!fanfic [Naruto]: Let me be your everlasting light

Dec 08, 2014 00:00

Titolo: Let me be your everlasting light
Fandom: Naruto
Personaggi/Pairing: Gai Maito, Kakashi Hatake, Rock Lee, Tenten, nominati Shikamaru, Sai e Metal Lee; Kakashi/Gai, Lee/Ten
Rating: Giallo
Conteggio Parole: 3337 (fdp)
Riassunto: Una raccolta di momenti di Gai, Kakashi e Tenten legata al periodo dopo la guerra.
Avvertimenti: post-War, traumi post-War, Spoiler
Note: 1. Scritta per la quarta settimana del WRPG di maridichallenge , con innumerevoli prompt.
2. Scritta da cani, so beware. La storia fa riferimento a un'altra mia fanfiction, in cui viene spiegato e narrato di come Rock Lee decida di prendersi in casa tre orfani (e il loro rapporto con Tenten).



Gai picchiettò le dita sulla sua sedia a rotelle. Sedia. A. Rotelle.
Le sue braccia tremarono appena, quando mise mano alle ruote.
Okay, okay, con calma ora, pensò, cominciando a muoversi.
Dopo il salvataggio in extremis di Naruto, era stato in coma. E dopo esserne uscito, lo avevano aspettato lunghi mesi in ospedale. L’ospedale era una strana bestia, un mostro disinfettato e appiccicoso con un odore particolare capace di entrarti nelle vene. Non una volta nella sua vita - poco importava quanto fosse gravemente danneggiato il suo corpo - era rimasto in ospedale per più di tre giorni. Era sempre riuscito a scappare via prima, dalla finestra, dal tetto, in qualunque modo possibile. E i dottori alla fine non l’avevano mai costretto a tornare di peso, perché era Gai Maito, e lui e Kakashi Hatake erano dei mostri, in qualsiasi condizioni fosse se la sarebbe cavata sicuramente.
Era il primo giorno che Gai usciva ufficialmente da quella struttura sovraffollata. Aveva tentato di scappare dalla sua stanza così tante volte che i medici avevano finalmente deciso di lasciarlo andare. Sarebbe dovuto tornare lì ogni mattina, certo, per la fisioterapia e le visite, ma andarsene dalla costrizione del ricovero e poter tornare a dormire in un letto suo alla notte era tutto quello che Gai desiderava. Per lui si trattava di qualcosa simile alla libertà vigilata, ma era pur sempre qualcosa. Era come se parte della sua dignità di Bestia Blu di Konoha gli fosse tornata tutta d’un colpo.
Sentiva ancora le parole della dolce Sakura: “È meglio così,” aveva detto, rivolgendosi al medico del suo reparto e a un paio d’infermiere. “È quello che vuole di più, gli servirà meglio di una medicina.”
Quando un medico abile e importante nonché discepolo di Tsunade-sama come Sakura suggeriva qualcosa del genere, era normale ascoltare quella persona e ubbidirle. Gai le era grato per questo.
Prese le ruote a piene mani, provando a farle ruotare da solo. Aveva cominciato la fisioterapia da un po' di tempo e si era portato dietro due pesi per esercitare i muscoli delle braccia, giusto in caso, ma i suoi arti erano ancora molto deboli. Avrebbe avuto bisogno di qualcuno che si prendesse cura di lui a casa sua, almeno per le prime settimane. Fino a quel momento aveva usato la sedia a rotelle solo per spostarsi da camera a camera e tentare di scappare, ma ci avevano sempre pensato gli inservienti a spingere quell’aggeggio al suo posto - eccetto durante i suoi tentativi di fuga, ovviamente.
Ci voleva forza per spostare quella sedia. Forza che Gai non aveva - ma almeno i calli sulle sue mani, risultato di decadi di duro allenamento e battaglie, gli erano piuttosto utili per fare presa sui denti delle ruote senza provare male e senza ferirsi.
“Gai, sei pronto? È ora di andare.”
Forse non si sarebbe mai abituato al sentire le persone rivolgersi a lui da dietro, pronte per stringere tra le mani la sedia a rotelle e cominciare a muoverlo senza il suo permesso. Kakashi lo aspettò, invece, e spinse Gai fino alla fine del corridoio con cautela, ma cercando al contempo di farlo uscire da lì il più velocemente possibile.
“Ah, mio caro rivale, finalmente la Bestia Blu torna alla luce del sole!”
Si tenne stretto alla sedia con entrambe le mani.
Dal di fuori probabilmente sembravano due shinobi tristi e malmessi che più che fare il check-out dall’ospedale parevano fuggire via dalla struttura con l’atteggiamento di chi teme che qualcuno possa seguirli, ma Gai provò a non pensarci. Era con il suo rivale, stava finalmente uscendo da lì, e il sole fuori splendeva più che mai.
Gai si permise una grassa risata, quando notò che finalmente avevano portato dietro di loro il cancello della struttura che così attentamente aveva fissato durante la sua permanenza nell’asettica stanza 204.
Non appena furono fuori dalla portata di possibili medici nelle vicinanze, Kakashi fermò la sedia.
“Perché ti sei fermato?”
“Pensavo di farti fare un giro per Konoha, prima di tornare a casa. Ma non so se sia una buona idea. Che ne dici?”
Quello che Kakashi non disse fu Non sono sicuro che non si tratti di un’attività stancante per te, e Gai lo apprezzò. Per ora l’Hatake lo trattava ancora come suo pari, come se non fosse successo nulla e la gamba di Gai non dovesse rimanere a pezzi - inutilizzabile - e fasciata in un trilione di bende fino alla fine dei suoi giorni, e sperò di poter godere delle attenzioni del suo rivale ancora per un po’. Si vociferava già - di nuovo - che Kakashi sarebbe stato il prossimo Hokage, e questo significava che Gai si sarebbe nuovamente trovato solo.
“Ne ho voglia. In più, che razza di ninja sarei se non vedessi con i miei occhi i progressi compiuti dai candidi boccioli della giovinezza di Konoha?”
Kakashi trafficò con la sua borsa al fianco della sua sedia, così che il suo compagno potesse vederlo. Emise un piccolo sbuffo da sotto la maschera, uno di quelli che segnavano un silenzioso sorriso nascosto sotto il tessuto.
“Dove vuoi andare?”
Si diressero al parco alla velocità della luce. Avrebbero potuto fare le cose con calma, ma Gai stesso aveva chiesto al suo rivale di accellerare, per puro gusto di assaporare di nuovo come ci si sentiva ad andare incontro al vento.
C’erano molti bambini a giocare in quel parco, quel giorno. Si godevano il bel tempo e le loro voci combinate creavano un gioioso baccano che Gai reputò inarrestabile.
Il figlio di Zanna Bianca si fermò proprio davanti a una vallata. Gai improvvisamente si sentì a disagio.
Notò tutte quelle primule gialle tutt’intorno al parco, e sinceramente non seppe che farci. Il colore che le ricopriva era quasi timido, si avvicinava a malapena al giallo pallido delle bucce di limone. Sembravano fiori estremamente delicati. Di sicuro ne stava schiacciando diversi, sotto il peso del suo trabiccolo.
Come sempre, la sua lingua fu più veloce dei suoi pensieri. “Volevo essere capace di proteggere la primavera della giovinezza di tutti, Kakashi.”
“L’hai fatto.” Il suo amico gli diede dei colpetti sulla spalla, in modo quasi imbarazzato. “L’hai fatto.”

*

“Tre, due, uno… Partenza!!!”
Gai scattò in avanti più velocemente possibile, girando le ruote della sua sedia a rotelle come un forsennato. Kakashi corse lasciando che le braccia penzolassero per conto proprio, com’era già successo in tante delle loro sfide.
Con il fiato corto, l’adrenalina che scorreva nelle loro vene e il senso di velocità che prendeva possesso dei muscoli, non sembrava essere cambiato molto da prima della Quarta Guerra.
Si lanciavano contro il vento con tutta la loro forza. Kakashi usava gli edifici come base d’appoggio, mentre Gai saltava le scale che s’incrociavano col suo cammino come fossero fiumi da evitare, riuscendoci perfettamente. Andava avanti a una velocità formidabile, e la sedia a rotelle a malapena scricchiolava quando le capitava di toccare nuovamente terra.
Gliene avevano dovuto costruire una speciale, all’ospedale di Konoha. Non appena si era ripreso non c’era stata speranza che se ne stesse fermo, neppure con una gamba a pezzi. La prima volta che l’aveva sfidato a una corsa di velocità fra i corridoi ed era partito senza dargli il tempo di cercare di fermarlo, Kakashi si era preso un colpo. E poi si era ritrovato a dovergli letteralmente correre dietro.
Così, per evitare che un giorno di quelli il suo migliore amico si rompesse l’osso del collo, l’aveva aiutato con i pesi e la fisioterapia e aveva chiesto a un ingegnere medico di costruirgli la sedia a rotelle più aereodinamica e resistente che ci fosse.
Era stata una sorpresa che Gai aveva apprezzato particolarmente.
Atterrarono nello stesso momento, segnando il traguardo con narici dilatate e corpi sudati.
“Fineeee!” Urlò Rock Lee, anche quel giorno giudice delle loro strambe sfide.
Kakashi si mise le mani sulle ginocchia e provò a riprendere fiato.
“Oggi la gara è stata vinta… da Kakashi-sense’!”
Seguirono strani versi provenienti da Gai, a cui il suo rivale rispose con un sorriso.
“È stata una bella gara.”
“Complimenti, Kakashi-sensei.” Disse Sai, comparendo dietro di loro. Non l’aveva notato; probabilmente era arrivato in quel momento. Sai gli stava ancora sorridendo con quel modo tutto suo, quando Gai attirò la sua attenzione catturandogli la mano. Kakashi lo guardò. Adesso la sua mano era appoggiata sul bracciolo sinistro della sua sedia a rotelle, coperta da quella di Gai.
“Bravo, Kakashi.”
Allo shinobi tornò in mente una strana sfida che avevano fatto una manciata di anni prima, nel giorno in cui era quasi diventato Sesto Hokage. Gai gli aveva regalato dei fiori per congratularsi con lui. Il tono che aveva usato era stato lo stesso che aveva ora la sua voce.
“Rivale, che ne dici di un bel piatto di ramen, dopo questa grande gara? Ci vuole proprio un enorme porzione di giovanile pasta di frumento. Ti sfido a mangiarne più di me.” Detto questo, gli fece un occhiolino.
“Yosh! Allora io mi congedo, Gai-sensei!”
Il suo maestro parve sorpreso.
“Uh? E dove vai?”
“A controllare come procede l’assemblamento della giovanile attività di Tenten!” Disse, cominciando a correre via.
“Aspetta, Lee, ti accompagno.” Sai si unì a lui in un batter d’occhio. Kakashi notò che in mano teneva un volume rilegato. Sperò solo che non fosse uno di quei libri della biblioteca che usava per trovare un modo per fare la corte a Ino. I metodi che sceglieva erano uno più inappropriato dell’altro e non funzionavano mai. L’unico risultato che otteneva il più delle volte era essere picchiato sonoramente.
Avanzarono con calma verso Ichikaru, discutendo del più e del meno. Gai insisteva per guidare lui la sua sedia, ma ogni tanto Kakashi lo aiutava a spingerla. Il suo compagno teneva le mani coperte da delle bende, quando usciva, ma la gara di sicuro aveva reso quegli arti piuttosto stanchi.
Aveva pensato di fare in modo che Gai avesse una sedia a rotelle a comando manuale, ma l’altro non aveva voluto. Lo aiutava a fare esercizio, diceva.
“Allora, rivale.” Disse, non appena ebbe alzato la sua sedia con una rotella che era capace di elevare il sedile fino a mezzo metro - la misura perfetta per mangiare al bancone di Ichikaru, e non era stato un caso. “Com’è andata la tua prima settimana da Sesto Hokage?”
“Abbastanza bene,” Rispose. “Se per bene si può intendere ricevere un mare di scartoffie che ho prontamente evitato passandole a Tenzo.”
La sorpresa di Gai fu tale che si dimenticò pure di fargli la paternale. “Come, adesso fa parte del tuo studio?”
“Non proprio, ma mi sta aiutando con alcune cose per l’inizio della mia carriera. Più che altro si occupa di distribuire le missioni, dopotutto è Capitano. E poi sarebbe un peccato non poter sfruttare il mio dolce kohai.”
“Kakashi, la tua mancanza di energia e di voglia d’impegnarti nelle sfide che la giovinezza ti propone mi colpisce come un pugnale.” Al suo rivale stavano spuntando due grosse lacrime dagli angoli dei suoi piccoli occhi neri.
“Ai, ai…” Fece. “Una cosa, Gai: i tuoi discepoli per caso stanno insieme?”
La Bestia Blu gli riservò una delle sue occhiate pensose.
“Uhmmmmm, in effetti è da qualche tempo che li trovo sempre in compagnia dell’altro. Ma non dovrebbe essere qualcosa di strano. Si sono sempre dati manforte nei loro progetti, dopo la mor- dopo la guerra.”
“Sarà” fece Kakashi, tornando con aria misteriosa alla sua zuppa.
Gai ringraziò Ichikaru quando lui gli diede la sua porzione, poi si voltò verso di lui con la bocca piena di spaghetti.
“Cosha vuoi dife? Fafashi, c’è forse qualcosa che io non so?”
“Niente, niente” Gli rispose, evasivo. “Vivono insieme, ora, vero?”
“Pef poco.” Gai mandò giù l’intero boccone.
“Mi sembra che Lee si sia trovato molto a suo agio a casa tua.”
“Ma certo! Il mio caro pupillo se n’è preso cura in modo eccellente, proprio come mi aspettavo che facesse!”
Durante il primo periodo che Gai aveva passato fuori dall’ospedale, Lee aveva deciso di essere la persona che si sarebbe occupata di lui per tutte le prime necessità, così si era trasferito nel suo appartamento. Si era adattato alla casa e alla vita del suo maestro quasi immediatamente, e Kakashi non avrebbe potuto immaginare il contrario.
A quel tempo, quando Lee si trovava in missione - e lady Tsunade, vista la situazione, cercava di mandarcelo il meno possibile, così da non privare d’aiuto l’ex ninja - era Kakashi a occuparsi di lui, oppure un’infermiera dell’ospedale. Oppure lo faceva Tenten. Veniva a trovare il suo maestro molto spesso, quando non c’era Rock Lee con lui, ma portava del tè più che comportarsi come un’infermiera. (La verità era che Tenten sentiva di trovarsi in una situazione strana ogni volta che trovava il suo sensei e Kakashi in casa da soli, e quindi tentava regolarmente di fuggire o di rifugiarsi in cucina.)
Dopo cinque mesi, però, era diventato palese che quella situazione non potesse reggere oltre. Gai faceva visita all’ospedale per la fisioterapia cinque giorni alla settimana, e uno di questi non poté non essere d’accordo con i medici sul fatto che fosse meglio spostare il suo domicilio in una clinica dell’ospedale. Aveva avuto paura che non si sarebbe mai davvero ripreso dall’ottava porta, e forse aveva avuto ragione. Ciò che era certo era che aveva bisogno costantemente di qualcuno che lo aiutasse e fosse disponibile ventiquattrore su ventiquattro. E non era un’opzione aspettare che il tempo passasse sperando che le sue condizioni migliorassero, perché da quello che poteva vedere la sua guarigione era un processo lento - e la sua gamba gli aveva dato forfait per sempre.
Così si era trasferito in una clinica, portando con sé parte dei suoi averi - tutti di colore verde flash, non c’era neanche bisogno di specificarlo.
L’eredità che Gai aveva lasciato ai suoi pupilli era stata Nindame - affidato a Tenten -, una sveglia particolarmente rumorosa a forma di tartaruga e una trapunta verde pisello - lasciate a un commosso Rock Lee.
Kakashi aveva anche pensato di far trasferire Gai a casa sua, per risparmiargli il vivere in una clinica, ma non c’era stato verso. Così si era assicurato che avesse una stanza tutta per lui e una porta che si potesse chiudere a chiave.
Lo guardò ingozzarsi e finire il ramen. Era una fortuna che il suo rivale avesse recuperato gran parte della sua vecchia vivacità.

*

Tenten sentì il liquido risalirle per la gola e non provò neppure a trattenersi: vomitò. Vomito tutti i pezzi di carne che aveva mangiato solo cinque ore prima, e si odiò per quello.
Si sentiva uno schifo, e avvertiva d’aver meno controllo sul suo corpo di tante volte in cui le aveva prese in battaglia.
Si tenne la coppa tra le mani per un paio di minuti, ammirando il suo stesso vomito. Ne aveva prodotto un bel po’, quella volta. Aveva avuto ragione Shikamaru: dormire un po’ - sebbene male, sebbene su una sedia a rotelle abbandonata in corridoio - le aveva fatto bene.
Si sentiva ancora ubriaca, e molto, ma non aveva più freddo e la testa le girava di meno.
Un miracolo, pensò tra sé e sé, sarcastica.
Fermò un’infermiera che le stava passando velocemente accanto, chiedendole un ricambio della sua coppa e domandando con tono abbastanza disperato di come stesse la sua amica. L’infermiera la insultò quando la vide bere dalla bottiglietta d’acqua, ma Tenten se ne fregò.
Se c’era qualcosa che aveva imparato in quelle ore era che quando beveva veramente tanto le veniva facile fregarsene di quello che pensavano gli altri. L’avevano presa in giro quando aveva sborrato nel locale, ma lei non aveva smesso neppure per un minuto di chiedere della sua amica e di pregare i baristi di raggiungerla e andare a prenderla - perché Ino, persino più ubriaca di lei, era uscita dal locale per andarsene chissà dove giusto qualche minuto prima, e questo spaventava da morire Tenten.
Al pub aveva pianto, e in ospedale aveva fatto conversazioni nonsense con una ragazza che aspettava dolorante che le dicessero se aveva o meno l’appendicite e un uomo che aveva avuto un problema al cuore. Non gliene fregava niente: gli infermieri si curavano a malapena dei loro pazienti - erano stati troppo infastiditi e occupati con i numerosi codici rosso che erano comparsi quel sabato sera - e lei non aveva nulla da perdere.
Shikamaru era comparso accanto a lei forse un’oretta prima, dopo che Tenten aveva risposto alle sue chiamate e Shikamaru l’aveva trovata. Dov’era ora? Non riusciva a scorgere la sua figura da nessuna parte.
Zoppicante, si diresse in bagno, dove provò a lavarsi il viso. Non c’era uno specchio, ma era sicura d’essere messa piuttosto male. Il lavandino era pieno di vomito. Sembrava più il risultato di un minestrone digerito, ma magari poteva essere comunque di Ino ­- che aveva preso del ramen, a cena -, non si poteva mai sapere.
Quando uscì dal bagno, si diresse verso il letto della sua amica. Le tolse i capelli dal viso. Ino stava dormendo profondamente, ma si era sporcata di vomito tutti i vestiti e persino i lunghi capelli. Era una strana scena a cui assistere.
Improvvisamente comparve davanti a lei Rock Lee, che evidentemente l’aveva raggiunta correndo per il corridoio. Era stanco e sudato. Che ore dovevano essere? Le cinque di mattina?
“Lee!”
“Tenten, stai bene?”
Lei annuì, sentendosi in colpa da morire. Lo sapeva che non sarebbe dovuta essere lì, non dopo la guerra, non quando l’ospedale era già gremito di pazienti gravi che avevano dato qualche arto nelle battaglie della Quarta Guerra Ninja. Ma lei e Ino avevano perso tanto, il dolore per la perdita di Neji era ancora con lei ogni giorno, e bere era loro sembrata una buona soluzione. Avrebbe dovuto essere una serata tranquilla. Gioiosa. Dio.
Lee l’abbracciò forte, abbraccio da cui Tenten cercò di liberarsi.
“Sono sporca di vomito… lascia stare!” Ma il suo compagnò non abbandonò la presa. Sembrava averne bisogno più lui che lei.
“Ho del denaro.” Le disse. “Va tutto bene, ce ne andiamo a casa.”
“Voglio aspettare Ino, prima.”
“D’accordo.”

*

Bambino indaco. Tenten lesse queste parole sull’enorme volume che aveva sulle gambe e sospirò.
Poteva essere? Eppure il bambino corrispondeva perfettamente a quella descrizione.
Era stranissimo - no, era folle - il modo in cui lei e Lee fossero passati da solo loro due - avevano abitato insieme, per qualche tempo, poi lei aveva preferito trovarsi una casa solo sua perché… beh, perché era stata innamorata di Lee da quando aveva avuto sedici anni, e aveva pensato che non le facesse un granché bene vivere insieme a lui. Avevano combattuto il lutto per la morte di Neji l’uno accanto all’altra, e aveva funzionato, ma poi era venuto il momento di separarsi ed era stato giusto così - a un tempo in cui, invece, quando Tenten apriva la porta di casa di Lee per fargli visita sapeva che dietro di essa avrebbe trovato ben quattro persone.
E che personcine, pensò, chiudendo il libro. Non era stato facile adattarsi ai tempi dei tre bambini che Lee aveva adottato, ma ci stava riuscendo. Era per quel motivo che non le era sembrato malvagio sfogliare qualche libro di pedagogia.
Guardò il bastone da allenamento che aveva scelto di tenere accanto alla suo sdraio in quella mattina soleggiata.
Forse avrebbe potuto avvicinarsi ai ragazzi insegnando loro qualche mossa da usare in battaglia. Dopotutto non poteva far loro male, visto che due di loro frequentavano l’accademia.

*

Uno fu il momento in cui Tenten emise un ultimo rantolo ed espulse dalla sua vagina un bambino combattivo e forte, che aveva tenuto in grembo per nove mesi.
Metal era ancora pieno di sangue, quando glielo appoggiarono sul seno, ma fu la visione più bella a cui Tenten avesse mai assistito.
Era suo figlio e il figlio di Lee.
Ora sarebbero stati sei, in famiglia - lei, Lee, i tre bambini che Lee aveva adottato anni prima e Metal - e Tenten alla realizzazione non si sentì altro se non felice.

!character: ocs, serie future!fic leeten&kakagai, !character: rock lee, !fanfiction, !character: tenten, !character: gai maito, !character: kakashi hatake, !naruto, !pairing: lee/tenten

Previous post Next post
Up