Titolo: Toilet Conversations
Fandom: Originale
Parte:2/?
Rating: PG-13
Conteggio Parole: 1684
Riassunto: "Desiderai che la gente avesse un po’ di fantasia nell’imbrattare i bagni."
Avvertimenti: Femslash, linguaggio.
Note: Ogni riferimento a cose, fatti o persone reali è puramente casuale.(*-*) Viene tutto dal mio cervellino.
Si, non chiedetemi come ho fatto ad aggiornare così velocemente xD Limitatevi a commentare *O*
Enjoy.
I.Looks Toilet Conversations.
II. Attraction
La seconda volta che mi rivolse la parola, stavo seriamente considerando la possibilità di possedere poteri psichici.
Ero appoggiata al termosifone, in fondo al bagno, non per un reale bisogno di caldo, ma più che altro per una questione di comodità. Se dovevo cazzeggiare tanto valeva stare comodi.
A parte il fatto che il dannato termosifone era uno di quelli vecchio stile, non di quelli piatti moderni, e stavo tutto fuorché comoda. Sempre meglio di stare in piedi come una cretina, comunque.
Era stata tutta la mattina in mezzo ai miei pensieri. S'infiltrava, saltellando da un pensiero all’altro come se fosse in un vecchio videogioco di Super Mario Bros. Grazie a dio non somigliava minimamente a quel nano baffuto di Super Mario. Però faceva più o meno la stessa cosa. Conquistava punti raccogliendo tutti i brandelli di pensieri e di ricordi che avevo di lei, e prendeva a calci ogni altro concetto che cercava di entrare, per esempio il perché la Rivoluzione Industriale si sviluppò prima in Inghilterra che negli altri paesi. Non che me ne fregasse qualcosa della Rivoluzione Industriale. Ma mio cervello assimilava automaticamente ormai, allenato da anni di studio più o meno continuo.
Eppure, nonostante tutto l’allenamento, niente riusciva a sconfiggere la maledetta ragazza saltellante nella mia testa.
Con quei pensieri, lei principalmente, mi appoggiai al suddetto termosifone, e fu con gli stessi pensieri, ancora fluttuanti fra le mie sinapsi, che vidi lei in persona- e no, non saltellava- entrare nel bagno con l’aria più tranquilla del mondo.
Spalancai gli occhi.
Questa non l’avevo proprio vista arrivare.
Forse avevo davvero iniziato a sviluppare poteri psichici. Anche se non riuscivo bene a capire che tipo di potere era. Controllo della mente? Premonizione?
Lei alzò gli occhi verso il fondo del bagno e incrociò il mio sguardo.
Mi affrettai a distogliere gli occhi, fingendo di essere incredibilmente e improvvisamente interessata a certi graffiti vecchi probabilmente di alcune decine d’anni sulla parete
.
Anna, Maria e Ludovika amike x smpr
V.V.U.K.E.U.M.D.I.B.X.S.
Desiderai che la gente avesse un po’ di fantasia nell’imbrattare i bagni.
Se proprio devi imbrattarli, pensai, allora fallo con una frase decente, non con una stupida sigla che perfino il vincitore di una gara nazionale di acronimi avrebbe problemi a decifrare, o, ancora peggio, con uno stupido inno ad una amicizia eterna con delle persone che in un paio d’anni non si ricorderanno neanche della tua esistenza.
Avrei voluto che la gente crescesse a volte.
E che lei non si stesse avvicinando, in quel momento.
Non mi sentivo pronta per il secondo round. Non avevo esattamente avuto una tranquilla giornata.
Ciò significava che avrei dovuto improvvisare. Perfetto. Che lo spettacolo abbia inizio. O il match. Ma queste erano quisquilie.
Mi scostai di lato, facendole un po’ di spazio.
Lei appoggiò la schiena al termosifone ed estrasse il suo onnipresente cellulare. Iniziai a trovarlo piuttosto snervante.
Io feci un sospiro, e rivolsi la testa all’indietro, appoggiando la nuca al vetro dietro di me e chiudendo gli occhi per qualche minuto. Per qualche minuto, appunto, perché sapevo che lei mi stava guardando di sottecchi. Socchiusi pigramente gli occhi e la guardai. Lei si affrettò a distogliere lo sguardo, riportandolo sul telefono.
Lottai per non far affiorare un sorriso alle labbra. Era curiosa. Quello era certamente un buon segno. Ci sono infiniti proverbi sulla curiosità. La troppa curiosità spinge l'uccello nella rete. La curiosità uccise il gatto. La curiosità è donna. Tutte hanno in comune una cosa: la curiosità è pericolosa. E in quel caso essa era allegramente dalla mia parte.
Riaprii gli occhi, raddrizzandomi, e infilai le mani nelle tasche. Odiavo quando le mie mani stavano senza fare nulla. Mi dava una strana sensazione di vuoto.
-Sai, io ho un ragazzo.
In quel momento, l’unica cosa che mi venne in mente, fu un grandissimo, incredibilmente sarcastico duh?! alla Cordelia Chase.
Che cosa pensava, che fosse una novità per me? Che trasalissi dalla sorpresa?
Ammetto di non capire il genere femminile, certe volte. E dire che ci sono pure dentro. Figuriamoci i ragazzi. Immagino che loro non ne abbiano neanche la più pallida idea. Poveri diavoli.
-Oh davvero? Ed io che credevo che quel ragazzo che stavi baciando in centro fosse tuo cugino!
Lei mi lanciò uno sguardo inceneritore.
-Non c’era alcun bisogno di essere sarcastici.
Scrollai le spalle.
-E’ che non capisco dove vuoi andare a parare.
Il suo sguardo si spostò sul muro, leggendo fra i graffiti senza in realtà vederli.
-Ho riflettuto e…ho capito. E…- la vidi alzare lo sguardo con aria risoluta. - Ed io non sono in quel modo.
Sollevai le sopracciglia. La ragazza era una sorpresa continua quel giorno.
Mi chiesi come sarebbe andata a finire quella conversazione.
-E quale modo sarebbe scusa?
-Io non sono…Cioè, tu non…- Arrossì lievemente e distolse lo sguardo, che si andò a posare per l’ennesima volta sui graffiti ultracervellotici di turno.
Aggrottai la fronte, aspettando che continuasse. Strano. Non mi aspettavo s'imbarazzasse per così poco. Doveva aver perso un po’ della sua faccia tosta. Peccato. Era uno di quei lati di lei che odiavo e trovavo allo stesso tempo estremamente accattivanti.
Inspirò profondamente.
-Tu non mi piaci.
Non feci una piega.
-Nemmeno tu.
Ed era vero. Non mi piaceva. Non nel senso classico del termine.
Ero solo straordinariamente attratta da lei. Magneticamente attratta da lei.
Strabuzzò gli occhi, volgendo improvvisamente tutta la sua formosa figura verso di me. Non era minimamente grassa o grossa, ma era provvista di tutte quelle deliziose rotondità che molte delle ragazze che conosco disprezzano e cercano di appianare. Pensate quello che volete, ma due fianchi ben torniti sono molto meglio di una taglia trentasei. E comunque, tutto il suo corpo era tonico e in forma, allenato da anni di pallavolo. Tutto si poteva dire di lei, ma non che fosse brutta o ridicola. Decisamente no.
Ma la sua espressione in quel momento mi fece venire un incredibile voglia di scoppiarle a ridere in faccia. Avrei tanto voluto possedere una macchina fotografica per poterle fare una foto e poi prenderla in giro a vita. Quello sì che sarebbe stato divertente.
-Che cosa!??!!
-Non ci parliamo da anni. Non ti conosco. Perché dovresti piacermi?
La mia risposta tranquilla e pacata ebbe il potere di farle raccogliere la mascella da terra.
Era però ancora un po’ spaesata . La immaginai come Alice nel Paese delle Meraviglie che, caduta nella tana del Bianconiglio, si guarda intorno chiedendosi dov’è finita.
Non preoccuparti Alice, ti farò da guida in questo Pese Meraviglioso, non hai da preoccuparti se resti con il Cappellaio Matto. O meglio, la Cappellaia Matta. Ma quelle poi sono interpretazioni.
-Ma…Ma allora…Perché diavolo continui a guardarmi?!
Oh. Quello era un invito.
-Mi piace guardarti.
La osservai arrossire, con un irritante sorrisetto sulle labbra.
Sapevo che questo l’avrebbe mandata in tilt.
E’ il tipo di cose che manda perfino me in tilt.
E’ il tipo di cose che ti fanno sciogliere se dette con uno sguardo e un sorriso sincero. Una cosa incredibilmente romantica.
Ma è anche il tipo di cose che ti fanno irritare e avvampare contemporaneamente in modo incredibile, se dette con un sorrisetto ambiguo e uno sguardo ammiccante negli occhi.
Non era tempo ti usare il primo metodo. Non ancora.
Quando il gioco si fa duro, i duri iniziano a giocare.
Cercai il suo sguardo, ma era sfuggente. Guardava dappertutto fuorché verso di me. I suoi occhi si soffermarono per mezzo secondo perfino sui vecchi orinatoi a muro risalenti a quando il bagno apparteneva ai maschietti. Questo era il livello a cui era giunta pur di non guardarmi. Inspiegabilmente, trovai la cosa estremamente divertente.
Si sforzò di ritrovare la calma. E la sua stronzaggine. Ma ormai il guscio era rotto.
-Quello…Quello che dici non ha alcun senso.
Era il momento. Era IL momento.
Un sorriso malizioso affiorò alle mie labbra.
Mi girai verso di lei, in modo che fossimo a fronte a fronte.
Era ora di vedere se Alice era disposta a scendere nei meandri della tana del Bianconiglio.
-Io penso…- Approfittai del suo smarrimento per estrarre le mani dalle tasche e le posarle sui suoi fianchi. Una scarica di elettricità salì dalle punte delle mie dita fino al mio cervello.
La spinsi leggermente verso il muro dietro di lei e mentre la spingevo, continuai a parlare.
-…Che tu abbia bisogno di una veloce lezione sulla differenza fra amore, se si può chiamare tale, e attrazione.
Lei non oppose alcuna resistenza. La sorpresa e l’incredulità per quello che stava accadendo la rendevano incapace di far niente. I suoi occhi erano dilatati, la bocca socchiusa.
Quando fu con le spalle al muro, in tutti i sensi aggiungerei, appoggiai la mano destra sulla parete, proprio accanto al punto in cui c’era la sua testa, mentre l’altra mano la tenni sul suo fianco, e accorciai la distanza fra noi, fino a essere a pochi centimetri dal suo viso. Sentii il suo respiro accelerare lievemente.
-Attrazione, è quella cosa che stai provando in questo momento. E’ il cuore che aumenta i battiti, il respiro che accelera, la temperatura che si alza, la sudorazione che aumenta. E’ qualcosa difficile da combattere, impossibile da sopprimere.
Allontanai il mio viso di qualche centimetro e le sorrisi, ammiccando.
-Quindi, come vedi, l’attrazione non sempre presuppone l’amore. E’ l’amore che presuppone l’attrazione.
Staccai la mano sinistra dal muro e la feci scivolare gentilmente sul lato scoperto del suo collo.
Percepii un brivido da parte sua nello stesso momento in cui un brivido esattamente uguale mi scendeva lungo la schiena.
Mi staccai da lei definitivamente, e feci un passo indietro.
Sorrisi alle sue guance rosse e alla sua espressione sgomenta, e le feci un occhiolino.
-Pensaci la prossima volta.
La guardai per un altro secondo.
Però, come primo tentativo di seduzione della mia vita non era andato affatto male.
Avrei pagato per avere il potere di leggerle la mente in quel momento.
Chissà se ad Alice era piaciuto il primo impatto con il Paese delle Meraviglie.
Girai i tacchi e uscii dal bagno senza dire un'altra parola.
Ghignai fra me e me.
Iniziavo seriamente ad adorare le uscite a effetto.