SAFESLASHMaybe We’ll See That We Were Wrong, If Ever We Look Back One Day
una real person fanfiction sul Calcio di lisachan (
lisachanoando)IT
Warning: Angst, Future!Fic.
"Non dovrei pensare “è invecchiato” come se su di me il tempo non fosse passato. Siamo invecchiati, è questa la verità."
DISCLAIMER
(EN) The author doesn't own real people depicted in this fanwork and no one makes money from this fanwork. None of what is depicted in this fanwork has happened or has to be considered true in any way; events and characters are fictional and in no way supposed to represent actual reality.
(IT) Questo fanwork non vuole offendere o essere lesivo nei confronti delle persone reali descritte, né pretende di dare un ritratto veritiero di eventi o personalità, e nessuno guadagna denaro a causa di questo fanwork. Niente di quanto è raffigurato in questo fanwork è accaduto o deve essere considerato vero in alcun modo; eventi e personaggi sono fittizi e non rappresentano in alcun modo la realtà.
Quando mi sento chiamare e mi volto a guardarlo, non lo riconosco. Fa male, perché non è come non ritrovarsi per un secondo e avere l’impressione di non stare riconoscendo chi hai davanti ma poi ritrovarlo fra le pieghe della tua memoria, fra un ricordo confuso e l’altro. No, è qualcosa di molto più netto e disturbante. Sono io che mi chiedo “chi è quest’uomo? Perché chiama il mio nome con questa confidenza? Lo conosco?”
Senza rendermi conto che è Davide.
È invecchiato, è questa la prima cosa che penso mentre lo vedo avvicinarsi, ma in realtà è un pensiero stupido. Non dovrei pensare “è invecchiato” come se su di me il tempo non fosse passato. Siamo invecchiati, è questa la verità. Fra l’ultima volta che ci siamo visti ed oggi sono passati quasi vent’anni.
Dio, vent’anni. Ci sono vite più brevi.
- Ehi. - mi saluta con un sorriso sereno, sedendosi sullo sgabello al fianco al mio. Io non riesco a spiccicare una singola parola e continuo a guardarlo con aria smarrita, cercando di collocare da qualche parte all’interno del mio universo quest’uomo adulto dai corti capelli biondi ordinati in un taglio alla moda e con un filo di barba a coprire il mento e le guance. Sembra impossibile. Se penso a Davide, non è questa l’immagine che riaffiora fra i miei ricordi. C’è un ragazzo, poco più che un bambino, dentro la mia testa. Questo non può essere lo stesso Davide, non gli assomiglia nemmeno. - Sapevo che dovevi essere tu. Con quella cresta… - ride un po’, - Ma non cresci mai?
E tu, invece, non sei cresciuto troppo?
- …Davide. - mi rassegno a dire, rendendo tutto più reale, dando finalmente un nome a questa persona nuova che cerca di sovrapporsi ad un se stesso molto più antico ma intramontabile nella mia testa, - Che… che sorpresa.
- Posso leggertelo in faccia, che è una sorpresa. - ride lui, apparentemente molto divertito dalla mia espressione. Ordina un caffè, poi guarda il mio cappuccino ancora intonso e cambia idea, ordinandone uno anche per sé. - Sai, - dice quindi, - non ti ho chiamato subito, appena ti ho visto.
- …che? - domando io, aggrottando lievemente le sopracciglia, incerto su dove voglia andare a parare. Lui si stringe nelle spalle, ridacchia, e per un secondo sembra tornato ragazzino, e l’immagine che avevo di lui si confonde con quella che vedo adesso, e mi sento stringere il cuore in una morsa gelida. È questa la sensazione del tempo passato e perso? Quando non ti accorgi di un dolore così profondo e quello poi, all’improvviso, ti spezza?
- Sì, quando ti ho visto per un po’ ho pensato… - il suo sorriso si fa un po’ più triste, un po’ più incerto. Mi viene voglia di allungare una mano a stringere la sua, ma naturalmente non lo faccio. Io non conosco quest’uomo, non posso fare neanche una cosa che, vent’anni fa, consideravo normalissima. È tremendo pensare adesso a quanto dessi per scontati certi gesti e il pensiero che potessero essere eterni. - Ho pensato che forse non avevi nessuna voglia di rivedermi. Dopo tutto questo tempo.
Io e Davide ci siamo amati per anni. Prima ancora di stare insieme, e poi per un lungo periodo dopo essersi lasciati. Dentro di me c’è una traccia indelebile, un ghirigoro confuso, come quelli che porto tatuati sulla pelle, ma invisibile, segreto, solo mio. È una traccia che ha disegnato lui con le sue dita, con le sue labbra, con ogni sorriso ed ogni parola che mi ha detto fin da quando ci siamo conosciuti, quando non eravamo altro che ragazzini confusi, terrorizzati e spaventosamente felici. È la traccia delle esperienze che abbiamo vissuto insieme, di tutte le prime volte, perfino le più stupide, di tutte quelle emozioni che puoi provare così intensamente solo se non le hai mai provate prima, e che raddoppiano di importanza se le condividi con qualcun altro, specie se così caro.
Era amore, senza dubbio. Non avrebbe potuto essere altrimenti, perché ci faceva sentire potenti, ci rendeva supereroi. A volte, steso sul letto a guardare il soffitto, un braccio ripiegato dietro la testa e l’altro a stringermi con forza Davide contro, ascoltandolo dormire al mio fianco, oltre le pareti potevo vedere l’orizzonte, ed oltre quello l’eternità. Era una sensazione fisica, potevo afferrarla con le dita. Era il respiro di Davide sul mio collo, erano quei versetti ridicoli che ogni tanto si lasciava sfuggire durante un sogno particolarmente coinvolgente. Quelli erano eterni, frammenti di per sempre che non sempre riuscivo a raccogliere.
Se li avessi raccolti tutti, forse adesso potrei incollarli insieme, scoprirne il disegno, vedere ciò che stavano cercando di mostrarmi. Ma non ci ho pensato per tempo, me li sono lasciati sfuggire dalle mani, ce li siamo lasciati sfuggire dalle mani, ci siamo lasciati. E se dovessi cercare un motivo, non lo troverei. Crescere a distanza di tanti chilometri, e poi riavvicinarsi e scoprire che quello che c’era non brucia più con la forza con cui bruciava prima, forse è stato questo il motivo. Ma in realtà non saprei dirlo con certezza. In realtà, a pensarci, mi sembra più un pretesto.
- Certo che avevo voglia di vederti. - rispondo abbassando lo sguardo sul mio cappuccino. Non ne ho voglia, non lo berrò. Arriva quello di Davide, ed anche lui lo guarda come se non avesse la benché minima voglia di toccarlo. Posso capirlo, io ho lo stomaco chiuso. Anche se non è una sensazione completamente spiacevole.
Dispiace solo averla provata così, all’improvviso, per caso. Sapendo di non poterla trattenere fra le dita un po’ più a lungo.
- Va be’. - conclude lui alzandosi in piedi, con un sospiro che è anche un mezzo sorriso, - Facciamo che ci teniamo in contatto?
Lo guardo, scruto i suoi occhi e non riesco a capire se scherza o fa sul serio.
Mi aggrappo alla seconda opzione come ne andasse della mia vita, ma non ci credo nemmeno io.
Né vincitori né vinti, si esce sconfitti a metà
L'amore può allontanarci, la vita poi continuerà