Title: Memories of ashes
Fandom: Originale
Wordcount: 512
Warning: light femslash
Prompt: Cow-t 6: almeno 300 parole su “Cenere”.
Note: Elisa e Luisa sono due OC ricorrenti. In un altra fic stanno chiaramente insieme, le shippo tanto e sono tanto carine. Prima o poi allungherò il brodo e svelerò altri particolari del loro background.
Elisa amava raccontare storie. Era un dato di fatto, come il calore del sole o il fresco della pioggia. Le storie erano sempre diverse tra loro, ma Amelia aveva prestato attenzione a un particolare che dubitava qualcun altro avesse notato. Nessuna di quelle storie faceva parte di quella di Elisa.
Amelia stessa lo sapeva solo perché era l’unica delle altre quattordicenni dell’orfanatrofio con Elisa avesse legato un po’ nei due anni passati dal suo arrivo, nonostante il loro iniziale rapporto burrascoso. Se doveva essere sincera, era abbastanza comprensibile: Elisa a volte si comportava in maniera inspiegabile, come se non sapesse come funzionassero certe cose, per non parlare di quelle espressioni che faceva a volte, così strane che all’inizio mettevano a disagio anche lei. Un giorno si fece coraggio e le chiese la sua storia, ma come risposta ebbe solo un sorrisetto prima che l’altra si dileguasse.
A Elisa non piaceva pensare al suo passato, tantomeno parlarne. Tra i suoi ricordi di prima di essere trovata e portata all’orfanatrofio, ne aveva un solo chiaro. A pensarci riusciva ancora a sentire il sapore della cenere.
〜 . 〜
Aprì gli occhi lentamente, con la testa dolorante e le orecchie che fischiavano. Riusciva a vedere solo grigio intorno a lei, forse a causa della vista ancora offuscata. Si sedette facendo presa sul terreno, guardandosi meglio attorno. Non riusciva a riconoscere quel luogo, anche perché era tutto… come si diceva? Ah sì, raso al suolo. Volse lo sguardo verso le sue mani, ritrovandole coperte di quella polvere grigia che permeava tutto intorno a lei. Cenere, suggerì di nuovo qualcosa dentro di lei.
Rimase ferma a terra, continuando a osservare quell’ambiente così poco familiare. I suoi ricordi erano pochi, confusi e frammentati, ma erano tutti ambientati in una stanza piena di strumenti strani dove tutto era bianco, comprese le persone che ne entravano e ne uscivano. Sapeva che lì doveva restare ferma e tranquilla anche quando le facevano male, ma non conosceva le regole di questo nuovo posto grigio. Forse, pensò sentendo un tremito passarle per la schiena, forse questa volta avrebbe potuto muoversi liberamente come aveva sempre voluto fare.
Tremando, si diede una spinta per alzarsi in piedi. Un sorriso si aprì sulle sue labbra, nonostante il freddo e il fastidio sotto i piedi scalzi, e cominciò a camminare.
〜 . 〜
Ci vollero altri due anni perché Elisa raccontasse quel ricordo (e quello che comportava) ad Amelia, con lo sguardo basso e lo stomaco chiuso per la tensione, in bocca ancora una volta il sapore di cenere. Una parte di lei urlava che era stupido e pericoloso raccontarle tutto, che l’avrebbe derisa o evitata con disgusto o denunciata a quelle autorità cui apparteneva un tempo. Tuttavia, tutti i suoi dubbi e incertezze si sciolsero come neve al sole quando Amelia l’abbracciò.
Dopo qualche secondo di tensione, s’abbandonò al calore di Amelia, sentendo qualcosa dentro di lei riscaldarsi. Quando si sciolsero dall’abbraccio, le due sorrisero timidamente verso l’altra, le mani ancora intrecciate. Nel cuore di Elisa cominciò a nascere la speranza che, d’ora in poi, non avrebbe più sentito quel sapore cinereo.