, Dean Winchester, John Winchester, OMC
Pairing: OMC/Sam, forse Dean/Sam (nel caso, verso la fine della fiction)
Rating: G (per questo capitolo)
Warning: angst fisico e psicologico, sesso non consenziente, slash, forse wincest
Disclaimer: Come al solito, questa storia è frutto della mia fantasia. I personaggi appartengono a Kripke e io mi ci diverto e basta
Stagione: Preserie
Note generali: Piccola introduzione: l’idea mi era nata in testa durante la visione della prima serie. Mi aveva colpito molto il rapporto tra John e i suoi figli, tanto che mi sarebbe piaciuto vedere alcune puntate su loro tre prima della separazione. Kripke non mi ha ascoltato e io me la sono scritta da sola, ecco! XP Quindi più che una fan fiction sulla serie si tratta di un “And if…”: ovvero, cosa sarebbe successo ai Winchester se le cose fossero andate in un altro modo? Per scriverla ho usato il montaggio alternato (si vede che ho fatto cinema, eh? XP) dei punti di vista dei tre Winchester. La trama è ancora in evoluzione e presumo che subirà molti cambiamenti: era nata come una Wincest, poi l'angst mi ha preso la mano e per ora è stato relegato da parte. Chissà dove mi porteranno gli avvenimenti ;). Il titolo viene da una delle più belle canzoni apparse nella serie: “Laugh? I nearly died” dei Rolling Stones.
Note per questo capitolo: Si comincia a soffrire…
Dedica: Grazie a
babycin per aver ascoltato i miei deliri su msn. Quello che ne è uscito è anche merito (o colpa? XP) tua. ♥
Capitolo I Sam sta tramando qualcosa. Ne sono sicuro. E so già che è qualcosa di sbagliato.
Parlagliene? Non servirebbe a niente. Testone papà, testone lui. Poi sono sicuro che una sgridata non può fargli che bene.
Lo osservo mentre facciamo colazione tutti insieme: è nervoso, si guarda continuamente attorno. Vuol far credere di essere immerso nei suoi pensieri, ma so benissimo che in realtà ci sta osservando.
“Abbiamo… qualche cosa in ponte?” chiede a papà con voce poco convinta.
John alza a malapena gli occhi dal giornale, non gli è ancora passata l’incazzatura dell’altra sera. Sam ha viaggiato con me in macchina, lui non lo voleva accanto. Meglio così, in fondo, altrimenti avrebbero litigato di nuovo.
“Sì, ci sono state delle strane morti in questo paese” risponde con una specie di grugnito, per poi servirsi un’altra tazza di caffè.
“E… posso dare una mano? Insomma, fare qualcosa…”
A questo punto papà lascia cadere il quotidiano e osserva mio fratello come se fosse un folle. Io stesso sono talmente stupito da lasciar cadere il panino sul tavolo.
“Tu vuoi dare una mano? Proprio tu che fino all’altro giorno dicevi che questa non era la vita per te?” John sorride dando un sorso al caffè. “Decisamente non stai bene, ragazzo mio.”
Sam si morde il labbro, lo sguardo basso come intimidito. “Ecco, io… volevo chiederti scusa per quello che ti ho detto. Voglio… ecco, voglio darvi una mano per farmi perdonare.”
Sposto lo sguardo su papà, giusto per capire se pensa anche lui che sia una bugia. Una delle più squallide bugie che Sam abbia mai detto… senza tener conto che lui le bugie non sa neanche dirle.
Ma John sorride, piacevolmente impressionato dal gesto. “Sono contento, Sammy.”
Dio, dammi la forza di non prenderlo a pugni.
Mi crede così stupido? Pensa davvero che ci caschi in un trucco del genere?
Mio figlio ha veramente una bassa opinione di me se pensa che in tutti questi anni non abbia imparato a conoscerlo. Non sarò stato un padre così presente come gli altri, però so studiare gli atteggiamenti umani. E so che sta mentendo.
Lo capirebbe anche un cieco: eccolo lì, rosso in volto, lo sguardo basso perché non può reggere il mio, le parole che gli escono a metà per la tensione. Farebbe quasi tenerezza se non mi facesse così incazzare.
Voglio sapere cosa sta tramando e perché vuole darci una mano. Faccio un piccolo gesto a Dean per pregarlo di non dire niente: lui capisce e resta in silenzio. Lui sì che sa come comportarsi con me.
Mi spiace, piccolo Sam, ma stasera le prendi sul serio. Errare è umano, perseverare è diabolico. E io non voglio avere il diavolo in mezzo ai coglioni.
“Se vuoi aiutarci, perché non vai a raccogliere un po’ di notizie in paese mentre io e Dean andiamo a trovare quell’allegra famigliola di cannibali?”
Sorrido rincuorato e annuisco. È andata, mi hanno creduto. Ora posso mettere in atto il mio piano.
Mi alzo ed esco dal locale, dirigendomi verso il centro di questa piccola città. Mi guardo intorno per vedere se mi hanno seguito: niente, se ne sono andati.
Ora posso respirare, finalmente la mia libertà si sta avvicinando.
Mi dispiace comportarmi così, ma non posso resistere, devo andarmene. Non mi perdoneranno mai il fatto di essere scappato come un ladro; posso solo giustificarmi dicendo che non avevo altra scelta.
Quando mi rendo conto di essere solo, comincio a correre più forte che posso, col cuore che mi martella in petto per l’ansia e la gioia.
Fanculo i cannibali e tutti gli altri mostri della terra! Non me ne frega niente di loro, solo io sono importante.
Per una volta fatemi essere egoista e non rompete!
Corro fino alla stazione degli autobus e compro un biglietto per San Francisco. Lì mi cercherò un lavoro e metterò da parte i soldi per andare a Stanford.
Stanford… la facoltà di legge… l’università…
Mi sembra incredibile! I miei sogni stanno per realizzarsi, potrò finalmente vivere la mia vita come voglio io!
Andare all’università, trovarmi degli amici, una ragazza… magari ci sposeremo e avremo dei figli. E forse allora papà e Dean mi perdoneranno e verranno a casa nostra per il pranzo del Ringraziamento.
Dio, dimmi che non sto sognando, dimmi che sono vivo…
Guardo l’orologio, non ho tempo da perdere. Devo recuperare le mie cose prima che tornino al motel. Corro ancora fino a sfiancarmi; recupero le chiavi dalla tasca, entro e…
“Ciao, Sammy”
Papà lo sta osservando con rabbia furente. E anch’io stavolta sono incazzato nero con lui.
Lo abbiamo seguito senza che se ne accorgesse - d’altronde siamo cacciatori, e anche abbastanza bravi - e abbiamo visto quello che ha fatto, invece di eseguire gli ordini.
Il biglietto gli scivola dalle mani mentre resta fermo a guardarci, sconvolto. Se non fossi così arrabbiato, il suo volto amareggiato mi spezzerebbe il cuore. Vedo chiaramente le sue speranze andare in mille pezzi, mentre John gli ordina di chiudere la porta. Per un attimo ha la tentazione di scappare, ma non lo fa. Si limita ad obbedire, per una volta, e resta in silenzio.
“Volevi scappare, non è vero?”
Domanda retorica, so benissimo cosa aveva intenzione di fare quando ha comprato quel biglietto per la California. Ma sono così furioso che devo almeno parlarci prima di prenderlo a pugni.
“Rispondi!” esclamo ad alta voce.
Sam abbassa gli occhi distrutto. In un altro momento lo avrei consolato, ma non ora. Adesso si merita solo una punizione per aver cercato di tradire la sua famiglia.
“Sì…” sussurra alla fine.
“Sam! Come hai potuto anche solo pensare di scappare come un ladro!” C’è amarezza nella mia voce. “Non me lo sarei aspettato da te.”
La sua risposta mi coglie in contropiede. Di solito è più remissivo quando viene colto sul fatto; ora invece alza lo sguardo su di me, le lacrime che scendono copiose sulle guance come se avesse dato il via a tutte quelle trattenute in questi anni. E forse è così.
“Da me? Tu cosa ti aspetti da me, papà?” Pronuncia quella parola con un tale carico di rabbia da farmi rabbrividire. Ho così sottovalutato mio figlio in tutti questi anni? “Cosa vuoi da me? Vuoi che sia un cacciatore? Vuoi che uccida i cattivi senza farmi domande come Dean? No! Io non sono così, io ho un cervello, cazzo!”
Dean sussulta per l’offesa che gli ho appena rivolto, ma non mi interessa. Sono stanco di tutto questo e se vogliono che il piccolo Sammy esprima i suoi pensieri… beh, lo farà, a modo suo.
Alzo la voce e non do il tempo a nessuno dei due di rispondere. “Io non voglio vivere così, io voglio una vita vera. E non rompermi con la solita storia di mamma e del demone! Quella è la tua scusa per continuare questa guerra, non la mia. Io non la voglio questa guerra.”
Gli occhi di mio padre si rabbuiano. Da quando ho nominato la mamma, ho decisamente passato il segno di cosa è accettabile e cosa no. Non mi perdonerà più niente di quello che dirò, ma io non mi fermo. Gli argini sono rotti, ora guardate chi è veramente Sam Winchester.
“Smettila, non nominarla!” sibila come un serpente, venendomi davanti. Io arretro leggermente ma non mollo.
“No, non la smetto. Sono stanco, papà. Stanco di questa merdosa esistenza. Stanco di voi due e del modo in cui mi trattate. Non sono un bambino, non ho bisogno di protezione. Io non faccio neanche parte di questa famiglia!”
“Basta così!” Stavolta è Dean a parlare; anche lui si alza e mi viene vicino. Nel suo sguardo c’è la stessa espressione arrabbiata di John. Non mi importa di perdere anche il suo sostegno, devo finire quello che devo dire.
“No, non basta!” Alzo ancora di più la voce, ormai sto urlando. “Mi dispiace che mamma sia morta, mi dispiace non ricordarmela neanche. Ma fare tutto questo non la riporterà indietro. Ci stiamo uccidendo anche noi e non è giusto. Lei lo avrebbe voluto?”
Mio padre mi dà un altro schiaffo che però non serve.
“Rispondimi, lei lo avrebbe voluto!” gli grido in faccia. Il mio cuore trema davanti a quegli occhi che non riconosco più come quelli di papà; sembra impazzito dalla rabbia. Ho davvero superato il segno e, senza che neanche me ne renda conto, arriva la punizione per quello che ho fatto.
“No, lei non avrebbe voluto questo” mormoro. Sono a tanto così dall’uccidere mio figlio. Tanti anni a proteggerlo e adesso vorrei solo che smettesse di parlare, che sparisse per sempre dalla mia vita. “Lei però non voleva neanche morire sulla tua culla, nel tentativo di difenderti.”
Sam ammutolisce, colpito da quella frase. Sa perfettamente come è morta Mary, ma ogni volta rabbrividisce nel sentirselo dire.
Un genitore non dovrebbe mai fare del male a suo figlio con coscienza, lo so. E in un altro momento non l’avrei fatto di certo. Però adesso sto male, così come sta male Dean da quando ha scoperto che suo fratello voleva abbandonarlo senza neanche un saluto.
Poi ci sono state le sue parole, il modo in cui ha parlato di Mary. No, Sam… questa non te la perdono.
“Lei è morta, tu sei vivo e non rispetti né la sua memoria, né noi che ti abbiamo salvato” Mi stacco da lui e gli volto le spalle, stringendo con forza i pugni. “Se vuoi vattene, per me sei come morto. Sì, forse sarebbe stato meglio che ad andartene fossi stato tu e non lei.”
Trattengo il respiro davanti alle parole di nostro padre. Non riesco a credere che abbia veramente detto tutto questo, eppure è così; vedo ogni singola frase stampata nell’espressione di Sam. I suoi occhi si sono come prosciugati, se ne sta lì a bocca aperta a guardare lui e me, come se ci vedesse per la prima volta.
Dean, questo è il momento per mettere le cose a posto. Prendi Sam tra le braccia e consolalo, poi fai ragionare tuo padre, così faranno pace. Forza!
Ma la mia lingua si muove contro la mia volontà, la rabbia e il dolore per il tradimento di mio fratello - andarsene di nascosto, come poteva farlo? - sono ancora conficcati nel mio cuore.
“Hai sentito? Vattene! Non abbiamo bisogno di te” dico e subito dopo vorrei morire.
Vedo il dolore sul volto di Sam, quel dolore muto che non ha bisogno nemmeno delle lacrime. In silenzio si volta ed esce, sbattendo la porta dietro di sé.
La mia schiena ha un brivido e un pensiero mi attraversa la mente: Questa è l’ultima volta che vedrò il mio Sam…
Reprimo la tentazione di seguirlo e mi butto sul letto con un sospiro.
Continua…