Fic: Toilet Conversations IV

Oct 23, 2009 19:41


Titolo: Toilet Conversations
Fandom: Originale
Parte: 4/5
Rating: PG-13
Conteggio Parole: 2244
Riassunto: "Stai pensando che hai voglia di baciarmi"
Avvertimenti: Femslash, linguaggio.
Note: Ogni riferimento a cose, fatti o persone reali è puramente casuale.(*-*) Viene tutto dal mio cervellino.
Questo capitolo contiene un impressionante amount of fluff. Attenzione xD Spero vi piaccia (:
Grazie mille a mystofthestars per aver betato il capitolo: Thank you very much!!<3
Enjoy.

I.Looks
II.Attraction
III.Lists

Toilet Conversations
IV. What’re you thinking about?

La quarta volta che mi rivolse la parola, aveva il leggendario stramaledetto cellulare in mano.
Entrai nel bagno e lei era già lì, appoggiata al termosifone, una mano in tasca, l’altra a reggere l’oggetto dei miei precedenti improperi. I capelli erano più ricci del solito, forse a causa dell’umidità. Effettivamente, quel giorno la scuola mi sembrava un ambiente più idoneo ai pinguini che a noi poveri alunni. Oltre che di noia e di attacco cardiaco da interrogazione ora c’era un altro rischio che attentava alla nostra vita: congelamento. Mi chiedevo sempre più spesso se quella fosse una scuola o un campo di concentramento.
Lei alzò gli occhi non appena mi sentì entrare. Sollevò il cellulare verso di me con sguardo seccato.
-Ci credi che mi ha lasciato prima lui?
Sul viso aveva un espressione così fortemente indignata che mi fece venir voglia di scoppiare a ridere. Fortunatamente riuscii a trattenermi. Avevo la sensazione che non le sarebbe piaciuto molto essere derisa.
Mi avvicinai a lei sorridendo, e poggiai le mani sul termosifone ai lati del suo corpo, in modo da trovarmi di fronte a lei, leggermente inclinata in avanti, ne troppo vicina, ne troppo lontana.
-Ah sì?
-Già! Gli stavo per mandare un messaggio per chiedergli di vederci così potevo lasciarlo e all’improvviso mi arriva un suo messaggio dicendo che ha incontrato un'altra e che è finita.
Ti rendi conto, cosa ha osato fare?
Sembrava veramente seccata di essere stata mollata. O battuta sul tempo nel mollare, comunque.
Io non mi lamentavo. Avevo appena ricevuto un ottima notizia. Non pensavo sarebbe successo tanto presto. Annuii, fingendo sdegno in una maniera che avrei potuto chiamare quasi caricaturale.
-Già, come ha osato mollarti per primo!?
Lei inclinò il capo e assottigliò gli occhi.
-Mi stai prendendo in giro per caso?
Io feci finta di pensarci per qualcosa secondo.
-No, perché mai?
Lei mi tirò uno schiaffetto sul braccio, ma c’era un sorriso sulle sue labbra.
-Andiamo, davvero pensi che io stessi pensando al tuo grazie-a-dio-ex ragazzo?
Davvero.
Quel ragazzo mi era passato di mente il secondo stesso in cui lei aveva detto che l’aveva lasciata.
Mi aveva solamente fatto un favore il ragazzino.
Lei ripose il cellulare nella tasca e iniziò a giocare con la mia kefiah.
Quel giorno ne portavo una gialla e nera. A casa ne avevo qualcosa come sei o sette, tutte di colori diversi. A scuola ero famosa per me le mie kefie. Tutti mi chiedevano dove riuscivo a trovarle.
Io dicevo loro ogni volta che se gliel’avessi detto dopo avrei dovuto ucciderli.
Chissà come, suonava molto meglio di una risposta sensata con indirizzo e nome del negozio.
Mi lanciò un sguardo birichino.
-A che cosa stavi pensando, allora?
-Scommetto che non riesci ad indovinarlo.
Io le strizzai un occhio e lei sollevò un sopracciglio.
-Io invece scommetto di si.
Normalmente non ero una persona particolarmente appassionata di scommesse. Preferivo evitare, anche quando ero sicura di vincere, perché nel momento stesso in cui facevo la scommessa non ero più sicura di niente. Almeno avevo la garanzia che non avrei mai giocato d’azzardo.
Ma questa volta era diverso. Era impossibile che indovinasse a cosa stavo pensando.
Neanche io sapevo bene cosa passava per quella mia testa matta. Era come se stessi pensando così tante cose contemporaneamente da non riuscirne a capire bene neanche una.
-Facciamo così, se indovini, ti do un bacio. Se non indovini, sei tu a baciare me.
Lei rise.
-Ma non ha alcun senso. In entrambi i casi vinciamo, no?
Scrollai le spalle e le indirizzai un sorrisetto malizioso.
-Quello era lo scopo.
Rise ancora.
-Ok. Ci sto. Secondo me, stai pensando a quanto io sia affascinante oggi.
Si passò una mano fra i capelli, spostandoli dal collo e poggiandoli sulla spalla sinistra con aria da diva.
-Ti sei appena tuffata nell’oceano con un pedalò arancione e blu.
Lei aggrottò le sopracciglia.
-Che vorresti insinuare, scusa?
Feci finta di non sapere di cosa stava parlando.
Una ragazza deve pur vendicarsi in qualche modo.
Mi fece un smorfia, assottigliando gli occhi.
-Ti stai vendicando per quello che ho detto l’altra volta, vero?
Io le cacciai la lingua.
Lei rise e mi tirò un pugno sulla spalla.
Mi chiedevo quando avrebbe smesso di picchiarmi o se sarebbe diventata un abitudine.
Non che mi desse poi così fastidio. Anzi, a dirla tutta, mi piaceva.
Ero sempre stata il tipo da pugni e schiaffi scherzosi. Ci avevo messo del tempo a capire che abbracciare e baciare le persone funzionava molto meglio che prenderle a pugni, pur scherzosi.
Ma l’importante era esserci riusciti, no?
-Ok, te lo concedo per stavolta. Allora stai pensando… Che vuoi chiedermi di uscire.
Le feci un occhiolino.
-Fuochino.
Lei inclinò il capo da un lato e mi guardò con aria maliziosa.
Finalmente era tornata libera da tutte quelle false inibizioni da ragazza timida.
Lei era tutto, fuorché timida.
-Stai pensando che hai voglia di baciarmi.
Il mio sorriso si fece più morbido mentre sollevavo una mano e le sistemavo un ricciolo dietro l’orecchio.
-Quello lo penso sempre.
Un leggero rossore le salì alle gote, ma i suoi occhi rimasero fermi. Fissi nei miei, per un intero minuto. 
Batté le ciglia e il suo sguardo tornò a vagabondare sulla mia figura, senza fermarsi su un punto fisso in particolare. Le sue dita giocavano con i fili della mia sciarpa alternativa. Sorrise.
-Va bene, mi arrendo. Ma prima di sottomettermi a una pena a cui -ahimè - davvero vorrei sfuggire -ma non lo faccio perché una scommessa è una scommessa- voglio sapere cosa stai pensando.
Il mio sguardo si spostò sul vetro della finestra dietro di lei, fissando distrattamente il cielo blu brillante e le nuvole bianche e soffici. Guardare il cielo è sempre stato uno dei miei passatempi preferiti. Alzare gli occhi e vedere una trapunta così blu mi ha sempre fatto spuntare un sorriso sulle labbra. Mi chiedo sempre: Come faccio ad essere triste se c’è un cielo così fantasticamente blu?
-Sto pensando che tre anni fa mi stavi decisamente antipatica.
Lei arricciò il naso.
-Perché?
-Beh, eri più brava, più bella e infinitamente più popolare di me.  E anche più arrogante. E ora siamo qui, così, e stiamo avendo una conversazione pacifica dotata di senso logico. Devo ammettere che mi sembra quasi di vivere un’altra vita.
Mi sorrise con aria compiaciuta e annuì.
Ma io non avevo ancora finito. Anzi, non avevo neanche cominciato.
-Sto pensando che non mi sono mai successe così tante cose importanti in uno stupido squallido bagno senza carta igienica. Probabilmente sarà l’unico bagno che ricorderò in tutta la mia vita.
E sto pensando che ho voglia di baciarti sul naso, di portarti ad un concerto, di conoscerti meglio fino a sapere il nome che davi alla tua barbie quando avevi quattro anni, di tenerti per mano, di farmi battere a bowling anche se detesto perdere, di dividere i popcorn al cinema, di dedicarti playlists e di scriverti il messaggio della buonanotte. Insomma di fare tutte quelle cose stupide che ho sempre preso in giro. E non ho la minima idea di quando sia successo tutto questo. Non riesco a capire quando sia avvenuto questo cambiamento, perché io non me ne sono accorta. E la cosa più assurda in tutto questo è che non mi interessa. Quando, come e perché questo sia successo non mi interessa minimamente, perché io mi sento bene nell’ora, nel qui, in questo stupido bagno con te.
E questo è tutto ciò che conta in questo momento.
Non avevo mai dato voce a così tanti dei miei pensieri. Eppure ora erano lì, suoni tremolanti nell’aria, e non pensieri che si sovrapponevano nella mia testa.
Era quasi liberatorio.
Arrossii e spostai finalmente lo sguardo su di lei.
C’era uno sguardo di sorpresa nei suoi occhi.
Poi un largo sorriso.
-Vieni qui.
Le sue mani si intrufolarono nei miei capelli, scompigliando le ciocche corte, mentre mi attirava a se. Il su naso sfiorò il mio, e poi furono le sue labbra a sfiorare le mie.
Spostai le miei mani sui suoi fianchi e la attirai a me, mentre lei approfondiva il bacio.
Inutile cercare di descrivere un bacio. Ci ho provato molte volte, ma ogni volta escono sempre una marea di cliché o descrizioni sdolcinate, usate così tante volte da far venire la nausea.
Sono fermamente convinta che non si possa descrivere un bacio, perché in ogni caso non gli si renderebbe abbastanza giustizia. In questo caso, era ancora più impossibile da descrivere. Perché io non riuscivo a pensare. Il mio cervello si era fermato. Era in sciopero. Non connetteva più. Semplicemente, i pensieri avevano smesso di saltare su e giù, non c’era più niente. Tutto ciò che percepivo erano ciò che miei sensi sentivano. Il suo corpo sotto le mie mani, le sue labbra sulle mie, i suoi capelli che solleticavano le mie guance.
E non mi serviva altro. Per la prima volta io ero nel momento. Non facevo nient’altro che essere nel momento. Forse è questo che qualche vecchio latino ammuffito aveva voluto dire con Carpe diem. No, non oggi pesce. Cogli l’attimo.
Le sue mani scesero sui miei fianchi, mentre le mie salivano al suo viso.
La sentii sorridere contro le mie labbra.
Mi staccai leggermente da lei, appoggiando la mia fronte alla sua.
-Perché ridi?
Lei estrasse il pennarello dalla tasca dei miei jeans ridacchiando.
-Ti porti davvero sempre qualcosa per scrivere eh.
Nascosi il viso nell’incavo fra la sua spalla e il suo collo, ridendo.
-Sì, qualche problema?
Mi scompigliò i capelli ancora di più e mi baciò la guancia.
-Hey! Fai il solletico così! E comunque, no, certo che no! Anzi, mi hai dato una bella idea.
Mi allontanai quel tanto che bastava per guardarla in faccia e la guardai curiosamente.
-Cosa hai in mente?
Mi fece un occhiolino, e avvicinatasi alla parete di legno del cubicolo più vicino, scrisse qualcosa con il pennarello nero. Quando fece un passo indietro e potei vedere cosa aveva scritto, scoppiai a ridere.

Abbiamo scoperto perché in questo bagno manca sempre la carta igienica.
E’ stato provato che questa mancanza migliora i rapporti interpersonali.
Perciò, lunga vita alla non-esistente carta igienica!

La abbracciai da dietro, mentre lei rideva ancora guardando la scritta.
Finalmente in quel bagno qualcuno aveva scritto una frase memorabile.
Avrebbero dovuto inserirla in qualche libro di aforismi.
Ero sicura che diverse centinaia di ragazze e ragazzi avrebbero approvato.
Insomma, pensai, guarda a che livello di miglioramento ha portato noi, la mancanza di carta igienica. Va bene, forse non era proprio quello il motivo scatenante di tutto, ma era stata senz’altro necessaria a dare quella spintarella iniziale.
Forse avrei dovuto smetterla di cercare di far funzionare correttamente il cervello con lei intorno.
Era una causa totalmente persa.
Si girò fra le mie braccia e mi sorrise.
-Sai, nessuno mi ha mai detto cose così carine. Beh, a dir la verità, neanche così strane, ma è proprio per questo motivo che mi piaci. Riesci sempre a sorprendermi.
-Beh, non vorrei vantarmi, ma…modestamente.
Mi piaceva questa atmosfera giocosa, sempre sul filo di “O ti picchio o ti bacio”.
Soffiò sul ciuffo di capelli che sostava in modo snervante davanti ai suoi occhi.
Io risi. Era così carina.
Le spostai il ciuffo incriminato dietro l’orecchio e la baciai nuovamente.
In quel esatto momento sentii la campanella suonare, il suono attutito dalla porta chiusa.
Lei si tirò indietro e vidi che un leggero broncio adornava le sue belle labbra.
Avete mai sentito il modo di dire “Salvati dalla campanella”?
Credetemi, sono più numerose le volte in cui la campanella rovina il divertimento, che le volte in cui salva qualcuno. O forse è soltanto la mia proverbiale sfortuna a mettersi in mezzo ogni volta.
-Dovrei andare…
Misi il broncio anch’io, mentre lei si liberava gentilmente dalla mia stretta.
Le presi le mani e la attirai a me ancora una volta.
La baciai, giocando con le sue dita. Lei liberò le sue mani e mi tirò giù verso di lei prendendomi per il colletto della camicia, rendendo il bacio più profondo e acceso di quanto avevo immaginato.
Circa un minuto dopo, o forse diverse anni luce, interruppe il bacio, ma non diede segno di volersi muovere dalle mie braccia. Aveva gli occhi chiusi e un sorriso appagato le graziava quelle labbra che non mi sarei mai stancata di baciare.
Avevo il fiato corto, un po’ per il mirabolante bacio appena sperimentato, un po’ per la visione che avevo davanti.
-Esci con me stasera.
Lei aprì gli occhi e mi guardò intensamente.
-Ok. Ora però lasciami andare, altrimenti non riesco più ad uscire di qui.
La liberai facendole fare una giravolta. Rise, scuotendo la testa, e uscì dal bagno.
Io mi appoggiai allo stipite della porta e la guardai rientrare in classe.
Mi lanciò uno sguardo birichino un attimo prima di chiudere la porta.
Non sapevo cosa mi stava facendo. Alice non si era solamente ambienta bene e in fretta; era diventata la Regina del Paese delle Meraviglie, spodestando qualsiasi altra regina che avrebbe potuto esserci prima. E il Cappellaio Matto era stato completamente stregato da lei.
Mi passai una mano fra i ciuffi biondi scomposti e mi avviai verso la mia classe, per una noiosissima, nonché assolutamente incomprensibile, ora di Fisica.
Sprofondai le mani in tasca e attaccai a fischiettare il motivetto orecchiabile di Love is in the Air.
Un’altra giornata di scuola in cui non sarei riuscita a pensare ad altro.

original, italian, femslash, fluff

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