Titolo: La Costruzione Di Un Amore
Autrice: Vany (
vedova_nera)
Beta:
cialy_girlFandom: Slam Dunk
Personaggi: Takenori Akagi, Hanamichi Sakuragi
Pairing: Takenori Akagi/Hanamichi Sakuragi
Rating: Pg13
Conteggio Parole: 1.062 (W)
Avvertenze: Shounen Ai.
Disclaimer: Personaggi tratti dal manga di Takehiko Inoue (ovvero Il Supremo Maestro). Nessun riferimento a fatti o a persone reali. Naturalmente non c’è niente di mio, e non traggo alcun guadagno dalla pubblicazione di questa storia.
Note: • Allora, come la lovva Linda mantiene viva la tradizione del RPS, io per il compleanno di Ale mantengo quella della fic su Slam Dunk, sempre scegliendo pairing che lei ama tanto e brama con tutte le sue forze, ovviamente. ù_ù
Come avrete sicuramente intuito, quindi, questa fic è stata scritta appositamente per la
eowie, perché la lovvo immensamente e perché è il suo compleanno e la devo distrarre dallo spaventoso ammontare della sua età (e lo dice una che in Novembre compie i suoi stessi anni, sì, quindi comprendo il suo fardello e cerco di alleggerirlo).
Questi fic è tutta per te, mia adorata, più passa il tempo e più ti amo. ♥♥♥
• Ambientata una decina di anni dopo la fine del manga, quando quasi tutti i membri dello Shohoku si sono persi di vista l’uno con l’altro, un po’ per la vita, un po’ perché semplicemente il tempo scorre.
• Il titolo è preso dall’omonima canzone di Ivano Fossati.
Postata originariamente
qui.
La Costruzione Di Un Amore
Ti sono serviti anni e anni per capire, mesi per accettare, e ora, ora che il tuo cuore si è aperto, pronto a ricevere l’amore che ti spetta, credi sia troppo tardi, e ti senti soffocato dalla paura, ti sembra di non avere neanche il tempo per poter fare qualcosa a riguardo, come se il mondo dovesse finire domani.
La giovinezza ti ha accecato, è questa la verità, nella tua sfrontatezza e vivacità ti sei precluso una delle poche cose che avrebbero potuto durare; ti sei impedito di vedere, e adesso non ti restano che ricordi, pezzi di un passato da raggranellare e conservare con cura.
La tua vita ha preso a scorrere, ad un certo punto attorno ai vent’anni, lontano dai ragazzi che per tre anni hanno significato quasi tutto per te, senza che te ne rendessi conto, e hai smesso di badare al loro pensiero che si affacciava nella memoria, la sera tardi, i volti illuminati da sorrisi ingenui e risate chiassose.
La vita era migliore, un volta, arrivato ad oggi te ne rendi conto con assoluta limpidità, quasi fossi già un uomo anziano che osservando le foto scattate negli anni della sua giovinezza ripensa a quei giorni con nostalgia e rammarico per le cose perdute.
Sei ancora giovane, tu, ma non cambia molto. Il cuore è così, va sempre un po’ per conto suo.
Delle sere, abbandonato nelle braccia della solitudine, quando il tuo io di allora è solo una vaga memoria, e ti sembra di essere stato diverso, ti domandi come hai potuto ignorare ciò che esisteva oltre al basket, o semplicemente il fatto che è stato lui a trascinarti dentro, non Haruko, o la rivalità con Rukawa, forse nemmeno la passione per il basket in sè, ma Akagi, che ti ha insegnato tutto, partendo dalle basi, mattone su mattone, con pazienza e attenzione; ti ha fatto diventare qualcuno migliore, ti ha dato uno scopo, ti ha dato quel gioco che a distanza di anni ti permette ancora di respirare. E ti ha dato se stesso, ma tu eri troppo preso da Kaede, dalla gloria e dalla passione del momento per realizzare, per comprendere.
E gli hai voluto bene, anche allora, non hai difficoltà o vergogna nell’ammetterlo, ma era con l’affetto che si riserva ai fratelli maggiori, negando, imbarazzandoti di qualsiasi contatto tra i vostri corpi che avvenisse al di fuori del campo da gioco. Il tuo era un amore scherzoso, non era così, non era come ora.
O forse era lì, anche allora, ma non sei riuscito a vederlo.
C’è un pomeriggio chiaro nella tua mente, che non riesci a lavar via né dimenticare, in cui la sua assenza era ancora solo un ronzio fastidioso che sentivi nelle orecchie, una mancanza che non riuscivi nemmeno a catalogare o individuare. Era appena poco dopo la riabilitazione, quando lui aveva lasciato la squadra per concentrarsi pienamente sugli esami, e il non vederlo tutti i giorni aveva cominciato a toglierti il fiato dai polmoni, e non sapevi cosa fare per provare a riempire quel vuoto che senza aria te li accartocciava.
Poi, un giorno, Akagi era venuto a trovarvi, forse in un moto di responsabilità - o di amore, preferisci questa come opzione - anche se non era più il capitano, forse sentiva il dovere di controllarvi, accertarsi dei miglioramenti, con la stessa cura e affetto di quando si segna l’altezza del proprio figlio che sta crescendo.
Gli altri erano tutti pacche sulle spalle e abbracci, anche se lo vedevano tutti i giorni per i corridoi della scuola.
E poi tu, dietro, quasi nascosto da Rukawa, che lo guardavi e aspettavi che fosse lui a venire da te, riscoprendo una timidezza che non credevi di avere.
Lui lo aveva fatto, ti aveva messo una mano sulla spalla, e ti aveva guardato, fiero, orgoglioso dei tuoi progressi, o semplicemente di te.
Sì, dopotutto il tuo amore per lui aveva già creato le sue fondamenta, e si stava innalzando alto verso il cielo, e poi oltre, perché nemmeno il cielo basta a questo amore.
Hai capito anni dopo, quando lo hai visto uscire dal palazzo della società in cui lavora, nel suo completo grigio, simile a quello di centinaia di altre persone attorno a lui, eppure, nonostante questo, spiccava in mezzo agli altri, come se anche lui avesse i tuoi capelli rossi che fanno girare la gente.
E tu sei rimasto lì a fissarlo, sconvolto e intenerito nel rivederlo, l’hai osservato percorrere la via, fino a che non si è perso in mezzo alla folla, e poi oltre, fino a quando un uomo uscito dal lavoro non ti ha urtato nel passare, scuotendoti, riportandoti in vita.
Dopo quell’avvenimento ti ci sono voluti mesi per accettare quel carico che ti sei scoperto addosso da così tanto tempo, e trovare il coraggio di prendere in mano il tuo amore, e portarglielo, senza carte da regalo o bei fiocchi per presentarlo.
È sempre una questione di tempo - tanto, tanto tempo - con te.
È per questo che all’età di ventisette anni lo aspetti seduto contro uno dei vasi che costeggiano la strada, i jeans chiari un po’ sbiaditi e le mani che continui a passarci sopra in un moto nervoso.
Hai staccato dal lavoro in anticipo, chiedendo due ore al tuo capo, che lui ti ha concesso con riluttanza, tentennando, scalandotele dalla paga, ma non ti interessa.
Lui esce in ritardo, o forse sei arrivato tu davvero troppo prima, e l’attesa, seduto sul bordo di quel vaso da cui sale l’odore di terra bagnata, ti è sembrata non finire più.
Quando lo vedi apparire dietro le porte scorrevoli dell’entrata ti alzi, dando una pulita ai jeans, stirando le pieghe della maglia scura che indossi; e nel momento in cui le due lastre di vetro si aprono lasciandolo uscire, e lui alza il viso e incontra il suo sguardo, il tuo cuore sembra mancare un battito, o forse è solo che sei così nervoso che qualsiasi cosa potrebbe farti saltare come una molla. Eppure il cuore viaggia a mille, e le mani tremano mentre lui ti sorride, incredulo, piacevolmente sbalordito, felice di vederti.
Non sai cosa aspettarti dall’incontro, non sai neanche cosa farai, cosa dirai, ma lo deciderai sul momento, quando voi due riprenderete a respirare l’uno la presenza dell’altro.
Lo saluti, e mi sei mancato, ma non glielo dici. Però sai che anche lui pensa la stessa cosa.