Già, il Dell'Utri bibliofilo... Francamente non so nemmeno che tipo di libri collezioni. A vedere questa faccenda mi verrebbe da pensare che vada su testi del novecento, prime edizioni e cose così. Si tratta di un territorio vasto e affascinante. La sua competenza o incompetenza in materia però mi sono completamente ignote, per cui non sono in grado di dire nulla.
E' strano che un bibliofilo si lanci in annunci come quello di Dell'Utri senza avere nulla in mano se non, a quanto dice lui, la visione privata delle carte (non si sa quanto approfondita). Io, per me, comunque credo che esista questo famoso appunto ventuno. Probabilmente Dell'Utri l'ha visto, o anche scorso o proprio letto... resta di vedere se era autentico o no (ma penso di sì, così a naso). Leggevo oggi sul Corriere che questa vicenda ha fatto sì che venisse formalmente richiesta la riapertura delle indagini sull'omicidio Pasolini alla luce delle moderne tecniche di analisi, biologiche e non, dei reperti. Questo sì che sarebbe molto interessante.
Sì sul delitto pasolini c'era anche un bel film di qualche anno fa. Forse la sua impazienza è data dal fatto della sòla dei diari di mussoini.
Prime edizioni. A me piacerebbe avere, toh, il codice di perelà, la prima edizione di se questo è un uomo, quella snobbata da einaudi, l'allegria, magari, ohy ma sai questa cosa delle prime edizioni mi sembra davvero una figata?
Ma hai ragione, avevo dimenticato la cosa dei diari di Mussolini. Che tòpica prese Dell’Utri quella volta. Questo pone quest’altra di tòpica, pasoliniana, sotto un’altra luce. Peraltro al riguardo mi viene in mente uno sceneggiato rai di molti anni fa, nel quale c’era questo mezzo truffatore, interpretato da Paolo Stoppa, il quale non so bene come scopre due attempate signore, madre e figlia, che erano in grado di riprodurre perfettamente la calligrafia del Duce. Le convince, con non so quale profferta, a scrivere i diari, che poi lui col piccolo chimico invecchierà appunto chimicamente. Non ricordo come va a finire la truffa... magari alla Dell’Utri. Chissà che sceneggiato era, bah.
Leggevo anche recentemente della prima edizione del libro di Levi. La fece l’editore De Silva (direttore editoriale Franco Antonicelli), mi pare nel quarantasette. Se ne trovano ancora diversi esemplari nel mercato antiquario, pure a un prezzo decente se ci si accontenta di una copia senza copertina. Peraltro ne andarono distrutte diverse nel corso dell’alluvione di Firenze del sessantasei, da giacenti in magazzino. In quell’occasione tra altri libri fecero la stessa diversi esemplari della Madonna dei filosofi di Gadda, prima edizione 1931 per le edizioni di Solaria.
Che poi, tornando alla De Silva, anche loro ebbero per così dire un difetto di lungimiranza. Infatti furono i primi cui andò in lettura il manoscritto dei primi racconti di Beppe Fenoglio, quelli che poi sarebbero usciti sotto il nome de I ventitré giorni della città di Alba. De Silva non li pubblicò (come Einaudi inizialmente non pubblicò Levi, stante l’ostracismo di Natalia Ginzburg soprattutto). Poco dopo andarono in mano all’Einaudi, cioè a Calvino, a cui piacquero e che li passò a Vittorini. A Vittorini invece non andarono tanto giù (non gli dispiaceva invece il romanzullo La paga del sabato), ma poi si lasciò convincere, diciamo così, per la pubblicazione nei leggendari Gettoni, anche se aggiunse quella quarta di copertina un po’ bastarda, cosa che fece girare non poco le scatole a Fenoglio.
Il Codice di Perelà del grande Aldo Giurlani (vista recentemente di notte una sua incantevole intervista della fine dei sessanta su rai storia, ringraziamo per questo gli dei, in questi tempi bui) effettivamente credo sia una cosa molto rara... un’edizione della casa editrice di Marinetti (sita in Via Senato, a Milano) nei primissimi anni d’attività. Altrettanto raro dovrebbe essere Riflessi, romanzo precedente, del periodo crepuscolare. Come pure, appunto, il pre-Allegria, ovvero Il porto sepolto, stampato in poche copie a Udine ancora in tempo di guerra.
Io, per me, se dovessi scegliere, mi piglierei le prime edizioni dei due romanzi di Italo Svevo, “Una vita” e “Senilità”, stampate in Trieste dall’editore Ettore Vram, a spese dell’autore, rispettivamente nel 1892 e 1898. Ma siccome credo sia roba veramente rarissimissima, m’accontenterei del primo gettito delle Novella dal ducato in fiamme di Gadda, Vallecchi 1953 (ora Accoppiamenti giudiziosi, con aggiunte).
Già, il Dell'Utri bibliofilo... Francamente non so nemmeno che tipo di libri collezioni. A vedere questa faccenda mi verrebbe da pensare che vada su testi del novecento, prime edizioni e cose così. Si tratta di un territorio vasto e affascinante. La sua competenza o incompetenza in materia però mi sono completamente ignote, per cui non sono in grado di dire nulla.
E' strano che un bibliofilo si lanci in annunci come quello di Dell'Utri senza avere nulla in mano se non, a quanto dice lui, la visione privata delle carte (non si sa quanto approfondita). Io, per me, comunque credo che esista questo famoso appunto ventuno. Probabilmente Dell'Utri l'ha visto, o anche scorso o proprio letto... resta di vedere se era autentico o no (ma penso di sì, così a naso).
Leggevo oggi sul Corriere che questa vicenda ha fatto sì che venisse formalmente richiesta la riapertura delle indagini sull'omicidio Pasolini alla luce delle moderne tecniche di analisi, biologiche e non, dei reperti. Questo sì che sarebbe molto interessante.
http://tinyurl.com/yawff5t
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Forse la sua impazienza è data dal fatto della sòla dei diari di mussoini.
Prime edizioni. A me piacerebbe avere, toh, il codice di perelà, la prima edizione di se questo è un uomo, quella snobbata da einaudi, l'allegria, magari, ohy ma sai questa cosa delle prime edizioni mi sembra davvero una figata?
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Leggevo anche recentemente della prima edizione del libro di Levi. La fece l’editore De Silva (direttore editoriale Franco Antonicelli), mi pare nel quarantasette. Se ne trovano ancora diversi esemplari nel mercato antiquario, pure a un prezzo decente se ci si accontenta di una copia senza copertina. Peraltro ne andarono distrutte diverse nel corso dell’alluvione di Firenze del sessantasei, da giacenti in magazzino. In quell’occasione tra altri libri fecero la stessa diversi esemplari della Madonna dei filosofi di Gadda, prima edizione 1931 per le edizioni di Solaria.
Che poi, tornando alla De Silva, anche loro ebbero per così dire un difetto di lungimiranza. Infatti furono i primi cui andò in lettura il manoscritto dei primi racconti di Beppe Fenoglio, quelli che poi sarebbero usciti sotto il nome de I ventitré giorni della città di Alba. De Silva non li pubblicò (come Einaudi inizialmente non pubblicò Levi, stante l’ostracismo di Natalia Ginzburg soprattutto). Poco dopo andarono in mano all’Einaudi, cioè a Calvino, a cui piacquero e che li passò a Vittorini. A Vittorini invece non andarono tanto giù (non gli dispiaceva invece il romanzullo La paga del sabato), ma poi si lasciò convincere, diciamo così, per la pubblicazione nei leggendari Gettoni, anche se aggiunse quella quarta di copertina un po’ bastarda, cosa che fece girare non poco le scatole a Fenoglio.
Il Codice di Perelà del grande Aldo Giurlani (vista recentemente di notte una sua incantevole intervista della fine dei sessanta su rai storia, ringraziamo per questo gli dei, in questi tempi bui) effettivamente credo sia una cosa molto rara... un’edizione della casa editrice di Marinetti (sita in Via Senato, a Milano) nei primissimi anni d’attività. Altrettanto raro dovrebbe essere Riflessi, romanzo precedente, del periodo crepuscolare. Come pure, appunto, il pre-Allegria, ovvero Il porto sepolto, stampato in poche copie a Udine ancora in tempo di guerra.
Io, per me, se dovessi scegliere, mi piglierei le prime edizioni dei due romanzi di Italo Svevo, “Una vita” e “Senilità”, stampate in Trieste dall’editore Ettore Vram, a spese dell’autore, rispettivamente nel 1892 e 1898. Ma siccome credo sia roba veramente rarissimissima, m’accontenterei del primo gettito delle Novella dal ducato in fiamme di Gadda, Vallecchi 1953 (ora Accoppiamenti giudiziosi, con aggiunte).
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