Martedì (Nathan/Claire - Heroes seconda stagione)

Jan 10, 2008 15:20

Titolo: Martedì
Autore: pojypojy
Fandom: Heroes
Personaggio/Coppia: Nathan Petrelli/Claire Bennet
Rating: NC17
Prompt:Heroes, Nathan/Claire, "Manca anche a me." per il !p0rn fest di fanfic_italia
Conteggio Parole: 2594
Avvertenze: Incesto; spoiler per la stagione 2 (specialmente gli episodi 2x01, 2x02 e il finale)
Disclaimer: Non accampo nessun diritto su Heroes... e non so nemmeno io perchè ho scritto questa fic!
Note: Ho fatto in tempo a pentirmi mille volte di aver scelto questo prompt - ma d'altro canto, mi sono impuntata sul farlo funzionare, in qualche modo. A costo di rovinarmi la reputazione :-D Sicuramente la fic più difficile che abbia scritto ultimamente.

Illustrazioni: Qui (rating G)

Claire si spaventa quando lo vede. Per un attimo pensa che sia un intruso, un barbone. Ma dura solo una frazione di secondo.

C'è Nathan in giardino, dietro l'angolo del suo garage. Rimangono in silenzio a fissarsi, lei con le chiavi della macchina appena infilate nell'accensione e il piatto col suo uovo alla Benedict ancora sulle ginocchia. Abbassa il finestrino.

"Me ne stavo andando", è la prima cosa che dice lui da dietro una barba talmente nera e folta che sembra finta. Claire sbatte le palpebre due volte prima di parlare.

"Perché sei venuto fino a qui?" dice. Suona più aggressivo di quanto vorrebbe. Nathan sembra quasi rimpicciolire.

"Ho pensato a quello che mi hai detto ieri" mormora lui "di come senti il bisogno di parlare con qualcuno... come te. Scusa per come ho tagliato corto. Ero ubriaco."

Non è difficile crederlo. Il Nathan Petrelli che cinque mesi prima era pronto a scalare i vertici del potere - azzimato, mai un capello fuori posto, in forma impeccabile - ora sembra in tutto e per tutto un vagabondo.

"Ho scuola", dice lei, mordendosi un labbro.

"Te l'ho detto, me ne sto andando", ribatte Nathan, facendo un passo indietro, forse già pronto a spiccare il volo.

"Ma è presto", si affretta a dire Claire "parto in anticipo per non sbagliare strada. Parliamo mentre guido."

___

"Carina la macchina."

"E' un regalo di papà."

Un attimo di silenzio. Claire sa benissimo che è Nathan suo padre, almeno tecnicamente. Ma in confronto a Noah Bennet, Nathan Petrelli è poco più di un estraneo. Anche se è un estraneo speciale.

"Come mai la barba?" dice lei. Guida nervosamente. Ha paura di sbagliare e insieme non riesce a concentrarsi sulla strada. Conosce questo incrocio oppure no?
Con la coda dell'occhio, vede Nathan fare spallucce.

"Suppongo che non riesca più a sopportare la mia faccia. Potevo morire... restare sfigurato... e di punto in bianco torno com'ero." Appoggia la testa allo schienale. "Non è giusto, da qualunque parte lo guardi."

"Merda", dice piano Claire. Deve avere sbagliato una svolta perché questo è il lungomare, non la scuola.

"Non imprecare", dice Nathan. Lei lo guarda un po' sorpresa. Non sei mio padre, vorrebbe dirgli, ma ancora una volta il paradosso della loro situazione la mette a tacere.

"Ho sbagliato strada", si limita a dire. "Forse è destino. Dovrò entrare alla seconda ora."

"Mi dispiace."

"Non è colpa tua. E' che non so le strade, e non guido ancora tanto bene, e..." improvvisamente, Claire sente le lacrime che le salgono agli occhi. Se li sfrega con rabbia. "...E quanto andrà avanti? Prima o dopo succederà qualcosa, e dovremo andarcene di nuovo, e ci saranno nuove strade e... nuovi nomi..."

"CLAIRE!"

La mano di Nathan è sul volante, fulminea. Le ruote della Rogue alzano giusto un po' di polverone oltre il ciglio della strada.

Claire inchioda, mentre qualcuno li supera suonando il clacson.

"Forse è meglio se parcheggiamo, eh?" dice Nathan.

___

Claire ha insistito per non lasciare il volante ("Sto bene, sto bene"), ed ora sono fermi su un piazzale di cemento di fronte ad un tratto di spiaggia non balneabile.

Nathan ha abbassato il finestrino, e per un po' entra solo il rumore del mare. Poi Claire dice:

"Manca anche a me."

"Lo so. Me l'hai detto."

"E' perché lui... aveva uno scopo, no? Ci credeva, a questa cosa dei... dei superpoteri. Dell'avere una missione."

Claire si volta a guardare Nathan in cerca di assenso, e si scopre incapace di sostenere il suo sguardo. Dopotutto, che ne sa lei? Lui con Peter ci aveva passato una vita. Le trema un po' la voce quando abbozza:

"Scusa, ho detto una cazz... una stupidaggine. E' che... Lyle mi ha fatto leggere i suoi fumetti, dopo che ha scoperto come sono io, e... è assurdo, perché noi... siamo la famosa realtà che supera la fantasia, no? Tipo, io sono Wolverine, e tu sei Superman" conclude, con una risatina nervosa. Invece, sotto alla barba di Nathan, pare che per la prima volta ci sia un sorriso vero.

"No, forse invece hai capito tutto", le dice. "Peter l'aveva capito... e anche Hiro Nakamura." Scuote la testa, con un sorriso amaro. "Anche lui è scomparso, lo sai? E adesso tutto quello che voglio è scomparire anch'io, quando invece ho una moglie e dei figli..." Si passa una mano tra i capelli annodati e sporchi. "Mi hanno abbandonato. Credono che io sia pazzo - e io so che dovrei fare qualcosa al riguardo. Ma non riesco a provare niente. Quand'ero in ospedale almeno avevo il dolore fisico. Adesso mi sento inutile e basta. Forse dovrei andare in analisi una buona volta."

Claire lo guarda di nuovo di sottecchi, l'ombra dell'uomo che era - o che forse non è mai stato. Pensa al suo vero padre, a come non si dia mai per vinto, fino alle estreme conseguenze. Forse, si dice Claire, è una legge cosmica; se mio padre si fa in quattro per aiutare e proteggere me, io devo fare lo stesso per Nathan.

Tutto quello che può fare, però, è protendersi verso il sedile di Nathan ed abbracciarlo goffamente. Lui sulle prime è rigido come un manichino - anche se i manichini non sudano - e poi sembra accorgersi del suo gesto. Quasi con imbarazzo, allarga le braccia e la stringe a sua volta, sollevandola un po' per portarsela vicino. Strano, pensa Claire, come, nonostante tutto, questo sembri naturale. Come se da piccola l'avesse presa in braccio ogni giorno e non fosse stato invece a chilometri di distanza a vivere una vita in cui lei non era prevista. Perfino l'odore pungente è passabile per come si sta bene sulle sue ginocchia.

E d'altra parte, sente il cuore che comincia a batterle forte; lui deve essersene accorto, in qualche modo, perché la allontana quanto basta per guardarla negli occhi.

"Ehi" dice "c'è qualcosa che non va?"

"Nulla", mente Claire, abbozzando un sorriso "è che... mi avevi detto che volevi parlare di Peter..."

"Ho cambiato idea" dice lui, la  vecchia freddezza che riaffiora nelle sue parole. "Forse è meglio che me ne vada. Hai già fatto abbastanza tardi a scuola."

Eppure nessuno dei due si muove. Claire guarda le sue mani (le sue piccole, inutili mani: a che serve poter guarire se tutti gli altri attorno a te si fanno male?), chiuse a pugno sul petto di Nathan, e quando rialza lo sguardo su di lui vede che ha gli occhi chiusi, un ruga verticale che gli solca la fronte. Improvvisamente, è frustrata. Lo aveva conosciuto che indossava sorrisi ed abiti firmati come una corazza. Ora tiene le distanze con l'alcol ed un aspetto trascurato, ma la sostanza non cambia. Il vero Nathan non viene mai fuori; è tenuto chiuso, soffocato, e questo la esaspera, perché sinceramente vorrebbe raggiungerlo, una buona volta. Dimostrargli che non è solo, perché così non sarebbe sola nemmeno lei (ha papà, e mamma, e Lyle, certo; ma loro non possono capire fino in fondo).

E allora lo bacia. Non in quel modo; non ancora. A fior di labbra, castamente, giusto perché è uno dei pochi punti del suo viso a non essere coperti dalla barba. Almeno, dopo si giustificherà così.

Nathan apre gli occhi, di scatto, ed è come se le desse uno schiaffo. A Claire pare di leggere un'accusa muta nel suo volto: tu non hai il diritto di starmi così vicino.

E invece sì, pensa Claire, sforzandosi di non distogliere lo sguardo. Ne ho tutti i diritti del mondo.

E' per questo che il suo stupore è triplicato quando lui la bacia a sua volta, e in maniera molto meno innocente. C'è questo odore di alcol che aleggia attorno a lui e Claire si chiede se siano gli strascichi della sera prima o se sia ancora un po' ubriaco.

Lui la stringe abbastanza perché i seni di Claire gli si schiaccino addosso e lei gli senta il cuore battere veloce. Claire è paralizzata da - non sa nemmeno dire cosa, perché paura non è la parola giusta, ma non è nemmeno quel tipo di eccitazione bella, da vigilia di Natale. E' qualcosa di confuso lì al centro del suo petto, farfalle nello stomaco che diventano pipistrelli, aquile, pterodattili quando le mani di Nathan cominciano a spostarsi lungo la sua schiena, i suoi fianchi, le cosce. Lei ha le labbra bagnate di saliva, la pelle un po' irritata dalla barba di Nathan (i ragazzi della sua età non hanno barbe del genere; e papà si rade impeccabilmente), e si lascia fare, perché in fondo è quello che cercava, no? Creare un qualche tipo di connessione tra di loro.

Ma se davvero, come sospetta, quella che sente contro la coscia sinistra è un'erezione, forse ha cercato un po' troppo bene. Le vengono in mente quelle fiabe dove c'è il protagonista che ha diritto ad esprimere dei desideri, ma poi il folletto malvagio che li deve esaudire glieli rivolta contro.

Nathan allora si ferma, guardandola negli occhi, il viso a pochi centimetri dal suo. Ha le palpebre pesanti, le labbra dischiuse. Pur con tutta la sua inesperienza, persino Claire capisce che la vuole. Tanto. Però le chiede:

"Vuoi smettere?"

Claire esita. Non era certo questo che aveva in mente quando aveva chiesto a Nathan di salire in macchina. D'altra parte, se si tirasse indietro, è sicura che lui farebbe finta di niente, come se nulla fosse successo. Si richiuderebbe dietro al suo muro, e la lascerebbe dall'altra parte.

Con l'ansia che quasi le fa venire la nausea, Claire lo bacia a sua volta, senza sapere bene dove mettere le mani, succhiandogli la lingua tra le labbra, soffocando un suono basso che gli esce dalla gola. Malgrado tutto lei ha un tuffo al cuore - sembra un sogno sporco, e le mani di Nathan le si infilano sotto alla maglietta, le aprono - oddio no, oddio sì - la cerniera dei pantaloni, trovano la strada sotto le mutandine di cotone elasticizzato, stampato bianco e turchese. Claire si sente tutta storta, scomoda, con Nathan che le bacia il collo, la tocca dappertutto, e lei tenta disperatamente di stargli dietro, di essere all'altezza della situazione. Il dito che affonda nel suo sesso è un intruso ruvido, e lei allarga le gambe, alla cieca, sperando che sia un problema di angolazione, pensando che sia colpa sua che non sa come mettersi. Nathan ovviamente la sa più lunga - leva la mano da lì, e Claire gliene è grata. Ma la cosa che fa subito dopo è abbassarle i pantaloni, e il panico torna di nuovo; e di nuovo lui si ferma. Stavolta non le offre un'opzione, solo un dato di fatto:

"Ti farò male."

"Io non posso farmi male", dice lei, d'istinto. Nathan la guarda con quella che è sincera compassione.

"Ti farò male", ripete "fidati se te lo dico."

La afferra per i fianchi, di nuovo muovendola come se fosse una bambina piccola, mettendosela a cavalcioni. Così, nuda solo dalla cintola in giù, Claire si sente più scoperta che se si fosse spogliata del tutto. Non ha il coraggio di guardarlo in faccia.

"Dio, come assomigli a tua madre", lo sente mormorare. La abbraccia e la bacia di nuovo, e Claire tiene gli occhi chiusi, sentendo il proprio sesso che si strofina contro la stoffa ruvida dei jeans di Nathan, e poi lo sente che armeggia e lei abbassa lo sguardo e il suo coso è lì - non era mai, mai arrivata fino a questo punto e ormai è definitivamente persa, non sa cosa dire, cosa fare, o meglio, lo sa in teoria (quale delle due possibilità? Quella in cui fa sesso con suo padre o quella in cui scappa urlando?), ma le sembra una di quelle interrogazioni in cui hai studiato tutto e al momento della domanda non ricordi più niente.

Stupidamente, pensa per un attimo all'uovo Benedict che probabilmente sarà finito spappolato da qualche parte sul tappetino, e suo padre, quello vero, si incazzerà come una bestia.

E c'è Nathan che le prende le mani, e se le posa sulla faccia, costringendola a guardarlo come si guardano i ciechi. Tremando appena, Claire fa scorrere la punta delle dita sul suo viso, sulla sua bocca, e lui schiude le labbra e le succhia i polpastrelli, guardandola fisso, mentre riprende ad accarezzarle la base della schiena, le natiche, il sesso. Claire registra con un certo stupore di essere bagnata, anche se nella sua testa c'è solo confusione. Tenta di intuire quello che dovrebbe fare, e fa scendere una mano dal viso di Nathan al suo sesso, senza guardarlo, sentendone solo la pelle sottile e calda, la consistenza. Sente Nathan reprimere un brivido e allora continua a toccarlo, non capendo se fa troppo piano o troppo forte. Lo vede chiudere gli occhi, la testa poggiata allo schienale, e ritrovando tutto d'un tratto il suo coraggio, si puntella sul sedile e guida Nathan dentro di sé.

Lui apre gli occhi e Claire capisce che è proprio quello a farla sentire a disagio, il suo sguardo, che le pare veda tutto di lei, anche quello che non le piace; che la giudica.

Ma ormai è fatta.

Il dolore non è insopportabile come dicono, e si domanda se ciò dipenda dal suo potere. D'altra parte, ciò che prova è anche lontano dall'essere piacere, e le cose non cambiano granché nemmeno quando Nathan le bacia le palpebre, le labbra, e comincia a muoversi dentro di lei, e Claire affonda il viso nell'incavo della sua spalla perché almeno così è vicino e le cose non possono peggiorare.

Il silenzio è totale, se non per i loro respiri soffocati, e il rumore attutito delle onde poco lontano.

___

Nathan la pulisce con un fazzoletto di carta, e questo segno di affetto - questo prendersi cura - è forse la parte migliore di tutto ciò che è successo. La ricompensa.

Lei torna sul sedile del guidatore per rivestirsi. Con la coda dell'occhio, vede Nathan immobile, quasi collassato su se stesso, che guarda il mare. Il bruciore tra le gambe sta già svanendo. Quello che rimane è un groppo in gola che non va né su né giù.

Ti farò male. Claire comincia a capire.

Nathan parla per primo, quando lei ha finito di sistemarsi.

"Suppongo che tu debba andare a scuola."

"Sì", ammette lei "dovrei arrivare in tempo per biologia."

"Chiedi al professore com'è fisicamente possibile che delle persone normali volino o guariscano da sole. Poi fammi sapere che ti dice."

"Okay", dice Claire, fingendo un tono spensierato. E finge male. Nathan, invece, torna serio nel momento in cui posa la mano sulla maniglia dello sportello.

"Claire", dice. "Sai che quello che è successo oggi... non si ripeterà. Anzi, sarebbe meglio che facessimo finta che non fosse mai accaduto."

"Sì, è vero, è giusto così", mormora Claire. No, invece. E' tutto sbagliato da qualunque parte lo guardi, pensa.

C'è l'ultimo, pesante momento di silenzio tra di loro, entrambi seduti il più lontano possibile l'uno dall'altro.

"Allora vado", dice infine Nathan.

Esce, e vola via.

___

Quando arriverà a scuola, Claire sarà ancora troppo scombussolata per ricordarsi anche di chiudere la macchina. Farà al professore la domanda sulle lucertole senza quasi rendersene conto. E quando scoprirà che anche West può volare, ma che per tutto il resto ha molte più cose in comune con Noah che con Nathan, pensa che forse dopotutto è destino, e che riuscirà davvero a far finta che non sia mai successo nulla in quella macchina, un martedì mattina. Riuscirà a riscrivere la propria storia in una maniera che sia giusta, una buona volta.

Due colpi di pistola le faranno capire che è di nuovo tutto sbagliato. Da qualunque parte lo guardi.

!illustrato, rating: nc17, pairing: nathan/claire, tipo: oneshot, character: claire bennet, character: nathan petrelli, fandom: heroes

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