Titolo: A Bitter Taste Of Love
Raccolta: A Song For The Fireflies
Autore: Vany (
vedova_nera)
Beta:
eowie e
cialy_girlFandom: Harry Potter
Personaggi: Bill Weasley, Charlie Weasley, Fleur Delacour
Pairing: Bill Weasley/Charlie Weasley
Rating: Pg15
Prompt: 039. Gusto
Conteggio Parole: 1.077 (W)
Avvertenze: Slash, relazione tra consanguinei.
Disclaimer: I personaggi appartengono a J.K. Rowling e a coloro che ne hanno acquistato i diritti. Io non traggo vantaggi dall'uso di essi e non li reclamo come miei.
Tabella:
QuiNote: • Sesta e ultima parte della raccolta. Ambientata considerevolmente dopo rispetto alle altre, e cioè nel 2006. Bill ha trentacinque anni e Charlie trentatre.
• E va beh, doveva essere una raccoltina felice e invece… palesemente no. Boh, si vede che non era cosa. Più angst per tutti.
• L’HO FINITAAAAAAAH! *urlo che valica le Alpi*
• E con questa fic sono arrivata a quota 51/100 della BDT e boh, ragazzi, sono appena alla metà e ciò mi spaventa, ma ne uscirò vittoriosa (prima o poi, più poi che prima).
A Bitter Taste Of Love
Tutto finisce, come in un lampo.
Bill lo ha capito nel momento in cui ha visto Fleur - lei era la possibilità di vivere sereno ancora una volta, senza problemi, senza la costante paura che la relazione con Charlie aveva ancorata a sé, ad ogni passo, in ogni istante, come una seconda pelle. Senza paura, ma anche senza quell’amore feroce che col tempo ha imparato ad inabissare, rinchiudendolo sonnacchioso nell’anticamera del proprio cuore, sempre pronto a scappar fuori ma quasi completamente domato.
La lontananza aveva fatto la parte più grossa del lavoro.
Poi erano arrivati i figli e una tranquillità che Bill non sperimentava più da quando era bambino, e la gratitudine nei confronti della moglie era stata assoluta.
Quindi tutto finisce, come in un lampo. A parte il fatto che non è vero: viene solo messo da parte, dimenticato parzialmente, pronto a riaffiorare in ogni momento, quando meno lo si aspetta, a ribaltare i meccanismi di un’esistenza ben oliata.
Lo scopre a sue spese una mattina in cui sta facendo colazione, quando si credeva ormai al sicuro. Fleur gli siede fianco, con la sua grazia seria dietro la cipria profumata, imburra il pane con la naturalezza di un gesto abitudinario, regolare, e ogni tanto getta un’occhiata tenera a Louis, che lecca la marmellata dalla fetta biscottata abbandonandola poi nel piatto di fronte a lui senza mangiarla.
“Charlie ti ha detto che gli hanno offerto un posto al Ministero?”, chiede casualmente, sorseggiando il succo d’arancia.
Bill resta in silenzio, si limita a guardarla con espressione interrogativa.
“L’ho saputo da Hermione”, continua allora lei, “è una promozione. Non ho ben capito in cosa consista il lavoro, se è sempre nello stesso ambito, ma sarebbe a Londra e più sicuro, non sul campo come ora, con più benefici.”
Poi si ferma e osserva il volto del marito irritarsi, la mascella contrarsi con violenza, ad indurire interamente i lineamenti del viso.
“E lui ha rifiutato?”, domanda solo, il tono gelido.
Lei tentenna, non sa cosa rispondere perché non è sicura, sua cognata non è stata chiarissima sulla risposta di Charlie, ma con tutta probabilità le aveva consegnato quella notizia con la speranza che lei o Bill potessero spingere l’altro ad accettare, a fargli cambiare idea.
“No, credo di no,” ammette poi, desolata, con un filo di voce appena.
“Bene,” dice secco Bill, decretando come chiuso l’argomento.
*
La donna sapeva che sarebbe successo, che il marito ne avrebbe parlato, che sarebbero finiti col litigare - lo fanno sempre, ogni volta che si vedono, come se ci fosse qualcosa che non si sono mai perdonati a vicenda, qualcosa che è rimasto in sospeso talmente tanti anni prima che nemmeno loro ricordano più ma che sanno essere lì.
Allora prende Louis in braccio, raccogliendo i suoi giochi con un colpo di bacchetta, depositandoli dentro la cesta, e lo porta al piano di sopra del cottage, prima che si agiti, prima che senta il padre e lo zio discutere.
“Perché non mi hai detto che ti hanno offerto un posto al Ministero?”, lo interroga Bill, con un tono che vuole sembrare calmo ma cela appena la rabbia lucida che lo domina, mentre getta un’occhiata alla schiena flessuosa di Fleur che sale le scale col figlio aggrappato a lei.
“Stai dicendo davvero?”, il tono di Charlie invece è pericolosamente minaccioso, non si disturba a fingere una tranquillità che non c’è, salta i convenevoli, le regole della buona educazione.
“Sì, sul serio. Dimmi, spiegami.”
“Non c’è nulla da spiegare, è meglio così. Non ha senso che io stia qui, non è di aiuto a nessuno.”
Bill sa perfettamente cosa intende, e una fitta di senso di colpa lo afferra allo stomaco, spogliandolo degli ultimi rimasugli di buona volontà che gli sono rimasti.
“Non dire cazzate, non ci sei mai, sei sempre a fanculo in Romania coi tuoi draghi e i tuoi amici e le donne che ti scopi”.
“Oh scusa, e quando tu eri a fanculo in Egitto, coi tuoi incantesimi e i tuoi amici e le donne che ti scopavi?”
“Adesso non più, sono tornato e faccio un lavoro che non rischia di ammazzarmi ogni giorno!”
“Per Fleur. Sei tornato per Fleur”, sibila, alzandosi dal tavolo con uno scatto, i bicchieri e la bottiglia di vino traballano appena sulla superficie. “E hai un lavoro di ufficio perché hai dei figli che crescerebbero senza padre se facessi il contrario. Mentre io no, non ho nessuno per cui tenermi al sicuro, ed è una decisione mia, non tua. Tu non sei più parte in causa nelle mia vita, credi che io sia un cazzo di satellite che ti ruota attorno? Hai fatto la tua scelta, l’ho accettata, lasciami andare.”
D’un tratto c’è solo stanchezza nella sua voce, enorme, che potrebbe contenere tutti gli oceani del mondo al suo interno; e un’accusa, sottile, annidata tra le parole. E rimpianto, troppo da sopportare.
Bill vorrebbe avere la forza di dirgli che no, sarà sempre una parte in causa nella sua vita, e che ha rovinato entrambi, ha fatto un casino, nonostante le mille promesse di non confessargli mai il suo amore e quelle di amarlo fino alla fine del mondo in seguito. Il ricordo delle carezze e dei baci lo invade come un’onda, e d’improvviso ritrova quell’amore che credeva addormentato, scappa fuori, libero, lo ritrova come un vecchio amico, come un oggetto caro da cui in passato non si poteva separare in alcuna occasione.
“Mi spiace,” dice, in un mormorio flebile, e vorrebbe che fosse abbastanza, che non suonasse così misero, così insignificante.
“Non esserlo, è giusto così,” risponde rassegnato Charlie, con un debole sorriso. “Vado.”
Recupera il cappotto rapidamente, pronto a rientrare alla Tana. I giorni di permesso che gli hanno concesso per discutere del nuovo impiego sono quasi agli sgoccioli e il tempo trascorso a casa è stato per metà insostenibile, un continuo rimando ad una vecchia vita che ormai non gli appartiene più, ma che si muove assieme a lui, come un’ombra, come un eterno fantasma di un periodo già concluso.
“Ci si vede”, e lascia il cottage senza aggiungere un’altra parola, senza voltarsi indietro, perché ormai non c’è più nulla per cui valga la pena voltarsi.
Bill richiude la porta alle sue spalle, dopo averlo osservato Disapparire vicino alla scogliera. Torna a sedersi al tavolo, poco dopo, nella casa ormai silenziosa, assaggia un sorso del vino rimasto nel bicchiere - il colore rosso rubino invitante, caldo -, e si sorprende nello scoprirlo inaspettatamente amaro contro il palato.